19 Ottobre 2008 - Monte Alpi, di De Luca Giuseppe
Ben 31 appassionati si presentano all'appuntamento
con il Monte Alpi (1900 m.), all'estremo lembo settentrionale del Parco
del Pollino in una fresca giornata d'autunno. E' impressionante il colpo
d'occhio che offre la montagna quando si giunge alla località Miraldo,
lungo la strada che porta a Castelsaraceno. Le sue vertiginose pareti
e i paurosi canaloni-ghiaioni che si innalzano a strapiombo per 900
m avvisano da subito l'escursionista che la scalata non sarà affatto
una passeggiata. Una montagna dall'impatto forte, immediato.(foto1)
A guardia della valle, adagiato nel verde solenne dei boschi, il pittoresco
lago di Cogliandrino addolcisce il paesaggio.(foto
2) Per questo e altri motivi ancora il comprensorio del Monte Alpi
presenta molte caratteristiche che non lo relegano di certo ad una posizione
di secondo piano rispetto alle montagne più blasonate del Pollino. Altra
peculiarità è la presenza insieme ai soliti calcari grigi, di giacimenti
di alabastro, da cui si estrae la Pietra di Latronico. Ed è proprio
a Latronico, in località La Calda, che funziona un attrezzato impianto
termale molto apprezzato. Le virtù terapeutiche delle acque di questo
centro sono infatti note da secoli, come dimostrano le ricerche archeologiche
fatte nelle Grotte di Calda, poste vicino alle sorgenti. Le acque del
complesso termale sgorgano da due sorgenti alla temperatura di 22° C:
la Grande Sorgente bicarbonato-calcica e la Piccola Sorgente bicarbonato
– calcica - sulfurea. Elemento di notevole spessore archeologico
è lo scheletro di un pesce fossile risalente a 30 milioni di
anni fa in località “Malboschetto”. Sarebbe classificato
come “Istioforide” del genere Makaira, conosciuto con il
nome di Marlin. La lastra dove si intravede il fossile purtroppo versa
in condizioni deprecabili; basterebbe realizzare una piccola tettoia
in legno per proteggerlo almeno dalla pioggia. Inoltre le pareti del
versante occidentale dell’Alpi ospitano la stazione più
settentrionale d’Italia del Pino Loricato.
Così ci ritroviamo tutti presso la sorgente “Vena nera”a
1089 m dove ci riforniamo d’acqua, mentre sulla montagna incombe
una grigia coltre nebbiosa che in gran parte ci accompagnerà
lungo il cammino. (foto 3 –
4)
L’idea era quella di attaccare direttamente la cresta Nord, ma
considerato il nutrito numero di partecipanti e che comunque il breve
tratto di cresta ci avrebbe condotto ugualmente al Belvedere, optiamo
per la comoda sterrata che fa parte di una rete di sentieri realizzata
dalla Comunità Montana locale e che si inoltra nel bosco della
“Lupara”.
Al Belvedere, ci si concede una pausa mentre si gode la splendida vista
sulla vallata e sulla mastodontica mole del Monte Sirino, altro gigante
di 2000 m. (foto 5 –
6)
Ma ora inizia la parte più tecnica del percorso come evidenzia
la foto ripresa dal basso. (foto
7) Bisognerà risalire un tratto di cresta rocciosa
ed aerea fino a raggiungere una guglia posta a guardia del canalone
centrale. (foto 8 - 9)
E’ questo che dovremo attraversare con un tracciato in
diagonale dal basso verso l’alto facendo estrema attenzione a
non provocare pericolose scariche di pietre. Con molta attenzione e
“piede morbido” arranchiamo su per l’orrido canalone
fino a raggiungere un bel pino loricato posto su un ripido prato erboso.
(foto 10 – 11
- 12) Un ultimo sforzo
e i vari gruppetti raggiungono la faggeta sovrastante e poi la cresta
principale dove in libera ci si avvia verso i 1900 m della cima.
(foto 13 - 14
- 15)
Dalla vetta lo sguardo corre verso la vetta gemella Santa Croce, oggi
avvolta da folate di nebbia, che rievoca in me il ricordo della prima
escursione fatta insieme al gruppo CAI Castrovillari nel settembre 2001.
Quella volta salimmo lungo il sentiero del bosco Favino e non raggiungemmo
l’Alpi soltanto perchè cominciò a piovere (erano
altri tempi). Fu durante quella escursione che conobbi alcuni compagni
di avventura con i quali in questi sette anni abbiamo scritto pagine
indimenticabili sulle nostre montagne.
Per la via del ritorno scendiamo dal lato opposto rintracciando il sentiero
di Piè d'Alpi, rinominato sentiero del Cessna dagli amici pugliesi presenti
nel gruppo. Una decina d'anni fa infatti un Cessna da turismo si schiantò
sul versante occidentale della montagna. Dei resti dell'aereo non rimane
ora che la parte terminale di un'ala.(foto
16)Il sentiero, a tratti nel bosco di faggi dalle tinte autunnali,
a tratti correndo lungo il bordo delle vertiginose pareti ci conduce
in breve a Piede d'Alpi, proprio al di sotto della poderosa parete Ovest
di Monte Alpi. Non sarà difficile rintracciare la sterrata che ci condurrà
alle auto. (foto 17) Tutto sommato
una bella salita, che ci ha consentito di attraversare ambienti molto
vari, tra arbusti di agrifoglio, boschi di faggio, pini loricati, orridi
canaloni-ghiaioni e aride pietraie. Forse un itinerario non adatto a
tutti, ma che percorso con la dovuta attenzione ci ha permesso di realizzare
una via inedita e spettacolare, avventurosa e mai banale, su questa
splendida montagna.(foto 18)
30/31 agosto 2008: Notturna a Serra Crispo di Mimmo Filomia
Un cielo incerto, appena minaccioso, attorniato e combattuto dall’anticiclone
africano persistente di quest’estate afosa, ha contribuito a selezionare
il gruppo dei pellegrini escursionisti sul sentiero che conduce a Serra
Crispo: santuario del pino loricato. L’escursione che ci ha condotto
dal rifugio della Madonna di Pollino (foto 1) alla sorgente di Pitt’accurc, in una
notte buia e stellata, ha fatto rivivere il tempo in cui l’uomo -nelle
sua vita all’aperto- riusciva a misurarsi con i pericoli e le incertezze
dei luoghi per sopravvivere. Lontano dal frastuono urbano e dal bagliore
delle sue luci fredde, istintivamente, abbiamo rivolto lo sguardo all’insù
immedesimandoci attori approssimati, alla ricerca di sensazioni ataviche,
attratti dalla disordinata soprannaturale punteggiatura delle costellazioni.
La stessa, un tempo, sapientemente osservata, interpretata, e tramandata
a memoria d’uomo serviva ai nostri predecessori, nudi e crudi in fatto
di tecnologie, come strumento orientativo naturale lungo la via delle
migrazioni. Una riflessione suggerita dalla variabilità del paesaggio
entro cui il sentiero s’addentra; ora nel bosco di faggi ed abeti, oppure
aperto su ampia radura come quella di Piano Jannace (foto 2), nel mezzo
della montagna. Il sentiero questa volta lascerà alle nostre spalle,
per una notte ed un giorno, consueti stili di vita per tuffarsi nel
fai da te con ritorno all’antico essenziale. La sorgente di Pitt’accurc
(foto 3) è un piccolo miracolo della natura; l’acqua scorga a 1900 m
sotto la sommità di Serra Crispo alta 2053 m. Tutte le spedizioni naturalistiche
associano acqua e sosta, lo è stato anche per noi nel montare la tenda,
al lume delle torce, nel punto in cui la notte ci ha colto. Una cena
frugale assaporata con ottimo spirito associativo e contemplativo, ci
ha trattenuto fino alle prime ore del nuovo giorno (foto
3/a). Il chiarore delle stelle e l’ammasso della Via Lattea non hanno fatto rimpiangere
l’assenza della Luna. La temperatura scesa sino a 9° ci ha poi sospinto
in tenda (foto 4). Nel caldo del sacco a pelo si sono consumate poche
ore di sonno in confronto a quelle trascorse a captare –nel silenzio
della notte- pericoli inesistenti da ogni dove. Invece, quando si è
sintonia con la montagna, si possono provare sensazioni di benessere
scaturite da ogni sua manifestazione. Magnifica la sensazione del vento
che a folate, dopo avere frastornato le fronde della faggeta circostante,
finisce la sua corsa nelle pieghe della tenda. Un segno naturale ben
augurante per l’indomani e conciliante con il sonno. Al mattino, di
buon’ora, alle prese con sbadigli e stiracchiate di braccia, ci riuniamo
attorno al caffè caldo. Il tempo di prendere poche cose ed una buona
scorta d’acqua e siamo in viaggio verso la cima. Il sentiero comodo
e visibile ci porta sulla Serretta della Porticella; un passaggio a
Nord/Est tra Serra delle Ciavole e Serra Crispo. Da qui si attraversa
un territorio mozzafiato e contemplativo (foto
5). Spesso si è costretti
a tornare sui propri passi per guadagnare punti d’osservazione spettacolari
sfuggiti a prima vista. Senza accorgerci, tra uno scatto e l’altro della
digitale ed urla d’esclamazione, siamo accolti nel salotto buono dei
pini loricati. Le foto non rendono la delicatezza dei luoghi in cui
vegetano creature maestose ed esemplari. Disposte con ottima coreografia
sul palcoscenico, rappresentano al meglio, figure ancorate in pose plastiche
su rocce piedistallo o abbarbicate a pareti a strapiombo; anche se il
vento e la pioggia attraverso l’erosione, gli abbiano tolto la razione
secolare di humus. Il panorama meraviglioso circostante, che lascio
immaginare, diventa corollario nei confronti di tanti spazi sensazionali
presenti. Li lasciamo a malincuore dopo avere fatto una scorpacciata
di pini loricati (foto
6 – 7 - 8).
La nostra tendopoli, quei sei puntini
colorati, ora è ben visibile laggiù, ci ricorda purtroppo che dobbiamo
tornare alle nostre cose (foto
8/a). Con nostalgia reverenziale dico
arrivederci ad uno scenario naturalistico di prim’ordine. Le figure
contorte e protese degli alberi protagonisti, allegoricamente accompagnano
gli ospiti al commiato, costringendoli a camminare all’indietro per
addolcire il distacco. Una abitudine mitologica questa degli dei frequentatori
di questo giardino, rimasta circoscritta nell’atmosfera del luogo. Per
noi, un doppio clic nella memoria per conservarne il ricordo. Un grazie
al luogo per l’ospitalità ed a quanti lo proteggono (foto 9
- 10 -11).
22/27 luglio 2008: Tra il Rosa e il Cervino di Mimmo Pace
Il CAI di Castrovillari è sul Breithorn - 4165 metri sul livello del
mare - una imponente montagna del gruppo del Rosa, candida di ghiacci
e culminante in tre vette, a cavallo fra Italia e Svizzera, tutte sui
quattromila. Col cuore in gola, abbiamo percorso la sottile linea di
cresta che le unisce, sospesa per lungo tratto sull’abisso, vivendo
emozioni irripetibili e indescrivibili! (Foto
1 + Foto 2) L’impresa è
ancor più esaltante, se si pensa che, in un sol giorno, sono state raggiunte
le vette di due tra i più maestosi “quattromila” delle nostre Alpi.
Il tracciato sulla cartina, ne mostra appunto l’iter, con partenza dal
Rifugio “Guide del Cervino”, la risalita del Plateau Rosà, del colle
del Breithorn e l’ascesa sul Breithorn Centrale, percorrendo luoghi
stregati, tra artistiche cornici di ghiaccio protese nel vuoto e superbi,
sconfinati orizzonti … per poi intraprendere l’aereo, esile filo di
cresta, che, molto infidamente, conduce fin sulla più alta vetta del
Breithorn. (Foto
3) Solo ora, in vetta, riusciamo a cogliere e commisurare
l’entità della nostra passione per la montagna e per l’avventura! (Foto
4) La fatica dell’ascesa e il rischio sono ampiamente ripagati. Al sicuro,
l’occhio può ora librarsi e perdersi tra solenni, sublimi, grandiosi
scenari e restarne stupìto, attonito, avvinto !! Dal Monviso, al Gran
Paradiso, al Bianco, al Grand Combin, al Cervino, alle maestose vette
dell’Oberland bernese ed alle eccelse giogaie del Massiccio del Rosa.
Queste sono le montagne che hanno fatto la storia dell’alpinismo! (Foto 5)
Siamo ancora in vetta e già si affollano alla mente, ricordi di momenti
e sensazioni appena vissuti : l’ascesa da Cervinia in funivia, il breve
assaggio delle nevi del Plateau, l’incontro con Lucio, Nicola, Dino
ed Enrico, la nostra sicurezza!! La calda ospitalità del rifugio, il
simpatico e interessante briefing, l’impazzato volteggiare di un aliante,
il sole che tinge le nevi coi colori del tramonto, il prospettarsi di
una notte insonne e pensierosa e, finalmente, l’alzata mattutina, la
formazione delle cordate, il crepitìo liberatorio dei primi passi sulla
neve ancora ghiaccia, mentre il primo sole indora il Cervino e le vette
più alte della catena alpina. (Foto
6 + Foto 7) E ancora : il procedere
affannoso, le brevi soste per rifocillarsi, le cordate arrancare nell’ascesa
e il dipanarsi di scenari fiabeschi.(Foto 8) Le quattro cordate,
ora possono distendersi in una discesa divertente, sfiziosa, sicura.
(Foto 9) C’è chi si sveste e resta a torso nudo e chi s’ inebria del
fumo di un sigaro avana … mentre lassù, i ghiacci eterni dei Lyskamm
e delle altre vette del Rosa, luccicano al sole di una radiosa giornata
di luglio. Presto, giungeremo giù al rifugio, festosamente accolti dal
resto della ciurma ed ancor più, dal piccolo Daniele, amata “mascotte”
del gruppo! L’indomani, a Plan Maison, la mole del Cervino appare in
tutta la sua imponenza; dopo la rituale foto di gruppo, si intraprende
l’Alta Via per il Rifugio Riondè. Il percorso si snoda per dolci pascoli
e argentei torrentelli; le marmotte si rincorrono col loro acuto fischio,
esibendosi in teneri atteggi. (Foto
10) Più avanti un guado; poi il
sentiero s’impenna lungo il fronte morenico di un ghiacciaio scomparso
… tra pietraie desolate, singolari infiorescenze e minuscoli nevai.
Il Cervino incombe, e c’è chi s’illude di poterlo tenere sul palmo di
una mano! (Foto
11) Ora il piccolo Daniele si pone in testa al gruppo
e incita all’ascesa! Sul piazzale del rifugio c’è chi propone gratis
massaggi professionali, mentre la nostra mascotte scruta attenta il
Cervino e si dichiara pronto a salirci. Si prosegue ora tra sfasciumi
policromi, al cospetto della Dent d’Herens, tra laghetti, semprevivi
in fiore e genzianelle coloratissime. (Foto
12) Risalendo scoscendimenti
dalle mille cromature, roccette dalle forme bizzarre e facili cenge,
d’un tratto, appare la croce dedicata al sacrificio di Jean Antoine
Carrel, l’intrepida generosa guida, morta di sfinimento, agli albori
dell’Alpinismo, in una terribile bufera, mentre conduceva in salvo un
suo amico, salito con lui sul Cervino.Rendiamo a lui doveroso omaggio.
(Foto 13) C’è chi non si ferma e sale fin sotto il piccolo ghiacciaio
del Leone, per godersi vedute mozzafiato sulle montagne, teatro d’azione
del giorno precedente, sulla splendida conca del Breuil in cui Cervinia
è incastonata ed anche per illudersi un pò di essere ormai prossimo
alla vetta della Gran Becca. La rapida discesa su di uno spiazzo panoramico,
sormontato da un piccolo nevaio, il trastullo tra omini di neve e saliscendi
a slittino, scrutando bianche vette lontane, grandiose cornici di ghiaccio
su maestosi altari di pietra; un gustoso spuntino, innaffiato da vino
frizzante e generoso: poi il meritato relax. (Foto 14) Di nuovo giù,
ancora, per declivi erbosi, costellati di torrioni che invitano all’arrampicata,
per guadi un po’ problematici ed anche per luoghi alquanto inospitali.
(Foto 15) L’iter è quasi concluso e in breve siamo giù, in fondo alla
valle, chiudendo il favoloso anello: ci attendono pittoresche, imponenti
cascate … sono le acque dei nevai del Cervino; corrono giù a valle,
impetuose, testimoni del progressivo, irrefrenabile dissolversi dei
ghiacci. Il giorno dopo, con la mente e il cuore rivolti a due dei
nostri soci -Giuseppe, Massimo- e a Maria Teresa, socia del Cai di Catanzaro,
in procinto di tentare la difficile ascesa alla vetta più alta d'europa:
il Monte Bianco (leggi sotto), ci prepariamo per la terza delle uscite.
Il tempo è incerto, ma Oscar, la guida che ci condurrà lungo un fascinoso
percorso, attraverso la Finestra di Cignana, sull’omonimo lago, è ottimista
e ci rincuora; giù, a valle, ha lasciato il sereno. La fortuna ci assiste
e subito si parte alla scoperta di un altro angolo di natura intatta,
dai mille risvolti da osservare, ammirare, considerare. (Foto 16) Lasciato
l’impetuoso Marmore, il sentiero entra e si inerpica in una solenne
selva di larici, ricca di un folto sottobosco di rododendri. Daniele,
il meraviglioso bimbo, che così tenacemente ha condiviso ogni nostra
sortita, segue da presso Oscar, gli pone domande, quasi a volergli rubare
il mestiere! Dopo l’ennesimo tornante, il bosco lascia il campo ai verdi
pascoli di quota e la vista spazia sull’intera Valtournenche. Siamo
quì, a diretto contatto con svariate specie floricole di rilievo: dal
Giglio Martagone, alla medicamentosa Arnica, all’eccentrica Anemone
Solforosa e , dulcis in fundo, alla Stella Alpina. La Finestra di Cignana,
balcone panoramico a cavallo tra la valle del Cervino e il bacino di
raccolta del Cignana è ormai prossima e riserva una splendida vista
su di una chiostra di aspre montagne, che sovrastano e si specchiano
nell’incantevole lago celestino. (Foto 17) Oscar propone ai più arditi
una digressione da non perdere: l’ascesa del M. Pancherot. La non lunga,
ma ben aspra costa è ampiamente ripagata dall’improvviso dischiudersi
di scenari di incomparabile purezza, tali da stupirci interiormente
e introdurci nella “wilderness” più autentic. (Foto 18) L’aerea visione
del lago, incastonato tra imponenti guglie e torrioni dalle mille forme
bizzarre … gli stambecchi brucare sui magri pascoli, sospesi su inaccessibili
terrazzi, per poi far capolino, destreggiandosi con disinvoltura, tra
vertiginosi pinnacoli di roccia. (Foto 19) Gli esaltanti scenari dalla
vetta sul lago, sul maestoso Cervino e la sua alta valle, la visione
a volo d’uccello su Valtournenche: un ambiente stupefacente, di rara
bellezza, ricco di incognite e dalle mille sfaccettature !! E poi …
l’ansia di trasferire al resto del gruppo le emozioni vissute, il sospirato,
velocissimo pic-nic, l’ennesima foto di gruppo attorno allo stemma del
CAI. (Foto
20 + Foto 21 + Foto
22) Si discende velocemente verso il
lago: i suoi colori sono sorprendentemente cangianti … le sue sponde
offrono paesaggi idilliaci. (Foto
23) Un salto lungo la grande diga,
per ammirare ancora la vastità e la placidità del lago, nonché l’ardita
tecnica costruttiva; poi giù, a capofitto, nella valle, attraverso paesaggi
mutevoli e sempre ricchi di fascino, tra masi e nuclei rurali ormai
fatiscenti e abbandonati … testimoni dell’operosità antica, fino a ritrovare
il torrente Marmore, che sempre più fragoroso, precipita a valle !!
Brindando a cena col moscato del Pollino, il Presidente Iannelli ammicca,
visibilmente soddisfatto per il pieno successo di questa quarta sortita
alpina. (Foto 24) Essa ha unito diverse “anime” del CAI calabrese, calamitando
l’interesse di diversi soci delle altre sezioni calabresi, che condividono
appieno e si associano con slancio a tali avventurose “spedizioni”.
Concludendo, si può affermare con tangibile orgoglio, che questa nostra
sezione mostra, a pieno titolo, i segni di un attivismo naturalistico-culturale
al di fuori della norma, che coinvolge, stimola e conquista chi ama
davvero la natura, la montagna e la sua cultura!
20 Luglio 2008: Escursione Intersezionale con il CAI di Potenza. Piano
Lanzo (1345m) - Cozzo del Pellegrino (1987m) - La Calvia (1910m) - Piano
Lanzo di Mimmo Filomia.
Appuntamento per tutti i partecipanti, nei pressi dell’uscita di Altomonte
della A3 SA/RC. La tappa d’avvicinamento al sentiero ci conduce ad attraversare
e visitare en passant, l’abitato di San Donato di Ninea. La comunità
allestisce la sagra delle castagne che si svolge nel borgo antico, sotto
archi, lungo articolate gradinate e tortuose viuzze. Al rifugio Piano
Lanzo, ha luogo un’accogliente ed espressiva cerimonia di benvenuto
con scambio di doni e gagliardetti fra i presidenti dei due sodalizi.
Segue il consueto briefing sulle caratteristiche del percorso e le modalità
comportamentali dei partecipanti. Un’informativa in più quest’ultima
della guida verso gli accompagnati che ricambiano con l’attenzione a
non commettere eventi trasgressivi volontari, durante il percorso. (Foto 1 - 2
- 3). Dopo una sistemata all’equipaggiamento, facciamo scorta
d’acqua. In via del tutto occasionale, oggi, ciambella di buon auspicio
per tutti, offerte da una signora abitué del posto, che in versione
cuoca outdoor ha trasferito i fornelli in montagna… Grazie affabile
signora! Riflessione a parte, questa domenica in molti abbiamo avvertito
la necessità di respirare un po’ d’aria fresca dopo tante giornate afose.
Non a caso abbiamo scelto per questo periodo un bosco fitto, la cui
vegetazione alligna fino a quota 1800m. Da subito, avidi come siamo
di fresco ci tuffiamo nel verde in cui felci rigogliose toccano le fronde
di faggi ombrosi, mentre sotto vermiglie fragoline cercano un posto
al sole, per farsi notare! In questa fase del percorso i segnavia CAI,
di cui il sentiero è marcato, si offrono ben volentieri nella loro missione,
facendoci l’occhiolino dal tronco degli alberi (Foto
4 - 5 - 6). Camminare
in tutta sicurezza in ambiente ostile com’è quello della montagna, contribuisce
a non mettere ansia agli escursionisti che cosi possono rapportarsi
alle asperità solo con la forma fisica. Inutile dire che i primi passi,
sono quelli destinati a cambiare impostazione al ritmo della giornata.
Oggi, sarà più lento, diverso dalla vita di tutti i giorni. E’ correlato
alla volontà e disponibilità a concedere energie per la performance.
(Foto 7- 8
- 9). Il raggiungimento della meta, rappresenta il punto
più in alto, posto tra noi ed il cielo. E’ il motivo trainante durante
la progressione, non necessariamente ad alti livelli; da un lato mette
alla prova il carattere, dall’altro, ristora la mente tenendola lontano
dalle problematiche quotidiane, rafforzando l’autostima. Il culto della
montagna in questa zona è molto sentito tanto che che la volontà popolare
vi ha deposto la statua della Madonna. Oggi nel corso del percorso -con
sviluppo ad anello- la saluteremo due volte; la prima per salire il
Pellegrino da nord-est; la seconda tornando dal folto arbustivo della
Calvia. Sul dorso della montagna siamo in tanti ad esultare per la riuscita
dell’impresa e per il panorama sottostante (Foto
10 - 11 - 12). Un’intera
area, dal Tirreno allo Jonio si lascia additare. Le vette che riusciamo
a scorgere dietro i corpi nuvolosi che quasi a dispetto si sono sollevati
qua e là, osservate a 360° in questo quadrante territoriale del Parco,
sono: il massiccio del Pollino, Cocuzzo, Montea, Alpi. Non sono mancati
gli effetti speciali proposti dai cumuli di nebbia che giunti in quota
anch’essi dal mare attraverso la valle dell’Abatemarco hanno giocato
con noi avvolgendoci; negandoci cosi la linea dell’orizzonte. Un orizzonte
unico; quando Eolo e fata Morgana acconsentono, regalano la vista dello
Stromboli e persino la sagoma terminale dell’Etna con pennacchio. Pazienza!
Ritenta, dico a me stesso, la prossima volta sarà quella fortunata!
Il lussureggiante bosco intrigante sottostante invita alla discesa per
il ritorno. Passaggi intricati e divertenti, necessari by pass, causa
frane e invadente vegetazione, hanno fatto guadagnare subito il comodo
sentiero del rientro per una passeggiata rilassante ed ossigenata, con
i simpatici amici di potenza (Foto
13 - 14). A loro la sezione del CAI
di Castrovillari invia un saluto fraterno e caloroso, per la disponibilità
a pelle dimostrata; oggi sono stati nostri graditi ospiti. Nell’intento
di rinsaldare i buoni rapporti di vicinato per la tutela dell’ambiente
comune, diamo loro un arrivederci ad ottobre nelle Piccole Dolomiti
Lucane.
6 luglio 2008: nelle “Gole alte” del Lao di Mimmo Pace
Le impressioni e le emozioni che una discesa in rafting lungo il corso
del Lao regala, sono difficilmente narrabili o trasferibili; bisogna
viverla l’avventura e fino in fondo per avvertirne l’intensità e il
fascino ! (Foto 1) Grazie alla disponibilità ed alla collaborazione
dell’efficientissima A.S.D. Canoa Club Lao Pollino, una ventina di intrepidi
soci della Sezione CAI di Castrovillari, assieme a qualche amico esterno,
ne hanno potuto vivere una di quelle che davvero non si dimenticano.
(Foto 2) Questa via d’acqua 51 chilometri lunga, nasce dalle propaggini
settentrionali del Massiccio del Pollino col nome Mercure, per poi assumere,
nei pressi di Laino Borgo, la denominazione di Fiume Lao. Da qui, in
una gola profonda, scavata sotto la possente barriera del Ciagola, il
fiume s’è aperta la via verso il mare … testimoni la ormai deserta,
erbosa Laino Castello e l’altissimo Viadotto Italia. (Foto 3
- 4 - 5)
Più a valle, quasi all’altezza del Riparo preistorico del Romito, il
fiume si placa e consente una navigazione meno movimentata, ma non meno
interessante e suggestiva fin oltre Papasidero, poi scorre, scorre ancora
per diversi chilometri, fino a trovar pace nel Tirreno. (Foto 6 - 7
- 8) Se l’intero corso del Lao è estremamente interessante, sia dal
punto di vista floro-faunistico, sia da quello storico-culturale, le
sue “Gole Alte”, 16 km lunghe, per la loro natura selvaggia e incontaminata,
sono a dir poco affascinanti. Tra rapide impetuose, profonde e brontolanti
marmitte, anse, strapiombi, anguste strettoie, pittoresche cascate di
affluenti precipiti, sotto passerelle semidirute, testimoni di un operoso
passato, le sue acque gorgogliano, ora chiassose e spumeggianti, ora
placide e smeraldine. (Foto 9 – 10
– 11 – 12
– 13) Le imponenti pareti
della gola sono per lunghi tratti ricoperti da una densa selva, originata
da connubi forestali d’eccezione. Ontani, carpini, roverelle, ornielli,
lecci, salici e pioppi formano delle autentiche “gallerie arboree” sul
corso del fiume, fino a lambirne le acque. (Foto
14 – 15) L’ambiente
fluviale ospita, oltre alla salamandrina dagli occhiali, il gambero
di fiume, la trota e la biscia d’acqua e se si è fortunati, si può avvertire
il poderoso colpo d’ala del falco pellegrino che volteggia alla ricerca
delle sue prede. Ogni canoista o raftista nutre, pur sempre, la segreta
speranza d’incontrare, prima o poi, la lontra. In un siffatto “paradiso
naturalistico” s’è svolta la nostra avventura ! (Foto
16) Dopo un accurato
ed esaustivo “briefing”, la ciurma, dislocata su 4 imbarcazioni, condotte
da atleti giovani, preparati, estremamente disponibili, si avventura
lungo le gole. (Foto 17) L’impatto col fiume, almeno per chi per la
prima volta lo affronta con tale sistema di “navigazione sportiva”,
non è dei più semplici; c’è chi, al primo scossone, cade in acqua e
dopo qualche minuto di “rinfrescante esperienza” viene prontamente recuperato.
E’ un continuo vociare a bordo di quei quattro rafts, intervallato da
improvvise urla di meraviglia e di stupore, man mano che la progressione
nelle gole consente il dipanarsi alla vista di recessi incantati, racchiusi
in questo magico ambiente fluviale. (Foto
18 – 19) Assolutamente incontenibile,
poi, l’entusiasmo generale all’improvviso apparire della pittoresca
cascata di Malomo. Su di una enorme, pensile campana di calcare, un
tempo miracolosamente appesa alla parete del canyon e ricoperta da muschi
di un intenso verde rilucente, si frangevano le acque della cascata,
che dall’orlo inferiore della campana si traducevano in mille rivoli
argentati … una cortina di acque cristalline e scintillanti, dietro
cui era possibile celarsi e inebriarsi di quella meraviglia della natura,
confondendo con essa il proprio “ego”, tra la visione mozzafiato, il
fragore delle acque della cascata e il gorgoglio di quelle del fiume
! (Foto 20 –
21) Oggi, rovinata giù, la campana non c’è più, ma l’angolo
è ancora talmente suggestivo, da calamitarci tutti. Il richiamo di quelle
acque, che vengono giù da così grande altezza, è irresistibile e si
traduce in frenetiche scene di giubilo dell’intero gruppo, che gesticola
e si dimena, proprio sotto le acque di caduta, accompagnando la gestualità
a modulazioni vocali mai uscite da “quelle gole”, in tutto simili al
“grido di guerra” dei pellirosse !(Foto
22) La navigazione prosegue
sempre movimentata, mai monotona e ripetitiva, in fondo alle gole e
scorre veloce tra imbuti, sifoni, trasbordi, brevi percorsi a piedi,
rapide, marmitte e placidi tratti. (Foto
23 – 24 – 25
– 26) Nelle brevi
soste, ci si tuffa a ripetizione, ci si lascia trasportare dal fiume,
e c’è anche chi ardisce nuotare controcorrente … un vero scialo, per
farla breve !
(Foto 27– 28)
Si profila già alla vista il ponte di Campicello,
che preannuncia la fine dell’iter. Sono occorse oltre tre ore per discendere
le gole, ma il tempo è trascorso così fugacemente come in un sogno.
(Foto 29) L’occhio di qualche fotocamera è riuscita, per fortuna, a
rubare a quel fiume e a quell’ambiente favoloso, immagini e suoni di
spettacoli naturali e di scene irripetibili, fissandoli a ricordo gradito
e indelebile di quei magici momenti vissuti in solidale e franca amicizia
e volti a promuoverne, in giro, la conoscenza e, così, la voglia di
viverli. (Foto 30)
22 giugno 2008: Castelcivita e le sue grotte di Mimmo Pace
Dopo un mese appena, ancora gli Alburni, teatro d'azione della
Sezione CAI di Castrovillari, per godere appieno e vivere fino in
fondo il variegato e ripagante calendario delle attività, previsto
e organizzato per quest'anno.
Stavolta, il nostro obbiettivo è Castelcivita, un tipico paesino
del Parco Nazionale del Cilento, aggrappato alle irte pendici meridionali
del Massiccio degli Alburni ed una visita, sia pur molto parziale
e fugace alle sue grotte, un percorso ipogeo complesso, ancora non
del tutto esplorato, che si insinua nelle viscere della montagna per
oltre 5 Km. e rappresenta uno dei sistemi sotterranei più estesi
del Meridione d'talia ed anche un importante sito per lo studio
della più remota Preistoria della penisola italiana. (Foto
1)
Le reiterate campagne di scavi archeologici nei pressi dell'entrata,
eseguiti a cavallo degli anni 70 e 80, hanno restituito alla luce
importanti reperti litici ed ossei, che attestano una frequentazione
umana del sito, dal Paleolitico medio al Paleolitico superiore. Due
diverse sottospecie del genere Homo: l'Uomo di
Neanderthal e l'Homo sapiens, quindi, trovarono alloggio e rifugio
in queste grotte! (Foto
2).
Già il primo tratto di esse, attrezzato ed aperto alla visita
turistica per circa 1 chilometro, offre un affascinante percorso sotterraneo,
dove i risultati magici dell'azione erosiva e creativa delle
acque hanno dato vita ad una variegata serie di ambienti ipogei, taluni
anche maestosi come la Caverna Bertarelli, dove il fantastico e l'orrido
si alternano e susseguono, destando nel fruitore inquietudine, meraviglia,
stupore e suscitando, nel contempo, una curiosità esplorativa
incontenibile, figurarsi il prosieguo, fruibile solo mediante
una vera esplorazione speleologica! (Foto
3 + 4).
Le straordinarie, ricchissime formazioni stalattitico-stalagmitiche,
interpretate al lume della fantasia umana, hanno dato nome agli ambienti
in cui insistono: la sala del coccodrillo, la cattedrale, la cascata
rosa, il salto dei Titani, la terrazza degli anelli e via
discorrendo. (Foto
5 + 6). Un
ambiente fascinoso, insomma, da scoprire e da vivere! (Foto
7)
Un sostanzioso spuntino e una breve siesta nella verde area pic-nic
sulle sponde del Calore. La veloce rinfrescata di Ciro nelle sue limpide
acque, all'ombra del ponte romano, che la leggenda vuole fosse
attraversato da Spartaco, lo schiavo ribelle, nel corso di una ritirata,
dopo una vittoria sull'esercito romano e poi, sfidando
l'afa e la calura del primo meriggio, la risalita al pittoresco
borgo medievale, appollaiato quasi a picco su di una ripida quinta
montuosa. (Foto 8
+ 9 + 10)
Ad attenderci, la Torre Angioina del 13° secolo, sede oggi del
Museo della Civiltà contadina, che sovrasta imponente l'abitato
e ne testimonia l'originario assetto difensivo.(Foto
11 + 12)
Da lassù l'occhio può godere di un paesaggio irripetibile,
che si perde, tra il lontano M. Cervato e la serie di dolci colline,
accarezzando una sconfinata distesa di colori e di silenzi fino al
mare.
Una rapidissima discesa-risalita attraverso viuzze tortuose e inerpicate,
interminabili rampe di gradini che si snodano tra singolari architetture
civili, curiosi portici, eleganti portali scolpiti in pietra locale,
chiese impreziosite da affreschi e dipinti d'autore di pregevole
fattura, come quelle di S. Cono, S. Nicola e S. Antonio, segni tangibili
di un passato fastoso. (Foto
13 + 14 + 15
+ 16). Non
ci resta che completare il periplo degli Alburni, percorrendone ora
il versante meridionale, tanto aspro e roccioso nella sua porzione
sommitale, quanto dolce e immerso nel folto verde alle pendici, alla
scoperta dei minuscoli paesini di Ottati, S. Angelo a Fasanella, Corleto
Monforte, S. Rufo, occhieggianti sul bacino fluviale del Calore e
sulla distesa di boschi, pascoli e coltivi del Vallo di Diano. (Foto
17 + 18)
Quello settentrionale, che si affaccia sulle valli del Tanagro e dell'alto
Sele, segnato da una interminabile cresta, fatta di maestose falesie,
intervallate da profondi orridi selvosi e vertiginosi baluardi di
roccia calcarea dalle forme possenti e bizzarre, culminanti con la
vetta del Panormo e troneggianti sul mare di verde smeraldino, che
solo una limpida giornata di Giugno può adeguatamente esaltare,
avevamo avuto modo di fruirlo nel nostro iter mattutino, percorrendo
l'amena carrozzabile che da Petina conduce a Sicignano, a Scorzo,
a Controne e giunge appunto alle grotte di Castelcivita. (Foto
19 + 20)
15
giugno 2008: Passeggiata del cuoredi Mimmo Filomia (Commissione escursionismo
CAI Castrovillari)
Una collaborazione
tra l’Associazione “Gli Amici del Cuore” dell'Unità
di Cardiologia dell'Ospedale di Castrovillari e la Sezione di Castrovillari
del Club Alpino Italiano.
Sempre più in alto!
Continua l’ascensione gradiente degli “Amici del Cuore”
di Castrovillari coadiuvati dagli amici del CAI Castrovillari. I due
nobili sodalizi domenica 15 giugno si sono ritrovati sul versante
dei monti dell’Orsomarso per una passeggiata naturalistica in
un ambiente asettico ed ossigenato. In tanti hanno onorato l’invito,
attratti dall’idea di ritrovarsi su di un sentiero di montagna
per verificare le proprie capacità fisiche (foto
1).
Una prova da sforzo fai da te outdoor che -attraverso l’autostima-
soprattutto per le persone sane in regime di sforzo graduale, al cospetto
delle asperità, possono avvertire, sintomi di patologie nascoste.
Oggi -grazie al cielo- la comitiva, favorita da un clima fresco, soleggiato
quanto basta, non ha denunciato alcuna ricaduta fisiologica. Segno
questo, che i protocolli standard curativi, le tecniche d’implantologia
sempre meno invasive, unitamente all’impiego di materiali compatibili
con la natura umana, consentono all’ammalato ottimi livelli
di recupero e guarigione. Una prova lampante è stata offerta
dai nostri amici d’escursione che, toccati al cuore da patologie
diverse, con la loro progressione esemplare, hanno infranto il tabù
che li vuole condannati a condurre una vita riduttiva. La passeggiata
ha l’obiettivo di condurre, in tutta sicurezza, i rispettivi
soci a contatto con la natura in uno dei luoghi più wilderness
del parco (foto
2). Per la cronaca, i presidi sanitari mobili al seguito,
per un eventuale soccorso, sono rimasti inoperosi… anche per
loro una giornata di relax. La loro presenza è giustificata
dal fatto che in montagna le difficoltà motorie e le asperità
possono accentuarsi provocando talvolta traumi psicofisici. Le poche
curve di livello, che la comitiva sempre allegra e motivata ha attraversato,
1150m la più alta, sono bastate a sviluppare un sentiero confortevole
e panoramico lungo 10 km (foto
3). Un grazie di cuore va al Dirigente del Servizio Provinciale
di Cosenza, Dott.ssa Franca Arlia ed al responsabile dell’Ufficio
AFOR di Castrovillari, Rag. Luigi Caruso. La loro preziosa collaborazione,
ha consentito la fruizione della corte del Rifugio La Salviosa (foto
4) e permesso -attraverso un ordinato sentiero (foto
5) - il raggiungimento della propaggine rocciosa di Castello
Brancato. Quest’ultimo, è un torrione panoramico sulla
valle del Fiume Argentino, aperta verso il mare Tirreno, incastonato
in un più ampio scenario di precipizi leggendari e incontaminate
vallate lussureggianti (foto
6). I parametri della cartella clinica di questa passeggiata
non presentano valori alterati nei confronti dei partecipanti. Tanto
che, leggo senza intaccare la privacy: l’amicizia è rafforzata
unitamente alla sicurezza di sé, umore e loquacità nel
dialogo appena contenuti nei valori, il riaprirsi alla vita attraverso
il confronto e la voglia di proporsi fanno ben sperare nel recupero
totale. La disponibilità di tutti, ma in primis, quella del
curatore per eccellenza, Dott. Giovanni Bisignani, sono la palese
dimostrazione della continuità sanitaria del reparto di cardiologia
dell’Ospedale di Castrovillari, in esterna come in corsia. Lo
spirito associativo -intenso contenitore dei più nobili sentimenti
umani- però non è solo questo. La raccolta fondi “Una
Domenica per Domenico” -organizzata per la giornata odierna
dalle associazioni aderenti al Centro Servizi del Volontariato- oggi
è stata sentita e condivisa da tutti i partecipanti alla nostra
manifestazione ed è stata vissuta con espressioni edificanti
nei confronti dei sodalizi propositivi al benessere. Il piccolo Domenico
si aspetta -alla vigilia della partenza- un saluto carico d’ogni
bene da associazioni e semplici sostenitori. Nel bel mezzo di questa
magnifica giornata, non è mancato il saluto ben augurante da
parte del past president dell’associazione (foto
7) per sottolineare la validità dei principi del
sodalizio e un attivo prosieguimento delle sue molteplici attività.
Al rientro, seppur felici, tutti hanno avvertito una leggera flessione
fisica. Niente paura, è l’attimo in cui la pigrizia tentatrice
di cui si è pervasi rischia di essere defenestrata. A tutti
i partecipanti ed al reparto di Cardiologia del Presidio di Castrovillari,
cui noi confidiamo i nostri cuori, va un sentito ringraziamento. Ad maiora!
8 giugno 2008> Potame – Monte Santa Lucerna di
Domenico Riga
La tradizionale
uscita ADM – CAI Castrovillari quest’anno ci porta su
una tra le più belle montagne della Catena Costiera, a cavallo
tra la dorsale del Monte Cocuzzo e la valle del Savuto: il monte Santa
Lucerna. L’appuntamento è, come al solito in questi casi,
“soft”: ore 9. Il Sabato è stata una giornata da
tregenda: diluvio universale, vento e freddo, e, nonostante le previsioni
diano un netto miglioramento per il giorno successivo, sinceramente
mi preparo ad un’uscita con poche presenze.
Domenica mattina, al risveglio, una dolce sorpresa: sole e cielo terso!
OK, tutto a posto, mi avvio alla Madonnina per il ritrovo di partenza
e qui mi aspetta un’altra lieta sorpresa: c’è già
qualcuno ad attendere, è Donatella (puntualità presidenziale)
con altri quattro amici. Iniziamo a scherzare e piano piano il numero
delle persone aumenta sempre più (alla fine saremo in 30 più
un cane).
Partiamo alla volta di Potame, dove ad attenderci c’è
il grande Massimo con Ivana, la sorella e altri due amici. Finalmente
alle 10,15 si parte! Percorriamo una stradella asfaltata per poche
centinaia di metri fino all’imbocco di un sentierino che risale
un vallone nel quale troviamo anche delle vacche al pascolo (foto
1). Questo primo tratto è un po’ impervio
e dobbiamo tagliare un po’ di rovi per consentire un facile
passaggio a tutti. Per raggiungere la zona sommitale si aggira qualche
vallone e questo ci costringe a brevi ma divertenti saliscendi, che
consentono di apprezzare la diversità vegetazionale presente:
pini, abeti, castagni, ontani, querce, insieme ad alte felci e ad
enormi stazioni di farfaraccio. Un guado prelude alle praterie di
quota: prima un’anticima molto panoramica e poi uno stupendo
vallone, il fosso di Maricozzo, che corre alla base del versante nord
del Santa Lucerna (foto 2).
Risaliamo per poche centinaia di metri il torrente, in questo tratto
molto suggestivo, e raggiungiamo l’attacco del sentiero che
ci porterà in cima. La cresta terminale è molto bella
e panoramica (foto 3),
anche se purtroppo la nebbia disturberà un pò le visioni
circolari che in condizioni di tempo stabile si godono
(foto 4). Tuttavia abbiamo la possibilità
di vedere la Valle del Savuto e, a tratti, la costa tirrenica.
Per il pranzo scelgo sapientemente di sedermi vicino al Presidente
Iannelli, vero accentratore di cibo e ilarità, degnamente accompagnato
da tutti gli altri “caini” che dimostrano grande affiatamento
di gruppo e passione per la montagna.
Finito il lauto pranzo propongo una breve discesa fino ad alcune stupende
rocce poste sotto la cima e qui ……. inizia il divertimento.
Il “ROCCIAPARK”, come lo ha definito Massimo, propone
forme bizzarre, piccole pareti strapiombanti, clessidre, rocce cave
e spettacolari e divertenti passaggi. In particolare ci soffermiamo
su una formazione rocciosa la cui appendice somiglia incredibilmente
ad una testa di cavallo (foto
5) o di dinosauro (fate voi), sotto la quale si può
attraversare sfruttando una piccola cavità e poi arrampicare
fino a ritornare al punto di partenza. È qui doverosa una nota
di merito a Carla (foto 6),
giovane e motivata socia del CAI Castrovillari, che supera brillantemente
la prova su roccia. Massimo, invece, lo perdiamo continuamente, intento
com’è a risalire tutti i pinnacoli che si trova davanti.
Foto di gruppo e iniziamo il rientro, ma in questo caso sfruttiamo
la comoda stradella (foto
7) che dalle macchine porta direttamente sotto l’ultima
cresta, così da accorciare i tempi e non stancare ulteriormente
un gruppo comunque entusiasta dell’esperienza vissuta.
Nel tratto in discesa un ultimo punto panoramico ci consente di avere
una visione suggestiva di Potame, località di villeggiatura
turistica del comune di Domanico. All’arrivo non troviamo niente
di meglio da fare che tagliare una crostata accuratamente conservata
in macchina la mattina e completare, se mai ce ne fosse stato bisogno,
il pranzo.
Ci salutiamo come al solito affettuosamente e, per quanto mi riguarda,
con un pizzico di tristezza perché è stata una giornata
che conserverò per sempre nel cuore. Un abbraccio e alla prossima!
25 Maggio 2008: 8^ giornata nazionale dei sentieri di
Mimmo Filomia
Didattica
e manutenzione Sentiero UCS 941 - Colle Marcione (1227m) - Monte Manfriana
(1981m) in Comune di Frascineto e Civita.
Questa domenica
di fine maggio, numerose e gradite sono state, tra giovani ed adulti,
le adesioni di partecipazione alla 8^ Giornata Nazionale dei Sentieri
promossa dal CAI Centrale sulle montagne italiane. La sensazione percepita
-in questa occasione- è che nelle coscienze, nasce un interesse
partecipativo alle scelte decisionali che si praticano sul proprio
ambiente. Si avverte un approccio nuovo nei confronti del proprio
territorio, ritenuto il luogo della memoria con cui si è cresciuti
da protagonisti nelle manifestazioni evolutive e tradizionali. Il
recupero di un sentiero, specialmente nelle aree protette, va inteso
come un ripercorrere le tradizioni sopite. Va gestito, nel rispetto
dell’appartenenza evitando intrusioni culturali, dalle identità
locali cui spetta portarlo alla luce per amalgamarlo alle direttive
del contesto e presentarlo al visitatore in tutta la sua originalità.
L’intenzione della Commissione Centrale Escursionismo del Club
Alpino Italiano è quella di coinvolgere attivamente associazioni
enti e cittadini, ad impegnarsi contemporaneamente su tutto il territorio
nazionale, con convegni e con la frequentazione di un sentiero per
far conoscere la montagna, per meglio promuoverla, tutelarla e valorizzarla.
Il sentiero, questa traccia, formata dal calpestio nei secoli, ereditata
dai nostri avi, che ci proponiamo di gestire è il segno indelebile
della presenza attiva umana sui monti per ricavarne risorse. Una presenza
non sempre sostenibile, ma fatta il più delle volte alla maniera
mordi e fuggi con grave danno per l’ecosistema che rimane abbandonato
al degrado (deforestazioni insensate). Attraverso i mass media siamo
consapevoli che la natura va rispettata senza alterarne a dismisura
lo sviluppo naturale, provocando danni irreversibili al territorio
ed al clima. Ne consegue che la presenza degli escursionisti CAI e
di altre Associazioni Ambientaliste, in virtù delle loro peculiarità
propositive, in montagna sono motivo di tutela paesaggistica. Al lento
abbandono delle attività umane sulle terre alte, derivante
dalla trasformazione della società economica da agricola ad
industriale, anche le vie di penetrazione si sono perse o non riattivate
(foto 1 –
2). Di conseguenza il sentiero ora è l’unico
segno che mantiene i contatti tra civiltà urbanizzata e alpeggi.
Rappresenta anche l’unica via di fuga, una tantum, dalle tante
condivisioni stressanti in cui l’uomo cittadino si è
immerso per vivere. Il sentiero è terra di tutti, proprio per
questo ogni volta che lo frequentiamo e penetriamo in luoghi ameni,
ci rende tutti proprietari ideali di un benessere ricercato personale
e collettivo, da preservare e incentivare con interventi mirati (foto
3 – 4). Un motivo
in più per rinsaldare l’attaccamento ai luoghi d’origine.
I politici ed amministratori lo sanno bene perché citato nella
Convenzione Europea del Paesaggio. Gli omini di pietra costruiti con
l’apporto di ciascuno, utili in caso di nebbia, i segnavia bianco-rosso
rilucenti al sole, che oggi abbiamo riverniciato, badando alla perfezione
a scapito delle dita imbrattate dalle due tonalità di colori,
per Francesco ed Alessio prossimo laureando, sono stati motivo di
orgoglio e appartenenza. La pulizia -da parte dei soci Antonio e Gaetano-
dai rami secchi che ostruivano il passaggio, altro non serve che ad
indirizzare gli escursionisti in sicurezza solo ed esclusivamente
sul sentiero (foto 5
- 6 – 7).
Nel frattempo, lo stesso è stato arricchito di punti panoramici
e notizie storiche naturalistiche conferendogli valore aggiunto. Con
noi, oggi, gli Amici della Terra del Pollino ed il Gruppo Archeologico
del Pollino e anche la presenza di due amici tedeschi che -anticipando
i tempi- rappresentano le primizie turistiche. A muovere tanta partecipazione
è stato il desiderio di prendere confidenza con il sole, ma
anche l’aspirazione di lasciare un segno tangibile disinteressato
verso l’ambiente affinché divenisse più confortevole
e sicuro con soluzioni poco invasive (foto
8 - 9). Il sentiero
per la cima della Manfriana è una lunga balconata panoramica
che si sviluppa, all’inizio nel bosco della Fagosa, per proseguire
poi sulla cresta: un saliscendi roccioso, con radure erbose preferite
da mandrie di cavalli, che congiunge Timpa del Principe, Passo Marcellino
Serra e la cima est della Manfriana. Il panorama ci offre due ambienti
adiacenti ma diversi. Percorrendo il sentiero di cresta, si ammira
la sottostante area selvaggia della faggeta dal fogliame novello,
dalle sembianze di un mare verde da cui emergono come vascelli, La
Falconara e la Timpa di San Lorenzo. Appaiono adagiati su un’onda
lunga, che lambisce il dorso della Serra del Dolcedorme e Serra delle
Ciavole (foto 10 - 11).
Al di qua, adagiata -a quota decisamente più bassa- l’ampia
valle del fiume Cosciale; più dolce e degradante mostra i segni
di un territorio trasformato dalle attività umane degli insediamenti
di Castrovillari, Morano, Frascineto. Il tutto, compreso tra le mirabili
insenature del mar Jonio e Tirreno. Il serpentone multicolore dei
30 escursionisti smette di articolarsi a mezzogiorno per esultare
tra gli enigmatici massi squadrati giacenti in cima (foto
12). Il gruppo, idealmente associato a tutti i partecipanti
delle 486 sezioni italiane del CAI, impegnati oggi su tutto il territorio
nazionale, dall’Etna al Monte Bianco, li ha calorosamente circoscritti
toccandoli, con un simbolico batto cinque, ricambiato non a pelle
ma mentalmente… Come si conviene! Al rientro con chiusura ad
anello (foto 13 - 14).
possiamo ben dire di avere riassaporato la voglia di avere
sete, ma anche quella di esserci dissetati alla fonte Ratto; soprattutto
di avere fatto conoscenza con un amico sicuro: il segnavia!
11 maggio 2008: Sul Tetto degli Alburni di Mimmo Pace
In qualsivoglia
stagione si abbia ventura di percorrerla, la Catena degli Alburni
offre al visitatore stridenti contrasti naturalistici, sublimi tavolozze,
arcane atmosfere ed anche vestigia della gente semplice e franca che
un tempo la frequentava. (Foto
1 – 2 - 3)
Ricca di selve e di pascoli, questa degli Alburni era terra di pastori,
di boscaioli, di montanari ed anche di lupari, i quali, in cambio
di formaggio e di ricotta dai pastori, proteggevano mandrie e greggi
dal predatore, girando per i paesi e per gli ovili, con i trofei della
caccia sulle spalle! (Foto
4 - 5). Il Monte
Panormo o Alburno, “l’albus mons” dei Romani, menzionato
dal poeta Virgilio nelle Georgiche, con i suoi 1742 metri s.l.m.,
rappresenta la massima elevazione di questa poderosa catena montuosa,
che dal Vallo di Diano si estende fin quasi alla vasta Piana del Sele.
(Foto 6)
L’interminabile cresta che si affaccia sulle valli del Tanagro
e dell’alto Sele è caratterizzata da una linea di maestose
falesie rocciose, che si esprime in autentici labirinti di guglie
e pinnacoli dalle forme possenti e bizzarre, intervallati da profondi
orridi selvosi, che ospitano notevoli endemismi botanici. (Foto
7)
A sfidare il tempo, i “Campanili di Petina”, imponenti,
vertiginosi baluardi di roccia calcarea si ergono a testimoniare l’incessante
azione erosiva degli elementi. (Foto
8 – 9 - 10)
Lungo l’opposito versante, quasi un altopiano, che più
dolcemente digrada verso la terra del Cilento, si estende, a perdita
d’occhio, l’immensa faggeta, nella quale trovano rifugio
gli ultimi lupi e quel che resta della fauna stanziale. (Foto
11)
Noi, gente del CAI, che amiamo conoscere e far conoscere gli spazi
della natura e le tracce della presenza umana su di essa, non potevamo
rimanere insensibili a tal genere di richiami e abbiamo fermamente
voluto, anche se in maniera fugace, visitare quei luoghi fascinosi.
(Foto 12)
Lungi dall’affrontare un ben più arduo percorso, che
da Petina, ridente paesello alla falde della catena, risale direttamente
al tetto degli Alburni, proprio per favorire la presenza di un folto
gruppo di soci, nonché di due inattese quanto gradite “ardite
signore” dalla lucana Pignola, il nostro iter si snoda in quota,
lungo la bella e ombrosa pista forestale, che tra mille ghirigori
e saliscendi, attraversa il cuore della solenne faggeta. (Foto
13)
Un intenso assaggio emotivo lo viviamo dopo la breve risalita sulla
sommità della Ripa Alata, il primo dei campanili: di fronte
a noi, in tutto simile ad una immensa ala di pietra sospesa nel vuoto
… ecco, in una visione aerea, la Ripa Lunga, il secondo ed ancor
più maestoso campanile, che incombe sulla valle e sovrasta
il paesello, sepolto nel verde di castagneti senza tempo. (Foto
14 – 15 - 16)
Il nostro iter nella folta selva riprende; ci sembra di percorrere
luoghi stregati, tra autentici monumenti di pietra, inquietanti formazioni
rocciose, tappezzate di verdi muschi, misteriosi anfratti, spelonche,
e profondi inghiottitoi. (Foto
17 – 18 – 19
- 20)
Finalmente, ci dissetiamo alle freschissime acque della Fonte di Laurofuso
e riprendiamo il cammino. (Foto
21)
Dopo breve costa, ci ritroviamo tutti affacciati a una balconata in
bilico sull’abisso, in una visione mozzafiato, al cospetto del
titanico, strapiombante bastione grigio azzurro su cui si eleva la
vetta dell’Alburno. (Foto
22 - 23)
Presto, l’erta diviene dura e si svolge, ora lungo un verde
e singolare sottobosco di aglio selvatico, che emana il suo odore
penetrante, ora tra distese di profumatissimi narcisi e di asfodeli
in boccia. (Foto 24
- 25)
Destreggiandoci tra macchie e facili roccette, il nostro iter si conclude
sulla vetta, percorrendone la breve linea di cresta; a ridosso di
essa, dietro un macigno, il grato ricordo del CAI per un appassionato
conoscitore di quei luoghi. (Foto
26 – 27 - 28)
In una visione circolare, orizzonti di idilliaca bellezza, impreziositi
talvolta dal solenne volo dei rapaci: l’intera piana del Sele,
del Tanagro, del Calore, le verdi quinte montuose del Parco Nazionale
del Cilento e l’azzurrina linea del Tirreno. (Foto
29 – 30 -
31)
Pienamente paghi, intraprendiamo la via del ritorno, con la consapevolezza
di aver potuto aggiungere un altro piccolo tassello alla conoscenza
della montagna e dei segni della presenza umana su di essa. (Foto
32 - 33)
5 maggio 2008: Gli "angeli rossidella montagna" di Vincenzo Alvaro
Da Slow Time quotidiano di Emerson Comunication. Direttore Roberto Fittipaldi
Piano Ruggio (PZ) - Sono le 10.40 di domenica mattina, quando le prime due squadre di
soccorso del CNSAS (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico,
foto di G. De Marco) partono alla ricerca di due escursionisti
dispersi. Poco dopo si muoveranno altre tre squadre a dare man forte
all’azione di ricognizione degli ambienti di quota, nel cuore
del Parco del Pollino. L’emergenza parla di due escursionisti
dispersi sulla cima di Serra del Prete. Parte così la ricerca
in superfice da parte delle squadre di soccorso e ricognizione del
Soccorso Alpino, che hanno il compito di perlustrare la zona dell’emergenza
al fine di intercettare le due persone che hanno lanciato l’allarme.
Ad ogni squadra un pezzo di montagna da visionare palmo a palmo. Dal
campo base, impiantato sul Piano di Ruggio, a pochi metri dal Rifugio
De Gasperi, la sala operativa allestita per coordinare le operazione
dentro una tenda, segue in stretto contatto radio i movimenti dei
soccorritori, in attesa di avere novità sul contatto con i
dispersi. Sul prato la squadra dei soccorsi sanitari attende l’evolversi
delle operazioni e controlla strumenti e mezzi per una eventuale chiamata
d’intervento.
Tutto come nella realtà, ma per fortuna è solo una esercitazione
per testare il grado di operatività degli uomini, tutti volontari,
che appartengono al Soccorso Alpino. Gli “angeli” in tuta
rossa e bordature nere che durante tutto l’anno soccorrono diverse
decine di “sfortunati” ai quali la montagna condanna duramente
qualche piccola ingenuità o superficialità di troppo.
Sono circa settanta (foto di E. Iannelli),
coordinati dai due responsabili regionali di Calabria e Basilicata,
provenienti dalle stazioni di soccorso delle regioni di Calabria,
Basilicata e Puglia. Insieme per una esercitazione che si potrarrà
fino al tardo pomeriggio.
Al mattino i volontari si dividono in cinque squadre di soccorso coordinate
da un caposquadra, al quale i referenti del campo base assegnano una
area di intervento operativo, segnata su una carta topografica.
Il tempo di controllare imbraghi, moschettoni, corde, zaini, coordinare
lo stile di intervento e via si parte. Prima due squadre, poi le altre
tre. Tutti a “caccia” dei dispersi. Si sale sui mezzi
meccanici per raggiungere le zone di operazione. Poi via a piedi,
salendo lungo il crinale di Serra del Prete. In fila orizzontale a
guardare la montagna centimetro per centimetro alla ricerca di un
contatto visivo con gli escursionisti in difficoltà (due volontari
del CNSAS che si sono prestati all’occorrenza). Più si
sale più lo scenario di intervento diventa complicato. La neve
è alta più di un metro, ma le squadre di soccorso non
demordono bisogna trovare le persone in difficoltà.
Dopo oltre due ore di ricerca una squadra le individua quasi sotto
la cima di Serra del Prete. La chiamata al campo base è istantanea.
“Trovati!” ma uno dei due è ferito ad una gamba
e per scenderlo a valle c’è bisogno dell’intervento
dei sanitari.
Dal campo base la squadra sanitaria, attrezzata di tutto punto, si
muove velocemente. Con il GPS arrivano “in bocca” ai feriti
in men che non si dica. Si monta la barella (foto
di V. Malfone) trasportata a spalla in una zaino ad hoc e con
l’aiuto delle corde da imbrago si scende - con accurata velocità
- a valle dove le operazione si concludono con un applauso generale.
Ottimi i tempi di rispondenza degli uomini che ancora una volta, sul
campo, hanno dimostrato la loro efficenza ed operatività.
Luca Franzese, delegato regionale Calabria del CNSAS sembra soddisfatto
del lavoro dei suoi uomini. Così come è orgoglioso di
loro il Presidente del Parco Nazionale del Pollino, Domenico Pappaterra,
che all’inizio delle operazioni è intervenuto per porgere
il suo saluto ai volontari. Al suo fianco anche il Presidente del
Cai di Castrovillari, Eugenio Iannelli e gli ispettori del Corpo Forestale
dello Stato, che nelle emergenze vere collaborano fianco fianco con
i soccorritori volontari.
Nel suo breve intervento Pappaterra ha sottolineato come l’Ente
anche nel nuovo bilancio da poco approvato abbia voluto dare un segnale
di vicinanza ad un settore così importante. Qualificare questi
volontari significa dare sicurezza a coloro che vogliono vivere la
montagna in libertà, ma nel pieno rispetto delle regole.
27 aprile 2008: Oasi Naturalistica WWF di Policoro Eraclea
di Maria Pia Martino
(foto 1 - 2
- 3 - 4
- 5)
Organizzata efficientemente
dal duo Sallorenzo – Zicari e guidata con sempre impareggiabile
simpatia dal presidente Iannelli, si è svolta la giornata dedicata
all’oasi WWF di Policoro Eraclea e al Museo Nazionale della
Siritide dalla sezione CAI di Castrovillari. Il tempo è stato
spesso capriccioso, passando di ora in ora da un grigio e piovigginoso
autunno all’estate più sfacciatamente brillante di luci
e colori ma non per questo l’allegra brigata dei partecipanti
perdeva il suo buonumore, anzi! Infatti si è avuto così
l’opportunità di cogliere i molteplici e variegati aspetti
della foresta planiziale sorta intorno alla foce del fiume Sinni,
e dell’ecosistema delle dune. Il verde della Riserva Orientata
di Bosco Pantano, a pochi passi dal blu del mar Ionio, ha un’estensione
di 1170 ettari ca., e interessa i due comuni limitrofi di Policoro
e Rotondella, fregiandosi anche, da direttiva europea, come SIC –
sito di importanza comunitaria. La passeggiata nel bosco, così
legata alle fiabe dell’infanzia, ai vari pollicino e cappuccetto
rosso, si è svolta tra frassini, ontani neri, pioppi bianchi,
specie arboree predominanti nel Pantano Sottano perché meso-igrofile
–piante che abbisognano di climi piuttosto umidi e le cui radici,
come illustrato dalla solerte guida del Centro visite, sono avvezze
a sguazzare nei terreni ricchi d’acqua-. Tutt’intorno
farnie rigogliose ma meno presenti dell’ olmo campestre vistosamente
cespuglioso, del cerro, dell’acero campestre, e via via, salice
bianco, melo, fico e olivo selvatici in un sottobosco di lentisco
e mirto. Scendendo dal bosco idrofilo verso il litorale marino, la
macchia mediterranea ci ha spalancato le sue braccia profumate di
ginepro, rosmarino, fillirea e biancospino; superando le canne lacustri
e i giunchi acquitrinosi siamo giunti alfine al litorale marino di
piante psammofile, atte a vegetare nella sabbia che contribuiscono
talvolta a rassodare fissando le dune grazie al loro apparato radicale
molto sviluppato. Unico rimpianto: i nostri passi, le nostre voci,
pur se con il massimo rispetto per l’ecosistema attraversato,
hanno fugato l’airone cenerino, la garzetta, l’airone
bianco, le folaghe, il martin pescatore e gli altri volatili stanziali.
Il Centro Visite - oltre a un’ampia sala, affacciata sul mare,
ideale per spuntini che, come quello effettuato da soci e simpatizzanti
Cai nell’occasione, poco hanno di improvvisato per l’abbondanza
e la prelibatezza delle vivande - offre: un museo naturalistico con
sala multimediale, per la proiezione di video e documentari sulla
Riserva; una sala espositiva della storia del Bosco Pantano e delle
sue specie vegetali e animali; una biblioteca; un orto botanico.
20 aprile 2008: Colle Impiso - Serra Dolcedorme
di Eugenio Iannelli
Una splendida
giornata primaverile si è presentata al cospetto degli escursionisti
per realizzare una delle ascensioni più ambite dagli appassionati
frequentatori del Parco del Pollino . La salita alla Serra Dolcedorme
-è inutile nasconderlo- riveste un grande fascino ed attira
sempre l’interesse degli appassionati di montagna. Questa volta
l’ascesa si presenta con qualche difficoltà in più
considerato che -a causa dell'inaspettato prolungamento dell'inverno
con impreviste nevicate- il manto nevoso si è mantenuto alto,
di conseguenza il percorso sarebbe risultato più problematico
del solito. E così è stato.
Ci ritroviamo a Campotenese con gli amici del CAI di Pedara e di Avellino
che hanno soggiornato nel nostro rifugio a Piano Campolongo. Arricchiscono
una comitiva già di per sé molto variegata poiché
accomuna caini ed escursionisti provenienti da tutto il territorio
del Pollino e non. Infatti -arrivati a Colle Impiso- ci rallegriamo
di ritrovarci con amici di Taranto, Trebisacce, Mongrassano, Rotonda,
Torino, Cosenza, Spezzano Albanese, Pallagorio, Castrovillari, rappresentanti
di varie realtà cittadine accomunati dalla medesima passione.
Dopo il solito breafing (foto
1), partenza. Il percorso risulta agevole fino a Piano
Vacquarro consentendo un passo abbastanza spedito a tutta la comitiva
(foto 2). Subito
dopo incontriamo la neve, il cui spessore diventa sempre più
alto man man che ci inoltriamo nel bosco, fino ad arrivare ai Piani
di Pollino. Usciti dal bosco appare al nostro cospetto lo splendido
anfiteatro creato dalle cime di Monte Pollino, Serra delle Ciavole,
Serra Dolcedorme. Lo spettacolo suscita sempre una forte emozione
anche in chi ha raggiunto tante volte questi luoghi, a maggior ragione
per chi vi arriva per la prima volta e -guardandoli negli occhi- è
percepibile verificare lo stato d’animo che esprime felicità
a tutto tondo. Breve sosta -che la maggior parte di noi utilizza per
fotografare tutto il fotografabile- e dopo la foto di rito sotto la
parete sud/est del Pollino (foto
3) si riparte per l’attraversamento dei piani.
Su di essi la percorrenza si rivela facile per la presenza di chiazze
di neve, ma una volta arrivati alla base del canale del Malvento (foto
4) siamo costretti a chiedere un supplemento di forze
al nostro fisico -a causa della neve molto alta che ci fa sprofondare
ad ogni passo- per affrontare la ripida salita che ci porterà
alla Sella Dolcedorme (foto
5). Ma non un crepa scalfigge il gruppo che compatto
arriva brillantemente sulla Sella. Dopo una piccola pausa (foto
6), che ci consente di riprendere fiato e recuperare
le forze, affrontiamo l’ultima parte del percorso che, pur essendo
la più ripida, è affrontata con il passo giusto e consente
a tutti di guadagnare in breve la vetta. Qualche minuto per le foto,
la ricerca di un comodo (si fa per dire) giaciglio sulla stretta vetta
e passiamo a consumare la meritata colazione a sacco sotto i raggi
di un caldo sole. Dagli zaini -come consuetudine- fuoriescono tante
prelibatezze che rendono questo momento unico e dove è possibile
assaporare prodotti tipici delle varie realtà territoriali.
Dopo la comparsa di un provvidenziale thermos -che ci permette di
gustare un ottimo cafè- ci alterniamo per lasciare la firma
sul libro di vetta -sistemato dalla nostra sezione- a testimonianza
dell’ascensione (foto
7). Subito dopo la consueta foto di gruppo (foto
8) e -alla spicciolata- riprendiamo la strada per il
ritorno. L’arrivo alle auto nel tardo pomeriggio a Colle Impiso
vede tutti i partecipanti estremamente soddisfatti ed appagati scambiarsi
pensieri, emozioni e sensazioni provate.
6 aprile 2008: Stage di arrampicata: Emozioni e riflessioni degli
studenti del Liceo Scientifico "E Mattei" di Castrovillari.
Diario di una neo-scalatrice, si fa per dire.... di Marta Bianchimani
Siamo immersi
nella natura incontaminata delle Piccole Dolomiti di Frascineto e
ci inerpichiamo a fatica lungo la sassosa salita che giunge fin sotto
le alture. Arriviamo con il fiatone, nonostante la brevità
del tragitto, felici di aver conquistato la meta. Per me è
la primissima volta, non ho mai fatto arrampicata e finora non avevo
mai pensato di provare! Non vedo l’ora di salire e, a parte
l’attesa, mi gusto il momento seduta sulle rocce sottostanti.
L’atmosfera è fantastica, gli esperti del CAI Castrovillari
ridono scherzosi, ci fanno divertire con battutine sul nostro essere
dei “novellini” in questo sport e ci incitano. Desiderano
vederci arrivare in cima, nonostante la paura e i conseguenti attacchi
di panico. All’inizio mi tremano le mani, ma sono carica, voglio
arrivare fino alla fine del percorso. Quando viene il mio turno, vengo
imbragata e devo indossare delle scomode scarpette strettissime che
però mi permetteranno di scalare con facilità la roccia
appuntita e scivolosa. Sto salendo. Sto appoggiando le mani sulla
pietra come se fosse la prima volta, come se non l’avessi mai
sfiorata. Non avverto la fatica; quella verrà dopo, con i crampi
e i dolori post-attività fisica. Sento solo una magnifica sensazione
di “potere”; capisco di potercela fare, di poter quasi
spiccare il volo. “Mano dopo mano, piede dopo piede” e
sempre più su, anche grazie all’aiuto della cordicella-carrucola
che mi lega “ per la vita” all’istruttore, supero
gli ostacoli che presenta il percorso e arrivo ad un punto critico
dell’arrampicata. Finora ho avvertito solo gioia, il piacere
di scalare la roccia, di poter vincere da sola un ostacolo offerto
direttamente a noi dalla natura. Ora, invece, sento di non aver più
la forza per continuare. Mi sono spostata lontano dal percorso tracciato,
sulla sinistra e ho incontrato una grossa “insenatura”
che non mi permette d’impuntare i piedi. La mente si annulla,
cerco un modo per evitare la rientranza e mi graffio contro le rocce.
Non ho idea di come venire a capo del problema e chiedo all’istruttore
di farmi scendere, ma lui, contento di darmi una mano, mi fa salire
di qualche metro. E allora spicco nuovamente il volo e arrivo alla
fine. Da quella altezza, dalla vetta dove sono giunta, posso vedere
i contorni delle case, la sagoma frastagliata della stessa Castrovillari,
scolpita nel cielo azzurro e nitido di mezzogiorno. Neppure il forte
vento crea fastidio agli occhi o distrugge la splendida visione che
sto ammirando. Da questa esperienza ho potuto capire che i nostri
limiti, mentali e non, possono esser “facilmente” valicati,
oltrepassati, se volete distrutti o annichiliti. L’uomo, così
come nella filosofia idealista dell’Ottocento tedesco, ha la
capacità di elevarsi verso l’alto, di migliorare se stesso
e le sue doti. È necessario sfidarsi, andare “virtualmente”alla
ricerca dei propri confini più lontani e spingersi al di là
di essi, superando ogni ostacolo e paura, anche quella dell’altezza
per poter vincere una partita ben più importante: la consapevolezza
delle proprie possibilità! Soprattutto noi giovani abbiamo
bisogno di misurare le nostre forze quotidianamente, in maniera tale
da prepararci alla insidie che ci aspetteranno poi nella vita vera,
insidie ben più grandi di una “semplice” scalata.
Non possiamo pensare di esser aiutati sempre e comunque dalle nostre
famiglie. Non possiamo sempre contare su “qualcun’altro”.
Questo particolare sport, insieme a tanti altri ovviamente, ci permetterebbe,
se più diffuso e conosciuto, di aumentare stima e fiducia,
consapevolezza di sé e di questo non-limite umano; ci potrebbe
aiutare a maturare e ad allontanarci da una cultura fatta di noia,
pigrizia e cattive abitudini. Non si tratta solo di uno sport, ma
di un’attitudine alla vita, di una mentalità, di una
passione vigorosa, di un’emozione meravigliosa che invade l’animo,
ci fa scoprire le nostre virtù nascoste e ci invita a superare
ogni ostacolo spostando ogni volta ciò che ai nostri occhi
si presenta come un limite…arrampicata al prossimo appuntamento!
(Foto 1 - 2 -
3 - 4)
E ancora...di Giuseppe Gioia, Assunta Carlomagno, Sabrina Salerno
Domenica 6 Aprile
le montagne di Frascineto sono state meta di molti turisti e persone
del posto poiché sulle pareti delle piccole Dolomiti è
stato organizzato dal CAI Castrovillari uno stage di arrampicata rivolto
a principianti ed esperti; e noi di certo non potevamo mancare. La
parete era già attrezzata e invitati a calzare scarpette speciali
che permettevano una maggiore aderenza alla parete, muniti di una
imbragatura che ci permetteva di legarci alla corda di sicurezza tramite
nodi moschettoni e rinvii agganciati alla parete , ci rassicuravano
all’istruttore rimasto a terra. La difficoltà era misurata
in gradi il vento non era di aiuto! “5b- 6a” gli appigli
e gli appoggi diminuivano sempre più ! E’ stata la nostra
prima arrampicata e come tale qualcuno ha avuto un po’ di timore
che però si è trasformato presto in divertimento e in
una voglia matta di riprovarci nuovamente. E’ uno sport che
consigliamo a tutti, ma soprattutto ai cittadini del posto senza limite
di età, poiché è un peccato non sfruttare questa
opportunità che ci offre la nostra spettacolare montagna, completa
dal punto di vista sportivo per le sue meraviglie naturali; basta
solo avere la voglia di scoprirle. In attesa del prossimo appuntamento
invitiamo tutti a verificare con molto entusiasmo questa splendida
esperienza.
30 marzo 2008: Madonna del Riposo - Monte S. Angelo di Mimmo Filomia
Anche in questa
quarta edizione, l’impegno intrapreso dal Club Alpino Italiano
di Castrovillari per riportare alla ribalta le tradizioni sul nostro
territorio, legate alla frequentazione della montagna, ha visto una
grande adesione di nostalgici del passato e nuove generazioni entusiaste
(foto 1).
La manifestazione si è svolta in un ambiente solare e panoramico
con una pendenza dolce e graduale che ha consentito il passaggio,
in breve tempo, dalla realtà cittadina a quella della montagna.
Oggi per molti è stato come mettere la testa al sole fuori
dalla tana dopo l’inverno e scoprire -da una sconosciuta visuale-
il proprio habitat in un contesto più ampio. Tana, ovviamente
come sinonimo di quotidiana chiusura fra le mura domestiche, traffico,
supermercati, scuola, ufficio. Bisogna riconoscere, che la vita dell’Uomo
è programmata per vivere all’aria aperta, nonostante
obbligato a partecipare consapevolmente alla crescita del P.I.L. Altresì,
che la presenza puntuale degli uomini sulle montagne è un atto
che ne stabilisce l’appartenenza morale ed affettiva necessaria
a contribuire a procurare loro la cultura della libertà felice.
Oggi muovere i passi su queste alture ha realizzato il desiderio appagante
e rilassante proveniente dal profumo alpestre di ginestra e timo accompagnato
dallo scampanellio lento delle greggi al pascolo. Il tutto condiviso
in un’atmosfera di aggregante, disinteressata e spontanea cordialità.
La tradizione recita che i primi due giorni della settimana dopo la
S. Pasqua su questa altura i Castrovillaresi si riunivano per banchettare
allietati da canti e musiche tradizionali dopo avere reso omaggio,
nella bianca chiesetta, alla Madonna del Riposo (foto
2). Il recupero religioso purtroppo non può avere
seguito per le cattive condizioni in cui versa la struttura. Tuttavia,
l’ex luogo di culto sollecita la memoria del pellegrino, perciò
rimane sempre meta di preghiera. Una preghiera recitata con sentimento,
ma con lo sguardo imbarazzato, proiettato nel vuoto per non leggere
sulle pareti cadenti frasi che attendono da anni un intervento mirato
al ripristino, a cominciare dall’igiene (foto
3). Rimanendo cosi le cose, si consuma il rito dell’incuria
nei confronti di un desiderio collettivo manifestato più volte!
Come dire: il benessere collettivo che lega gli individui all’ambiente,
in cui si riconoscono con orgoglio, che è anche motivo di appagamento
e appartenenza, non è tenuto in considerazione dagli amministratori
locali. Invece, spetta loro il compito di favorire nei confini paesaggistici
il benessere individuale, sociale, materiale e immateriale degli abitanti,
perché senza questa attenzione si genera disgregazione, insofferenza
e disfattismo.
Intanto, riflessioni a parte, il viaggio continua riscontrando la
soddisfazione nel volto roseo e luminoso delle persone. Attraverso
un collegamento itinerante è stata presente anche Radio Nord
Castrovillari che con interviste a caldo, ha informato a casa gli
ascoltatori sull’evolversi della manifestazione. Il premio finale
è rappresentato da una giornata intensa e felice che i partecipanti
si sono regalati, sollecitando il proprio fisico al cospetto di madre
natura. Il serpentone variopinto e vociante degli escursionisti sale
divertito lungo i tornanti, ansioso di giungere finalmente in cima
per gustare il panorama a 360 gradi (foto
4). Monte S. Angelo diviene in breve, una ideale sala
belvedere gremita, alle cui pareti spiccano rilucenti di neve i quadri
di famiglia: Serra del Prete - Monte Pollino – Serra Dolcedorme
- Monte Caramolo - il Mar Jonio (foto
5). La centralità di questo monte -individuato
dalle comunità circostanti come punto di riferimento- ha contribuito
per anni, con le sue parabole passive, alla diffusione delle onde
radio in banda telefonica. Adesso che si è passati al digitale
rappresentano ferraglia da eliminare. Le leccornie pasquali e tutto
il prodotto tipico locale reciprocamente scambiato hanno impreziosito
una giornata memorabile a 5 stelle. Auspichiamo a tutti, che l’ascesa
a Monte S. Angelo - 794 m, per un percorso di 4 km- sia l’inizio
di un cammino verso vette sempre più alte.
9 marzo 2008: Scala di Barile - Belvedere di Barile di Mimmo Filomia
L’escursione
sul sentiero in programma ha due porte di accesso: dal rifugio di
Colle Marcione,in territorio di Civita e dalla piazzetta di S. Lorenzo
Bellizzi. Quella odierna con partenza nei pressi dei murales di S.
Lorenzo rappresenta la direzione ufficiale. Riserva ai protagonisti
un percorso acrobatico e panoramico, sulle ali di una suggestione
trattenuta nel respiro e goduta a piccole dosi per la vertiginosa
sequenza di immagini mozzafiato a strapiombo, fra le due ciclopiche
pareti della Timpa di S. Lorenzo e di Cassano -1400 m- solcate dalle
scroscianti acque del Raganello. Con i suoi 7 km totali di sviluppo,
rappresenta un sentiero completo e variegato per tipologie di ambienti
che attraversa. Richiede prove di resistenza alle vertigini anche
per i vaccinati contro questa sensazione, solo nel tratturo centrale
in cui è incisa una scala naturale sul fianco della roccia
sospesa a strapiombo, a mezz’aria tra il fiume e le cime delle
due timpe. Il sentiero prevede nella prima parte il superamento del
torrente Raganello e del suo affluente, torrente Maddalena (Foto
1). L’ultima parte si addentra nel bosco tra radure
risalendo fino alle pendici della Fagosa, al di sopra della quale
svettano innevati il Monte Manfriana, il Dolcedorme e Serra delle
Ciavole (Foto 2).
Oggi i corsi d’acqua particolarmente in piena per il disgelo
sono stati affrontati in maniera divertente cercando il passaggio
più comodo su pietre. Nei pressi di Donna Marsilia, là
dove il fiume si libera dalla morsa dei due bastioni di roccia, allargandosi
nell’alveo è stato necessario proporci in una elaborata
ed ingegnosa posa fra le sponde della passerella di legno assicurata
a riva da un capo per resistere alla furia delle piene (Foto
3). Una sorta di ponte girevole rudimentale a disposizione
dei pastori…Altrimenti? Scarponi a spalla e guado rinfrescante!
Proprio come fece la leggendaria Donna Marsilia la notte che dovette
salire in paese per porre lieto fine alle sue doglie. Nei pressi,
il rudere di un mulino ad acqua, testimonia come l’ingegno umano
nel passato sapeva trarre movimento, per i suoi bisogni, dalla forza
della natura (Foto 4).
Lasciamo il fiume alle nostre spalle e ci incamminiamo verso il sito
archeologico di Palma Nocera; un’altura posta a 700 m alla sinistra
dell’ingresso della Gola di Barile (Jacca i Varliru).Il nomignolo
è stato dato dalla gente del posto cui spetta, in ogni caso,
il diritto di tramandarlo ai posteri perché collaudato e brevettato
attraverso la memoria locale. La montagna quando si pratica con spirito
sensato ed edonistico è ricca di toponomastica a dimostrazione
di tracce dei nostri antenati… e quando manca? Vuol dire che
non si è cercato abbastanza nella memoria storica locale! In
buona sostanza il barile che purtroppo non è quello dell’oro
nero, torna alla mente in questo luogo, perché il fiume nella
sua piena trascina tronchi e pietre creando un frastuono simile ai
barili roteanti a terra disarcionati dall’asino dal suo basto
(Foto 5 –
6 -
7). Superata l’affascinante gola il sentiero sale
verso il belvedere (866 m) costeggiando il fiume (Foto
8 – 9). Il
posto è ideale per soffermarsi a consumare un frugale pasto
e nel contempo ammirare la conformazione strategica ed accattivante
del luogo, che rammenda miscelando dati certi e fantasia una probabile
ubicazione remota di sito preistorico. Perché no! Se consideriamo
che gli uomini si sono sempre insediati dove la terra offre un riparo
naturale da incursioni e vicino i segni di grandi sconvolgimenti,
scaturiti dalle energie del sottosuolo; perché considerata
habitat del dio sovrannaturale. La presenza del fiume sottostante
e la ricchezza dalla pratica della cacciagione sulle pendici della
Manfriana e del Dolcedorme appena vicini non fanno che avvalorare
la tesi. Un sentiero tematico questo nella misura in cui in ognuno
suscita riflessioni. La foto di gruppo suggella il post pausa ristoro
prima di intraprendere il cammino verso il rifugio di Colle Marcione
attraverso il canale della Mancosa e viceversa.(Foto
10).
9/16 marzo 2008: XXV NeveUisp - Alleghe di Eugenio Iannelli
Sei
mesi dopo l'uscita estiva (luglio 2007) della Sezione sul ghiacciaio
della Marmolada, le Tre Cime di Lavaredo, il laghetto Coldai, eccoci
di ritorno ad Alleghe. Questa volta in versione invernale per praticare
un'altra bellissima attività sportiva -lo sci da discesa- e
non solo. Arrivati nella tarda mattinata di domenica con pioggia e
neve in quota sembrava una settimana bianca incominciata con una situazione
meteo disastrosa quella del 25° compleanno di NeveUisp, ma per
fortuna non lo è stata. Le previsioni non annunciavano niente
di buono ma la comitiva –composta da circa 70 partecipanti (divisi
equamente tra A.S.D. Sporting Club Ski-Group Castrovillari, CAI Castrovillari
e S.C. Lorica)- non si perdeva d’animo e dopo il pranzo ognuno
dei partecipanti si affrettava a noleggiare gli sci, a prenotare la
scuola, lo skipass e le attività della settimana organizzate
dalla UISP. La solita richiesta di informazioni (skiroom, orario dei
bus per la funivia, il comprensorio, la cena, la colazione, etc.)
e in serata, prima della cena e senza perdere tempo, i meno affaticati
dal viaggio prendevano confidenza con la piscina e la zona fitness
dell’Hotel Venezia.
L’indomani tutti pronti –scarponi ai piedi e sci in spalle-
per raggiungere i Piani di Pezzè dove ad aspettare c’erano
i maestri di sci per la consueta selezione. I più esperti in
seggiovia alla scoperta del comprensorio sciistico, gli agonisti a
scoprire e saggiare le piste delle gare. Contemporaneamente raduno
dei docenti con gli allenatori nazionali FISI, A. Della Valle e O.
Bonsembiante, per il corso di aggiornamento UISP/MPI. Nutrito il gruppo
degli insegnanti presenti (foto
1) con 22 partecipanti -14 donne e 8 uomini- provenienti
da diverse regioni (Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli, Puglia,
Sicilia, Toscana).
Nonostante il tempo non migliori, continua a nevicare, nessuno si
perde d’animo e tutti restano impegnati nell’attività
sportiva fino al pomeriggio inoltrato. Alla fine della giornata soddisfatti
e festanti tutti alla serata di benvenuto organizzata nel Palaghiaccio
di Alleghe. Apre una significativa sfilata di bambini con lo stendardo
delle regioni partecipanti (foto
2), a seguire i Capigruppo, il Comitato Organizzatore
di NeveUisp, gli esponenti politici locali, i responsabili degli impianti
di risalita, il Presidente Nazionale UISP, Filippo Fossati ed il Presidente
della Lega Sci, Bruno Chiavacci. Dopo i saluti di rito tutti coinvolti
in una mega foto ricordo.
Il martedì ancora neve fino a mezzodì dopodichè
–finalmente- uno squarcio si apre tra le nubi per dare la possibilità
ad uno splendido sole di illuminare gli sciatori e tutte le piste.
Un sole raggiante che da quel momento non ci lascerà e ci accompagnerà
fino alla fine della settimana.
Un coro unanime si leva dal fondo valle: con il sole è tutta
un’altra cosa!
I giorni successivi trascorrono velocemente tra le attività
prettamente sciistiche e le iniziative organizzate dalla UISP (tornei
di tennis, bigliardino, pallavolo, arrampicate, escursioni con le
racchette da neve, sci di fondo, immersioni subacquee nel lago di
Alleghe, gite a Cortina e Belluno, visite guidate nelle grappetterie,
assaggi di prodotti tipici etc.), una molteplicità di attività
ed avvenimenti ben organizzati per festeggiare degnamente il 25°
compleanno di una delle più longeve manifestazioni nazionali.
Sciare alle falde del Monte Civetta (foto
3), montagna mitica per l’alpinismo internazionale,
del grandioso Monte Pelmo, sulle piste di Zoldo e Selva di Cadore,
suscita sempre una emozione speciale che rimane indelebile nel tempo,
un luogo unico. Un riferimento particolare alla giornata trascorsa
-da molti di noi- sulle nevi della Marmolada (foto
4) dove si assapora l’ebbrezza di sciare a m 3300
su una neve naturale che rende fantastica qualsiasi sciata e da dove
si parte per il più grande circuito sciistico, il Dolomiti
SuperSki.
Il gruppo, amalgamato nello sci e nei luculliani pranzi in rifugio
(foto 5),
trova divertimento anche nel dopo cena con svariate iniziative che
lo vedono impegnato con serate di ballo da sala e balli di gruppo
o in escursione notturna nella vicina Corvara per immergersi nella
magica atmosfera dei pub e delle discoteche del luogo. I più
tranquilli si accontentano di una passeggiata per i negozi di Caprile
ed Alleghe alla ricerca di regali per familiari ed amici o di una
partita a carte nel bar dell’Hotel.
Sabato mattina gara di slalom special dei 49° Campionati Italiani
UISP. Ottimo piazzamento di tre atleti calabresi dello S.C. Lorica
nelle rispettive categorie, I. Granato (2° posto), F. Granato
(2° posto – foto
6) e Baldassarre F. (3° posto – foto
7). In serata tutti alla festa conclusiva nel Palazzetto
dello Sport di Caprile. Una serata speciale che ha visto la partecipazione
del Presidente Nazionale UISP insieme ai Presidenti delle Leghe Nazionali
che hanno collaborato alle attività della manifestazione e
dei Presidenti Nazionali della Lega Sci che si sono alternati nel
passato nella organizzazione di questa bellissima manifestazione (foto
8). Un momento esclusivo nel quale è stato celebrato
insieme al 25° compleanno di NeveUisp anche il 60° anniversario
della nascita della UISP.
Pubblico delle grandi occasioni che ha potuto assistere ad una breve
esibizione in concerto offerta dal cantante Luca Barbarossa (foto
9), anch’egli presente a NeveUisp. Così
come è stata presente per tutta la settimana la Campionessa
paraolimpica (medaglia d’argento nello slalom gigante) di Torino
2006, Daila Dameno (foto
10).
Domenica mattina, mentre gli atleti dello S.C. Lorica -guidati da
Franchino Granato- si portavano sulle piste per partecipare alla gara
di Slalom Gigante dei 49° Campionati Italiani UISP, dove avrebbero
poi raggiunto altri lusinghieri piazzamenti (G. Scicchitano –
2° posto, I. Granato – 2° posto), il gruppo di Castrovillari
–malinconicamente- si apprestava a partire non prima di una
ultima foto di gruppo davanti all’Hotel (foto
11).
2 marzo 2008: Giornata delle Ferrovie dimenticate
La
giornata odierna è dedicata ad una iniziativa promossa dalla
Confederazione Mobilita' Dolce –CoMoDo-, che pone l'attenzione
sulle ferrovie in disuso e dimenticate. Silvio Carrieri e Francesco
Sallorenzo sono i promotori dell'iniziativa.
Complessivamente i chilometri dismessi in tutta la penisola, sono
circa 5700, una cifra enorme. Il ritrovo è a Campotenese presso
la ex Stazione Ferroviaria. L'escursione prevede un percorso adatto
a tutti, prevalentemente turistico anche se sassoso da Campotenese
a Morano Calabro lungo la ex tratta ferroviaria delle Ferrovie Calabro-Lucane.
Sono previsti anche passaggi in gallerie per cui è necessario
una torcia. Parte così dalla Basilicata e dalla Calabria il
ripristino per fini turistici di alcune tratte, lo scopo è
recuperare le vecchie linee ferroviarie per adibirle a piste ciclabili,
o "vie verdi". In Basilicata sono circa 200 i km che potrebbero
essere utilizzati per una valorizzazione turistica del territorio.
Una delle linee ferroviarie più interessanti è appunto
quella Lagonegro - Spezzano Albanese. Una ferrovia questa "nata
vecchia e morta giovane" dice un vecchio adagio, pensata dal
governo borbonico nel 1880 circa, deliberata nel 1906, dinamizzata
nel 1931, quando era già in atto il concorrenziale trasporto
in gomma. Operò per circa 50 anni durante i quali fenomeni
di bradisismo e scarso utilizzo da parte dei cittadini ne minarono
le potenzialita' determinandone la chiusura definitiva nel 1978 con
lo smantellamento e svendita dei caselli ferroviari e delle rotaie.
Alcuni anni dopo l’approvazione e la costituzione del Parco
Nazionale del Pollino (1993). Una fatale coincidenza a cui si aggiunge
l’odierna beffa. A venti anni di distanza i politici locali
tornano a parlare e progettare un suo ripristino a fini turistici
per la promozione e lo sviluppo del territorio dl Parco.
Non valeva la pena essere più previdenti ed abili. Ai posteri
l’ardua sentenza. (foto
1 - 2 - 3)
24 febbraio 2008: Salita invernale sulla Nord/Est del Pollino di S. Franco
A volte si percorrono
strade che ti portano fino ad una meta non ti lasciano niente, non
arricchiscono la tua anima. Spesso però, andando in montagna
le strade ti consentono di diventare grande, ti danno forza anche
quando sei allo spasimo, anche quando pensi di non potercela fare,
anche quando non riesci a gustare la meraviglia che ti circonda. Ebbene
domenica è stata l’ennesima volta, l’ennesima “camminata”
che mi ha fatto gioire, che mi ha dato forza, che mi ha fatto sentire
vivo. Siamo partiti da Colle Impiso e dopo un accurato “briefing”,
muniti di radio e di tanta buona volontà abbiamo iniziato la
nostra giornata montanara. Ci siamo divisi in due gruppi, uno alpinistico
“capitanato” da me e Massimo e uno escursionistico “capitanato”
da Mimmo e Salvatore. Il sentiero fino ai piani del Pollino si presentava
in parte battuto e quindi non c’è stata molta difficoltà
nella lunga marcia. Mentre il gruppo con le ciaspole andava dritto
verso la Grande Porta del Pollino per proseguire poi verso serra Crispo
(foto 1), io
e i miei fedeli amici di cordata siamo giunti ai piedi della grande
frana non prima di aver solcato il sentiero che dai piani portava
fin lì. Neve alta fino alle ginocchia, rami degli alberi a
dar continuamente fastidio. Insomma un avvicinamento un tantino snervante
dove per alleviare il tutto, da veri “radioamatori”, abbiamo
colloquiato e scherzato a lungo con l’altro gruppo.
Giunti sotto la grande frana –all’inizio dell’erto
pendio- i rituali alpinistici che precedono le grandi ascensioni,
le grandi imprese. Con grande attenzione prepariamo ramponi, piccozze,
imbracature, nodi, tutto nel rispetto della massima sicurezza. Formiamo
tre cordate, una da quattro e le altre rispettivamente da tre e due
(foto 2). E
si, c’era aria di impresa, e domenica lo è stata. Personalmente
amo questi attimi, ricchi di concentrazione, di piccoli rumori, di
grande emozione. Un’emozione quasi soffocata che emerge in tutta
la sua bellezza, nel momento della vittoria, nella conquista della
vetta. E’ forse questa la vera carica degli alpinisti! Alla
via che abbiamo percorso sono stati dati diversi nomi. Conosciuta
comunemente come via della “Clessidra”, viene chiamata
anche via di “Giovanni Paolo II” o “Via dei lupi”.
E’ una bellissima ascensione che per diversi tratti, abbastanza
ripidi, si snoda a sinistra di quella che è la Grande Frana
del Pollino (foto 3).
Nel bel mezzo della ripida salita la stanchezza psico-fisica faceva
capolino ma la forte dose di entusiasmo e di volontà presente
in ognuno ha fatto si che anche il più stanco, anche il più
insicuro, anche il meno esperto ce la facesse (foto
4). Per lunghi momenti ho pensato di arrancare e per
lunghi momenti ho pensato di svenire dall’emozione. Vedevo i
miei amici appassionarsi e concentrarsi su ciò che stavano
facendo. Vedevo i loro volti pieni di fatica e gioia e ne godevo pure
io (foto 5).
E se qualche volta il Presidente mi ha fatto fermare per riprendere
fiato e forze, scherzando sulla mia eccessiva grinta, ne sono contento.
Io, primo di cordata, sono salito col fiato corto e con la gola secca.
Io, primo di cordata, ho visto la luce quando sono arrivato in vetta
e ne sono rimasto fulminato (foto
6). Io primo di cordata ho dedicato quello che avevo
passato a chi mi ha aiutato a compiere l’ennesima impresa, a
chi sta più in alto di me. Non resta che un caldo abbraccio
tra nuovi e vecchi amici (foto
7) non resta che godere finalmente di quella aria che
seppur fresca, ti riscalda il cuore, di quel sole che ti acceca e
brucia la pelle, di quella sensazione magnifica che si prova soltanto
quando non c’è nient’altro al di sopra di te.
La magia della cima mi fa sempre appassionare come un bambino, anche
se sulla stessa cima ci sali infinite volte. Ogni volta è diverso,
ogni volta salgo con una emozione tale come se fosse la prima e la
grinta come se fosse l’ ultima (foto
8).
Al ritorno considerato che questa era una giornata dedicata alla didattica
alpinistica, scendendo per il versante nord del Pollino, abbiamo riprovato
ulteriori manovre su ghiaccio e soprattutto la frenata in caduta.
Un vero spasso che ci ha fatto anche recuperare del tempo non senza
aver meglio appreso come comportarsi, in caso di caduta, con la piccozza.
Sul sentiero di ritorno ci siamo riuniti con il gruppo escursionistico,
che nel frattempo ci aveva ammirato mentre conquistavamo la vetta.
Chi più, chi meno, dimostravamo un po’ di stanchezza
ma una immensa soddisfazione della bella giornata trascorsa. Conscio
che le più belle e personali emozioni non si possano descrivere
compiutamente in poche righe, sono contento di averle condivise con
degli amici. Alla prossima!
24 febbraio 2008: Serra Crispo (2053m) di Mimmo Filomia
Le belle giornate
succedutesi nel corso della settimana ci ha conservato un manto nevoso
adatto a tutte le discipline alpestri ed hanno contribuito a far lievitare
i partecipanti all’escursione. Cosi, al consueto appuntamento
mattutino per la tappa di avvicinamento al sentiero, si sono presentati
i soci appartenenti all’ala più impegnativa e verticalizzante,
unitamente a quelli mossi da uno spirito più distensivo nell’approccio
con la vetta. Dopo avere vivacizzato Colle Impiso -vuoi per il carente
problema parcheggio ma anche per la sistemazione di indumenti e attrezzi
adeguati per la progressione- ci incamminiamo per il sentiero innevato
(foto 1). Un
conciso briefing il cui contenuto -uno per tutti, tutti per uno- sempre
recepito alla perfezione è l’ultimo atto che ci vede
uniti ai magnifici nove della cordata all’attacco della Nord/Est
del Pollino. Li sentiremo durante tutto il giorno via radio per comunicarci
le emozioni scaturite ad ogni nostra performance. Noi, invece, oggi
abbiamo deciso di avere un approccio bonario con la neve. La nostra
meta sarà Serra Crispo, quindi di neve -grazie all’uso
delle racchette- ne vedremo davvero tanta. Anche a questa invernale
i partecipanti provengono da località lontane ma tutti animati
da una sana voglia di spingersi in luoghi un tempo impenetrabili per
la neve alta. Oggi grazie all’utilizzo di questi attrezzi da
neve che dal tempo delle tribù Pellerossa hanno subito diverse
evoluzioni di materiali e di forma, (le prime in telaio di legno intrecciate
con budella di Caribù), diversificandoli per ambienti pianeggianti
e percorsi misti, tutti possono spingersi verso luoghi fiabeschi e
inusitati. La presenza dell’uomo -ordinata e rispettosa- sulle
terre alte è una festa interiore in simbiosi con la natura.
Una scorpacciata di neve immacolata invocata e desiderata dal chiuso
delle proprie case, o da uffici oppressi da abitudini sedentarie,
che adesso si manifesta con mille sfaccettature in progressione a
ritmi lenti. Il morbido tappeto nevoso ci accoglie al nostro passaggio
in un luccichio di cristalli sollecitati dal sole versione primavera.
La prima tappa a Vacquarro (1518m) consente di liberarci degli indumenti
pesanti e di mettere alla prova le nostre forze al confronto della
presunta difficoltà del percorso (foto
2). Il sentiero per i Piani di Pollino propende a sinistra;
dapprima divertente, con qualche salto sull’acqua, diviene man
mano in salita guadagnando qualche grado di difficoltà superata
con soste appropriate e scambio di cioccolata che giovano alla compattezza
del gruppo. Una visita alla fonte Rummo per rifornirci d’acqua
equivale ad un rompete le righe in tutta libertà vigilata a
distanza e di spalla. Poi ancora cammino per il drappello variopinto,
che si muove sinuoso sotto i faggi dalle gemme turgide, soffrendo
le difficoltà previste del tratturo che alla fine si aprirà
alla luce del sole sul Piano Toscano (foto
3 - 4
- 5). La distesa
di neve qui appiattisce l’asperità del terreno proponendo
false distanze e surreali visioni attorno alle cime. Non ci resta
che l’imbarazzo della scelta, anche se subito orientiamo i nostri
zaini e le forze, verso la Grande Porta dove ci attende “Zi
Peppe” un longevo e leggendario pino loricato che vive attraverso
i suoi resti la stagione della metamorfosi (foto
6 - 7
- 8). Dopo
una sofferta e bruciante implosione ora resta come monito a chi offende
la natura con atti vandalici. Il posto è ideale per spunti
panoramici ed anche, finalmente, per lo spuntino energetico e qualche
attimo di pausa (foto 9
- 10). Intanto
con il fruscio della radiolina si modula anche la voce emozionata
ed esultante di Salvatore capo cordata che gioiosamente annuncia…Mimmo,
Mimmo ti comunico che sono in vetta!…E noi, che abbiamo seguito
la loro evoluzione…Complimenti! Vi vediamo! Additando tre puntini
in movimento sulla vetta del Pollino, sicuramente carichi di felicità.
Alla nostra comitiva invece per raggiungere Serra Crispo viene chiesto
un ultimo sforzo per superare alcune curve di livello distribuite
in circa 70 metri di dislivello, attraverso un docile e incantevole
sentiero (foto 11
- 12 - 13).
Abbiamo ammirato la sontuosità del Giardino degli Dei e la
panoramica Serretta della Porticella (foto
14), volgendo lo sguardo, sempre impegnato, verso magnifici
esemplari di Pini Loricati, oppure verso le insenature della marina
jonica, stante quella tirrenica oppressa da nubi. La giornata mite
di oggi ha conciliato un riflessivo meritato riposo su una calda carcassa
di pino mandato giù da un fulmine. Auguro a tutti che i pensieri
passati per la mente siano stati sani e propositivi come quelli di
portare con se il rispetto e l’ammirazione dell’ambiente,
per ritrovarlo la prossima volta come lo abbiamo lasciato.
20 gennaio 2008: Al tramonto, in vetta al Pollino di Mimmo Pace
Discendere dal Pollino e percorrerne i fianchi boscosi in un silente,
magico plenilunio, dopo aver vissuto un tramonto di fuoco sulla sua
vetta … Beh, tali emozioni quelli del C.A.I. di Castrovillari
non le avevano provate ancora!
Complici lo spirito d’avventura, la passione per la montagna
e la giornata radiosa, una schiera di soci s’è ritrovata
al Colle dell’Impiso, punto di partenza di questa ennesima impresa
(foto 1).
E’ un Gennaio avaro di neve sul Pollino, questo del 2008, ma
è venuta giù quella che basta perché la natura
offra recessi d’incanto, spettacoli solenni, e imponga a questi
intrepidi un passo cadenzato, che si svolge al lieto frusciare di
ventiquattro paia di ciaspole variopinte (foto
2 - 3).
Massimo, Salvatore, Pasquale ed Emanuele, i quali prediligono le emozioni
forti, presto si staccano dal gruppo … li scorgeremo, più
tardi, arrancare sullo scosceso pendio ghiacciato della cresta Nordovest,
eseguendo una “diretta” in vetta (foto
4).
Un saluto fugace ai Soci del Gruppo Speleo di Morano Calabro, asserragliati,
quasi, nel minuscolo rifugio inverosimilmente zeppo, da cui provengono
sublimi, irresistibili ondate odorose di pingui arrosti in atto!!
… Beati loro … noi proseguiamo nel nostro iter, che si
snoda lungo le irte propaggini di cresta, fino a superarle (foto
5 – 6 – 7
- 8).
Risalendo la bianca cupola sommitale di questa montagna, folate di
gelida tramontana ci inducono a trovar riparo lungo il fondo dell’innevatissima
dolina di vetta, non senza prima aver reso omaggio a una Madonnina,
che con viva sorpresa avevamo scorto dal basso, allogata a piè
di una fantastica cornice di ghiaccio, svettare su di una cima secondaria
(foto 9 -10
- 11).
Un salto sulla vicinissima vetta…la rituale ((foto di gruppo
e…giù, in picchiata, in fondo alla grande dolina. Quivi
regna la più assoluta quiete, una stasi atmosferica insolita
per quelle altezze e tale da consentire a Ugo di sfriggere uova al
tegamino per la ciurma (foto
12 - 13). Mentre
il gruppo si crogiola al sole, rifocillandosi, qualcuno non ancor
pago di emozioni, piccozza alla mano, fa saliscendi lungo le pareti
verticali di una gigantesca, candida cornice nevosa …Oh incontenibile
passione per il brivido! (foto
14 - 15).
Il sole è ormai basso all’orizzonte, le ombre si allungano,
l’ambiente si accende di rosso porpora, che sfuma via via, prima
verso l’oro e poi nel rosa sempre più tenue…in
un mutevole incalzare di tonalità, che fanno vibrare interiormente
chi ha ventura di esserne fruitore (foto
16 - 17 - 18).
Siamo ridiscesi alla crestina della Madonnina… il sole, tra
foschie grigioazzurre distese sul Tirreno, si dilegua, inducendo sensazioni
emotive, velate dalla malinconica consapevolezza di un altro giorno
che muore (foto 19
- 20).
La luna si staglia ora nitidissima nel cielo color cobalto e tinge
d’argento le vette, le selve, le nevi …Spegniamo le lampade
frontali per vivere intensamente il paesaggio fiabesco e misterioso
che ci circonda e si offre ai nostri occhi nella sua straordinaria
purezza (foto 21 -
22). Grande, la quiete
che regna nella valle romita, rotta dal gorgogliare della fonte di
Spezzavummula, dal flebile murmure delle acque dei ruscelli che corrono
a valle e, per fortuna solo a tratti, dalla loquacità di Vito
e del nostro Presidente! (foto
23).
La giornata non è ancora conclusa: all’ospitale Rifugio
De Gasperi ci attendono gustosi piatti della sapiente e genuina cucina
locale, da innaffiare con un vino robusto … bene accetto e adatto
a noi, gente di montagna, che vive per la montagna e che spende e
vuole seguitare a spendere le proprie migliori risorse nell’indurre
conoscenza e rispetto per la montagna … principalmente la nostra
(foto 24 – 25
- 26).
13 gennaio 2008: Colle Impiso – Piani di Pollino – Piano
Gaudolino di Luigi Perrone
Dopo la parentesi delle feste natalizie concluse con l’epifania,
siamo pronti a ripartire (foto
1) per un nuovo anno carico di aspettative e affascinanti
emozioni da vivere in giro per le nostre e altrui montagne, con un
ricco e variegato programma che dal 1999 la Sezione Cai di Castrovillari
propone ai soci ed agli escursionisti ininterrottamente.
Inauguriamo così, con la prima uscita sulla neve, anche la
prima escursione del 2008.
Si sa, di questi periodi, l’itinerario si stabilisce all’ultimo
momento per le condizioni della neve; l’idea originaria era
un percorso di media quota, dai 1300 ai 1500 m, partendo da Piano
Visitone, per il vallone Zaperna, passando sotto Cozzo Dimoniello,
e arrivare alle spalle del Rifugio de Gasperi, ma due giornate di
scirocco hanno ridotto il manto nevoso ai minimi termini, quello stesso
che si era ben conservato fin dai primi di dicembre.
La partecipazione, nonostante qualche prima titubanza per via del
tempo non proprio bello, è consistente per cui l’organizzatore
opta per il raggiungimento dei Piani di Pollino e da li valicare su
Colle Gaudolino. “Armati” tutti di racchette da neve (tranne
un dissidente) ed il nostro amico Giancarlo con gli sci da fondo escursionismo,
da colle dell’Impiso cominciamo a risalire lentamente verso
i Piani (foto 2).
Chissà quante volte siamo saliti ai Piani in tutte le stagioni,
e magari quando si comunica l’itinerario qualcuno storce anche
il naso “ma ci sono già stato…!!!!”, niente
di più sbagliato, perché la magia di questi posti è
unica, e anche se ci sei stato il giorno prima lo vedi sempre in modo
diverso, la neve polverosa, o liscia o ghiacciata, gli alberi ammantati
di bianco, o rivestiti di una soffice coperta, le nubi che camminano
nel cielo e si aprono a qualche raggio di sole che penetra tra i rami,
fino a baciarti il viso, sensazioni uniche da provare insieme alla
compagnia allegra e festosa degli amici caini.
Anche la leggera bufera, che ci accompagna dal piano di Rummo al Piano
di Toscano sferzandoci il viso con raffiche di vento miste a nevischio,
improvvisamente, lascia uno squarcio di azzurro nel cielo che lascia
intravedere il panorama in tutta la sua bellezza e grandezza fino
a scorgere i monumentali Pini Loricati di Serra delle Ciavole (foto
3).
Dopo le foto di rito e abbastanza infreddoliti, ci inoltriamo nel
bosco fitto su di un sentiero immacolato, che rende questo tratto
“avventuroso” e inebriante. Una delle nostre due amiche
inglesi, entusiasta di questa escursione, in un momento di pausa cita
uno scrittore che a dorso del suo asino in mezzo ad un sentiero, ogni
volta che si trovava ad un bivio e doveva decidere, pensava a cosa
passasse per la mente al suo asino, paragonandolo a noi umani nella
scelta della strada giusta per arrivare alla meta, un pò come
nella vita.
Dal valico del crinale nord del Pollino, si intravede il pianoro di
Gaudolino ed il bivacco in legno ai margini del bosco sotto Serra
del Prete, ormai meta agognata con il pensiero di riposare, scaldarci
e mettere sotto i denti qualcosa di buono.
Arrivato per primo al bivacco, noto una sfilza di racchette, ragion
per cui la piccola stanza è gia occupata da una ventina di
persone appartenenti ad un gruppo escursionistico della Puglia.
Appoggiato sulla staccionata osservo con curiosità l’uscita
dal bosco dei Nostri, ormai affaticati e desiderosi di fare una pausa,
e per ultimo il nostro presidente sempre ilare e gioioso in queste
occasioni.
Gentilmente l’altro gruppo ci fa spazio all’interno del
bivacco (foto 4)
fino a svuotarlo e riempirlo del tutto: escono in 19 entrano in 18!
Prima che faccia buio si ritorna alle auto, sosta obbligata al rifugio
De Gasperi per festeggiare il nuovo fuoristrada dell’amico Mimmo,
pensando già alla prossima domenica per un’escursione
più impegnativa ed affascinante da rimettere nei nostri zaini.