Raccontatrekking 2004
12 Dicembre 2004: Serra Crispo dalla cresta Nord di Mimmo Filomia
Abbiamo scelto la tappa di avvicinamento al sentiero che inizia dal versante Nord della cresta, in territorio Lucano passando per Mezzana, Acquatremola, fino al Lago Duglia, nei pressi di Terranova di Pollino. La zona è piacevole, presenta una ricca vegetazione costituita da bosco di faggio nel quale convivono l’Abete bianco e il Pino loricato. Nei mesi estivi è meta di numerosi turisti del fine settimana dove possono godere delle risorse naturali disponibili e trascorrere una piacevole giornata alpestre. Anche oggi, nonostante il grigiore del tiepido inverno, l’area pic-nic nei pressi di Lago Duglia, punto di partenza della nostra escursione, è accogliente. Un esteso prato verde ben attrezzato e conservato, protetto da integre palizzate che racchiudono numerosi tavoli, un enorme barbecue coperto con annessa fontana di acqua potabile. Per la gioia dei bimbi: il laghetto Duglia e, ancora, ponticelli di legno e piccole cascate prodotte dal fiume Sarmento che contribuiscono a rendere il luogo fiabesco . Il nostro percorso inizia risalendo i due rami del fiume Sarmento che portano all’altro laghetto naturale, lago Fondo . Quest’ultimo, facilmente raggiungibile, è l’habitat ideale per il Tritone Italico, elemento autoctono di spicco della fauna ittica del Parco Nazionale del Pollino, capace di nuotare in acque poco profonde . A meno di un’ora di passeggiata nel bosco intravediamo Pietra Castello, due bastioni di roccia posti a guardia dell’intera Val Sarmento . Per giungervi guadagniamo il sentiero, una volta rotabile ferrata, della società tedesca Rùeping. Questa società negli anni 1910/1930, pur contribuendo a risanare in qualche modo l’economia locale, creò grave danno per il territorio montano che subi’ un radicale e nocivo disboscamento a favore dell’industria del legno. Sul sentiero sono riconoscibili ed ancora ben sistemate le traverse di legno su cui poggiavano le rotaie, mentre sui valichi della dorsale Manfriana–Jannace, in altre occasioni riscontrate, sono visibili ancora le funi di acciaio delle mastodontiche teleferiche. Nei pressi di Pietra Castello constatiamo con rammarico come l’unico esemplare di Pino loricato, “Patriarca” della zona, scampato alle glaciazioni e al disboscamento industriale si sia estinto arso da mani ignote . Pietra Castello è un luogo dove le menti fantasticano; qui per un momento ci siamo sentiti padroni del castello, proprio nella misura in cui il signorotto affacciato dalla sua dimora, gioisce nel dominare dall’alto lo spazio sottostante. Intanto Serra Crispo è ancora sopra di noi, sembra ad un tiro di schioppo, ma dopo aver sormontato il primo Timpone Castello ne intravediamo altri due. Incontriamo un paesaggio piacevole e divertente da attraversare anche se accidentato per la presenza di enormi massi erratici. Nonostante ciò la prorompente forza della natura, quasi a sfidare le avversità e le calamità naturali, attraverso uno spiraglio tra massi addossati, riesce a manifestarsi con un’ esemplare di abete bianco. Passo dopo passo, su un terreno scosceso ma dal buono odore di muschio e licheni, guadagniamo quota passando tra canaloni irti e ghiaioni, non senza difficoltà. A quota 1800 incontriamo la prima neve che diventerà sempre più spessa fino a raggiungere in cima i 30 cm. La fatica comincia a farsi sentire ma il piacere di incontrare i nostri vecchi amici Pini loricati ci solleva il morale e triplica le forze. Essi, forse sapendo della nostra visita, ci accolgono nel salotto buono nel loro abito più consono, tutti infiocchettati e inchinati al nostro cospetto. In punta di piedi, rispettosi del posto meraviglioso in cui ci troviamo, denominato non a caso “giardino degli Dei”, proseguiamo verso la cresta di Serra Crispo (m2053) che guadagniamo alle ore 13.00 particolarmente soddisfatti. Restiamo in religioso silenzio a contemplare questi “fossili viventi”. La natura, collocandoli in un ambiente climaticamente ostile e costretti a difendersi da temperature e venti glaciali, li costringe ad assumere le forme più strane trasformandoli in vere e proprie sculture di ghiaccio . Sulla cima precediamo, di poco, altri escursionisti provenienti da Taranto che sopraggiungono dal sentiero che sale dal Santuario della Madonna di Pollino e con i quali scambiamo saluti, sensazioni e leccornie. Sprazzi di sole ci consentono di osservare il gratificante panaroma sottostante. Molto chiaro il golfo di Policastro sul Mar Tirreno mentre sotto di noi lingue di nebbia fitta e vagante fanno apparire e scomparire, Casino Toscano, Terranova del Pollino, Pietra Castello, Timpa di Pietrasasso ed il Mar Jonio dietro l’onnipresente M. Sellaro. Dopo aver consumato la colazione al sacco, con prelibatezze di ogni genere, con grande sorpresa e meraviglia di tutti entra in scena una bottiglia di spumante. Oggi è un giorno speciale: bisogna festeggiare l’ ingresso nel Soccorso Alpino Calabrese del nostro grande amico e socio Massimo Gallo . Il luogo ideale per ricordare questo evento per un ragazzo che ama la montagna ma particolarmente attratto, lui cosentino, al nostro Pollino, a cui dedica ogni minuto del suo tempo libero. Ottimo alpinista che, con il suo ingresso nel Soccorso, ha coronato un desiderio pensando di porre al servizio degli altri il personale impegno e la propria esperienza. In bocca al lupo Massimo da tutto il CAI di Castrovillari. E così, all’insegna della prima neve, si conclude il programma di attività 2004. Parallelamente alla prima escursione, fatta in Gennaio, che ci ha visti protagonisti sulla direttissima del Dolcedorme si è contrapposta l’odierna ascesa su un’altra cima nobile del Parco, Serra Crispo. Arrivederci al prossimo anno.
5 dicembre 2004: Da Castiglione di Paludi a Corigliano Calabro di Laura Giannitelli
Una passeggiata tra l’archeologia, la storia e i sapori tipici della costa ionica calabrese. In una calda giornata invernale un breve viaggio ci ha portato, nell’area archeologica di Castiglione di Paludi (20 Km da Rossano), alla riscoperta delle nostre antichissime origini bruzie. È difficile dire con esattezza chi fossero i Bruzi: forse gli stessi Enotri (popolazione italica precedente) che, dopo la distruzione di Sibari con cui avevano convissuto in pace, cercarono rifugio nelle zone montuose dell’interno per sfuggire all’ira dei Crotoniati; forse un ceppo del popolo dei Sanniti che a partire dal V secolo a.C. si spinse verso sud; forse un ramo dei Lucani staccatosi dal ceppo originario nel IV secolo a.C.; forse un insieme di etnie diverse. Certo è che i feroci e bellicosi Bruzi, antagonisti prima delle città greche della costa e poi dei Romani, caratterizzarono l’assetto territoriale del IV e III secolo a.C. costruendo sugli altopiani centri stabili e fortificati. L’insediamento rimane ancora oggi senza nome anche se ricorrente è l’ipotesi di identificarlo con l’antica città enotria di Cossa. Gli scavi archeologici eseguiti hanno rivelato una frequentazione del sito già dall’età del ferro (IX-VIII secolo a.C.) documentando un abitato indigeno. I reperti più spettacolari ed interessanti, però, risalgono al IV-III secolo a.C. quando i Bruzi fortificarono l’area. L’architettura militare evidenzia la rilevanza strategica e politica, per le popolazione brezie, dell’antica città fortificata che dominava la vallata del torrente Coserie, naturale arteria di collegamento tra la costa ionica e la zona montuosa dell’interno. Nel IV secolo a.C. i Bruzi, approfittando del declino della civiltà magnogreca, si erano mossi alla conquista della costa attratti dalla ricchezza dei traffici commerciali di cui le colonie avevano sempre detenuto il monopolio. Ma queste ricchezze, che avevano suscitato le mire espansionistiche anche di altri (i re dell’Epiro, i tiranni di Siracusa, il condottiero cartaginese Annibale, Roma), furono causa di alleanze e di conflitti che alla fine videro la vittoria di Roma. Pesanti misure punitive furono adottate contro i Bruzi che si erano schierati con Annibale, nemico di Roma, nel corso della seconda guerra punica: la confisca delle terre, lo smantellamento dei centri fortificati, l’esclusione da ogni servizio militare attivo. Il sito di Castiglione di Paludi fu abbandonato verso la fine del III secolo a.C. probabilmente proprio a causa di questa alleanza. L’istituzione del parco archeologico, nel 1991, non è bastata a valorizzare l’area e renderla fruibile se tuttora l’ingresso non è segnalato; mancano pannelli esplicativi degli scavi eseguiti; la vegetazione nasconde i reperti; tratti della cinta muraria sono mal conservati e pericolanti. Senza sottovalutare il pericolo, che si corre durante la stagione venatoria, di imbattersi nei cacciatori. Nonostante tutto il sito ci ha emozionati per l’imponenza e la maestosità dei suoi resti. A pochi metri dall’ingresso, sulla nostra sinistra, riusciamo a vedere tra gli alberi un tratto della cinta muraria costruita con grossi blocchi squadrati di arenaria locale . Seguendo il sentiero arriviamo in quella che doveva essere l’agorà della città. Sul pendio roccioso della collina scorgiamo le gradinate intagliate della cavea di un teatro semicircolare che doveva servire per le pubbliche assemblee e tutto intorno tra l’erba gli zoccoli di fondazione, in blocchi squadrati e ciottoli, di edifici a pianta rettangolare pubblici e privati. Scendendo dall’acropoli, dopo aver percorso alcuni metri del sentiero che si snoda tra la macchia mediterranea e gli ulivi, ci appare un altro tratto della cinta sul quale è stato eseguito un intervento di restauro . Qualcuno si accorge di una scala in pietra, addossata alla parte interna delle mura, che i guerrieri bruzi usavano per il cammino di ronda e qualche metro più distante scopriamo una piccola porta: la postierla per le sortite d’emergenza. Costeggiando le mura arriviamo alla monumentale e solenne "porta est" che, nonostante i millenni trascorsi, ci sorprende per il buono stato di conservazione che lascia intuire facilmente il sistema di accesso alla città . Fra due possenti torrioni circolari si apre un duplice ingresso dal quale si accede in un ampio vestibolo, cinto da alte mura di fiancata e chiuso da una porta più angusta. Da qui ci si immette sull’erto sentiero che, se avessimo avuto l’ardire di seguire, ci avrebbe riportato all’acropoli. Nel pomeriggio ci spostiamo a Corigliano Calabro e lasciati i Bruzi, saltando più di mille anni di storia, ci imbattiamo in Roberto il Guiscardo audace condottiero normanno…Ma prima di tuffarci nella storia del Castello Ducale abbiamo ben pensato di deliziare il nostro palato con le squisitezze gastronomiche calabresi. Il 5 dicembre si è svolta a Corigliano la "Festa delle Clementine" pregiato agrume dalla polpa succosa e zuccherina, probabile ibrido tra l’arancio amaro e il mandarino avana. A sfilare sulla passerella d’onore, con lo sfondo dell’imponente Ponte Canale (costruito nel 1480 con la funzione di acquedotto cittadino), è stata proprio la clementina. Cassette e sacchetti di clementine, messi a disposizione da cooperative e consorzi locali, hanno addobbato di colore e di profumo via Roma tra i suoni e le danze dei gruppi folcloristici . L’aria di festa ha permesso di richiamare l’attenzione sulla necessità di tutelare e valorizzare sul mercato internazionale, attraverso il riconoscimento di un marchio di qualità che garantisce standard qualitativi, le clementine della piana di Sibari. Al nostro arrivo in piazza del Popolo un gradevole profumo ha stuzzicato la nostra attenzione e soprattutto il nostro appetito. Accompagnato da un bicchiere di buon vino rosso, abbiamo gustato un delizioso piatto di fusilli al sugo di baccalà e olive aromatizzato alla salsa di clementine. Ma la degustazione non è finita qui. Nei numerosi stand di prodotti tipici abbiamo potuto apprezzare i sapori piccanti e dolci di Calabria: dalle salse e gli intingoli al peperoncino, al miele e alla marmellata di clementine; dai liquori aromatizzati agli agrumi, ai fichi ricoperti di cioccolata e ripieni di arancia candita. Soddisfatti di aver approfondito la nostra conoscenza enogastronomica abbiamo completato la domenica allargando la nostra cultura storica con la visita guidata al Castello Ducale dei Baroni Compagna . La primitiva fortezza, costruita per volere di Roberto il Guiscardo nel 1073, nel corso dei secoli vide cambiare aspetto e proprietari. Furono i Saluzzo (1616-1822), mercanti genovesi che acquistarono il feudo di Corigliano dai Sanseverino, a trasformare e migliorare radicalmente il poderoso maniero anche perché divenne la loro abituale dimora. Nel 1828 i Compagna, baroni di Longobucco, acquistarono il castello e apportarono le ultime definitive modifiche tra cui l’innalzamento di un secondo piano abitabile. Dopo la seconda guerra mondiale la famiglia Compagna si trasferì a Napoli e il castello nel 1971 fu venduto alla Mensa Arcivescovile di Rossano. Nel 1979 lo ha acquistato il comune di Corigliano che, dopo anni di restauro, nel 2002 lo ha restituito alla collettività. Non si può non restare ammaliati dagli ambienti eleganti e confortevoli (le sale di rappresentanza, la sala da pranzo, le camere da letto) e soprattutto dal "salone degli specchi" che per un attimo ci rapisce e ci lascia immaginare la sfarzosa e agiata vita chi si svolgeva all’interno del castello . Non si può tacere della "Torre Mastio", coincidente con il primitivo nucleo del 1073, sulla quale fu fatta innalzare dai Saluzzo una torretta ottagonale. All’interno una scaletta elicoidale di 144 gradini conduce in cima al gazebo in vetro, al termine di quattro livelli, dove i proprietari del castello erano soliti salire per la caccia al falco o per lasciar volare i colombi viaggiatori. Inerpicandoci su per la scaletta attraversiamo i primi due livelli dove lo sguardo poggia sugli affreschi del maestro fiorentino Girolamo Varni raffiguranti scene delle crociate e della mitologia greco-romana. Ormai al tramonto dalla torretta ci regaliamo un ultimo panorama della piana di Sibari.
21 Novembre 2004: Monte Sproviere – Monte Luta di Massimo Gallo
L’escursione di oggi ci vede impegnati sulla catena costiera, e più precisamente nella zona del valico della Crocetta, sulla dorsale del Monte Luta. Insieme a noi, per la prima volta, l’associazione “Amici della montagna” di Cerisano, per dare inizio ad una collaborazione che ci auguriamo continui a lungo condividendo una grande passione che ci accomuna. Alle 9.00 siamo tutti puntuali allo svincolo autostradale di Cosenza nord, e dopo i saluti, tutti in auto verso la località base di partenza per l’escursione. A San Fili ed al valico della Crocetta incontriamo altri componenti del gruppo ed insieme giungiamo al ponte Sproviere, che scavalca l’omonimo torrente. Questa è una zona nella quale vive la curiosa salamandra pezzata, che però non vedremo,in quanto è possibile ammirarla solo in condizioni di elevata umidità, tutt’altra cosa rispetto ad oggi, giornata fredda e secca con il cielo terso. Finalmente ci incamminiamo, il sentiero ci immette sulla sterrata che risale la sinistra idrografica del torrente Sproviere . La passeggiata risulta piacevole, la faggeta ci offre una moltitudine di affascinanti colori, illuminati dal sole, che a differenza dei giorni scorsi, in cui è piovuto tanto, oggi splende alto nel cielo . Giunti al passo di -Croce Verranno- facciamo una piccola variazione arrivando all’omonimo rifugio, una costruzione in legno che con grande dispiacere troviamo devastata con le finestre usate come legna da ardere per il caminetto! E’ triste constatare che ci siano simili atti di vandalismo e non faccia breccia, ancora, una cultura ambientale e naturalistica. Dopo un tratto di saliscendi tra faggi, pini e cerri, arriviamo sulla Serra delle Fonde che, con la sua aerea e spoglia cresta, costituisce il punto panoramico dell’escursione. Quale migliore posto per la meritata “pausa pranzo”, durante la quale salta fuori addirittura la salsiccia da arrostire. Dopo aver sedato la fame ripartiamo, per concludere l’anello, percorrendo la parte più bella del percorso, la cresta panoramica della Serra delle Fonde, che oggi non si dimostra avara di meravigliose vedute. Riusciamo a scorgere il mar Ionio e il mar Tirreno con, da un lato, la piana di Sibari, il Sellaro e lo Sparviere del nostro caro massiccio del Pollino e dall’altro tutte e sette le Isole Eolie, vicinissime a noi, incorniciate in un tramonto da favola. Solo una ripida discesa ci separa dalla strada che ci riporterà al punto di partenza, conclusione di un’altra bellissima giornata in cammino per le nostre montagne in compagnia di cari amici.
24 Ottobre 2004: Parco Nazionale d'Aspromonte - Le Cascate Maesano
Tappa importante del programma escursionistico del mese di Ottobre, ma ormai divenuto appuntamento consueto e gradevole, è la gita con escursione nel Parco Nazionale d'Aspromonte, ultimo contrafforte della Calabria. Escursione panoramica e di media difficoltà quella alle cascate del Menta o di Maesano, intersezionale con la sezione del Club Alpino Italiano di Reggio Calabria, svoltasi Domenica 24 Ottobre 2004. Partiti da Gambarie D’Aspromonte (m 1310), dove siamo ospiti dal sabato sera, raggiungiamo in autobus la Diga del Menta, ancora incompiuta, punto di partenza della nostra escursione, che permette di ammirare alcune delle più suggestive cascate d'Aspromonte, sicuramente le più conosciute e visitate. Mirabilmente guidati da Beppe Romeo, dopo circa un'ora di cammino, immerso in una ricca vegetazione, prevalentemente di pini e faggi, superiamo un ruscelletto e raggiungiamo un belvedere tra le rocce, da qui si gode una visuale completa delle cascate. La maestosità ed unicità sta nei quattro copiosi salti, per circa 90 metri d’altezza, che l’acqua disegna tra le pareti rocciose. Essa incanalandosi nella profonda gola confluisce, dopo molti chilometri, nella Fiumara Amendolea fino a sfociare nel mare Jonio. Dopo averle ammirate dall’alto, volenterosi di proseguire la passeggiata, raggiungiamo la loro base, seguendo il sentiero fin sul greto del fiume e risalendolo poi, tra i sassi, per un breve tratto. Altrettanto affascinante si presenta lo spettacolo al cui cospetto consumiamo la colazione al sacco. In una giornata trascorsa piacevolmente, prima di riprendere il cammino, non poteva mancare una riuscita foto di gruppo, che oggi ha per sfondo un particolare delle bellezze della nostra regione.
10 Ottobre 2004: Trenotrekking 2004 di Fabrizio Cian
Attraverso strada ferrata, strada romana e strada..asfaltata. Da pochi mesi sono socio della Sezione di Castrovillari del Club Alpino Italiano, ciò mi permette di apprezzare e conoscere gli innumerevoli spazi naturali che il nostro parco ci offre, nonché di frequentare nuovi amici con cui condividere la grande passione per la montagna. Ma il C.A.I. non è solo montagna, vette e arrampicate, ma anche, e soprattutto conoscenza e consapevolezza dei luoghi dove viviamo e che ci circondano. E così, dopo l’esperienza del 2003 nel percorrere il tratto ferroviario Laino Castello – Laino Borgo, quest’anno è toccato alla tratta Castelluccio Inferiore – Castelluccio Superiore, con la galleria elicoidale a fare da protagonista. Dopo la rinunzia, per motivi di salute, degli organizzatori, vengo invitato a guidare il gruppo. Eseguito, nei giorni precedenti l’escursione, un approfondito sopralluogo, mi sono reso conto che raggiungere l’imbocco della galleria elicoidale da Castelluccio Inferiore è un’impresa impossibile, poiché la natura si è ripresa lo spazio che le era stato tolto. Decido, quindi, di unire strade, o parti di esse, che da millenni legano il nostro territorio al resto del mondo. L’escursione inizia percorrendo l’antica strada consiliare romana “Popilia”, costruita tra il 134 ed 128 a.c., che collegava Capua con Reggio, per un totale di 330 miglia (circa 510 Km), un breve tratto ci porta sulla ferrovia Calabro - Lucana, nei pressi dell’uscita di Castelluccio Superiore della galleria elicoidale . Armati di torce e macchine fotografiche ci incamminano all’interno di uno dei manufatti più arditi delle ferrovie meridionali. La galleria elicoidale fu realizzata per collegare le stazioni di Castelluccio Inferiore e Superiore, poco distanti tra loro in linea d’aria, ma separate da un dislivello di poco inferiore ai 200 m. Giunti al livello inferiore, sostiamo per riflettere sull’ingegno dei costruttori e su particolari manufatti in pietra e cemento incontrati lungo il percorso . Bisogna tornare indietro per la stessa strada, poiché la fitta vegetazione ostruisce il passaggio, nel frattempo i nostri sguardi si fermano su particolari conformazioni calcaree formate dall’acqua nel suo lento scorrere . Usciti dalla galleria percorriamo un breve tratto di ferrovia per poi riprendere, nel comune di Castelluccio Superiore, la Via Popilia lì dove incontrava la via “Herculea”, strada militare che collegava “Nerulum “ (antico nome di Castelluccio) con Venusia (oggi Venosa) sulla Via Appia. Percorrendo la Popilia ammiriamo dal basso il santuario della Madonna del Soccorso , posto a 1103 mt, ed un antico forno per la fabbricazione della calce viva. Dopo un po’ lasciamo la Popilia per continuare la nostra passeggiata lungo la strada statale 19 delle Calabrie. Da qui possiamo godere della vista di tutta la valle del Mercure - Lao, il monte Cerviero, Coppola di Paola e Serra del Prete a sud, il monte La Spina a nord. Obbligatorio è il passaggio per il fabbricato abbandonato della stazione di Castelluccio Superiore, dove attraverso strade e mulattiere torniamo alle auto con la consapevolezza di avervi reso partecipi di una realtà lontana, ma non troppo, dalle cime del Pollino ma passaggio obbligato per i viaggiatori che visitano il nostro parco.
3 Ottobre 2004: Vivaio Pavone - Campotenese di Eugenio Iannelli
Il Club Alpino Italiano – Sezione di Castrovillari opera ormai da più anni per la promozione dell’educazione ambientale nel territorio del Parco Nazionale del Pollino ed in tale settore ha acquisito notevole e qualificata esperienza. Esso si avvale, nell’organizzazione di tali attività, della collaborazione degli operatori del CEA Pollino - Centro di Esperienza di Educazione Ambientale di Colle Marcione. In questa ottica, presso il Vivaio Pavone, gestito dall’AFOR Calabria, in località Campotenese nel Parco Nazionale del Pollino, è stata realizzata una giornata di attività escursionistica, educazione ambientale ed interpretazione naturalistica: “SVELARE … IL PARCO: alla scoperta dei luoghi meno noti del territorio dell’area protetta più grande d’Italia”. Sono state presenti numerose famiglie raggiungendo complessivamente nr. 60 partecipanti che hanno dato vita a tre percorsi paralleli diversi per tipologia di attività: 1) bambini e ragazzi; 2) adulti - percorso facile; 3) adulti - percorso escursionistico. Dopo un breve momento introduttivo di presentazione della giornata e delle finalità dell’iniziativa si è dato inizio al percorso escursionistico alla scoperta di un angolo poco noto del Parco Nazionale del Pollino osservando, attraverso l’animazione e la guida degli operatori, il grande valore in termini di biodiversità presente nell’area.Tutti i percorsi si sono sviluppati nell’area intorno a Pavone (mt. 1012), ai piedi del monte La Serra (m1406), tra il pendio dell’ Ospedaletto e Colle del Fago (m1192). L’ attività dei bambini si è sviluppata soprattutto nella esplorazione e conoscenza del della flora e della fauna. Sono stati guidati nella osservazione e invitati a raccogliere liberamente elementi facenti parte del territorio e fantasticando narrare la storia della loro esistenza. Con questi stessi elementi naturali sono stati realizzati disegni e cartelloni. Nell’ambito di tali iniziative il primo tema di rilievo è stata la “biodiversità”, ovvero, la natura insegna il valore della diversità. Il tema è fondamentale per un’area protetta perché è indispensabile osservare, scoprire ed essere consapevoli della eccezionale diversità e ricchezza di forme e di colori del mondo naturale (vegetale ed animale) per cogliere la rete di relazioni presente nell’ambiente ma soprattutto per promuovere comportamenti e cambiamenti consapevoli e responsabili verso l’ambiente. Informare e divulgare, formare e qualificare, educare, diventa in questo scenario un momento importante di consapevolezza e di responsabilità nella gestione e valorizzazione del nostro territorio e dell’ambiente (naturale ed umano), diventa il momento qualificante che avvicina un Parco alla gente e la scienza naturalistica, l’ecologia, diventa comprensibile per tutti.
5 Settembre 2004: Piano Campolungo – Castello Brancato di Paolo e Giacomo
Domenica abbiamo partecipato per la prima volta a un’escursione nel Parco del Pollino con destinazione Castello Noceto - Castello Brancato. Dal bivio che porta al rifugio Conte Orlando (di cui si festeggiava il centenario della costruzione), prima in leggera salita e subito dopo su di un facile percorso in discesa, siamo giunti ai rifugi Salviosa . Dopo una brevissima pausa abbiamo intrapreso in fila indiana una lunga e piacevole passeggiata fino a raggiungere uno sperone roccioso da cui si scorgeva tra selle e montagne ricche di vegetazione, la stupenda vallata del Fiume Argentino ed il Mar Tirreno. E’ stata una bellissima esperienza, soprattutto durante la pausa ristoro, nella quale ognuno offriva saporitissime specialità Calabresi, che abbiamo gustato con grande appetito. Con Arianna e Fedelgiorgio ci siamo divertiti a cercare nella fiumarella girini e rane di ogni grandezza, osservando che alcune avevano la pancia gialla altre arancione . Dopo aver scattato alcune fotografie abbiamo deciso di portare alcuni girini a casa per poter osservare da vicino la loro lenta trasformazione . Ringraziamo la sezione di Castrovillari del CAI che ci ha offerto l’opportunità di ammirare la meravigliosa natura del Parco del Pollino e di mostrare ai nostri amici di Trieste questo angolo meraviglioso della Calabria.
30 Luglio 2004 > Non solo alpinismo di Marisa Mortati
"La montagna è fatta per tutti, non solo per gli alpinisti…", così recitava G. Rey ed è proprio con questo spirito che il CAI di Castrovillari ha proposto un ricco programma per il viaggio in Valle d'Aosta alla fine del mese di Luglio 2004. In alternativa al programma alpinistico, che ha avuto come obiettivo l'ascesa al Monte Rosa, si proponeva uno escursionistico, di particolare interesse naturalistico, paesaggistico e turistico-culturale. Chi ha aderito a quest'ultima proposta è stato protagonista di un'interessante escursione di media difficoltà a cavallo tra la Val d'Ayas (crestone nord-est) e la Valle del Lys (versante ovest), e di una interessante esperienza che ha portato alla scoperta e alla conoscenza di luoghi valdostani. Partiti in una mattinata soleggiata, dall’ accogliente hotel immerso nel verde e nella quiete idilliaca di Gressoney La Trinitè (AO), osservando le bellezze della valle, incorniciata dal fiume Lys, e commentando le simpatiche serate precedenti, trascorse in compagnia degli amici del CAI di Reggio, Messina e Catanzaro, nonché delle cordiali guide del posto, arriviamo a Gressoney St Jean. Da questa località ha inizio il nostro cammino in compagnia del simpaticissimo Sergio Gaioni , erudita guida alpina di Verrès, nonché promotore nel 1973 della nascita della Scuola di Alpinismo e Scialpinismo "Amilcare Cretier". L'escursione ha luogo su sentieri appropriatamente guidati e allestiti da pannelli per la lettura del paesaggio. Dopo circa due ore di cammino, piacevolmente trascorse, distratti dalla bellezza dei fiori, tra cui la rosa canina, e delle piante, tra cui il pino, il larice ed il rododendro, giungiamo alla nostra meta: Punta Regina (da Margherita di Savoia) a 2162 metri. Qui la vista è stata quella di un incantevole paesaggio a 360 gradi : il Monte Rosa, dove spicca Punta Gnifetti (4554), in quel momento meta dei "neo-alpinisti" del nostro gruppo, la Valle del Lys, dalla quale siamo partiti, la Val D'Ayas, il Monte Bianco, seppur in lontananAE?? ????¿za, e tutte le verdeggianti zone circostanti le valli. Dopo numerosi scatti fotografici ed una rigenerante pausa, riprendiamo il cammino su un percorso ad anello che ci permette di raggiungere Colle Ranzola (m 2170) , dimora di timorose marmotte che ci fanno avvertire la loro presenza. Dopo circa due ore di cammino ed una spettacolare discesa in funivia arriviamo al punto di partenza, e… l'avventura continua! Sempre consigliati dal nostro Sergio, attraversiamo il bosco di Gressoney St Jean per giungere a Castel Savoia , nella località denominata "Belvedere", perché domina tutta la vallata fino al ghiacciaio del Lyskamm. In visita al Castello, ammiriamo le bellezze dell'architetto Emilio Stramucci, brillantemente commentate da un custode autoctono, e qualcuno, distratto dalle bellezze del parco che circonda il castello, ha la fortuna di osservare, attraverso le enormi finestre, qualche ermellino di passaggio! E' ormai sera… e rientriamo desiderosi di una gustosa cena valdostana! E…l'indomani?? Nessun dubbio! E' prevista la visita al centro abitato di Gressoney, al Lago Gabiet , ai Rifugi Guglielmina e Città di Vigevano , con risalita in ovovia fino ai 3000 metri, speranzosi di poter incontrare gli agili e scattanti stambecchi, che già qualcuno del nostro gruppo è riuscito a fotografare , e di poter riabbracciare il resto del gruppo di ritorno dalla ardita esperienza sui ghiacciai del Monte Rosa! E così, in compagnia di preparatissime e simpatiche guide, ci ritroviamo tutti insieme soddisfatti per l'esito positivo di entrambi i programmi e per aver raggiunto gli obiettivi proposti. Domenica rientro, ma non prima di aver salutato i nuovi amici autoctoni che ci guidano nella scelta dei prodotti tipici valdostani e di qualche souvenir, sorridenti per aver piacevolmente condiviso un'esperienza, con il CAI di Castrovillari, che ha unito gusti ed interessi diversi: alpinismo, escursionismo, natura, cultura, storia, gastronomia, fotografia, e che ha ricordato il comune amore per la natura e per le bellezze del nostro Paese!
31 luglio 2004: Dal Pollino al Monte Rosa (Capanna Margherita m 4554) di Mimmo Filomia
Gli Appennini superano le Alpi . No, non è eccessiva stima delle forze e potenzialità del gruppo che nell’occasione si è trovato preparato nell’impresa; ma la risposta al celato scetticismo di tanti che non hanno creduto alla possibilità di sventolare il gagliardetto della Sezione e quindi di apporre la propria firma sul registro della Capanna Margherita sulla Punta Gnifetti - il rifugio più alto d’Europa (4554 m) sul massiccio del Monte Rosa nel cuore delle Alpi Pennine, al confine Italo – Svizzero . Dopo una notte quasi insonne, ospiti del Rifugio Città di Mantova, 3500m , il 31 Luglio 2004, all’alba, ben equipaggiati, scalpitiamo, in attesa della partenza, sui lastroni di pietra antistanti il Rifugio, una volta dominio del ridimensionato ghiacciaio Indren. Alle 5.30, in 4 cordate rappresentative di 19 escursionisti, ispezionate e capeggiate dalle guide di Gressoney, Felice, Mario, Mauro e Simone, iniziamo finalmente l’avventura . La spedizione, magnificamente pianificata e inserita nel programma di attività 2004 del CAI di Castrovillari, inizia la marcia attraversando il ghiacciaio perenne del Lys e, scavalcando alcuni profondi crepacci, raggiunge la sua sommità dove può godere dei primi raggi di sole e di un breve ristoro. Nell’animo di ognuno di noi alberga il timore proprio di chi, avido di nuove conoscenze ed esperienze, affronta ostacoli ed incertezze . Saprà il nostro fisico, benché allenato ad estenuanti escursioni a basse quote, reagire positivamente alle sollecitazioni odierne su un percorso ghiacciato di 11 km. a 4.500 m di quota? Questa unica incertezza ci ha accompagnato inconsciamente per tutto il tragitto, sopraffatta però dalle incantevoli ed immacolate visioni in sequenza del Gran Paradiso , del Monte Bianco , del Cervino e del Lyskamm e della Dufour ! Giganti dormienti sorpresi appena illuminati dai primi raggi di sole. Sopra di noi scorgiamo la sagoma nera della Capanna Margherita mentre lungo i tornanti che conducono in cima si scorgono come puntini le altre cordate. Seguendo i passi cadenzati della guida, attraversiamo un emozionante tratto sfilando sotto una lunga cattedrale di ghiaccio spumoso e minaccioso sospeso sulle nostre teste; sotto di noi una profonda conca di ghiaccio compatto si congiunge al fianco est della cima del Liskamm. Nel tratto finale, particolarmente ripido, la stanchezza, dopo 4 ore e 30 di marcia, ha inutilmente cercato di corrompere la mente di ognuno di noi per farci desistere dall’impresa. Ma la volontà e la caparbietà di tutti ha avuto il sopravvento sulla fatica . Raggiunta la cima, gli abbracci, la gioia e l’esultanza con gli amici, sono stati la giusta ricompensa per avere saputo dosare con accuratezza le proprie forze, la giustezza del passo e della respirazione in un aere freddo, secco, pungente e veramente incontaminato, superando condizioni precarie di equilibrio e di attenta sincronia con i compagni di cordata. Le bandiere della Svizzera e dell’Italia ci accolgono in cima con delicato e tremolante sventolio . Di filata le nostre 4 cordate raggiungono “l’Oasi Regina Margherita” che ci accoglierà alle 11.15 premiandoci con una calda cioccolata in compagnia di alpinisti di etnia diversa ma animati dallo stesso spirito.
18 Luglio 2004: Ecobike di Pirrone Margherita
Un’esperienza entusiasmante per i tanti appassionati di mountain - bike che hanno aderito alla consueta manifestazione, giunta alla sua 4^ edizione, organizzata dalla Sezione di Castrovillari del Club Alpino Italiano in collaborazione con il Gruppo Speleo del Pollino ed il patrocinio dell’Ente Parco e della Comunità Montana Italo – Arberëshë del Pollino. I partecipanti hanno potuto usufruire del servizio autobus fornito dalle Ferrovie della Calabria nonché del trasporto delle bici per raggiungere il luogo di partenza prefissato: Piano Novacco . Lì ad attenderli, vi erano le professionali Guardie, a cavallo, del Corpo Forestale dello Stato e dell’ AFOR Calabria che hanno seguito ed assistito i bikers per l’intero percorso . Esso si è sviluppato attraversando Piano di Vincenzo, Fiumarella di Rossale, Laghetto di Tavolara fino al belvedere di Cozzo dell’ Orso. Nel gruppo, rilevante la presenza gioiosa di donne e bambini . Ma la maggiore soddisfazione degli organizzatori è stata la partecipazione eterogenea di sportivi provenienti da territori vicini e lontani. Il gruppo si è integrato piacevolmente, facendo si che un momento di sport e di conoscenza dei nostri beni naturali, fosse anche un momento di amicizia e stima reciproca. Nel desiderio di raggiungere uniti una delle bellezze più suggestive del luogo e dell’intero Parco, il Laghetto di Tavolara , il gruppo compatto, ha percorso gli agevoli sentieri nel bosco, godendo dei suoni, dei profumi e dei colori che la natura offre. Infine, il meritato riposo con breve sosta per la colazione al sacco, preparata dall’organizzazione.Un’altra giornata trascorsa in compagnia, portando nel cuore il ricordo dell’amica natura che sa sempre regalare delicate emozioni .
20 Giugno 2004: Piano di Marco - Monte La Mula
Gli appassionati escursionisti del Club Alpino Italiano di Castrovillari sono andati alla scoperta di uno dei più alti Monti dell'Orsomarso, La Mula (m1935) . Partiti di buon mattino da San Donato di Ninea, dopo essersi radunati, hanno raggiunto Piano di Marco (1100 metri), Il Campo ed infine la meta prefissata. Durante il breafing iniziale emerge l’eterogeneità di provenienza territoriale dei partecipanti (Acquaformosa, Civita, Lungro, Rende, San Sosti, Castrovillari) vanto e obiettivo primario della nascita della Sezione del Pollino. L'escursione, di media difficoltà, della durata di circa 7 ore, si è svolta su sentieri piuttosto piani con un'affascinante veduta panoramica che metteva in risalto, le cime della Muletta , della Montea e Monte La Caccia , da un lato, di tutta la catena del Pollino dall’altro. E' stato particolarmente interessante ammirare le bellezze della flora, e della fauna presenti, tra cui l’affascinante Peonia ed un infreddolito Cervone, oggetto di splendide fotografie scattate con entusiasmo e con lo spettacolare sfondo del Mare Tirreno. Il paesaggio ricco di colori, i profumi intensi del bosco, dei fiori e dei pascoli, il contatto con la natura hanno ispirato qualche pensiero, che forse dorme nella mente o nel cuore di ognuno.....
Passi liberi ma mai soli, posati su antica terra, per ritrovare colori e profumi di luoghi e di ricordi ameni… non lasciate il vostro segno ma audaci proseguite il cammino alla scoperta delle ricchezze dell'infinito universo Natura!
13 Giugno 2004: Morano Calabro – Piano Campizzo di Annarita Sciannimanico
Un’esperienza noiosa. Domenica, ore 7.30: cielo coperto tempo nuvoloso…mare o monti? Vada per la montagna. Al raduno CAI, dove generalmente si individuano solo adulti, scorgo due under 15. Cosa riserverà questa escursione? Le prospettive continuano a migliorare in Piazza Croce a Morano; la guida, il valido Antonello, è accompagnato da un grande maremmano-indiano di nome Indi . Il simpatico cagnone saluta tutti lasciandosi accarezzare e aggrappandosi alle gambe, riserva anche un sorriso particolare, mostrando la sua meravigliosa dentatura, in parte nascosta dalla lingua ciondolante, ad uno dei più alti poggiando sulle spalle del nuovo amico le sue robuste zampe. Il percorso agevole, fresco, alberato, ricco di curiosità e realizzato con tecniche che evidenziano antica sapienza, opportunamente sottolineate dalla guida, diventa divertente e stimolante; ci si ferma a fotografare esemplari di orchidee poco diffuse nella nostra zona , e farfalle dalle ali e dal corpo multicolore. Indi capofila, dimostrando di conoscere bene il percorso avanza sicuro, rizza le orecchie, spalanca gli occhi ergendosi in modo maestoso sulle possenti zampe quasi a richiamarci, ogni qualvolta decidiamo di effettuare una piccola sosta e il ritmo riprende svelto e cadenzato. Ai saluti mi accorgo di aver trascorso una giornata serena e rilassante e torno a casa con la forza che la natura della bellezza del posto mi ha regalato .
6 Giugno 2004: Laghicello - Cozzo Cervello - Croce di Paola. Intersezionale Regionale CAI di M. Filomia e F. Martino
La catena montuosa su cui svetta Cozzo Cervello, a 1388 mt sul mare di Paola , fa parte della dorsale appenninica del basso mar Tirreno. Si erge sul mare come baluardo a protezione dell’entroterra cosentino dalle perturbazioni atmosferiche provenienti da ovest. Abbondanti precipitazioni e clima condizionato dalle correnti marine ascensionali favoriscono la vegetazione principalmente del castagno e quella del sottobosco. All’escursione, organizzata magnificamente dal Club Alpino Italiano - Sezione di Cosenza, hanno aderito con entusiasmo le Sezioni di Castrovillari – Catanzaro - Reggio Calabria. Da un po’ di tempo a questa parte, la protagonista in negativo delle nostre escursioni è la pioggia. Tuttavia i capricci del clima non hanno diminuito le adesioni che sono state numerose . Alle 11.30, dopo la tappa di avvicinamento con gli autobus, ci ritroviamo nella località di partenza,”Laghicello”. Nei pressi di un’area attrezzata a 1113 m, lo specchio d’acqua è lì, avvolto nella nebbia , ad attenderci per dare inizio alla passeggiata di 6 km con un dislivello di 250 mt. La partenza avviene ordinatamente dopo l’illustrazione del percorso e delle raccomandazioni di rito da parte della guida. La lunga fila di persone appare come un gomitolo di lana multicolore che a poco a poco si snoda per il bosco intenta a tessere una giornata salutare nel fisico e nel morale . Il percorso del sentiero è riconoscibile perché segnato nei punti strategici dai colori bianco e rosso racchiusi in un rettangolo dipinto su pietra; non ci si può sbagliare! Sono i segnavia del CAI che identificano in questo tratto il Sentiero Italia. Lo troveremo nei punti nevralgici del percorso. Tra uno scambio spontaneo di riflessioni ed opinioni con gli amici delle altre sezioni, il camminare scorre piacevolmente, l’unico ostacolo è rappresentato dalla nebbia che non ci consente di apprezzare compiutamente il paesaggio . Ma madre natura è prodiga nei confronti di chi la rispetta! Se da una parte ci limita il senso della vista, dall’altra ci ricompensa regalando al nostro olfatto un percorso che potremo definire “il Sentiero dei profumi“. Sono i momenti più belli della giornata. Il sentirsi parte integrante di un lungo serpentone variopinto che si muove fra alberi di alto fusto, proteso a superare docili pendii, immersi ora nell’odore dell’aglio selvatico, ora nell’odore del timo e della salvia, gratifica tutti. Finalmente giungiamo sul crestone! I pochi scorci di panorama che riusciamo a carpire dalle nubi sempre piu minacciose sono la grande depressione sottostante formata dalla valle del fiume Crati, con tutti i paesi arroccati su alture attorno al palazzo gentilizio o alla torre difensiva. Più lontano ad est l‘altopiano della Sila, alle nostre spalle la marina di Paola. In poche parole il nostro mondo quotidiano visto da lontano e dall’alto senza l’assillo della risoluzione immediata dei problemi quotidiani. Intanto a metà passeggiata la temuta pioggia ci sorprende, per fortuna percorriamo un tratto di sentiero alberato che ci consente di indossare con calma gli impermiabili limitando i danni. Dopo una leggera necessaria inversione di rotta giungiamo su Cozzo Cervello: un’altura strategica costretta dal progresso ad ospitare antenne ”Tf” e ”Tv“attraverso cui l’uomo gestisce i bit informatici per audio e video per consentire alla civiltà contemporanea di esprimersi, pur nella consapevolezza di deturpare l’ambiente. Scolliniamo per dirigerci verso Croce di Paola a 1158 m. Il luogo prende il nome dalla statua monumentale di San Francesco di Paola eretta a guida e protezione dei viandanti . Le condizioni atmosferiche e la passeggiata hanno contribuito a generare un po’ di stanchezza in alcuni, che vista l’ora (sono le 14.30), approfittano del riposo per consumare la colazione. Gli altri invece preferiscono portare a termine l’escursione proseguendo per il rifugio “ Mangia e bevi” situato più a valle a 920 m. Il nome del rifugio è allettante , questo aumenta in noi la voglia di raggiungerlo al più presto. Qui troviamo il necessario per la prima accoglienza: due panche ed un tavolino risultano provvidenziali per riposarci e consumare le colazioni. Un momento conviviale che si trasforma in una allegra e ghiotta competizione a base di prodotti tipici locali. Alla fine, spuntato dal cilindro del solito mago, un liquorino artigianale alla genziana, ci consente un caloroso brindisi per tutti gli amici escursionisti. Nell’augurarci il ripetersi di simili manifestazioni, allo scopo di diffondere l’amore per la montagna e l’amicizia fra gli uomini, rivolgiamo un profondo ringraziamento al CAI di Cosenza, che ci ha ospitato sul patrio suolo, ed un cordiale arrivederci agli amici di Catanzaro e Reggio Calabria che rivediamo sempre con piacere. Un doveroso encomio va rivolto alle guide ed agli organizzatori che hanno ricompattato piu di una volta il numeroso gruppo. Un abbraccio a tutti i partecipanti da parte del CAI di Castrovillari.
23 Maggio 2004 > Lungo i crinali di Montea. Intersezionale con la Sezione Aspromonte di Reggio Calabria di Mimmo Pace
Sulla vetta di Montea, la più bella ed aspra montagna del Parco Nazionale del Pollino, a mezzodì del 23 maggio, sventolava la bandiera di “Summit for Peace”. L’aveva portata su con sé, nonostante la pioggia insistente, un folto gruppo delle Sezioni CAI “Aspromonte e Castrovillari“, in occasione della " 1^ Giornata Italiana della Cima per la Pace”, per indurre la gente a riflettere sulle decine di focolai di guerra che affliggono il globo e ad averne ripugnanza, a mostrare volontà e impegno a contribuire alla ricomposizione di un mondo migliore ed anche per offrire un segno tangibile di sostegno a favore dei bimbi toccati da guerra e miseria ! L’escursione resta legata e protesa verso tali finalità . . . è vero, e si spera che l’eco di questo scritto sortisca un effetto ancor più ampio ed efficace . . . ma è anche stimolo e occasione per illustrare, a chi ancora non la conosce, questa fascinosa montagna di Calabria. Percorreremo insieme i suoi crinali attraverso uno spettacolare saliscendi che si svolge tortuoso ed interminabile in un ambiente indicibilmente variegato e mutevole e che offre mille spunti per riflettere, ammirare, contemplare, stupirsi, rinnovarsi interiormente! Già alle sue pendici, la Natura è in vena di stranezze . . . ecco la Pietra Portusata . . . un grandioso monolito, entro il quale si apre un magnifico arco naturale; un acero gigantesco, alla ricerca di luce e di sole, si è allungato tanto da trapassarne la volta ! Incedendo nella folta foresta, poco più avanti, appare un enorme fungo di pietra, foggiato dal tempo, che si regge come per incanto su di un esile peduncolo: “la Tavola dei Briganti”. Preferiamo ricordarla e proporvela così com’era , poiché da qualche tempo il suo aspetto è mutato ! Ora lo straordinario monolito, per l’inspiegabile quanto maldestro eccesso di zelo di qualche amministratore, è stato abbrutito per sempre . L’esile base – si pensi – è stata obbrobriosamente cementificata e come se non bastasse, è stato tutt’intorno sforacchiato e imprigionato tra tiranti d’acciaio! Onniscienza e onnipotenza della politica . Le sorprese non mancano neppure lungo l’inesauribile e tormentato crinale di vetta ! . . . ecco apparire il “Dito del Diavolo” : così è conosciuta nel paesino di S. Agata d’Esaro, questa inquietante formazione calcarea modellata dall’erosione e in equilibrio instabile. Sul nostro cammino, straordinari insediamenti di giovani e vigorosi loricati, trapiantati dal Pollino come per incanto e che forse qui hanno trovato il loro piccolo paradiso. Aquilegie, orchidee selvatiche, peonie, felci, fragole e tante altre essenze florali e arbustive ornano e impreziosiscono le verdi radure e il sottobosco. Grappoli di coccinelle trovano rifugio quassù, dalle disastrose guerre antiparassitarie della pianura. Non di rado puoi ammirare l’aquila volteggiare alta sugli aspri dirupi, o percepire il colpo d’ala del falco pellegrino. Alle sue pendici, faggi centenari toccano il cielo . . . una quiete senza fine ti circonda . . . s’ode a tratti il toc(toc del picchio riecheggiare nella cupa foresta, sicchè lo stormire delle fronde ti pare il respiro del Cosmo ! Lungo le porzioni sommitali dei suoi ripidissimi fianchi, esistono connubi forestali d’eccezione . . . il pino nero è misto al faggio, all’acero e al pino loricato. Più su, nudi, ripidissimi, frastagliati crinali e canaloni, brulicanti di monumenti di roccia dalle forme bizzarre e cosparsi di relitti arborei calcinati dal sole, ove il vento s’insinua ed ulula sinistramente. Quando l’aere è terso, si possono godere da quassù visioni splendide sulla selvaggia Gola del Rosa, il tondeggiante Massiccio della Mula , la lontana Catena del Pollino e sugli imponenti baluardi del La Caccia, Petricelle e Frattina, digradanti verso le assolate spiagge del Tirreno. Non v’è, nel Parco, montagna tanto selvaggia e che associ caratteri così mutevoli come Montea. Cammini su dolci radure erbose e d’un tratto ti si apre davanti un dirupo vertiginoso . . . ti senti giunto in vetta e dopo un attimo, la scorgi ancora così tanto lontana da sembrarti quasi irraggiungibile ! . . . E’ proprio una montagna stregata, questa ! Ma . . . ritorniamo alla nostra escursione: ci troviamo alla Fontana di Cornia, ai piedi di Montea e il gruppo si accinge a partire. Breve preambolo del Presidente che illustra in breve le caratteristiche e le difficoltà del percorso, non senza le debite raccomandazioni. Finalmente, la folta carovana del CAI si muove . . . . e siamo in cinquanta a partecipare, tra le sezioni di Reggio Calabria e Castrovillari . Dovremo risalire una dura erta boscosa, prima di poter giungere sul crinale di vetta. Una parte del gruppo ha accelerato l’andatura e sembra forse intenzionato a prendere le distanze, ma è solo ansia e voglia di tuffarsi subito nell’avventura. Procediamo in fila indiana su per le balze boscose,impossibile per l’occhio fotografico riprendere per intero la lunga fila in una sola immagine . La fitta vegetazione del verde costone che stiamo risalendo, a tratti si apre e consente la fruizione di splendidi scorci sulla valle dell’Esaro e la Catena Costiera, sulla verde conca di Campicello e la pianura di Sibari. Alcuni sono fermi e ammirano l’incomparabile paesaggio . . . altri si dissetano . . . altri ancora, desiderano farsi immortalare accanto a curiosi castelli di roccia. La testa del gruppo prosegue nell’ascesa e sta per guadagnare la sommità del crinale. Il grosso della comitiva si trova invece laggiù . . . sgranato, che avanza lentamente, assaporando ciò che intorno la natura offre . . . ed è veramente parecchio ! Il crinale è raggiunto . . . ora bisognerà percorrerne l’affilata cresta in un andirivieni di interminabili saliscendi. Da qui, la vista si protende sulla valle del Rosa e il Varco del Palombaro, una tappa importante della “via del sale”, che congiungeva l’entroterra ai porti del Tirreno. La prima cima di Montea è ora ben visibile, incastonata tra cangianti pennellate di verde. Quelli del primo gruppo hanno già guadagnato la sommità dell’ennesimo “groppone”, aldilà del quale una sorpresa li attende. Un totem di pietra è lì, proteso sul dirupo e sembra fare da sipario a un maestoso loricato. Volgendoci indietro, l’occhio impatta in vistosi impasti cromatici: il verde tenero dei faggi appena sbocciati, spicca sulle sagome scure delle schiere di loricati che popolano le vette più alte ed impervie. La prima cima di Montea è ora vicina, ma la seconda, quella vera, si profila ancora lontana. Finalmente la raggiungiamo, proiettando subito lo sguardo sulla seconda, allo scopo di valutare la durezza del percorso per raggiungerla, ma dal cielo imbronciato inizia a cadere una fitta pioggia. Qualcuno scorge due intrepidi già in vetta . . . ciò, sprona diversi di noi a proseguire nell’avventura nonostante l’inclemenza del tempo. Finalmente, attraverso pietraie desolate, dopo aver aggirato aerei e strapiombanti crestoni . . . attraverso pericolosi passaggi esposti su dirupi vertiginosi, eccoci sull’ultima e vera vetta! C’è solo il tempo per una foto ricordo, piove a dirotto e ci affligge un vento tagliente. Intraprendiamo subito il ritorno, ritrovando il resto della comitiva proprio a ridosso della prima vetta, appena in tempo utile per partecipare tutti insieme al rito del dispiegamento dei vessilli, a testimonianza del successo della missione. Presto, sempre sotto una pioggia incessante, giù, alla spicciolata, sulla via del ritorno ! Dopo una lunga marcia, possiamo finalmente scorgere dall’alto il punto di partenza per la dura, ma ripagante ascensione e pregustare la gioia di narrarla, facendola così vivere anche ad altri! Questa Montagna, per concludere, non è vocata per un turismo di massa, ma è solo per i veri appassionati dell’avventura, delle emozioni e della natura selvaggia. E’ una delle poche montagne, se non l’unica del Sud, che possa indurre lo stato di “wilderness”. I segni della presenza dell’uomo sono lontani e così poco distinti . . . i rumori della “civiltà” che tumultua in nome del progresso, non giungono fin quassù . . . Solo in questi luoghi, tanto solitari ed arcani, si riesce ad avvertire, almeno per attimi, un distacco dalle vicende del mondo . . . alla ricerca di quell’equilibrio interiore, che costituisce il cardine della nostra esistenza.
16 maggio 2004: Monastero del Colloreto - Piano Gaudolino di Mariella Anele
Questa volta nessuna esitazione, finalmente una giornata di sole, si parte per l’escursione programmata per la domenica precedente e a cui avevamo dovuto rinunciare per le cattive condizioni climatiche, impossibili da sfidare . Le vette della Serra Dolcedorme sono di nuovo imbiancate. Appuntamento come di consueto alle 8 - piazzale Ferrovie Calabro Lucane, ma non per Mariella che si è vista raggiungere dal resto del gruppo direttamente a casa. visto che fortuna abitare ad un passo dal punto di partenza! – il Monastero del Colloreto di Morano Calabro (900 m). L’escursione prevede di raggiungere piano Gaudolino (1800 m) risalendo la scala dei Moranesi, così detta perché utilizzata dai moranesi nel pellegrinaggio alla Madonna di Pollino . Questo sentiero è parte integrante del “ Sentiero Italia ” affascinante filo di Arianna, tracciato dal Club Alpino Italiano, per unire la penisola Italiana dalla Sardegna alla Sicilia fino a Trieste, su un percorso di 3500 km. Mille metri di dislivello piuttosto accentuati, il ritmo di marcia è costante con brevi soste nei luoghi più suggestivi: i ruderi del Monastero , la cui storia ed origine ci viene ricordata da Aldo, la splendida cascata , le copiose sorgenti , che nel loro scorrere tutto coprono e profumano di muschio, anche l’acqua che beviamo. Il rumore dell’acqua copre le nostre parole ma non arresta i nostri pensieri, che corrono veloci al Monte Rosa, all’imbracatura, ai moschettoni o alla Montea, …..nuove mete del gruppo. Ad ogni gradino della scala ci segue piano e silenzioso un nuovo compagno di viaggio …Un pastore tedesco incontrato al Colloreto, a cui non sono dispiaciute le carezze e le moine che gli abbiamo profuso, ……forse con la speranza di ricevere qualcosa di più sostanzioso. Si avvicina l’ora del rancio…. I primi ad arrivare al piano sono i soliti “ velocisti ” della montagna, ma che hanno pensato bene di impiegare il tempo a liberare una sorgente da un sasso che deviava il suo corso naturale. Sono le 12.30 e siamo a Piano Gaudolino, di fronte a noi il Pollino, comincia a spirare un vento piuttosto freddo, qualcosa ci preannuncia che il tempo cambierà, la montagna non si smentisce mai, sempre imprevedibile. Ci affrettiamo a consumare la colazione, qualcuno di noi lancia un’idea, visto che siamo arrivati prima perché non proseguiamo per..., ma qualche goccia di pioggia ci fa desistere. Riprendiamo il sentiero del rientro (sempre il famoso “Sentiero Italia”) con la convinzione di accettare nuovamente il caffè e il grappino offertoci al mattino dal papà di Mariella, ma non prima di aver scattato l’ultima foto al Monastero. Così, al caldo del camino della “Matinazza” gustando la colomba di Luigi, ci salutiamo dandoci appuntamento per domenica prossima alla Montea.
25 Aprile 2004: Valle Piana - Pollinello. Intersezionale con il Club Alpino Italiano di Catanzaro di Nadia Crescente - Mariella Anele
Piove. Andare o non andare .. SMS di conferma. “Faccio la frittata”…. “SI”; Bisogna andare, oggi Nadia fa la sua prima escursione con il gruppo e poi arrivano gli amici di Catanzaro. Raduno a contrada Faucillo per il benvenuto agli ospiti. Attraversiamo Conca del Re ed arriviamo al punto previsto per la partenza. Calzati gli scarponi, ci si riveste di impermeabili colorati (un elogio va al set in giallo il nostro accompagnatore: Mimmo) e si parte! Sono le 9.13. Scende calma ma costante una pioggerellina che ci accompagna fino a Valle Piana, dove effettuiamo una breve sosta. Nonostante siamo già tutti bagnati, prevale il desiderio di andare fino in fondo, anzi fino in alto! Dai 1400 m infatti saliamo verso i 1800 lasciando le nuvole sotto di noi. Fiancheggiamo la cosiddetta “Tagliata” fino ad arrivare alla stele di marmo con croce dedicata ai quattro aviatori tedeschi lì precipitati, e qui si dà ufficialmente inizio a una lunga serie di foto di gruppo . Ci soffermiamo ad ammirare il Pollinello e i pini loricati avvolti in un velo di nebbia… abbiamo fatto proprio bene a non farci scoraggiare dalla pioggia! Scende una fitta nebbia , aspettiamo che il gruppo si compatti e nel frattempo ci scambiamo informazioni su radici di liquirizia, foglie di coca, ed espressioni più o meno inglesi…insomma eravamo in montagna eppure spaziavamo tra culture e lingue differenti. Arrivati sul promontorio del Pollinello decidiamo di spingerci fino al “Patriarca”, secolare pino loricato, dove potremo consumare la famosa colazione al sacco targata “CAI Castrovillari”! Una variegata miscellanea di prelibatezze caserecce! Si “digerisce” facendo qualche foto di gruppo alle bellissime, enormi, contorte ed affascinanti radici del Patriarca . Scendendo, scendendo indovinate chi incontriamo? Un essere silenzioso, amante della montagna che fiuta le mandorle di Ugo e ci intercetta. E’ Massimo! Insieme riprendiamo il cammino e a momenti di silenzio si intrecciano parole del mondo che ci siamo lasciati alle spalle, computer, e-mail, programmi ecc., ma tutto in modo così sereno che ci sembra di aver raggiunto il tanto anelato equilibrio tra natura e progresso . Sarà, forse, per questa conquistata tranquillità, che al bivio del “Canalone”, incuriositi, decidiamo di andare a sbirciare “Scilla e Cariddi”, due torri di roccia di estrema bellezza, magnificate da Salvatore Sisca e a cui si deve anche la loro denominazione. Nonostante il percorso si rivela più lungo del previsto, lo scenario, la sopressata di Massimo, la neve e le foto di Salvatore e Mimmo, sono emozioni che non potevamo perdere! Gli amici di Catanzaro vanno avanti spediti, nemmeno li aspettassero 2 ore di macchina. Mentre qualcuno, di-scorre di faggi e di luci del Moulin Rouge… l’equilibrio tra il raccontarsi e la contemplazione silenziosa della natura ha reso questa giornata un’escursione di boschi e di persone.
4 Aprile 2004: Ascensione sul Sirino di Mimmo Pace
Eravamo diretti sugli Alburni, come da programma, lo scorso 4 aprile; ma l’inattesa quanto inspiegabile defezione dell’accompagnatore Venturino, un ex socio del CAI di Lagonegro, ci ha precluso, sul momento, ogni possibilità di visitare quella affascinante catena montuosa. Se è vero che non tutte le ciambelle riescono col buco è pure altrettanto vero che ad un’evenienza avversa può seguirne un’altra favorevole . . . . Ed è proprio quel che si è verificato . Così, senza neppure scomporci, abbiamo lipperlì pensato di rendere una visita al Sirino, che, nel luogo del mancato “rendez-vous” con l’imprevedibile Venturino, si offriva maestoso alla nostra ammirazione. Detto . . . fatto . . . . Dopo un buon quarto d’ora eravamo già in quota nei pressi dello stupendo Lago Laudemio, al cospetto di una montagna solenne ed ancora inattesamente avvolta nella sua veste invernale. Proprio sul piazzale dell’impianto della seggiovia incontriamo l’amico Vicepresidente del CAI di Lagonegro,il provetto Fabio Limongi, attrezzato di tutto punto da scialpinista, che si accompagnerà a noi fin sulla vetta del M. del Papa, a 2008 m. di quota. Intraprendiamo l’ascesa, incamminandoci sulla larga pista innevata, che come un nastro d’argento s’insinua nel cuore di questa bella montagna . . . quasi un maestoso, candido anfiteatro incastonato tra selve solenni e senza tempo. La neve della pista è stata resa ben stabile dalle migliaia di sci che l’ hanno percorsa ed il nostro incedere risulta facilitato, ma l’erta diviene sempre più dura e faticosa fino all’intermedio della seggiovia, dove presto giungiamo, posando per l’irrinunciabile foto ricordo. Si riprende a salire . . . Un caldo sole inizia ad esercitare la sua azione sul manto nevoso che diviene presto instabile . . . si sprofonda sovente ed occorre dar fondo ad ogni risorsa per superare il ripido pendìo. Abbiamo ormai raggiunto l’altezza del capolinea della seggiovia a 1850 di quota; alcuni di noi optano di risalire su per la scoscesa cresta rocciosa che ci sovrasta, mentre il resto della comitiva preferisce più saggiamente continuare il percorso nella neve alta, aggirandola. Eugenio si destreggia tra roccioni instabili ed acuminati e abilmente taglia trasversalmente il dirupante crestone; Massimo ed io, lo affrontiamo in diretta . . . da temerari, superandolo dopo non pochi passaggi esposti e alcuni momenti da brivido . Tutto per fortuna si risolve per il meglio e alle 11 in punto, l’intero gruppo è in vetta al M. del Papa. Da quassù, lo scenario è grandioso ! . . . Verso Sud, la vista è impedita da un bigio ed impenetrabile nebbione, ma altrove i giochi di luce originati dalle nubi in rapida corsa creano visioni di grande suggestione ! Fabio ci saluta frettolosamente per buttarsi a capofitto in un’arditissima discesa, che in qualche minuto appena lo porterà ai piedi del nevaio! . . . Qualche attimo ancora ed apparirà solo come un minuscolo puntino . . . lontano . . . laggiù, in fondo al candido canalone ! Discendiamo dalla vetta verso la sottostante forcella che ospita il capolinea della seggiovia, risalendo poi l’erta che ci porterà, in breve, sulla Timpa Scazzariddo, a 1925 m. di quota. Dalla sua sommità, ci si offre un panorama mozzafiato sulla magnifica fiancata settentrionale del Sirino, col laghetto Laudemio ancora preso dai ghiacci. Percorriamo ora una ripida e nuda cresta, ma, rientrati nella faggeta, sprofondiamo di nuovo nella neve fino alle ginocchia per lungo tratto, fino a riguadagnare la sottostante pista. A questo punto, altro incontro fortunato . . . . E’ l’appassionato Franco Zambrotta, che vaga a “furor di ciaspole” sulle nevi del suo amato Sirino . . . . Avevamo ammirato dall’alto il suo energico arrancare lungo la costa . Gli strappiamo una promessa : “ci accompagnerà presto sugli Alburni, a dispetto dell’inaffidabile Venturino” . In breve siamo di nuovo ai piedi del Sirino; possiamo finalmente sdraiarci nei pressi del rifugio, assaporare una ricca colazione e, tra un commento e l’altro, rallegrarci per quest’altra sortita felicemente conclusa .
14/21 Marzo 2004: Alleghe - XXI^ NEVEUISP di Eugenio iannelli
Dal 14 al 21 Marzo 2004 si è svolta ad Alleghe la consueta settimana bianca del CAI Castrovillari in collaborazione con l’A.S. Sporting Club di Castrovillari e la Lega Nazionale Sci UISP Alleghe (m1000), fa parte del comprensorio sciistico del Monte Civetta che, insieme ai paesi di Selva di Cadore e Zoldo, formano un totale di 80 km di piste da discesa.Falcade, Malga Ciapela o Palafavera per lo sci di fondo. Il bellissimo massiccio del Monte Civetta , con la sua imponenza, sovrasta il caratteristico paese ed il suo omonimo lago e lo lambisce interamente. Altre cime degne di nota e dalla morfologia spettacolare sono, il Monte Pelmo , appena sopra Zoldo, e più in lontananza, la Marmolada, il gruppo del Sella, le Tofane di Cortina. Il gruppo ha soggiornato all’Hotel Alpenrose , a ridosso del centro paese e degli impianti di risalita; e già il pomeriggio stesso dell’arrivo, alla segreteria UISP, ha avuto la possibilità di ritirare la Neveuispcard, iscrivendosi ai corsi di Scuola Sci ed alle attività della settimana. Così dal giorno dopo, mentre i principianti si recavano ai Piani di Pezzè, affratellati alle comitive provenienti da tutt’Italia, ed avevano i primi incontri ravvicinati con i dintorni innevati e gli attrezzi sportivi, gli sciatori avanzati andavano alla scoperta del comprensorio sciistico . La settimana si evolveva sotto il segno di un fantastico sole che rendeva più agevole e confortevole l’attività sportiva, consentendo ai principianti di imparare, con l’ausilio di bravi maestri, presto e bene, a tal punto da consentire, negli ultimi giorni, di esprimersi su numerose e diversificate piste. Tante sono state le occasioni di cimentarsi, con le varie gare promosse dal Comitato Organizzatore di Neveuisp, nel confronto agonistico, che alla fine ha visto tutti premiati. Una nota di merito alla simpatica gara dell’ospite, dove il regolamento prevedeva la vittoria, non del più bravo, ma di colui il quale si sarebbe avvicinato in difetto o in eccesso al tempo dell’apripista. Tanta partecipazione, tanti premiati, ma sicuramente un forte incentivo al coinvolgimento di tutti, non solo dei più bravi e veloci. Di più marcato sapore agonistico le gare del “ 45° Campionato Italiano UISP ”, che hanno visto una notevole partecipazione di atleti provenienti da tutt’Italia. Grande plauso ha ottenuto, inoltre, il 1° corso di Formazione e Aggiornamento per Insegnanti di Educazione Fisica, riconosciuto dal MIUR (DM 177/2000, art. 4), che ha visto la partecipazione, come docente, del bravissimo Maestro e Tecnico federale di sci Marco Mazzonelli. Il tutto inframezzato e rallegrato da soste presso i rifugi, dove, il ritrovarsi delle comitive “uispine”, rendeva l’atmosfera unica ed affascinante, in un turbillon di canti e balli di gruppo, brindisi a iosa, cementando un’amicizia che si consolidava ulteriormente la sera nei vari locali della zona. Ed è con questo spirito, essenza stessa di Neveuisp, che riesce a coagulare intorno ad un unico evento migliaia di appassionati della neve e della montagna, provenienti da tutte le regioni d’Italia, che ci siamo dati appuntamento alla prossima edizione di Neveuisp 2005.
Lorica 29 febbraio 2004 : GRANFONDO CAI 2004 di Mimmo Filomia
Una giornata particolarmente invernale fa da cornice all’escursione che ci accingiamo a compiere in Sila nel comprensorio che gravita attorno al bacino del lago artificiale Arvo. L’appuntamento con gli amici del CAI è in località Cavaliere, subito dopo il villaggio turistico di Lorica. L’ obiettivo è di partecipare alla Granfondo CAI, manifestazione, mirabilmente organizzata dal CAI di Cosenza, giunta alla 12^ edizione. Un’escursione con sci da fondo e racchette da neve sulle piste attrezzate sotto la cima più alta di tutto l’altipiano, il monte Botte Donato (m 1928). Giungiamo nella località prestabilita dove ci accoglie una copiosa precipitazione di nevischio. Giusto il tempo di staccare il biglietto (ridotto per i soci CAI) e con un balzo siamo sulla cestovia che in mezz’ora ci porta, avvolti dai fiocchi di neve, al rifugio Botte Donato . Lo spiazzale antistante è invaso da numerosi sciatori, soprattutto bambini (era in atto una gara di discesa), dall’abbigliamento multicolore, il cui movimento in contrasto col bianco della pista dipingeva uno scenario gaio e festoso. Ad accoglierci, con l’entusiasmo di sempre, ci sono gli amici della Sezione di Cosenza , unitamente a quelli di Catanzaro, Reggio C., Roma, Lecce, quasi una intersezionale centro sud, arrivati dal giorno precedente e ospiti del villaggio Silvana Mansio. Tutti insieme, chi sugli sci, chi con le racchette da neve, svolgiamo l’escursione programmata trascorrendo in gradita compagnia momenti di aggregazione, in uno scenario naturale dove, ogni angolo rappresenta un piccolo paradiso in cui inoltrarsi per scoprirne un altro. Intanto si fa tardi e bisogna tornare al rifugio per il pranzo. All’interno del rifugio troviamo una nutrita e gaia compagnia di commensali in fila indiana in attesa di un pasto ristoratore. A tavola non sono mancati scambi di cortesie, regali, targhe ricordo, con tutta la spontaneità che contraddistingue gli appassionati di montagna. L’incontro è servito ad alimentare e consolidare i rapporti di amicizia e stima con scambi di vedute su idee e progetti per il miglioramento delle sezioni. Ma ha sancito, come sottolineato anche dai numerosi brindisi, la necessità di programmare sempre più escursioni intersezionali. Dopo avere gustato il pranzo, usciamo sulla pista invogliati dagli ultimi raggi di sole del tramonto che impreziosiscono le persone, aumentando il buon umore, la natura, facendo risaltare tutte le sue sfumature . E’ il momento ideale per la foto ricordo che prelude abbracci e saluti . Infatti a quota 1900 m il vento gelido costringe tutti a scendere a valle velocemente. I più temerari con gli sci da fondo sulla pista di discesa. Noi invece, dopo avere valutato il percorso più idoneo, scendiamo a piedi, attrezzati come siamo di racchette, verso il piazzale, base di partenza della cestovia . Affondiamo piacevolmente nella neve soffice su un percorso immacolato, raggiungendo quota 1300 m in circa 45 min e destando la curiosità dei numerosi turisti intenti a sciare.
15 febbraio 2004: Novacco – Piano Scifarello – Piano Caramolo di Annamaria Capalbi e Carmen Belmonte
Il programma escursionistico prevedeva, per la giornata del 15 febbraio, una passeggiata con sci da fondo e racchette da neve sulle montagne di Saracena. L’appuntamento era fissato, come di consuetudine, nel piazzale dell’autostazione per le 7.30; da qui i partecipanti, si avviavano, condotti dagli organizzatori, in direzione Campotenese e, giunti in località Rosole, si univano ad altri soci della zona. Il gruppo raggiungeva a bordo di fuoristrada il Piano di Novacco (1311 m) e, lasciate le macchine ed inforcate le racchette e gli sci da fondo, iniziava l’escursione, non senza aver prima curato nei minimi particolari il proprio abbigliamento. La giornata si presentava nebbiosa con sprazzi molto fugaci di cielo azzurro, ma ciò non incideva sull’entusiasmo della colorata compagnia che, dopo aver immortalato il momento della partenza nella classica foto di gruppo, si dirigeva verso il piano di Scifarello (1550 m). Durante il percorso l’attenzione veniva carpita dalla bellezza dei faggi innevati, i cui rami brillavano per la presenza di cristalli di neve modellati dal vento, e da corsi d’acqua ghiacciati affascinanti come enormi stalattiti. Tra chiacchiere e brevi soste rifocillanti il gruppo raggiungeva il piano di Scifarello e, attraversando lo stesso, continuava la passeggiata lungo la parete nord di Timpone della Lupara. Usciti da una faggeta si manifestava in tutta la sua bellezza il Piano di Caramolo (1550 m) dominato dalla cima del monte. Qui, oltre alle bellezze naturali, si aveva modo di apprezzare le acrobazie dei soci più ardimentosi che, con gli sci da fondo, si esibivano in gioiose discese. Dopo una breve sosta al rifugio del piano, il gruppo si incamminava lungo una strada demaniale e, completando un percorso ad anello, ritornava al piano di Scifarello accompagnato da una fitta coltre di nebbia che rendeva il paesaggio affascinante e misterioso. L’approssimarsi dell’ora di pranzo rendeva a questo punto necessaria una sosta più lunga delle altre. All’uopo gli organizzatori avevano provveduto a rendere accogliente il piccolo rifugio di Scifarello dove i partecipanti, avvolti dal calore emanato dalla vivace fiamma che ardeva nel rustico camino, davano ampio spazio ai piaceri della gola. Dopo aver degustato anche un buon caffè, preparato in loco, i più volenterosi si accingevano a compiere una miniescursione fuori programma a Cozzo del Caprio (1630 m), consentita anche dal diradarsi della nebbia che, nel frattempo, aveva lasciato spazio al cielo azzurro ed ai tiepidi raggi del sole. Raggiunta la vetta si aveva così modo di ammirare la vallata di Masistro, Campotenese e la catena del Pollino. Il gruppo prendeva infine la via del ritorno, che non si presentava faticosa e per le mutate condizioni del tempo e per lo spirito goliardico degli sciatori presenti, che si lasciavano andare a sinuose discese tra i faggi dando ampio spazio al “fanciullino” che fortunatamente alberga in ognuno di noi. Raggiunte le auto al piano di Novacco, la compagnia rientrava a Castrovillari, dove veniva avvolta dai festeggiamenti del Carnevale.
1° Febbraio 2004: Colle Marcione - Masseria Rovitti – Casino Toscano di Mimmo Filomia
Ingredienti per una facile e bella escursione sulla neve: una giornata di sole, racchette da neve, equipaggiamento adeguato.
Bene! Gli ingredienti ci sono tutti. Alle ore 8 ci troviamo a Frascineto, da dove proseguiamo, nel viaggio di avvicinamento alla Fagosa, passando per Civita. Le difficoltà che temevamo di incontrare per le conseguenze della gelata notturna si presentano già all’altezza dei primi tornanti. Per fortuna la bella giornata aumenta lo spirito di avventura. Giungiamo a Colle Marcione dove troviamo un discreto manto nevoso. Scrutiamo, in lontananza, la meta della nostra escursione incuneata tra la fine della Fagosa, a ridosso del Dolcedorme e di Serra delle Ciavole. Proseguiamo osservando sulla nostra destra la Timpa di San Lorenzo e la Timpa di Porace. Dopo un lungo e continuo saliscendi tra fango e neve anche le auto denunciano i loro limiti, per cui decidiamo di parcheggiare. Sistemiamo l’attrezzatura e siamo velocemente in cammino sulla strada appena riconoscibile per la grande quantità di neve che la ricopre. Essa prosegue a sinistra verso la Masseria Rovitti, a destra, passando sotto la Timpa della Falconara, giunge a S. Lorenzo Bellizzi. Mentre procediamo, affondando con gli scarponi nella neve, siamo raggiunti, quasi assaliti, e superati da un colonna di chiassosi fuoristrada. Ci immettiamo sulla strada a sinistra che più il là diventa sentiero, percorrendolo raggiungeremo la nostra destinazione. La neve soffice consiglia di calzare le racchette da neve per agevolare il cammino. Ci concediamo più di una sosta per svestirci gradatamente e goderci il panorama. Nel frattempo riflettiamo su come questo sentiero, che si snoda dall’alta valle del Raganello, raggiungendo la base di Serra Dolcedorme e di Serra delle Ciavole lato N-E , per poi ripiegare verso la fontana del Principe, per la sua facile percorribilità si presti bene anche per la pratica dello sci da fondo escursionistico. Intanto, attraversando le gelide acque di una sorgente tributaria del fiume Raganello, intravediamo la incompiuta masseria Rovitti. Sono le ore 12.45 . Ci fermiamo per consumare la colazione al sacco. Nel frattempo alcuni di noi, i più intraprendenti, si spingono fino a Casino Toscano. Ricompattato il gruppo e scattata la consueta foto ricordo riprendiamo la strada del ritorno. Ci affrettiamo per evitare che la temperatura, tornata rigida, possa condizionare negativamente il rientro con le auto. Poco prima dell’imbrunire giungiamo sul terrazzo di Colle Marcione, qui ci rifocilliamo con un graditissimo bicchiere di cioccolata calda, intenti ad osservare la magnifica vista del Monte Sellaro incorniciato tra neve e mare.
25 Gennaio 2004: Colle Impiso - Piano Gaudolino Mimmo Filomia
Ci ritroviamo alle ore 8 per dare corso alla seconda escursione invernale. La meta ideale,considerate le condizioni di innevamento, è Gaudolino dove potremo usare sicuramente le racchette e gli sci di fondo. Stranamente, questa volta, le previsioni meteo non colgono nel segno, perché in realtà, la tanto sospirata neve, annunciata e caduta in settimana su tutta la penisola, sembra aver evitato solo il Parco Nazionale del Pollino. Anzi, se non fosse stato per il freddo intenso dei giorni scorsi, la neve caduta in precedenza, si sarebbe dileguata rapidamente. Dotati dell’attrezzatura specifica e indossando gli indumenti adeguati per sopportare temperature sotto zero, partiamo alla volta di Piano Ruggio. Dopo mezz’ora respiriamo la prima boccata d’aria fresca e pungente della giornata. Giungiamo al bivio della Madonnina, oltre Campotenese, per valutare quale strada percorrere per arrivare a Colle Impiso, poichè, sia dalla parte di Piano Pedarreto che dal Colle del Dragone la strada è percorribile solo con catene montate. Dopo avere ponderato bene la scelta, proseguiamo per Piano Ruggio transitando, non senza difficoltà, per il passo del Dragone. Notiamo con enorme sorpresa che la strada è stata spalata, essa deve consentire il transito per una gara di auto storiche. Piccola riflessione: per le auto si rimuovono tutti gli ostacoli possibili, per gli escursionisti e i turisti appassionati di montagna, in inverno, non si riesce a mantenere transitabile una strada di vitale importanza, le stranezze della vita. Alle 9.30 siamo a Colle Impiso , preceduti da spazzaneve e spargisale. Ciò nonostante per parcheggiare l’auto abbiamo dovuto farci spazio con il badile. Il manto nevoso si presenta alquanto consistente. Chi è munito di sci si immette rapidamente sul sentiero ancora immacolato. Chi usa le racchette segue leggermente distanziato, chi le calza per la prima volta, gusta curioso ed incredulo le tracce ed il suo precario equilibrio che dura, però, solo per i primi passi del cammino. Alle 10.15, in fila lungo il sentiero alberato, giungiamo al solare piano di Vacquarro. Il paesaggio è incantevole, neve, e solo neve, in qualsiasi direzione si pone lo sguardo si rimane entusiasti. Ci fermiamo per scattare qualche foto, godendoci in viso l’effetto del riverbero del sole sulla neve. Riprendiamo, inoltrandoci sulla destra nel bosco, costeggiando un ruscello. La salita rende il respiro affannoso . Si sente il gorgoglio dell’acqua che, aiutata dal calore del sole, fatica a liberarsi dalla morsa della neve ghiacciata. Con la mente ne ripercorro il loro tragitto. Esse, più a valle, andranno ad ingrossare il fiume Frido per poi confluire nel fiume Peschiera nei pressi di Bosco Magnano. Il Peschiera , dalle limpide acque ombrose, che nel loro scorrere levigano pesanti massi la cui dislocazione forma splendide radure ricche di flora sospesa. La salita è interrotta da brevi soste per scambiarsi impressioni e sensazioni, gustare un pezzo di cioccolata e controllare le attrezzature. La fatica tarda a sentirsi, merito certamente delle racchette che non ci fanno affondare nella neve farinosa, facendoci proseguire speditamente . Avvicinandoci al pianoro di Gaudolino, la neve, a causa del vento, ha un minore spessore ma una considerevole compattezza. Il rumore delle racchette da neve, che a stento artigliano la neve, ci accompagna fino al capanno di pastori, sulla destra, a ridosso del massiccio di Serra del Prete. Una fievole colonna di fumo esce dal suo rudimentale caminetto, acceso da chi è arrivato un attimo prima di noi, al calore del quale ci rifocilliamo. Siamo in una posizione logistica di assoluto dominio del territorio. Il Pollino, lato nord-ovest, ci appare maestoso , sembra un dolce, carico di zucchero a velo, ma quanta difficoltà per chi, per giungere in vetta, deve superare i suoi 700 m di dislivello . Gli amici con gli sci si divertono a disegnare, incrociandosi sulla neve, approssimative scie per l’intero pianoro . Mentre consumiamo la colazione, il sole, nonostante da circa mezz’ora ha oltrepassato lo zenith, non riesce ad innalzare la temperatura al di sopra di – 4° C. Per fortuna ci viene in soccorso un bel bicchiere di cioccolata calda. Il tempo di riordinare lo zaino, gli attrezzi, concederci la rituale foto ricordo e siamo già nei pressi della sorgente di Spezzavummula . La discesa è repentina. Breve pausa a Piano Vacquarro per gustare un buon bicchiere di “surubbetta” (neve e mosto cotto), prima di affrontare l’ultima salita per Colle Impiso. Ripartiamo consapevoli di aver trascorso una serena e bella giornata, rinvigoriti e pronti a tuffarci, domani, nella normalità del vivere quotidiano. L’appuntamento è per la prossima escursione!
11 Gennaio 2004: Valle Piana - Crestone dei loricati - Serra Dolcedorme di Mimmo Filomia
Le condizioni atmosferiche non avevano consentito di individuare un itinerario certo nei giorni che precedevano l’escursione, prorogando la scelta alla domenica mattina. Puntualmente ci troviamo tutti sul piazzale dell’autostazione di Castrovillari per dare inizio alla 6^ stagione escursionistica della Sezione di Castrovillari, prima del programma 2004. Il desiderio di partire è notevole. Le possibilità sono due: 1) Cozzo Palumbo, Piano Pallone, Varco del Vascello, Serra Dolcedorme; 2) Valle Piana, Crestone dei loricati, Serra Dolcedorme. Il fascino della Direttissima ci pervade e la decisione cade inevitabilmente su quest’ultima, nonostante le non rosee condizioni atmosferiche. Raggiungiamo così Valle Piana (900 m), dove, sistemata l’attrezzatura, c' incamminiamo sul sentiero numero 1 . Il Dolcedorme, già da Castrovillari, si presenta in balia del vento che soffia con raffiche impetuose e con le nubi che si addensano sull’intera catena facendolo scomparire e apparire tutto innevato. Ma eravamo gia con gli scarponi a lasciare le impronte dapprima su una sottile coltre di nevischio trasportata dal vento, poi man mano salendo la neve incominciava ad essere presente prima in chiazze, poi sempre più consistente. Siamo partiti dotati dell’attrezzatura necessaria ma soprattutto fiduciosi in un cambiamento del tempo. Alle ore 10 camminando di poco distanziati guadagniamo il varco di Valle Cupa (1332 m), posto ideale per fare una breve sosta. Un branco di cinghiali, stranamente silenzioso, ci attraversa la strada e, spaventati dalla nostra presenza, deviano velocemente la loro corsa verso il bosco sottostante del Timpone Campanaro. Increduli li osserviamo e ci compiacciamo dell’insolito spettacolo. Il vento e il freddo ci accompagnano, ed in fila indiana, siamo intenti a commentare le asperità del percorso. All’improvviso comincia ad aprirsi ai nostri occhi il sipario sul panorama sottostante, a dir poco fantastico, e per fissarne qualche immagine, mi appoggio al tronco di un pino loricato per resistere alla furia del vento . Con lo sguardo si spazia dal mare Jonio al Tirreno, divisi in lontananza dalla Sila e Monte Cocuzzo più a sud , al centro i monti dell’Orsomarso, mentre più a nord i confini della Campania. Siamo all’inizio del percorso più impegnativo, tra noi i più in forma allungano il passo , c’e persino chi rinuncia al sentiero per intraprendere la scalata di una parete. Il vento gelido non ci abbandona, più saliamo più l’arrampicata diventa impegnativa e coinvolgente. Prima del campo base il sentiero è approssimativo, chi ha guadagnato la cima, suggerisce, a chi segue, la via alternativa più facile. Finalmente, arrivati al campo base (1800 m), ci concediamo un primo meritato riposo . Il vento è intenzionato a strapparci tutto di mano, le nuvole che si staccano dalla cima del Dolcedorme sono letteralmente strapazzate sia ad alta quota che a bassa quota, il nevischio si fa sentire pungente in viso . Al riparo di un grosso tronco, valutiamo la necessità di calzare i ramponi, riponiamo i bastoncini telescopici e ci appropriamo dell’uso della piccozza. Il tempo di prendere fiato, consumare un pezzo di cioccolata e via verso la vetta. I ramponi, dapprima, affondano nella neve gelata in superficie ma farinosa al di sotto , ma arrivati nel canalone centrale (2000 m) riescono solo a scalfire la coltre di ghiaccio . Nel frattempo il sole è riuscito a guadagnare la volta celeste per questo anche il vento ora sembra non infastidirci più; ma è una calma apparente perché osservando la cima si scorge ancora un vortice di nubi che l’avvolge. Il posto è incantevole, la neve è un manto cangiante tra il bianco, l’argento e il grigio perla, disteso tra le due pareti del canalone che sale quasi in verticale alla destra della cima. Nella radura precedente il canalone si notano man mano che si procede tre grossi pini loricati alti e dritti, enormi bomboniere d’argento che cariche di neve cristallizzata riflettono la luce solare, su di loro sono evidenti i segni inferti dai fulmini, dal vento e dal gelo, sono gli ultimi esemplari che vegetano a questa altitudine . Per la loro posizione strategica hanno l’aria di essere individuate come le sentinelle del canalone. Intorno a noi regna la padronanza del silenzio contemplativo che oggi è difficile trovare nelle città, dove spadroneggiano confusione, traffico, rumori. Siamo in ritardo, ancora qualche riflessione e di nuovo in fila per la risalita del canalone ghiacciato sfruttando, ove possibile, le impronte dei ramponi lasciate dai nostri compagni. A metà canalone bisogna fare affidamento su tutte le forze che rimangono, dosandole al meglio. L’ausilio della piccozza è di vitale importanza . Tra una foto e l’altra, scattate nei momenti di sosta, siamo riusciti tutti a raggiungere la vetta. Una volta raggiunta la cima della Serra Dolcedorme (2267 m.), a tratti immersi in una bufera di vento e neve, ci rifocilliamo con un gradito bicchiere di tè bollente, offerto dalle mani premurose di due compagni di cordata . Ognuno in cuor nostro credo abbia ringraziato Dio per avergli concesso di trascorrere felice una giornata dedicata alla contemplazione della montagna e non già alla sfida della stessa. Prima di iniziare la discesa siamo tutti in piedi sulla cima, incuranti del vento impetuoso, e protesi con lo sguardo a 360° alla ricerca di scorci panoramici unici. Persino lo Stromboli, da lontano, ci fa vedere per pochi attimi la sua sagoma conica, in mezzo al mare sgombro di nubi, in segno di saluto. Giusto il tempo per la rituale foto di gruppo e si scende attraverso il più accessibile canalone del pino di Michele. Con l’arrivo a Valle Piana, attraverso Valle Cupa, chiudiamo ad anello uno degli itinerari più interessanti del Parco Nazionale del Pollino. Sulla via del ritorno siamo stanchi ma paghi di un’esperienza che ha permesso di saggiare, per ognuno di noi, le propria potenzialità, su di un arduo percorso che richiedeva gran concentrazione, forza fisica e capacità di adattamento. Consapevoli che arrampicarsi con l’ausilio dei ramponi e della piccozza, è alquanto faticoso ma particolarmente entusiasmante.