Raccontatrekking 2017

10 Dicembre 2017: Anello dei Colli Perilli (PNS) di Dorota Glab e D. Musmanno

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Essersi iscritti al CAI di Castrovillari, sebbene solo da quest’anno, ci ha dato la bella occasione di raggiungere l’Altopiano Silano ed immergersi in quel paesaggio “alpestre” tutto innevato. Per noi, neofiti amanti della montagna, soprattutto la nostra, il Massiccio del Pollino, più rude e più dolomitico, ma allo stesso tempo tanto affascinante, riscoprire il paesaggio che offre la Sila, attraverso i suoi immensi Colli ornati da intere fasce di abeti bianchi ed immense faggete, in convivenza con una varietà di arbusti che vanno dalla pittoresca rosa canina all’agrifoglio, ed osservarli incantati sotto i riflessi della luce solare, regala forti emozioni ed il cuore, man mano che dolcemente si sale, si apre ad un mondo da fiaba. A Dorota, appassionata di fotografia, è piaciuta molto l’occasione che le ha dato la natura rivestita di bianco argentato, presentata ai nostri occhi sotto forma di svariate sculture arboree. Insieme a Carla, la nostra cara presidente della sezione, ed a Franco, socio di vecchia data e buon conoscitore della natura, in auto con destinazione Lorica, ci siamo congiunti agli amici accompagnatori della sezione di Catanzaro, come da programma, e poi, in pochi, causa ovvie difficoltà in cui si sono imbattuti sulla strada, a tratti ghiacciata, un altro gruppo di amici di Catanzaro che hanno però dovuto rinunciare. Insieme al presidente Gabriele, ed a Vincenzo, abbiamo iniziato la risalita, da località Nocella (1310m), con l’intento di raggiungere la sommità di Croce dei Laghi (Colli Perilli) 1766m. La cornice, guadagnando dolcemente quota, oltre a quella in premessa descritta, offriva nel contempo la vista sul Lago Arvo, in una visione di colori argentei in combinazione con le bianche colline; sì, durante il percorso, eravamo un pò presi dalle ciaspole attaccate ai nostri piedi, per noi, in pratica, una curiosa novità, ma soprattutto, per ritrovarsi in montagna, questa volta, piena di neve, ci faceva ritornare a ricordi più giovanili, soprattutto a Dorota, che sui monti Tatra in Polonia, piaceva sciare. Finalmente, dopo un paio d’ore di cammino, intravvediamo in mezzo agli alberi, attraverso la croce in legno, la sommità agognata. Come solitamente accade in questi casi, l’ansia di arrivare cresce, e di fatti con più frequenti ciaspolate, si giunge in sommità, tutti insieme; soffia il vento con una temperatura di -5, ma la vista è eccezionale. Si spazia su tutto l’altipiano della Sila Grande fino a Monte Cocuzzo, il mare offuscato dalle nuvole, e forzando un pò lo sguardo, tutta la catena del Pollino. Bene, non possiamo soffermarci a lungo, le ore-sentiero, e le condizioni meteo ci inducono a ridiscendere il Colle secondo un percorso ad anello, saggiamente accompagnati da Gabriele e Vincenzo, a cui vanno i nostri sinceri ringraziamenti per la loro disponibilità sia sul piano organizzativo che della conoscenza. Ma, sulla via del rientro, sorpresa, per un notevole tratto sul nostro sentiero, non ci potevano sfuggire le orme lasciate sulla neve, da uno, o più di uno, esemplare di animale protagonista di questi luoghi: il Lupo. Al pomeriggio tardi, dopo circa 12 km di percorso, fraternamente ci salutiamo per ritornare ognuno nelle proprie località di partenza.

19 novembre 2017: Timpa di san Lorenzo di Carla Primavera

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Il week end inizia con Franz Rota Nodari che nella serata di sabato 18 novembre ha tenuto col fiato sospeso una ammutolita platea di circa 100 persone, con immagini fantastiche, fuori dall’ordinario. Le "sue" 82 vette sopra i 4000 metri e la dettagliata esposizione sul come, dove e quando, tutto questo è stato possibile. Ma soprattutto un dettagliato report sulla salute dei nostri ghiacciai alpini, tanto precisa quanto dolorosa. Intere compagini ghiacciate completamente scomparse, basata su studi dallo stesso effettuati nell’ambito del suo ruolo di volontario del Servizio Glaciologico Lombardo. Una conferenza dove le condizioni climatiche e l’alpinismo si sono intrecciate in un turbinio di immagini a tratti magnifiche ma anche preoccupanti. I cambiamenti climatici e lo scioglimento dei ghiacciai, purtroppo consequenziale, sta determinando questo profondo mutamento dei paesaggi alpini, con scomparsa inequivocabile dei sentieri e cambiamento della pratica dell’alpinismo nella sua forma più generale. La giornata di domenica invece è stata vissuta all’insegna della roccia, allo stato puro. Ben 28 presenze per far conoscere al nostro illustre ospite, la magnifica cresta delle aquile della Timpa di San Lorenzo. Magistralmente guidati da Franco Formoso, Domenico Bloise e Mimmo Ippolito, abbiamo prima percorso una piccola discesa a tratti trasversale sulla sinistra, a ridosso della parete, fino ad intercettare quasi l’inizio della mastodontica cresta. Passaggi aerei hanno caratterizzato questa particolare ascesa. L’orrido sulla nostra sinistra e l’altrettanto vuoto con gli immensi lastroni di roccia sulla destra, hanno reso questa scalata densa di scariche adrenalitiche, ma sempre affrontata col giusto piglio e la ricercatezza di movimenti che rende il tutto armonico e divertente. Finalmente in cima, gli abbracci di rito, con gli occhi pieni di gratitudine, verso la Natura, l’Amicizia, l’Amore. E sicuramente andiamo su per questo. Ne sono certa. Un grazie particolare agli amici pugliesi presenti, gente speciale. Grazie Franz, ci auguriamo che la nostra accoglienza ti abbia conquistato, le nostre montagne affascinato e abbiano fatto nascere in te il desiderio di tornare. Un grazie di cuore a tutti, senza diVoi niente sarebbe possibile.

5 novembre 2017: Ferrata Salemm di Carla Primavera

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A volte ritornare nei luoghi dove siamo già stati, ci sembra un pò come rimarcare i passi già elaborati e quindi senza emozione né stimolo. Sottovalutiamo che invece rifarli con un gruppo di amici completamente diverso dal precedente, ci regala nuove impressioni e inaspettati impulsi. Siamo tornati a Castelmezzano per portare a termine quello che avevamo iniziato l’anno prima percorrendo la maestosa ferrata Marcirosa che porta fino a Pietrapertosa. Oggi è stata la volta del secondo ramo, la Salemm che porta a Castelmezzano. Quest’ultima ci ha regalato brividi e adrenalina, a contatto con la dura roccia che caratterizza questo anfratto di Lucania che ha dedicato a chiunque decida di recarvisi, paesaggi suggestivi e meravigliosa bellezza. Il gruppo, formato da circa 20 persone, immensamente eterogeneo tra chi era alla prima esperienza e altri già esperti arrampicatori, ha percorso con giusta accortezza e vivace riverenza questa meraviglia della natura. Guglie appuntite, gradini scavati nella roccia, sentieri a tratti scivolosi ma sempre attentamente attrezzati, tanto da riuscire a “camminare” in verticale in completa sicurezza. Certo, la destrezza fa la sua parte, vincere le nostre paure ancestrali verso l’abisso, riuscire a trovare soluzioni di progressione in bilico su appoggi d’acciaio e non per ultimo mantenere la giusta lucidità per godersi in serenità queste giornate outdoor. Anche pazientare, quando chi ci precede affronta le sue difficoltà, prendersi cura di chi ti sta avanti o di chi ti segue fa parte del gioco e questo è sicuramente la parte che più fa da collante tra le anime in bilico. Non è un esercizio ginnico, ma un esercizio psichico, che man mano ci rende sempre più consapevoli che l’essere umano ha tanti limiti, ma qualcuno siamo capaci di superarlo. L’allegra compagnia dei nuovi soci di Rossano e Corigliano, e dei sempre presenti castrovillaresi, ha reso questa giornata unica. Non solo per il ricordo che resterà in tutti noi, ma perché sappiamo che l’amicizia in falesia, in ferrata, in montagna è la cosa più importante. Quello che ci spinge ad andare. Castelmezzano e Pietrapertosa, due gioielli tra i Borghi più belli d’Italia, ci hanno accolto con quella disarmante bellezza che solo pochi posti al mondo sanno offrire. Consapevoli, finalmente, che a volte basta davvero poco per fare, di un posto già incantevole, un luogo di singolare eccellenza. Le forze incommensurabili della Natura, qui hanno prodotto agglomerati rocciosi di infinita bellezza e, si sa, quest’ultima è Maestra in questo. A noi, piccoli umani, ci insegna ad essere rispettosi, riverenti e ubbidienti alle sue leggi, di contro, ci omaggia di tutto questo splendore, magnificenza, sontuosità. Grazie a tutti amici, ogni domenica con voi mi sento ricca, di emozioni, passione e sempre nuovo entusiasmo. Alla prossima!

22 ottobre 2017: L’anello di Cozzo Pellegrino di Eugenio Iannelli

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Ai punti di ritrovo, fissati a Castrovillari, bivio Altomonte e Piano di Lanzo si presentano tutti precisi e puntuali e nonostante un inconveniente meccanico occorso all’auto di un socio siamo in 39 escursionisti provenienti da diverse parti della provincia di Cosenza a ritrovarci dinanzi al rifugio di Piano di Lanzo. Mi piace sottolineare, in queste occasioni, come l’obiettivo che si era prefisso la nascita della Sezione di Castrovillari, ovvero quello di riunire tutti gli appassionati del Pollino sotto un’unica bandiera associativa, trova la sua massima espressione proprio in queste momenti. In verità era presente anche Dorota, socia di origini polacche ma naturalizzata e ben integrata nella realtà calabrese amante del Pollino ma della montagna in generale. La giornata è importante per tre buone ragioni: è una intrasezionale essendo organizzata in collaborazione con la Sottosezione di Cerchiara di Calabria, i cui soci sono presenti numerosi, non salivamo con una uscita ufficiale sul Pellegrino da ben 4 anni (22 settembre 2013), ma soprattutto perché l’escursione odierna è dedicata a Ciro Mortati nostro socio “andato avanti”, come suol dirsi in gergo Caino. Socio fondatore della Sezione di Castrovillari, appassionato di montagna ma in verità del mondo e della conoscenza, fine esploratore, tanti i suoi viaggi in tutte le parti del mondo per comprendere approfonditamente le cultura, la storia, gli usi e i costumi di realtà lontane. Competente professionista, persona amabile e cordiale che se interpellato non lesinava consigli e suggerimenti. Una grave perdita per la Sezione. La giornata si presenta fresca e soleggiata, ciò favorisce una piacevole progressione attraverso il sentiero, mantenuto proprio di recente dalla nostra sezione, che porta verso Piano delle Rose, Piano Pulledro e ci fa giungere in vetta agevolmente; qui l’assenza di nuvole ci permette di ammirare lo splendido scenario sulla cinta dei monti che circondano la cima. Lo sguardo spazia a 360° sui due mari, sulla catena del Pollino che si prolunga fino all’Alpi, sugli adiacenti Monti di Orsomarso su cui insiste il Cozzo Pellegrino, in lontananza i monti della Sila e quelli della catena costiera. Dal Pellegrino è sempre un bel vedere. Arriviamo presto in cima e consumiamo con calma il pranzo a sacco non prima di aver dato fuoco alle cartucce delle nostre digitali. Qualcuno ha con se anche un ingombrante cavalletto giusto strumento per fare foto da incorniciare. Contemporaneamente, guidati da Emanuele, Vincenzo e Mario, arrivano i nostri soci che avevano avuto il problema con l’auto, tempestivi e puntuali per la pausa. Notiamo con piacere che non siamo soli ma dalla Calvia è salito un folto gruppo di escursionisti che scopriamo provenire da Pizzo Calabro e appartenenti all’associazione Kalabria Trekking. In tanti amano e frequentano il nostro Pollino. Terminata la pausa veniamo purtroppo circondati dalle nuvole, fenomeno frequente vista la posizione del Pellegrino a ridosso delle correnti di aria provenenti dal tirreno, e la discesa, questa volta dalla Calvia per chiudere l’anello, non è affascinante come al solito in quanto la nebbia ci preclude la vista del panorama sottostante. Riusciamo comunque a percorrere senza difficoltà la sua cresta per poi immetterci nel bosco e ritornare a Piano di Lanzo. Qui ci aspetta una lieta sorpresa, due dolci sapientemente preparati da Mario e Francesco che vengo letteralmente divorati in men che non si dica. La giornata si conclude come da copione sul Timpone della Motta dove si erge la l’omonima Chiesa e da dove si può ammirare un bellissimo panorama sulla vallata sottostante e sulla parte antica dell’abitato di San Donato Ninea. Dopo i saluti un arrivederci alla prossima esperienza.

15 ottobre 2017: Le torri di Petina (Monti Alburni) di Mimmo Ippolito

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Come al solito i miei appuntamenti con il CAI di Castrovillari si spostano più a Nord rispetto alle cime da loro normalmente frequentate e dopo il Cervati lo scorso anno, quest’anno si torna sugli Alburni, gruppo montuoso tra i più interessanti della Campania. Le stupende pareti del versante Nord/Orientale non possono passare inosservate percorrendo l’Autostrada SA/RC, ed è proprio tra queste che si snodano gli itinerari più belli, antiche mulattiere fatte con vera maestria addolciscono i ripidi dislivelli, inerpicandosi sino a cercare i passaggi più agevoli tra torrioni e pareti. L’ obbiettivo di questa escursione sono le Torri di Petina, con il noto “ Figliolo “, un estetico torrione alto circa 120 metri che si lascia ammirare anche a kilometri di distanza e divenuto ormai uno dei simbolo di questi monti. La diversa conformità della catena offre due mondi opposti all’escursionista, a Sud/Ovest lunghe sterrate e dolci dislivelli, a Nord/Est comode ma ripide mulattiere e tanto dislivello, naturalmente si opta per il secondo, anche se in questo caso i metri da salire non saranno molti, circa 600 metri infatti separano la cima delle torri 1337 m dal Paesello di Petina, nostra località di partenza. All’appuntamento siamo in venti, sezioni di Castrovillari e Cosenza come organizzatrici e poi qualche esponente della sezione di Avellino, Potenza e Salerno. Si parte dalla Piazza di Petina, con comodo sentiero entriamo nei castagneti a monte del paese e a suon di tornanti ci avviciniamo alle Torri e alla sella che immette negli altopiani del versante opposto. A questo punto diamo un bel tocco di avventura alla semplice escursione, lasciamo infatti il sentiero principale e pieghiamo verso le pareti, dove un esile tracciolino corre da Nord verso Sud proprio alla base, tra bosco e rocce, regalando inconsueti colpi d’occhio e un percorso più vario ed isolato a due passi dalle solite sterrate. Figliolo, Ripa Longa e Ripa Alata, troppo lunga la storia di questi nomi per annoiarvi e difficile ormai capirne l’esatta collocazione, di fatto però la Ripa Longa grazie alla sua estetica parete mette in ombra le altre e si è conquistata lei il soprannome del “Figliolo”. Il tracciolino ci porta a Sud della Ripa Alata sulla quale è inevitabile non salire, è lei infatti a riservare il panorama più bello con uno stupendo primo piano sulla vicina Ripa Longa (il Figliolo) e più in là sul Panormo. Breve pausa e si riparte alla volta del Figliolo, un passaggio di II° e pochi metri esposti selezionano naturalmente la salita, ma non questa volta, tutti e venti infatti raggiungeranno la cima, pochi metri in più rispetto all’altra sono sufficienti per allungare lo sguardo sino alle cime del Monte Alpi, del Sirino e del Pollino. Non resta ora che scendere, chiudere l’anello riprendendo la comoda mulattiera lasciata il mattino e rientrare a Petina e ai suoi castagneti.

8 ottobre 2017: Cammina Cai - L’anello di Crispo per la Rüeping di Francesco Pugliese

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Attraverso il Gruppo Lavoro Percorsi Storici, della Commissione Centrale per l’Escursionismo, il Club Alpino Italiano, ha proposto e organizzato nei giorni 7 - 8 ottobre 2017 “un momento di impegno, rivolto a tutto il territorio nazionale, per valorizzare il bagaglio di conoscenza, di cui le Sezioni sono depositarie, per rappresentare un momento significativo ed unitario a carattere nazionale volto a richiamare l’attenzione dei propri associati, sul valore dei percorsi, canali e reti di passaggio di popoli e culture. Il CAI, con questa iniziativa, ha inteso valorizzare e far conoscere questa realtà, seguendo un preciso filo-conduttore: Camminare per Conoscere, Valorizzare e Tutelare”. L’8 ottobre 2017, nell'ambito dello spirito di tale progetto, noi del CAI di Castrovillari e gli Amici dell'Associazione Amici della Montagna Calabria, in tutto 42 appassionati della natura e della montagna, abbiamo realizzato la prima escursione CAMMINA CAI 2017, impegnandoci in un percorso che dalla Madonna del Pollino, attraverso il vecchio tracciato della Rüeping, ci ha condotti prima a Pietra Castello, lambendo la Timpa del Ladro e successivamente, dopo aver aggirato Serra di Crispo, alla Grande Porta del Pollino. Diciamo subito che seguire un gruppo così numeroso non è mai facile, ragion per cui ho cercato di incuriosire e stuzzicare la fantasia dell’immaginario collettivo del gruppo spiegando loro lo spirito e il momento unitario a cui si ispirava il CAI Nazionale, inserendo di volta in volta la descrizione dei luoghi e il riferimento al loro legame storico del territorio. Con le dovute “fisiologiche” eccezioni, devo con piacere ammettere che la strategia ha funzionato e, d’altra parte, non poteva essere diversamente quando un ambiente naturale, per alcuni aspetti unico nel suo genere, aiuta decisamente. Per farci solo un’idea, pensiamo ai Pini Loricati, alla storia ultracentenaria del Santuario della Madonna del Pollino e all’elemento catalizzatore che esso ancora esercita nell’accogliere migliaia di visitatori in quello che ormai è diventato un appuntamento storico, d’incontro e scambio culturale delle popolazioni della Calabria e della Basilicata che ruotano intorno al territorio del Pollino. Se a ciò aggiungiamo l’importanza e la portata storica del fenomeno del Brigantaggio, andando oltre l’aspetto banditesco, com’è ormai noto alla storia revisionista, il quale assunse nel periodo post-unitario un aspetto e un profilo decisamente di protesta sociale e ribellione allo stato centrale neo-costituito, che ha fatto scaturire nel medesimo, una incredibile, barbara reazione repressiva senza pari nella storia d’Italia e che ha messo in evidenza un aspetto ormai riconosciuto dalla storia ufficiale, ma mai riportato nei libri di testo scolastici, ovvero la strategia di occupazione e depredazione delle più importanti risorse del sud. Se a questo aspetto storico aggiungiamo che all’inizio del 900 una società della Valtellina prima e la tedesca Rüeping dopo, hanno razziato gran parte del patrimonio boschivo dell’area attualmente ricadente nel territorio del Pollino, capiamo subito che in questo evento, gli elementi storico ambientali e culturali mi hanno aiutato tantissimo nel tenere alto il livello d’attenzione degli escursionisti che guidavo. Il Santuario della Madonna del Pollino, La Serra della Madonna del Pollino, le Gole di Iannace, Piano Iannace, i Monumenti, Timpa del Ladro, Pietra Castello, La Grande Porta del Pollino, il Giardino degli Dei con i pini Loricati danzanti, sono solo alcuni dei toponomi e dei luoghi che hanno caratterizzato il nostro viaggio e che hanno incuriosito i miei compagni. Così come anche il ritrovamento sul percorso delle traverse in legno, utilizzate dalla società Rüeping dopo il 1910, per farvi scorrere un trenino a scartamento ridotto per trasportare i tronchi degli alberi abbattuti, ha destato interesse e curiosità. Il viaggio per questo itinerario agevole e con lievi dislivelli si è protratto, a tratti sul sentiero CAI 951, a tratti sul sentiero del Parco IPV 4 (coincidente in parte col vecchio tracciato Rüeping), regalandoci scorci panoramici stupendi, arricchiti dai vivaci colori dell’autunno i quali hanno stimolato le più forti delle emozioni quando ad uno ad uno comparivamo sulla Grande Porta del Pollino e il ‘Re’, con al suo fianco la Serra del Prete, apparendo in tutta la sua maestosità, ci ha fatto immaginare lo stupore e le emozioni che provavano i nostri progenitori nell’affacciarsi in questo incantevole teatro naturale. Alle 16 circa, ormai la giornata quasi volge al termine, superata la Grande Porta e entrati nel cuore del parco, dopo aver consumato un’abbondante colazione sui piani alti del Pollino, seppur stanchi e il crepuscolo si avvicina, c’è ancora abbastanza luce per permettere al gruppo di scattare con le digitali l’ultima foto ai pini Loricati danzanti i quali, degni delle più grandi stelle dello spettacolo, quasi si esibiscono mettendosi in posa, a conclusione di una giornata indimenticabile i cui volti dei compagni con i loro sorrisi, con i loro sguardi ricchi di stupore verso una scenografia naturale, splendidamente plasmata da mano divina, l’ hanno resa unica.

24 settembre 2017: Il Pollino che unisce di Marco Laino

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Tutto ha inizio un anno fa, quando il presidente della sezione CAI di Perugia, Pierluigi Meschini, mentre chiacchieravamo del più e del meno mi disse: "ma te che vieni dal Pollino, perché non proponi un'uscita per il nuovo calendario sezionale?". Non esitai nemmeno un attimo, promettendogli di provare ad organizzare qualcosa. Da quel pomeriggio iniziarono una serie di telefonate verso Carla, Eugenio e alcune guide ufficiali del Pollino. Mandai la proposta a Pierluigi, che la approvò pienamente, anche perché prevedeva un'escursione Intersezionale con il CAI Castrovillari. Da Ottobre dello scorso anno fino a Luglio perfezionai il programma, cercando di curarlo nei minimi dettagli in modo da garantire un'ottima esperienza al gruppo perugino. Finalmente arriva la sera del 19 Settembre, quando a Campotenese arriva il gruppo, chi prima e chi dopo. Ero già contento, solo per la loro presenza in un fantastico luogo a loro nuovo, o poco noto,il Pollino. Il gruppo è composto da Laura, Cinzia, Maria Pia, Celsa, Rossella, Gabriele, Fausto e Giorgio! Dal 20 al 23 settembre, accompagnati da me e dalle Guide Ufficiali del Parco, Francesco e Silvio, gli amici di Perugia hanno visitato i luoghi principali del cuore del Parco Nazionale del Pollino, come Papasidero,la Valle del Lao e la Grotta del Romito, sono saliti sul Monte Pollino passando dalla gelida sorgente Spezzavummula, sulla Timpa del Principe partendo da Colle Marcione,l’antico borgo di Civita, il Ponte del Diavolo sospeso tra le Gole del Raganello e il museo etnico arbereshe, i ruderi del Monastero di Colloreto, le copiosesorgenti Tufarazzo e Serra, il centro storico di Morano Calabro e il museo "il Nibbio", Castrovillari e la Civita... Ma il 24 Settembre è il giorno principale, l'escursione che secondo me è la più bella, la più significativa, la più suggestiva, si parte da Colle Impiso per salire su Serra di Crispo, passando per l’incantevole Giardino degli Dei. Dopo i saluti e le dovute presentazioni tra i due gruppi CAI e dopo lo scambio dei gagliardetti, si parte diretti verso quella meta, che di sicuro è tra le più attraenti dell’intero Massiccio del Pollino. Mimmo fa il conto dei partecipanti, siamo più di 30, un bel gruppo. Ci amalgamiamo fin da subito, tutti con un solo obiettivo, andare a fare visita a quei secolari monumenti naturali ancorati su quella dura roccia calcarea, i Pini loricati. Si decide di non percorrere il solito sentiero, ma di passare da Timpone Conocchiello. L'aria è fresca, siamo in mezzo al fitto bosco di faggi, il sentiero si intravede appena, qualche sosta tecnica e giungiamo alla sorgente Pitt'accurc. Il paesaggio che si apre davanti ai nostri occhi è fantastico e ne approfittiamo per sgranocchiare qualcosa e riempire le borracce alla fresca sorgente; una bella foto di gruppo, un saluto agli altri gruppi di escursionisti e si riparte. Qualche centinaio di metri e poi, ci sono loro, i loricati. Da qui, fino in cima impieghiamo molto tempo, ma non per la difficoltà, ma per ammirare tanta bellezza che lascia senza fiato ogni volta, descrivendo il panorama circostante agli amici di Perugia. Siamo a quota 2053m, che si fa? Pranziamo! Un pranzo comunitario, come il CAI di Castrovillari sa fare bene, offrendo ai soci di Perugia una varietà di gustose pietanze tipiche del Pollino, oltre al vino e ai liquori fatti in casa. Si respira un'aria piena di allegria. Facciamo una bella foto di gruppo, qualche simpatica battuta e ci dirigiamo verso il Giardino degli Dei, un vero e proprio spettacolo naturale, vere opere d'arte a cielo aperto. Prima di scendere verso i Piani di Pollino, passiamo per la Grande Porta per fare visita a Zì Peppe, che è lì a marcire per colpa di qualche ignorante. Giunti ai Piani ci concediamo un'ultima sosta prima di inoltrarci nella faggeta e dopo essere passati da Piano Vacquarro riprendiamo il sentiero nel bosco, che dopo qualche saliscendi giunge a Colle Impiso. Per chiudere in dolcezza, ci permettiamo un pezzetto di crostata con marmellata di fichi e noci insieme a qualche biscotto fatto in casa. Ottimi! Si è fatto tardi e dopo una giornata piena di allegria, ahimè, è ora di salutarci. Il gruppo di Perugia saluta il CAI di Castrovillari e insieme a me, ci dirigiamo al Rifugio Biagio Longo, dove i perugini hanno pernottato durante queste notti. E' l'ultima notte al rifugio e l'ultima gustosa cena all'agriturismo "Il Vecchio Fienile". L'indomani, partiamo per Rotonda, una breve visita all'Ecomuseo del Pollino e al Museo di Storia Naturale, qualche acquisto dei prodotti tipici di Rotonda ed è ora di ripartire. Sono stati sei giorni pieni di allegria, pochi giorni per apprezzare tanta bellezza che il Pollino ci offre, imparando la storia, conoscendo la cultura e le tradizioni, camminando tra i sentieri del cuore di questo parco. Una bella esperienza, non solo per gli amici di Perugia, ma anche per me e credo anche per il CAI di Castrovillari. Alla prossima!!!

17 settembre 2017: La traversata degli Abeti Bianchi di Gerardo Dipinto

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L'uscita ha visto ben 28 appassionati escursionisti ripercorrere una zona del Parco particolarmente suggestiva dal punto di vista sia naturalistico che storico. Il Monte Caramola (m1511) è situato fra i comuni di Francavilla in Sinni, San Severino Lucano, Terranova di Pollino, San Costantino Albanese nella parte Nord Orientale del Geoparco del Pollino. Un itinerario affascinante ed esaustivo dal punto di vista panoramico, in quanto il monte Caramola, che è la prosecuzione della boscosa dorsale di Serra di Crispo, si presta alla visuale a 360° di tutta la catena montuosa che va dal Tirreno allo Ionio al confine tra Basilicata e Calabria.La Riserva Naturale Orientata "Bosco Rubbio" è un’area naturale protetta statale istituita nel 1972 per la particolare consociazione vegetativa del faggio con l’abete bianco, essenza differente da quella settentrionale alpina. Inoltre la Riserva Bosco Rubbioèclassificata come Zona di Protezione Speciale (ZPS), nell'ambito della rete Natura 2000, in virtù della presenza di avifauna dal consistente valore naturalistico. Partiti da Acquatremolaabbiamo raggiunto località “tre confini” Sanseverino/Terranova/Francavilla,per poi proseguire oltreil cancello della forestaleche delimitala Riserva. Dopo una breve sosta al Lago d’Erba siamo giunti al Rifugio Caserma dove abbiamo iniziato l’ascesa ai Piani di Caramola, per poter godere di una vista panoramica incantevole.Dopo la consueta sosta culinaria abbiamo attraversato sempre in cresta le “Coste di Caramola” in una vegetazione vetusta di faggi per poi giungere a Petto Gentile dove abbiamo ammirato la “Valle Frida” con sullo sfondo i monti di Serra del Prete, del Pollino ed altri. Non abbiamo potuto concludere l’itinerario per mancanza di tempo, in quanto, essendo il gruppo numeroso, i tempi di percorrenza si sono rallentati. Ma a coronamento dell’escursione il socio Pietro, originario di Francavilla in Sinni, ci ha coinvolti nellaricerca della “Grotta dei Briganti”, poco distante dalla località “tre confini”, che aveva visitato parecchi anni prima. La localizzazione del sito è stata molto difficoltosa e la grotta è stata raggiunta solo da Pietro eFrancesco che sono riusciti, dopo vari tentativi a trovare ed entrare nella storica grotta (denominata anche Grotta Vitelli poichè sita sotto l'omonima timpa e nelle vicinanze di Casino Vitelli) all'interno della quale vi sono scolpiti nella roccia i nomi di alcuni Briganti risalenti al 1856.Già prima della nascita del regno d’Italia, nel 1861, il luogo è stato utilizzato come rifugio da numerosi briganti. Su questa montagna ha imperversato una delle più temibili bande brigantesche, quella di Antonio Franco. La morfologia del fitto bosco di abeti, cerri e faggi e i costoni rocciosi delle Coste di Caramola, hanno consentito ai briganti di trovare ottimi nascondigli, e questo bosco è stato lo scenario della maggior parte delle loro imprese. Ritornati ad Aquatremola, come solito l’escursione si è conclusa con un momento conviviale del gruppo assaporando la dolce uva della Puglia rinfrescata dalla gelida acqua della fonte. Siamo stati noi i "briganti" domenica, in ben 28a ripercorrere quei luoghi di bellezza naturalistica e di arcani misterie, seppur lievemente ridotta, l’escursione “è stato un successo” perché insieme immersi nella natura con una passione comune.

10 settembre 2017: Risorgiva Palazzo di Giuseppe Filomia

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Per questa uscita il luogo del solito appuntamento di ritrovo per l’inizio dell’escursione questa volta cambia, non è più Castrovillari, bensì Morano Calabro dove io e Gaetano aspettiamo i partecipanti che puntuali alle 7.15 arrivano. Dopo i soliti saluti si parte per l’escursione verso la risorgiva di Serra Palazzo. Cari soci avete letto bene “Risorgiva” perché oggi il CAI di Castrovillari aggiunge un altro settore alle innumerevoli attività che già svolge la “SPELEOLOGIA”. Arrivati presso la diga Enel di Orsomarso lasciamo le macchine e ci avviamo lungo un comodo sentiero che man mano diventa sempre più piccolo ed impervio perché per raggiungere la grotta bisogna superare un bel dislivello. Lungo il sentiero ci raggiunge il gruppo speleo escursionistico “Mercurion” il quale ci informa che martedì 5 settembre sono riusciti a superare un sifone carsico sotterraneo in fondo alla grotta che si cercava di oltrepassare da circa 30 anni. Arrivati all’ingresso della grotta iniziamo a cambiarci per indossare abiti più comodi per andare in grotta e lì si scatena la fantasia dei partecipanti, chi indossa una tuta da meccanico, chi una tuta bianca che sembra sia arrivato il RIS, chi mette una giacca antipioggia, e chi indossa un pantacollant, alla fine della vestizione la squadra è pronta per iniziare questa nuova avventura. Cominciamo ad entrare in grotta e nel gruppo si nota qualche apprensione che pian piano va scemando con l’apparizione delle prime congregazioni, i partecipanti vengono rapiti da questo mondo sotterraneo che si rivela a loro per la prima volta. Continuiamo nell’esplorazione della grotta fino a raggiungere il famoso sifone che i nostri amici sono riusciti a superare, aggiungendo oltre 400 nuovi metri di grotta, purtroppo per noi la nostra esplorazione termina qui. Ritorniamo sui nostri passi e raggiungiamo l’uscita, alla luce del sole noto con piacere che l’espressione dei volti dei partecipanti è radiosa per aver portato a termine questa nuova esperienza. Dopo un veloce cambio di abiti riprendiamo il sentiero, questa volta tutto in discesa e raggiungiamo le macchine, proponiamo di andare a mangiare la nostra colazione sulla riva del fiume Lao la proposta è accettata all’unanimità. Così tra un’insalata di riso, uno spezzatino e una peperonata si conclude la nostra giornata. Ciao alla prossima grotta.

2/3 settembre 2017: Un tour nel Cilento… tra cultura e scogliere di Mimmo Pace

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Da anni ormai, il Cilento è fatto segno delle attenzioni del CAI di Castrovillari: Alburni, Cervati, Castelcivita, Bulgheria, Gole del Calore, Casaletto Spartano, rappresentano le tappe della nostra progressiva scoperta… e ogni volta siamo ritornati entusiasti e arricchiti dalle avventure vissute. Mancava qualche aspetto fondamentale da scoprire: quello storico-culturale e, soprattutto, il meraviglioso e sorprendente “volto marino” di questa Terra affascinante, semplice, ospitale. A guidarci e illustrarci questo meraviglioso lembo di Cilento, è Lucio Sorrentino, infaticabile e valido promotore della conoscenza e della valorizzazione della sua Terra… un’autentica missione la sua!! Il paesino di San Giovanni a Piro, la base di partenza e il punto di appoggio per la prima di queste due fantastiche giornate, ricche di emozioni e di scoperte, come di orizzonti sublimi, di sole e di mare; il pittoresco porticciolo di Scario, per la seconda. Dopo una visita fugace al centro storico cittadino, zeppo di antichi manufatti e costellato di chiese, si giunge alla Cappella della Martellata, caratterizzata da un originale succorpo, con suggestiva cripta e altare in pietra. Da qui, parte il sentiero della Manna, un tempo unico collegamento viario tra l’abitato e il Santuario di Maria S.S. di Pietrasanta, eretto intorno al 1200 dai monaci basiliani. Dal fondo del vallone Santo Janni, su verso il Santuario nel cupo verde, attraverso scalini intagliati nella roccia e una fantastica galleria arborea, dissetandoci a una fresca sorgente. L’attuale imponente luogo di culto, ricco di manufatti e pregevoli dipinti, era in origine costituito da una minuscola cappella, edificata a cavallo di un ciclopico sperone di roccia, sul quale era stata scolpita, a tutto tondo, una statua della Vergine. Vale la pena citare che per la sua ardita architettura, fu scambiata per fortezza e per sbaglio attaccata dalle truppe di Gioacchino Murat. Attraverso un’antica mulattiera nel bosco, si tocca il punto più alto dell’iter: il Monte Paccuma, con veduta mozzafiato sulla Costa degli Infreschi e, più avanti sul Belvedere di Ciolandrea, con spettacolare scorcio sull’intero Golfo di Policastro. Proseguendo tra campi e coltivi, un approccio raro ai giorni d’oggi: un nucleo rurale conserva inalterati i patriarcali usi di vita della civiltà contadina d’un tempo. Disseminate lungo la costa, si intravedono torri saracene sospese su luminose calette, mentre discendiamo l’infido e tortuoso sentiero, che ripido e impervio, supera gli scoscendimenti della costa e conduce all’incantevole Spiaggia del Marcellino. Qui, ancora accaldati, ma paghi possiamo finalmente distenderci in un bagno ristoratore, rifocillarci e farci poi cullare dalle onde, sulla barca che ci riporterà a Scario, sotto una pioggia battente e le saette di un modesto temporale... il così tanto temuto, ma atteso Ciclone Poppea, venuto finalmente a spazzar via due interminabili mesi e mezzo di afosa calura e a scongiurare, almeno per ora, il pericolo della siccità! Dopo una sfiziosa cenetta, visita notturna all’Abbadia di San Giovanni Battista, un importante cenobio del monachesimo greco, fondato nel 990. Il giorno dopo, lungo il periplo previsto da Scario a Capo di Palinuro, non soltanto mare, sole, dirupanti falesie, archi naturali, faraglioni, minuscole baie bagnate da acque cristalline, macchia mediterranea sospesa tra cielo e mare e misteriose grotte marine… ma anche ripetuti scrosci di pioggia, improvvise raffiche di vento e mare sempre più gonfio, mal tollerato dall’imbarcazione e soprattutto da noi gitanti! Il nocchiero decide così di invertire la rotta e dirigersi prima verso baie più tranquille, per qualche distensiva bracciata in acqua e poi di fendere le acque dell’intero Golfo di Policastro… acque anche queste poco tranquille, ma che ci hanno offerto qualche esperienza indimenticabile. Visibili da poppa, piccoli banchi di pesci guizzanti nelle acque cristalline e soprattutto il poderoso colpo d’ala di uno stormo di gabbiani, che pur contro vento, seguiva l’imbarcazione, lambendo quasi le mani di Carmelo, che mostrava e offriva dei pezzetti di pane… scena altamente suggestiva e impressionante, testimoniante la potenza di volo e l’acutezza visiva del gabbiano! Questo il volto marino del Cilento in cui ci siamo crogiolati! E poi… il gusto della scoperta, la gioiosa partecipazione, l’armonica coesione del pur ben nutrito gruppo. Tutto quanto, non poteva che indurmi a far trasparire in questo scritto, l’entusiasmo che anch’io mi porto dentro, per questa bell’avventura vissuta.

26/27 agosto 2017: Notturna a Piano di Lanzo di Eugenio Iannelli

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A causa degli impegni degli organizzatori la notturna è slittata a fine agosto quando ormai il desiderio di mare è affievolito ma in compenso la calura cittadina ha ripreso vigore. Infatti dai circa 36 gradi misurati in pianura mano mano che salivamo di quota verso Piano di Lanzo i gradi scendevano fino ad assestarsi verso i più piacevoli 20 serali. Una notturna, quella di quest’anno, che ha centrato in pieno le origini per cui era nata e che molti ancora hanno difficoltà a comprendere: favorire la frequentazione, l’aggregazione e la socializzazione dei soci e delle loro famiglie, ma soprattutto avvicinare i più piccoli alla montagna. Quindi questo è lo spirito giusto per frequentarle, ben altra cosa sono le notturne escursionistiche. E così ci siamo ritrovati equamente distribuiti tra adulti e ragazzi in una due giorni di relax e nuove esperienze. Arrivati nel pomeriggio di sabato sono state subito allestite le tende nel fitto bosco a ridosso del Rifugio (purtroppo chiuso e inagibile da diverso tempo, che peccato) e la cucina da campo nell’area chiusa del rifugio dove troneggia una bellissima fontana dall’acqua gelida. Cuochi subito in azione per preparare la cena e per rimpinguare le energie perse nel montaggio del campo. Una cena frugale ma particolarmente sfiziosa che ci tiene a tavola per diverso tempo e che permette agli adulti di parlare del più e del meno e ai ragazzi di conoscersi. Sul finire, mentre siamo tutti indaffarati a sparecchiare e pulire, una sorpresa inaspettata, una bella e nutrita combriccola di cinghiali, adulti e cuccioli, si aggira, per niente intimorita, nelle nostre vicinanze. Siamo al sicuro, in quanto all’interno del recinto del rifugio, ma gli animali non hanno intenzioni aggressive, al contrario, i cuccioli, evidentemente molto affamati, si avvicinano a noi e accettano ben volentieri gli avanzi di cibo che gli porgiamo. È una esperienza eccezionale mai provata da nessuno dei presenti, aver modo di osservare cosi da vicino questi animali e poter sfatare la leggenda sulla loro aggressività. I ragazzi sono al settimo cielo ma anche gli adulti non sono da meno. La cosa non dura poco e abbiamo l’opportunità di fare delle foto e osservarli attentamente. Dopo un pò si allontanano autonomamente, gli lasciamo ancora qualche avanzo e ci godiamo un’altra mezz’oretta di chiacchiere intorno al fuoco prima di entrare nelle tende e addormentarci. Le luci del giorno ci svegliano dopo una notte trascorsa con una temperatura ideale che ha conciliato il sonno di molti di noi reduci dalla calura estiva. Tra noi qualcuno, uscito durante la notte, ci informa che ha notato i cinghiali in giro intorno alle nostre tende a fare piazza pulita degli avanzi ma senza recare fastidio e danno alcuno e abbastanza silenziosi e discreti. Dopo la colazione, come di consueto, iniziamo l’escursione mattutina che, attraverso il sentiero 601 (tappa del Sentiero Italia Piano di Lanzo - Piano Novacco), da poco rinfrescato dalla nostra sezione, ci porterà al Piano di Rose. Un percorso agevole in un bosco dove predomina l’ontano ma dove troviamo tante altre diversità vegetali. I ragazzi sono quelli che si divertono di più e apprendono meglio. Di ritorno dall’escursione, durata circa due ore e mezza, troviamo pronto per il pranzo allietato dalla presenza di altri due soci arrivati in mattinata, Giancarlo e Mariarosaria. Dopo il pranzo ci soffermiamo a tavola volentieri fino al tardo pomeriggio e dopo aver pulito bene l’area da noi utilizzata e smontato velocemente le tende ci salutiamo e ci diamo appuntamento alla prossima uscita. Anche se tutti hanno collaborato in egual misura per l’ottima riuscita della due giorni un ringraziamento speciale va a Franco e Gaetano che si sono adoperati non solo per l’organizzazione ma soprattutto per la cucina come sempre ottima e squisita.

III Note al tramonto, grande successo di Carla Primavera

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Grande successo di pubblico per la III edizione di “Note al Tramonto”, concerto di musica tenutosi nel nostro Rifugio “Biagio Longo” in località Campolongo nel Comune di Mormanno. L’evento fa parte della rassegna “Rifugi di cultura”, arrivato alla V edizione, organizzato dal Gruppo Terre Alte del Comitato Scientifico Centrale del Club Alpino Italiano. Evento estivo diffuso che vede il rifugio non solo come ricovero per alpinisti ed escursionisti, ma come luogo dove diffondere la cultura e le usanze degli abitanti delle terre alte. La Sezione di Castrovillari, unica in Calabria, è parte integrante di questi eventi nazionali. Trentadue eventi in altrettanti rifugi alpini e appenninici di quattordici regioni da giugno a ottobre. Il Club Alpino Italiano promuove concerti, spettacoli teatrali, reading, degustazioni e visite guidate in quota, dalle Alpi Marittime alle Dolomiti, dal Bernina alle Madonie per promuovere la cultura delle montagne attraverso concerti, spettacoli teatrali, letture, conferenze, visite guidate e proposte gastronomiche legate alle produzioni locali. Quest’anno, in occasione della terza edizione, si era pensato a qualcosa di diverso. L’idea era di ospitare una vocalist, accompagnata da uno strumento che potesse esprimere tutta la passione che è nella musica stessa. La scelta, su consiglio della nostra socia Annamaria, appassionata di musica, è caduta su Vince Abbracciante e Paola Arnesano, che hanno presentato il loro ultimo lavoro discografico: MPB! (Musica Popular Brasileira) Il primo, apprezzato dal nostro pubblico già alla prima edizione, fisarmonicista d’eccezione e compositore, dotato di una tecnica notevole, padroneggia la fisarmonica come pochi e suona con talento qualsiasi genere musicale. Nel 2000 vince il “25° concorso internazionale Città di Castelfidardo” e nel 2003 vince il 53° Trofeo Mondiale di fisarmonica. È stato autore ed esecutore delle musiche originali del film "Le Mamme di San Vito" di Gianni Torres. Si è esibito in varie parti del mondo: Germania, Brasile, Stati Uniti, Indonesia, Malesia, Tailandia, Singapore, Inghilterra, Austria, Sud Africa, Danimarca, Olanda e Canada, in festival e jazz club prestigiosi: Virada Cultural (San Paolo), NAMM Show (Los Angeles), Vibrato Grill Jazz (Los Angeles), Java Jazz Festival (Jakarta), Mellow Yellow jazz club (Bangkok), Esplanade Hall (Singapore), ed altri…suonando con musicisti di spicco: Juini Booth, Marc Ribot, Marvin Bugalu Smith, Stacy Dillard, Flavio Boltro, Davide Penta, Antonio Di Lorenzo, Roberto Ottaviano, Lucio Dalla. Paola Arnesano, nuova per il nostro pubblico, ma celebre ovunque con la sua corposa e versatile vocalità, è riuscita a trasmettere emozioni senza tempo da un genere musicale infinitamente intriso di passionalità e sensualità. Ha studiato canto con il soprano Maria Grazia Pani e contemporaneamente recitazione con Antonella Porfido e Franco Damascelli. Il suo esordio come jazz singer risale alla fine degli anni '80, con un quintetto a suo nome. Studia pianoforte con Nico Marziliano e arrangiamento per big band con il M° Luigi Giannatempo. Innamorata del jazz samba e della bossanova, ne studia lingua e repertorio, che sfocerà nella costituzione di gruppi stabili agli inizi degli anni '90 come Abrasileirado e Trio de Janeiro, di cui è coleader Guido Di Leone. Fondamentalmente attratta dalle cantanti cool degli anni '50, inizia ad affrontare progetti originali, come canzoni italiane degli anni '40 in chiave jazz, o brani più moderni mai cantati, ai quali aggiunge testi. Inizia nello stesso periodo anche a comporre, e il tutto porterà ai due primi dischi. Nel frattempo viene chiamata a far parte stabilmente del quartetto del contrabbassista Attilio Zanchi, con Guido Di Leone e Gilson Silveira. Ha collaborazione stabile, inoltre, con Davide Santorsola, Mimmo Campanale e Maurizio Quintavalle. In quel periodo arriva al secondo posto al Premio Urbani. Collabora con grossi nomi del panorama jazzistico italiano, come Stefano Bollani, Roberto Ottaviano, Angelo Adamo, Gianni Cazzola, Ettore Fioravanti, Franco Cerri, Gianni Basso, Luigi Bonafede, Tiziana Ghiglioni, Marco Micheli, Massimo Manzi, Tomaso Lama, Gianluca Petrella, Daniele Scannapieco, Renato Sellani, Ares Tavolazzi, Dado Moroni. Vincitrice dell’Italian Jazz Awards 2009. I due artisti, rapiscono immediatamente l’attenzione del numeroso e qualificato pubblico, snocciolando attimi di intensa ritmicità, a momenti di struggente melodia. Spunti armonici e potenza espressiva che regalano un intenso impatto emozionale. Sembrava quasi che Paola accarezzasse ogni nota del fisarmonicista che, incalzante, seguiva ogni curvatura armonica della sua voce…uno spettacolo! A completamento della bella serata un gustoso buffet, ricco di prodotti tipici della nostra zona. Ringraziamo le aziende che ci hanno sostenuto: Astorino Casearia, Fattorie Covelli, Azienda Agricola Campotenese, I Fornai di Fiore e Pinelli, Cantine Campo Verde. Un particolare ringraziamento all’Ente Parco del Pollino che con grande lungimiranza e disponibilità sostiene l’iniziativa. A tutti un sincero ringraziamento e un arrivederci alla prossima edizione.

16 Luglio 2017: Il Raganello da Ponte di Pietraponte di Francesco Pugliese

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Nessuno saprà mai dire in che epoca e in quali circostanze la natura ha deciso di giocare con se stessa, creando un bizzarro ponte con un enorme masso che cadendo si va a incastrare sulle pareti di una stretta e profonda forra, per poi essere successivamente attrezzato dai pastori con muretti e passamano in rudimentali travi di legna che permettevano alle loro greggi di passarvi sopra. Giungere in questo contesto naturale, sprigiona nel visitatore molteplici emozioni e forse, la più significativa e più forte, è l’impressione di trovarsi nell’ Odissea di Omero, dove il ciclope Polifemo smuove questo enorme masso per condurre le pecore nella terrificante grotta. Il CAI di Castrovillari nel programma 2017 inserisce un nuovo percorso interessantissimo e di notevole valore naturalistico che dal punto di vista escursionistico va leggermente fuori dai tradizionali canoni a cui siamo abituati. Non solo Canyoning, non solo montagna, ma un percorso misto che prevede oltre due ore di avvicinamento al torrente, ripercorrendo un antichissimo sentiero che collegava le comunità di Civita e San Lorenzo Bellizzi, attraverso boschi e vari manufatti in pietra che fanno rivivere al visitatore l'atmosfera, i suoni e gli odori che gli originari abitanti, in un incedere lento caratterizzato dalla semplicità della quotidianità assaporavano, mentre assorti nei loro pensieri, percorrevano questa antica via di comunicazione. Si proprio così, un’importante antica via di collegamento, se si considera la cura con la quale vengono disposte enorme pietre a contenimento dei pendii scoscesi che conducono al monumentale Ponte D’Ilice. Quest’ultimo gravemente ferito e mutilato in un fianco da una enorme slavina di fango e pietre che ha costretto le maestranze ad imbrigliarlo in un enorme impalcatura di ferro nel tentativo di salvarlo da un eventuale crudele crollo. Dicevo prima, un’importante via di collegamento tra due comunità che si diramava per un tortuoso sentiero tra valli e rigogliosi boschi che oggi noi del CAI di Castrovillari aggiungendo gli oltre 6 Km. di torrente che vanno dalla briglia dopo Pietraponte fino al Sentiero degli Oleandri attraverso il Ponte D'Ilice, ci siamo inventati una fantastica escursione di oltre 14 Km. Un Viaggio che partendo da Colle La Ciuca conduce il visitatore, prima attraverso una ripida e interminabile scalinata al Ponte D’ilice e dopo, una volta attraversatolo con estrema cautela, lo accompagna in un sentiero a volte nascosto dai rovi, a volte spazzato via dalle frane susseguitesi nei Canali di Nocilli e Santa Venere per giungere a Pietraponte e quindi al Ponte di Pietraponte, dove si potrà immergere direttamente nel greto del Raganello. Un trekking lento e interminabile attraverso tratti di sentieri ormai quasi scomparsi i cui fitti rovi, seppur ci costringe a farci strada con la falcetta, tuttavia, senza il pericolo di esagerare, si deve considerare una vera “manna” che soddisfa le esigenze dei puristi della natura, i quali trovano il culmine dell’estasi dopo essersi immersi nelle affascinanti marmitte di Pietraponte e le poco frequentate gole poste a sud di San Lorenzo Bellizzi. Il rientro avvenuto attraverso il Raganello, ripercorrendolo seguendone il corso e ripassando questa volta, sotto il Ponte D’Ilice fino a intersecare Il sentiero degli Oleandri, ci ha concesso di apprezzare, seppur ormai stanchi ed esausti, le magnificenze del fondo delle gole le cui tumultuose piene invernali, cambiandone di anno in anno il percorso, spostando anche grossi massi, crea sempre scenari modificati i cui scorci si estendono fino ai rilievi della timpa del Demanio, che li, assestata da immemori e immani forze della natura, si erge a difesa… dell’antico borgo di Civita.

2 luglio 2017: Torrente Lepre di Michele Florio

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Si sa, tuffarsi in un fiume incassato tra le montagne lo abbiamo sognato un pò tutti, se poi la cornice è quella del tratto basso delle gole del torrente Lepre, con i suoi scivoli e le sue cascate resistere è impossibile. E così, per sedici tra soci e amici del CAI Castrovillari inizia quest'avventura. C'è chi è alla sua prima esperienza in forra e chi conosce già questo ambiente così insolito e spettacolare. Il gruppo, da subito affiatato, dopo un necessario breefing si muove sotto gli occhi discreti e attenti degli organizzatori Franco Formoso, Domenico Bloise e Michele Florio. In questo ambiente così bello e selvaggio il tempo sembra volare e, dopo poco, siamo a cospetto della prima, imponente cascata. Un salto di oltre venti metri. Il rumore di quella cascata lo porteremo dentro per molto tempo cosi come le emozioni che ci ha suscitato. Grazie al supporto di Luigi Vincitore e Roberto Pappaterra la calata viene attrezzata rapidamente ed in sicurezza. Uno dopo l'altro ci emozioniamo in un'adrenalinica discesa. L'acqua che cade su di noi ci fa toccare davvero la forza della natura e ci ricorda che qui siamo ospiti. Tutti viaggiano spediti e, in breve tempo, ammiriamo la cascata dal basso mentre ci concediamo un tuffo in attesa che tutti completino la calata. Gli organizzatori seguono scrupolosamente ogni fase della discesa e, superata la cascata, procediamo in questo ambiente severo e affascinate. Avanziamo divertiti e attenti tra tuffi, scivoli e pozze fino a raggiungere una seconda cascata, poco più corta della precedente ma non meno spettacolare ed insidiosa. In breve anche questa cascata e lo scivolo che la precede sono attrezzati e pronti per farci emozionare. Via, ci si cala! Nessun intoppo, tutti bravi. Ad attenderci alla fine della cascata c'è una ben più tranquilla e larga pozza dove divertirci tra qualche tuffo e qualche battuta per allentare la tensione. Riprendiamo il cammino nell'alveo, ora più calmo, del torrente. Siamo completamente circondati dalla natura, alzo gli occhi e noto alcuni arbusti incastrati ad un paio di metri su alcuni alberi, a ricordarci l'enorme portata che questo fiume ha nei mesi di piena. Intercettiamo il punto di uscita senza incertezze e, dopo una risalita su campi arsi dal sole, giungiamo alle auto dove ci attende una birra ghiacciata offerta dall'amico Roberto e un brindisi al gruppo di oggi chiude il cerchio di questa giornata da incorniciare. Spendo una parola per le tre ragazze del gruppo che hanno affrontato bene un ambiente cosi particolare, brave! Grazie gli altri organizzatori che hanno reso possibile questa uscita. Un Saluto speciale va in fine a Mimmo Pace, esempio di dove possano portarci le passioni, è stato un piacere averti con noi.

25 giugno 2017: “Santa Maria del Monte - Acquaformosa di Giuseppe Cersosimo

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Non impegnativa ma meravigliosa, l'escursione di domenica ad Acquaformosa, con il CAI di Castrovillari, che ha inizio dopo il rifugio del Faggio. In seguito a una breve ascesa raggiungiamo il Timpone del Pino dove ci attende un panorama tutto da esplorare, la nostra attenzione è rivolta inizialmente verso le cime del Pellegrino, del Monte la Mula, del Monte Caramolo e del Piano di Campolongo di Lungro. Dopo aver focalizzato le cime, il nostro sguardo cattura altri aspetti caratteristici del territorio, come la crescita di un ginepro conficcato in una roccia, delle orchidee e i pini loricati. Il paesaggio, le fontane e ciò che s’incontra durante il cammino viene osservato attentamente e fermato in uno scatto fotografico dell'escursionista. Giungiamo alla Chiesa consacrata di Santa Maria del Monte all'interno di una vasta area recintata e attrezzata per fare dei piacevoli picnic. Le prime fondamenta della Chiesa si pensa siano state poste prima del X secolo ad opera dei monaci della chiesa d'Oriente. Essa si trova a 1400 metri sul livello del mare e al suo interno è contenuta l'effige della Madonna che allatta, la quale secondo la leggenda fu trovata da un pastore e la cui festa viene celebrata l'ultima domenica di luglio. Sazi di queste nuove conoscenze, riferiteci dall’amico Luigi, continuiamo il nostro cammino verso Cozzo del Lepre, prima però andiamo a omaggiare la memoria dell'aeronautico S. Tenente Pinto Giovanni caduto su questo territorio. In seguito alla sosta a Cozzo del Lepre ci incamminiamo sulla cresta, questa volta non scoperta ma caratterizzata da una mista vegetazione di faggi, lecci, aceri, agrifogli e pini. Quando mancavano solo pochi metri all'aria faunistica, destinata ai rapaci feriti, improvvisamente si è abbattuta su di noi la pioggia. Per fortuna è durata poco e nel frattempo abbiamo consumato il nostro consueto pranzo a sacco. Dopo aver recuperato le energie, prima di proseguire il nostro cammino, ci siamo soffermati visitare i vari tipi di rapaci del territorio: allocchi, civette, poiane, falchetti e barbagianni. Per raggiungere la piazza di Acquaformosa attraversiamo per prima un territorio con maestosi e secolari castagni per poi passare nel paese attraverso vicoli antichi e stretti che lo rendono molto particolare. Giunti in paese osserviamo l' antichissima fontana del paese chiamata "Fontana Vecchia", dove noi tutti ci rifocilliamo dopo una giornata calda. La nostra escursione ad Acquaformosa termina con la visita a casa di Luigi dove esprimiamo le nostre emozioni in merito al percorso appena concluso, assaggiando i dolci tipici di questo paese fatti con cura dall’anziana mamma. Lasciamo questo borgo che ci ha accolto per un'intera giornata portando con noi un ricordo e un'esperienza meravigliosa.

18 giugno 2017: “Dall’alba al tramonto per le 5 sorelle del pollino oltre i 2000” di Francesco Pugliese

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Mentre mi accingo a descrivere l’escursione delle 5 cime oltre i 2000 del parco del Pollino, mi viene in mente subito da fare questa riflessione: descriverla sarà un’impresa quasi come è stata un’impresa raggiungere le cinque cime in un solo giorno, per la semplice ragione che le emozioni che affiorano nel mio animo sono tante, sono intense e racchiuderle in una sintesi sarà veramente arduo. Ma andiamo in ordine. Nei giorni precedenti sembrava che nessuno fosse interessato a questa impresa, perché diciamocelo con franchezza, è una grande faticata che si può affrontare solo con un buon allenamento e una grande carica interiore. Invece, man mano che si avvicinava il giorno dell’escursione, uno dopo l’altro, gli amici del CAI provenienti da Lecce, Bari, Rossano Cosenza e Lamezia mi interpellavano confermando la loro partecipazione. In tutto 9 anime che alle 6,30 si danno appuntamento a Colle dell’Impiso per iniziare quella che immediatamente,per via delle avverse condizioni climatiche, si prospetta un’ avventura da vivere soffrendo. Legati l’uno all’altro dalla stessa passione e dalle stesse incertezze tutti ci siamo chiesti come avrebbe risposto il nostro fisico per il raggiungimento dell’obiettivo.Convinti che ci sarebbe stato un intenso caldo come quello che ci aveva afflitto nei giorni precedenti, riempiamo gli zaini con almeno tre litri d’acqua, ma, neanche iniziato a percorrere il sentiero che ci porta a Serra del Prete, veniamo aggrediti da un forte e intenso vento gelido ed una temperatura quasi invernale che oltre a rallentare notevolmente l’andatura ci costringe da subito ad indossare l’equipaggiamento pesante. Raffiche fortissime e a tratti grossi nuvoloni provenienti da nord ci accompagnano e, passo dopo passo, fino a che raggiungiamo la vetta di Serra Dolcedorme, le nostre certezze vacillano e sempre di più si prospetta nella nostra mente la possibilità di rinunciare all’impresa. In quei momenti di difficoltà e sofferenza capisci perché le cinque cime oltre i 2000 sono un’impresa a cui pochi sono disponibili a partecipare, ma per fortuna, quello che ormai sembrava un appuntamento non riuscito, ha trovato, nell’anima del CAI di Castrovillari, nuova linfa e nuove energie determinanti per il successo dell’appuntamento previsto in programma. Quest’anno, forse per la prima volta nella storia delle cinque cime del CAI, partecipa una donna, Arcangela Loverre, alla quale vanno i miei complimenti, come del resto a tutto il gruppo, per la sua determinazione e la grande forza di volontà mostrata, in quella che seppur possiamo considerare una piccola impresa per i “grandi camminatori” è sempre una grande impresa per i nuovi iscritti alla nostra sezione. Ma torniamo sulla vetta del Dolcedorme dove, dopo una breve sosta di alcuni minuti, afflitti dalle raffiche di vento, fatta la consueta foto di gruppo, riprendiamo il sentiero appena percorso fin quasi sotto la Timpa di Valle Piana per imboccare il sentiero che conduce ai Piani di Acquafredda, dove per fortuna, grazie anche alla complicità della vegetazione, la montagna ci concede una tregua, accompagnandoci per Serra delle Ciavole e Serra di Crispo, ultime due cime, con un tiepido appagante sole che oltre ad illuminare i nostri volti rendeva il paesaggio con i suoi panorami di Pini Loricati, sempre più colorato e affascinante. Siamo ormai in primavera inoltrata e trovarsi sulla grande porta del Pollino circondati da fiori dai colori più bizzarri, accompagnati dai nitriti dei cavalli e dallo scalpitio dei puledri che diffidenti cercano protezione nel branco, sprigiona nel nostro immaginario la sensazione di esser appena entrati in un quadro denso di colori, tipico di uno dei dipinti di Bert, il divertente spazzacamino amico di Mary Poppings, che con la fantasia ci sta facendo viaggiare, come dei bambini, attraverso i suoi disegni realizzati col gesso colorato. Poi apriamo gli occhi e per fortuna ci accorgiamo che quello che stiamo vivendo non è un sogno ma semplicemente la magia della montagna! della nostra montagna!!! In un attimo, rapiti da splendidi scenari e paesaggi e dagli scorci mozzafiato, la sofferenza e la stanchezza sembra svanire ridandoci effimere energie necessarie per raggiungere Serra di Crispo, l’ultima vetta delle 5 sorelle oltre i 2000. Stanchi, esausti e felici rientriamo a Colle dell’ Impiso dopo 13 ore di lungo cammino per scendere subito a valle dove intorno a un tavolo del primo bar… accompagnati da una fresca birra, per ore, allegramente continuiamo a discutere sull’esperienza appena vissuta rivivendo gli attimi più belli e divertenti.

11 giugno 2017: Monte Alpi di Eugenio Iannelli

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L’ultima volta della Sezione sul Monte Alpi era d’inverno ma, non ricordo per quale motivo, non mi fu possibile partecipare. I miei ricordi pedestri risalgono al 2009 quando portammo a termine la prima segnatura del sentiero, ma si sa, quando si è impegnati in un lavoro importante e delicato non si può godere a pieno della bellezza dei luoghi come quando si esce in escursione. Rischiavamo, per una serie di motivi, di non farla questa escursione ma, come di consueto, è prevalso lo spirito associativo che cerca di mantenere sempre fede alla programmazione annuale senza rinvii e annullamenti. E così è stato, ripagati dalla partecipazione di nuovi soci, che si accompagnavano al CAI Castrovillari per la prima volta, e vecchi soci provenienti da diversi luoghi tanto da far sentire noi di Castrovillari in minoranza. Poiché non sono molti, vi elenco i luoghi di provenienza: Lecce, Noicattaro, Ascea, Frascineto, Lungro, Corigliano Calabro, Cosenza, San Marco Argentano, Castrovillari. Giunti al parcheggio di Bosco Favino e all’omonimo rifugio ci accorgiamo subito che quest’ultimo versa, con il tetto semi bruciato, in cattivissime condizioni. Che peccato! Un presidio importante per questo posto che si avvale di una bella area pic-nic tutt’intorno al rifugio. Perfortuna in ben altre condizioni versa il sentiero che si presenta ben tenuto e soprattutto ben tracciato con una segnaletica visibile e fresca. Sicuramente dopo la nostra prima tracciatura saranno intervenuti i soci della Sezione di Lagonegro che hanno fatto un ottimo lavoro. Intraprendiamo il sentiero che parte subito con una salita abbastanza ripida che potrebbe metterci in difficoltà, ma non è cosi, e in men che non si dica usciamo sul crestone aereo dopo aver attraversato il maestoso bosco di faggi. Si presenta a noi un panorama mozzafiato che ci accompagnerà sin sulla vetta del Monte Alpi senza trascurare di salire prima sulla vetta del Santa Croce. Un balcone sull'intera Basilicata l'Alpi. Infatti, mentre a Sud l'orizzonte è rappresentato dal Massiccio del Pollino, a settentrione l'Alpi la fa da padrone. Lo sguardo supera i confini regionali e s’infrange sul Cervati, sul Gargano e sul Golfo di Policastro. Solo i ricordi e gli scatti fotografici rendono merito a cotanta bellezza. Giunti in vetta relativamente presto consumiamo il pranzo al sacco e dopo la fatidica foto di gruppo decidiamo di portarci sul versante Nord per affacciarci sul “paretone” dove vegetano maestosi i più settentrionali pini loricati del Parco nazionale del Pollino e dove gli alpinisti esprimono tutta la lortecnica e bravura per scalare, in inverno ed estate, i diversi canaloni che compongono la sottostante parete. Questa digressione, seppur bella naturalisticamente e paesaggisticamente, ci costringe però ad effettuare un percorso disagevole con un ulteriore sforzo fisico non preventivato. Riconquistato il sentiero di cresta, ci immergiamo di nuovo nella faggeta e giungiamo alle auto dove Gerardo tira fuori il coniglio dal cilindro, delle grandi e rosse ciliegie, degno coronamento di una splendida giornata.

28 maggio 2017: CAIbike di Mimmo Pace

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Il percorso di ciclo-trekking previsto per quest’anno tra le attività sezionali del CAI di Castrovillari ha rappresentato una novità. Questa volta, non una “full immersion” naturalistica, ma soprattutto un iter paesaggistico soffuso di storia e di cultura… un ricco carnet di attrazioni, coronato da una felice parentesi conviviale presso l’ospitale Agriturismo Colloreto, gestito dai Signori Coscia. L’iter si snoda da Castrovillari, lungo la panoramica pista pedo-ciclabile, che risale dolcemente la pendice del Monte Sant’Angelo e collega, sul vecchio tracciato ferroviario, la Città del Pollino alla pittoresca Morano... un paese-presepe, tra i borghi più belli d’Italia, assolutamente degno di essere visitato e percorso, pur se fugacemente, su di una bici. Il programma prevedeva appunto ciò: infatti, dalla vecchia stazione FCL, si pedala verso i resti del Castello normanno-svevo, affrontando una rampa in viva costa. Colà, due “soste culturali”: una al cospetto del maniero e l’altra per visitare la storica Collegiata dei S.S. Pietro e Paolo, durante le quali l’organizzatore della sortita assume anche le vesti di Cicerone d’occasione. Poi, subito di nuovo in sella, per una briosa e interessante discesa lungo il Centro Storico di questo bel borgo… un ghirigori nel dedalo di viuzze, che offrono scorci paesaggistici di una varietà incalzante… architetture signorili e popolari, la cui integrità è stata saggiamente preservata… ripide scalinate, angusti portici… frequente simbiosi tra roccia e muro! In qualche minuto, ci ritroviamo giù, a piè del borgo, per proseguire a pedalare verso le sorgenti del Coscile, l’antico Sybaris, seguendo il tracciato del SI 901, che risale la Contrada Matinazza e s’inerpica poi verso il Monastero del Colloreto. Il recesso in cui il fiume sorge è molto ameno e spettacolare, ma il tratto più affascinante del suo corso è qualche chilometro più a valle, lungo la gola di Sassonia: tra marmitte gorgoglianti, pozze multicolori e altre copiose sorgenti, il fiume scorre, sotto gallerie arboree, tra secolari pioppi e maestosi ontani… un ambiente fluviale fiabesco da non perdersi! L’iter procede, in discreta ascesa, lungo la lussureggiante campagna moranese, intersecata da una miriade di stradine interpoderali e punteggiata da innumerevoli casette e antiche residenze di campagna occhieggianti su verdi coltivi e filari di tremuli pioppi. Ai piedi dell’ultima e più dura rampa, la carovana decide di fare una breve sosta, per riprendere fiato e forze prima di affrontarla. C’è chi riesce a stare ancora in sella e chi è costretto a rimorchiare la bici, ma tutti anelano a raggiungere la meta: i ruderi del Convento… Ed io più di ogni altro, perché ogni qualvolta ho occasione di tornarvi, puntualmente mi ritorna in mente la prima volta che ebbi ventura di scoprire quello storico sito… tanti, tanti anni fa, in una delle mie infinite scorribande giovanili lungo le nostre montagne. Ero appena quindicenne allora… non c’erano sentieri segnati e neanche GPS e soprattutto non c’era l’autostrada! Il pranzetto è pronto e ci aspetta… non ci resta che discendere la breve rampa, accomodarci e rifocillarci a dovere. Tante chiacchiere durante il banchetto, innaffiato dal mio rosso generoso. Ancora un po’ di relax per avviare la digestione e poi… di nuovo in bici! Stavolta però con poca fatica… il percorso è tutto in discesa! In conclusione, auspico una maggiore sensibilità, in ambito sezionale, a favore di un siffatto tipo di approccio alla montagna, per la verità un tantino scarsa. Accanto alle arrampicate ed all’escursionismo a piedi, un po’ di mountain-bike in più, sicuramente non guasta! Se la bicicletta l’hanno chiamata anche così, beh allora qualche serio motivo forse ci sarà.

14 maggio 2017: La Via delle Capre di Franco Formoso

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Inizialmente c’erano altre idee ma, per vari motivi, che hanno impedito di fare altri sopralluoghi la scelta è caduta sulla Via delle capre. Mancavo da 7 anni in questo luogo, allora eravamo usciti in arrampicata e questa è l’idea per questa escursione. Qualche giorno prima andiamo a fare il percorso e troviamo una nuova uscita, più semplice delle altre, forse la più facile fra tutte, che permette di uscire dalla parete arrampicando per 5 o 6 metri, con difficoltà di I/II° ma necessita assicurarsi data l’esposizione. La Via delle capre è uno dei più affascinanti itinerari della Calabria. Una strapiombante Cengia che per circa 3 km taglia la parete della Timpa del Demanio nel Comune di Civita e sovrasta il tortuoso Torrente Raganello 400 metri più in basso. Tra i primi a percorrerla Peppino Sirangelo (ex Presidente del CAI Cosenza), rappresenta uno dei più adrenalinici sentieri alpinistici della Calabria. La bellezza dei luoghi si mescola al senso del vuoto, la realtà si scontra con la fantasia. Quando si percorre per la prima volta questo luogo, la paura e il senso della pericolosità vengono pian piano sostituiti dalla magia di queste pareti a picco, da questa piccola striscia che spezza la timpa, dalla lucentezza delle acque del Raganello che scorrono assieme al tempo laggiù. E dopo un pò ti senti parte di tutto questo e ti accorgi che non hai più paura perché hai imparato a volare. Iniziano a pervenire le adesioni, sono tante davvero. Una minima preoccupazione nasce dalla gestione del gruppo e dalla necessità di fornire, a chi manca, l’attrezzatura necessaria affinché il tutto si svolga in massima sicurezza. Questa però svanisce con l’intervento di qualche amico/alpinista che ci aiuta nell’attrezzare i partecipanti e nell’organizzazione. Una bella e limpida giornata di sole ci aspetta. Tutti sono presenti all’appello. Abbiamo con noi la Presidente del CAI Castrovillari Carla Primavera, lo zoccolo duro: l’inesauribile Eugenio, il sempre pimpante Mimmo e il guerriero Francesco, oggi in veste di fotografo ufficiale. Poi Tonino con i ragazzi del Soccorso Alpino più il gruppo degli aspiranti, escursionisti provenienti da Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza e da altre località, oltre naturalmente a me, Domenico e Mirko, gli organizzatori. Dopo il necessario briefing e dopo il controllo dell’attrezzatura, si parte. Inizialmente saliamo sulla Timpa del Demanio. Luogo fantastico, da dove lo sguardo spazia dal golfo di Sibari a Monte Cocuzzo e la Catena Costiera, dai Monti dell’Orsomarso ai Contrafforti Orientali del Pollino. Poi ci avviamo per l’esposto sentiero che costeggiando la vertiginosa parete, porta all’inizio del tratto attrezzato che conduce all’ingresso della Cengia. E’ uno spettacolo vedere questo sentiero colorarsi di tutte queste persone. Anche le capre, laggiù in basso, ci guardano sbalordite. Tutta questa gente forse non l’avevano mai vista. Non ho notizie certe ma forse è la prima volta che un gruppo cosi numeroso percorre questo sentiero. Ad un tratto sentiamo un boato e assistiamo ad una frana in diretta sul versante opposto al nostro. Forse la natura ci vuole comunicare qualcosa? Forse vuole ricordarci che qua noi siamo ospiti? Forse è un segnale che significa: rispettate questi luoghi! Ed è proprio questo che facciamo. Percorriamo tutta la via in perfetta armonia con ciò che ci circonda, nutrendoci di meraviglia e bellezza. Rubiamo solo immagini, vedute e sogni. Portiamo via con noi solo emozioni indimenticabili e momenti che rimarranno impressi nella nostra mente per parecchio tempo. In men che non si dica arriviamo alla fine della Cengia. Il gruppo è stato fantastico, omogeneo, anche chi veniva per la prima volta non ha avuto nessuna difficoltà. Bravissimi tutti. Attrezziamo l’uscita e con l’aiuto dei ragazzi del Soccorso in poco tempo tutti sono su, al Belvedere di Santa Venere. L’adrenalina scende cosi come svaniscono le mie ansie, le mie paure. Quando si guida un’escursione del genere senti tutta la responsabilità e oggi, considerato il gruppo cosi numeroso, questa si avvertiva parecchio. Dopo i numerosi scatti fotografici e la consueta foto di rito, ci trasferiamo tutti all’area picnic dove dai bagagliai delle auto esce fuori di tutto…ma questa è un’altra storia!!

7 maggio 2017: Dal Timpone Camagna alla Forra di Boccademone di Mimmo Pace

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Se una giornata da trascorrere assieme ai simpatici amici della Sezione di Verbicaro e della nostra Sottosezione di Cerchiara di Calabria costituisce per noi un gran piacere, il diletto si raddoppia, se i luoghi da esplorare in loro compagnia sono le verdi, fiabesche montagne dell’Orsomarso. L’obiettivo stavolta è duplice: il Timpone Camagna, proteso sull’alto corso dell’Argentino e i Dirupi di Boccademone, che incombono sull’alta valle del Fiume Abatemarco… due superbi spettacoli naturali assolutamente da non perdersi. Dobbiamo però fare i conti con un nebbione fitto, avvolgente, che ci accompagnerà per l’intero iter, negando ai nostri occhi la fruizione delle tante meraviglie naturalistiche, che questo misterioso lembo d’Orsomarso racchiude. Percorso in fuoristrada un lungo tratto dell’accidentata pista forestale, approdiamo in un pianoro pittoresco, impreziosito da un’edicola votiva e da un minuscolo rifugio. Finalmente i motori tacciono e dopo aver gustato il dolce favo di miele offertoci dal simpatico zio Felice, il vero conduttore della sortita, l’allegra comitiva, nonostante la nebbia, può iniziare la marcia lungo la folta faggeta. Man mano che il bel sentiero s’inoltra nel cupo verde, l’ambiente diviene solenne. La quiete senza fine del luogo è compromessa dal nostro vociare e per un attimo temo si stia usando violenza a quell’ambiente così intatto, ma poi mi ricredo: in fondo, la nostra massiccia presenza lì, è pur sempre una testimonianza di amore e di tutela! Inaspettatamente, il paesaggio diviene bucolico: vecchi coltivi abbandonati, un’erbosa aia, qualche ricovero diruto, testimoni dell’antica operosità ormai tramontata per sempre. La boscaglia si dirada e appare il luminoso pianoro di Timpone Garrola. Ne percorriamo il ciglione, inerpicandoci poi sul dirupante, contiguo Timpone Camagna. Nella nebbia fitta, vana la ricerca di un minuscolo belvedere a strapiombo, che avrebbe offerto ai nostri occhi, in una visione mozzafiato, il medio ed alto corso del Fiume Argentino, in un trionfo di verde e incastonato nella magnifica cornice del Palanuda, peccato! Occorre però rassegnarsi e proseguire, tra mille ghirigori e saliscendi, nel lungo iter ad anello che zio Felice s’è prefisso di farci percorrere, con la speranza che il nebbione diradi almeno un pò, per consentirci di ammirare i Dirupi di Boccademone: una forra profonda e inviolabile, originata da macigni ciclopici distaccatisi nella notte dei tempi dai fianchi della montagna, sulle cui ripidissime falesie restano abbarbicati stupendi esemplari di giovani loricati. Nulla da fare, purtroppo! Eppure, nei pressi, si cela un altro prodigio della Natura: un nudo, solitario, vertiginoso picco, incredibilmente adorno di loricati, che fa capolino tra faggi e aceri giganteschi. Da lassù, la vista è sublime. Dal cupo verde dei suoi ripidissimi fianchi, emerge la granitica vetta del Pellegrino, mentre ai nostri piedi, in una visione aerea, l’Abatemarco e la sua profonda, lussureggiante valle, sovrastata dalla conica, dirupante vetta del Trincello, su cui sorgeva un “kastron” medievale (una vedetta/presidio per la costa e l’entroterra). L’occhio può, da lassù, correre davvero lontano, tra l’azzurro del Tirreno e l’immensa distesa verde, che riveste i Monti d’Orsomarso, il “polmone verde” del Parco Nazionale del Pollino. Tutto quel che posso fare, è proporVi alcune immagini, che testimoniano la mia descrizione, con l’auspicio di poter scoprire insieme quei luoghi fiabeschi, in una prossima sortita! Ecco ora aprirsi le verdi praterie di Valle La Sepa; ne risaliamo il dolce pendio, accampandoci accanto ad un minuscolo bivacco e, finalmente, può spuntare fuori dagli zaini, un coacervo a cielo aperto di sapori calabresi intensi ed esclusivi, un grande appetito, tante chiacchiere e finanche una tarantella! Sulla via del ritorno, inaspettatamente nei pressi di una fontana abbeveratoio, alcune famigliole di sgargianti salamandrine pezzate allietano la nostra vista, inducendoci curiosità e tenerezza! In breve siamo alle auto e subito dopo, sulle rive di un placido laghetto, ci salutiamo; ben lieti di aver potuto stringere nuovi rapporti amicali e rinfocolato vecchie amicizie.

23 aprile 2017: Madonna del Riposo di Mimmo Filomia

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Senza dubbio la tradizionale “Pasquetta dei castrovillaresi” alla Madonna del Riposo, inserita nell’escursione di Monte Sant’Angelo dal CAI di Castrovillari, ormai, è un evento consolidato ed atteso. Lo dimostra la partecipazione sentita ed entusiasta di centinaia di persone, devoti e sportivi affezionati al luogo, tanto caro e frequentato dai castrovillaresi sin dall’ anno della costruzione della Cappella (1836), per atto votivo del benefattore Andrea Bellusci. Il progetto perseguito dal Club alpino italiano di Castrovillari, inteso al recupero di siti dimenticati montani di valenza ambientale, storico, religioso culturale, ha dato i suoi frutti, grazie all’abnegazione dei soci ciascuno per le sue capacità, messe in pratica. Il sentiero Turistico Culturale censito nel catasto CAI con il n° 989 di cui si è dotato la città di Castrovillari giunge in vetta al Monte Sant’Angelo (974 m). Lungo circa 3km parte da Piazza Giovanni XXIII° e rappresenta un valido strumento messo a disposizione, in sicurezza e visibilità dal CAI per tutti coloro intendono muoversi all’aria aperta per passeggiate e trekking, alla ricerca di punti panoramici. All’escursione odierna, ha preso parte un centinaio di escursionisti pellegrini e devoti della Madonna. Per alcuni di loro è bastato giungere, come ogni anno, con sacrifici, spronando ad ogni passo l’autostima. Per altri è bastato scrollarsi di dosso la pigrizia motoria, per giungere nella chiesa ottagonale, per far riecheggiare la recita del Santo Rosario, dalle bianche parete interne tinteggiate. Altri, dopo la visita alla chiesa, con il Signor Sindaco della città e consorte, graditi ospiti, hanno proseguito per la cima di Monte Sant’Angelo. Qui, accanto alle parabole telefoniche desuete, ci accoglie una piacevole consolle, incastonata nella roccia, a mò di leggìo, sulla quale un pannello, illustra il panorama realmente visibile dei monti, quotati, del Parco nazionale del Pollino con al centro Serra del Dolcedorme, lato Sud. Per il Sindaco Mimmo Lo Polito, è motivo di orgoglio e vanto dell’ amministrazione di Castrovillari l’essersi affidati al CAI, per la sentieristica. Per Mimmo Pace, autore della foto panoramica e il presidente del CAI, Carla Primavera, iniziative come questa sono uniche nella zona e vanno promosse. Le codifiche TAG QR poste su tutto il tracciato, sono un valore aggiunto e rendono il sentiero intelligente e interattivo. Ritornando alla Cappella, pur nella sua povertà strutturale, ora, ha un aspetto decoroso. L’altare con i paramenti semplici e l’immagine in alto della Madonna, nella sua dimora, dovrebbero essere di monito alla preghiera e indirizzare a porre, la propria firma di presenza e le riflessioni che il luogo suggerisce, nelle pagine del libro lasciato a disposizione, sull'altare. L’esile cancelletto posto a guardia dell’ingresso della Cappella serve solo a non fare entrare cattive intenzioni! Quest’anno abbiamo curato le infrastrutture, per rendere sempre più attraente e facile la presenza delle persone in montagna, perché il nostro sodalizio promuove e educa alla sua frequentazione. La parte profana, che si accompagna sempre a un evento religioso rupestre, quest’anno, ha avuto un crescendo di leccornie. Ottimo vino, salsicce e soppressate varie, pancetta e guanciale abbinate a fave, cipolline, frittate varie, fagiolini, funghi, peperoni cruschi, formaggi vari, “sardicedde”, olive, jallatina, cinghiale…frutta. Torte rotonde e quadrate di vario sapore, colore e sostanza, liquore, caffè… Basta non ricordo più altro! Ma questa è la pasquetta di castruveddari!

26 marzo 2017: Timpa La Falconara di Mimmo Filomia

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Chissà! Questa volta a essere felice è stata anche la montagna a contenere sul groppone tanta gente entusiasta di vivere una giornata in natura. Specialmente su questi prati dal puro richiamo della savana, lasciati solitari dall’uomo, per altre economie, o sul crestone roccioso, dove aleggiano i rapaci indisturbati. È stata una vera festa della montagna cui hanno partecipato poco meno di 100 escursionisti nelle vesti di improvvisati aquilotti che tra la cima Nord e quella Sud, più alta, hanno sgranato gli occhi nell’ osservare la bellezza selvaggia dei luoghi. La Falconara è una bancata rocciosa, in fase distensiva, prodotta dalla faglia di S. Lorenzo, che a ritmi lentissimi (1 cm all’anno) vaga da circa 5 milioni di anni, distanziandosi da Serra Delle Ciavole. Emerge dai fondali molli e franosi della fossa tettonica generatasi tra Serra delle Ciavole e la vicina Timpa di S. Lorenzo. Per i geologi, Timpa La Falconara è la cattedrale costruita dalle forze della natura che hanno modellato la primordiale crosta terrestre. Su di essa sono visibili i segni di sollevamento dal mare e le successive fasi distensive di trazione compressione e torsione. Oggi, però, siamo venuti in veste di escursionisti che vogliono rinsaldare il vincolo di amicizia condividendo la montagna, sullo stesso sentiero che ci unisce in cima per amore dell’ambiente, stima, simpatia e collaborazione. La strada di avvicinamento al sentiero parte da S. Lorenzo Bellizzi, dove giungiamo tutti in ritardo giustificato, per via dell’ora legale. La dinamica dell’escursione, ad anello, si è svolta in circa quattro ore, con partenza e ritorno da Colle di Conca (1300m). Sistemate le macchine, iniziamo il percorso sotto la fiancata della parete Sud, osservando fiduciosi nell’impresa, con il naso all’insù, il crestone frastagliato che ci sovrasta. Sulla destra, sormontiamo da un conoide detritico, da dove giungiamo sul prato, che attraversiamo, fino al passo di risalita della Falconara, in prossimità della cima Nord. Il lungo serpentone colorato, si contorce, ma elastico, giunge compatto sulla prima cima. D’ora in poi, sono incontenibili gli “scatti” e i “selfie”, cosi come gli escursionisti, che mettono le ali per giungere incuriositi sull’altra cima; le loro giacche a vento rendono multicolore il crestone, nel rispetto della quiete, che il luogo richiede. Dalla cima il punto di osservazione è ideale per focalizzare, ancora innevata, la Serra Dolcedorme, Serra delle Ciavole che nasconde il Pollino, Grande Porta, Serra Crispo, Timpa di Pietrasasso, Terranova Del Pollino, il fiume Sarmento, Lo Sparviere, il Mare Jonio, il Sellaro, Timpa di S. Lorenzo; la Valle del Raganello con la Fagosa, chiude la visuale, ad angolo destrogiro. Dopo la conviviale pausa pranzo, progrediamo a discendere dal crestone Est, a volo di uccello; è stata la parte più impegnativa. Per certi aspetti, anche la più divertente, con passaggi sicuri e aggiri su rocce. Una prova di discesa, che è servita a rafforzare, alla fine, definitivamente l’autostima dell’escursionista, che confida nelle proprie forze, che spesso sono nascoste dalla pigrizia. Ci salutiamo tutti a S. Lorenzo Bellizzi, dopo avere ammirato il borgo con i suoi Murales e non prima di avere gustato i “mustacciuoli” di Catanzaro, le torte di Rossano e i salati di Castrovillari. Ancora, buona montagna a tutti!

12 marzo 2017: Grotta della Monaca di Sant'Agata d'Esaro di Francesco Sallorenzo

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Ancora una volta si rinnova la collaborazione tra il CAI di Castrovillari e il Gruppo Archeologico del Pollino, così come avviene sin dalla nascita della sezione CAI (1999). Per il Gruppo Archeologico del Pollino il 2017 rappresenta il 35° anno di attività e la proposta di oggi 12 marzo 2017, inserita nel ricco programma, coinvolge le due associazioni e prevede l’escursione turistico-archeologica nella “Grotta della Monaca”, uno dei siti minerari preistorici più antichi e meglio conservati d’Europa e che, dopo vari anni di ricerche e studio, dal maggio 2016 è anche aperto al pubblico. Il ritrovo, al solito “semicerchio”, vede la partecipazione dei soci castrovillaresi di ambedue le associazioni nonché quella degli amici di San Marco Argentano, Spezzano Albanese, Laino e quella di tre soci del Gruppo Archeologico “Paolo Orsi” di Soverato. Il programma prevede una puntatina a Sant’Agata d’Esaro, uno dei comuni più a Sud del Parco Nazionale del Pollino. L’accoglienza e una prima introduzione alla Grotta viene fatta nel Centro Visita, ricco di pannelli, foto e ricostruzioni varie relative alle attività legate alla vita ultramillenaria della Grotta. Veniamo accolti dalla Dott.ssa Antonella Laino, responsabile del laboratorio archeologico, membro del Centro Regionale di Speleologia “Enzo dei Medici”. Al Centro, sotto l’egida del direttore scientifico, il Dott. Felice La Rocca, è affidata la gestione scientifica del sito sotterraneo, non disgiunta dalla sua tutela, valorizzazione e fruizione pubblica con modalità ecocompatibili. Seguono le gigantografie e l’illustrazione della storia della cavità, che nasce essenzialmente per l’estrazione di minerali, vera e propria miniera preistorica. La “Monaca” non è altro che una “concrezione di calcite” che, leggermente ritoccata assume le sembianze di un viso, da cui trae origine il nome alla della cavità, in quanto, secondo la fantasia popolare, sembrerebbe quello di una monaca e che oggi risulterà tra i soggetti maggiormente fotografati. Dopo l’interessante introduzione, il gruppo si divide in due: uno farà il primo turno di visita e l’altro procederà alla visita del centro storico di Sant’Agata d’Esaro. Dal Centro Visite, ci si sposta in pochi minuti al parcheggio davanti l’ingresso della Grotta (siamo a circa 600 m s.l.m.) e, dopo aver percorso il sentiero panoramico che si affaccia sulla Valle dell’Esaro e che spazia dal paese di Sant’Agata fino alle ultime montagne dell’Orsomarso – Cozzo del Pellegrino, La Castelluccia, Monte Cannitello e Monte La Caccia, arriviamo all’ingresso della cavità, in verità molto ampio e posto su un punto altrettanto panoramico. Quì le guide speleo-archeologiche, Davide e Carmine, ci consegnano i caschi con luce frontale, necessari per la visita che prevede l’accesso alla “pregrotta”, illuminata da luce naturale, e alla “Sala dei pipistrelli” completamente al buio e dove, pertanto, utilizziamo le lampade frontali. La visita, seppur turistica, diventa quasi speleologica per il passaggio leggermente impegnativo al “Diaframma”, il cui nome spiega molto bene la separazione dei due ambienti. Il passaggio all’ambiente più grande, ovvero alla “Sala dei Pipistrelli” (per la presenza di un grande numero di chirotteri), è reso subito affascinante dalla presenza del viso e dell’intera forma della “Monaca”. Tutta la cavità è ancora ricca di vari minerali, quali la “goethite” (idrossido di ferro), il minerale più abbondante, mineralizzazioni di rame dal colore verde e blu, malachite. La descrizione - da parte delle instancabili speleo-guide - della storia e delle varie fasi di frequentazione umana, con l’osservazione degli “attrezzi” di scavo, quali un palco di cervo, scapola di grossi mammiferi e di una mazzuola ben ricostruita dagli archeologi, rendono la visita interessantissima e soddisfacente da ogni punto di vista. La presenza dei pipistrelli, mai spaventati dai “visitatori occasionali”, rende il nostro percorso ancora più emozionante. Il ritorno alla luce e lo scambio di battute con il secondo gruppo, con relativa foto di gruppo delle due rispettive associazioni alla presenza del Presidente del CAI, Carla Primavera e del Direttore del Gruppo Archeologico, Claudio Zicari, completano la prima parte della giornata . Il momento conviviale, all’area attrezzata lungo il sentiero che conduce alla grotta, con la sorpresa, gradita da tutti i presenti, dei peperoni cruschi (per la cronaca cucinati da Carla Primavera), di buon vino, salsiccia e soppressata stagionata, unita alla frutta e alla simpatia, rendono allegra e ancor più gradita la bella giornata! Il ritrovo di tutti intorno al buon caffè bevuto nel centro di Sant’Agata, chiude la splendida giornata e, se mai ve ne fosse bisogno, ricorda che le collaborazioni ormai consolidate, danno risultati oltre ogni aspettativa.

19 febbraio 2017: Il Dolcedorme per il canalone di Scilla e Cariddi di Francesco Pugliese

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Sono quasi le sette del mattino, sulla cupa Valle Piana, puntuali come un antico orologio a molla, in silenzio e mezzi assonnati, apparendo dalla fitta nebbia, gli uomini del CAI si radunano… Dopo i saluti, le presentazioni di rito e la preparazione dell'attrezzatura, dubbiosi scrutiamo e ci incamminiamo a testa china percorrendo il sentiero 921. Siamo tutti pensierosi perché a venirci incontro, quasi come un beffardo segno di sfida è una fitta nebbia che alla cadenza dei nostri passi ci appare sempre più minacciosa, quasi un ammonimento preannunciatoci dai terribili “mostri di Scilla e Cariddi”, irremovibili messaggeri della montagna, posti a ribadire ancora una volta che l'ascesa sarà difficile e nulla ci sarà regalato come nulla ci era stato regalato nell'ascesa della via Luzzo di due settimane prima. Il gruppo è coeso, determinato e silenzioso, ma senza farsi intimorire, procede a ritmo costante e senza pause fino "all'Intagliata". Qui prima di abbandonare il sentiero principale che porta sul Monte Pollino, ci fermiamo affinché possa descrivere ai miei compagni le caratteristiche e le difficoltà del percorso che da lì a poco andremo a intraprendere. Un via che conosco bene e che qualche giorno prima avevo percorso, per saggiare la consistenza della neve e verificare le condizioni delle insidiose slavine che di anno in anno mutano lo scenario e il volto di questa montagna. Il Canale che attraversa “Scilla e Cariddi” è sul versante sud del Dolcedorme e inizia a ben delinearsi dai 1370 m. in su… e come un enorme serpente si distende ininterrotto fin quasi sotto la vetta del Tetto del Parco Nazionale del Pollino, attraversandone il cuore pulsante!. E’ qui che gli alpinisti più bravi del Sud vengono ad allenarsi e a prepararsi per scalare le eccelse vette alpine e noi del CAI di Castrovillari, come da tradizione, non manchiamo mai agli appuntamenti che il nostro Programma propone. Insieme ai miei 14 compagni provenienti da varie parti del sud, di cui due donne ed il simpaticissimo Stephan, giovanottone di origine austro-canadese, iniziamo la marcia e in men che non si dica raggiungiamo, a quota 1650 circa, gli spettacolari guardiani di Scilla e Cariddi, dove ci attende un canale di neve poco consistente che ci fa sprofondare fino alle ginocchia e una nebbia fittissima che a malapena ci fa distinguere il compagno vicino. Quasi come nella mitica leggenda i guardiani mostrano i loro artigli e ci intimidiscono ammonendoci sui pericoli a cui andremo incontro. Superato il canalino irto e insidioso, di fronte a noi non resta altro che l’interminabile ripido canale, che affrontiamo conficcando con decisione i puntali dei ramponi nella neve ora dura e compatta, sostenuti dalle fide piccozze. A tappe ben calcolate, ogni tanto si sosta per riprendere fiato e forze, in vista del tratto terminale dell'ascensione che, dalla mitica Gola del Turbine, si concluderà sulla vetta, accompagnati sempre da una sinistra fitta nebbia ammonitrice che ci occulta le bellezze e la maestosità di quella che il mio amico Filippo indica come la ”Città di Pietra”. Inutile nascondercelo, le difficoltà passo dopo passo si avvertono sempre di più, il respiro si fa sempre più affannoso e non si riesce a percorrere che pochi metri alla volta prima di fermarci a riprendere fiato. La pressione psicologica è aggravata da questa ingannevole nebbia, che ci impedisce di scorgere il minimo punto di riferimento e che, insediandosi nella senno, inizia come un tarlo a mettere in dubbio l'opportunità di salire a tutti i costi su in vetta. Con noi nel gruppo, c’è il veterano quasi ottantenne Mimmo Pace che non molla un metro!! La sola sua presenza dissolve ogni nostro dubbio, ogni incertezza!! I giovani, che lo stimano e lo apprezzano, lo prendono ad esempio e stimolati dalla sua vitalità, in silenzio, riprendono tutti ordinatamente la marcia. Oltre quota 2000, finalmente, le nubi d’improvviso si dissolvono per breve arco di tempo… la montagna ci apre le sue braccia, mostrandoci l'incanto della “Città di Pietra” in uno scintillio di luci, i cui colori predominanti sono il blu cobalto del cielo, il verde dei Loricati, il grigio della roccia, il bianco candido delle nevi. Anche la tensione nei nostri volti si dirada, la Gola del Turbine incomincia a intravedersi, i nostri volti scaldati dal sole , sorridono e basta ciò che si offre ai nostri occhi a ripagarci degli sforzi profusi. Improvvisamente però, la montagna beffarda richiude le porte della luce e di nuovo il cielo si rabbuia, ricordandoci che, seppur la vetta sia vicina, dobbiamo ancora tutti insieme soffrire. La parte più difficile è sotto i nostri piedi: siamo nel bel mezzo della Gola del Turbine e la pendenza si accentua notevolmente; la neve è ora di nuovo soffice e sappiamo che sotto di essa vi sono dei vecchi tronchi di alberi che creano delle voragini dove, complice il peso degli zaini, è rischioso avvicinarsi senza sprofondare. Ormai è quasi fatta e in breve siamo in cresta. Brancolando nel tetro “buio” nebbioso, a stento, riusciamo a individuare la vetta, sulla quale tutti insieme, dopo un urlo liberatorio, in posa nella rituale foto di gruppo, festeggiamo il più longevo degli alpinisti della Città del Pollino, al grido di: Per Mimmo Pace Hip hip hurra! Hip hip hurra! Hip hip hurra!

5 febbraio 2017: Via Luzzo di Franco Formoso

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Sembra che quest’anno qualcuno lassù si diverta a fare in modo che alle nostre uscite CAI il tempo debba essere inclemente! Anzi direi decisamente brutto. Era previsto di nuovo il Canalone NO della Montea ma la troppa neve caduta e quella che è stata spinta dal vento nei canali ha reso impossibile per l’ennesima volta risalire il canalone. Infatti dopo un’attenta valutazione io e Massimo, constatando che il rischio di una slavina, a causa delle temperature elevate di questi giorni, era alta, decidiamo di rinunciare a questo sito. Non che da altre parti la situazione sia migliore. Alla fine optiamo per il canale della “Via Luzzo” nel versante sud del Dolcedorme. Là almeno il canale ha scaricato e c’è la possibilità di trovarlo più o meno buono. Mal che va almeno con corriamo rischi. La mattina all’appello siamo in 11, un bel gruppo omogeneo e compatto. Amici dalla Puglia, da Cosenza, da Reggio Calabria oltre a noi del CAI Castrovillari. Nonostante le previsioni meteo non siano ottimali, hanno voluto partecipare a questa uscita. Abbiamo anche due quote rosa: la nostra tostissima Presidente e l’altrettanto tosta Mariella che si è fatta una bella alzataccia per arrivare qua all’orario previsto. Sono lo spirito montanaro, la passione, la voglia di mettersi in gioco, che spinge gente come noi ad affrontare centinaia di chilometri e con condizioni del tempo quanto meno critiche, per partecipare a questo tipo di uscite. Le temperature purtroppo sono alte e si prevede pioggia. Partiamo verso le 8,15 da valle piana, lassù è tutto coperto ma la cosa positiva è che troveremo la quota neve alta, intorno ai 1700m. Procediamo cosi spediti ed in poco tempo raggiungiamo il canale in basso e iniziamo a risalire il sentiero che porta al “Faggio Grosso”. Nel frattempo la nebbia si abbassa sempre più e con essa si abbassano le speranze che in alto le cose migliorino. Raggiunto il punto in cui si entra nel canale calziamo i ramponi e tirate fuori le piccozze attacchiamo lo stesso. Purtroppo pur avendo scaricato, il caldo ha smollato il fondo e quindi affossiamo un bel pò, alternando punti discreti con neve dura ad altri con neve molle. Ma nonostante tutto la Via Luzzo è un gran bel canale e questa atmosfera la trasforma in uno scenario da alta montagna. Ogni tanto scaricano dei pezzi di ghiaccio per cui bisogna stare attenti, ma il gruppo rispetta le consegne e procede in modo disciplinato per cui dopo poco tempo arriviamo in cresta. Un vento fortissimo, da Sud, ci investe duramente e la visibilità è quasi nulla. Non fa freddo per cui lo zero termico è quasi ai 3000 m e questo impedisce che la pioggia si trasformi in neve, quindi oltre al vento veniamo inondati da questa pioggia fredda che in poco tempo ci inzuppa i vestiti per bene. Questa è la montagna, è una delle sue varie forme, forse una delle versioni non belle ma non una delle peggiori. Questa è una delle esperienze che bisogna vivere! Per riflettere, per provare sulla pelle certe situazioni, per crescere, per non farsi trovare impreparati. Queste esperienze servono per capire che anche qui da noi, sui 2000 m, bufere come questa possono capitare. Servono per saper valutare, considerando che se invece di temperature alte avessimo trovato temperature basse, cambiava il mondo. E in quel caso bisogna sapere come affrontarle, bisogna avere abbigliamento adeguato, bisogna capire se si è psicologicamente preparati a questo tipo di eventi. Ma se non ci si è mai trovati dentro non si riescono a capire certe cose si capiscono solo dopo averle vissute. Non si può più stare fermi qua sulla cresta, dopo un attimo di riposo ripartiamo. Insisto coi ragazzi spingendoli: dai andiamo a prenderci la vetta!!! Gli ultimi 150/200 metri sono un vero sacrificio: Il vento rischia di buttarti giù ad ogni passo. Se ti sdrai all’indietro ti sostiene e ti spinge in avanti. La visibilità è nulla. Arriviamo in vetta e capiamo che ci siamo sopra solo perche ce lo dice il GPS. Il tempo di una foto e di aspettare chi è indietro e iniziamo a scendere. Con questo vento e bagnati come siamo non possiamo più stare qua sopra. Pur con visibilità zero riusciamo ad imboccare il canale di discesa del “Faggio Grosso” e dopo non pochi sforzi, a causa della neve alta, riusciamo a raggiungere il bosco e a sottrarci alla furia del vento. Stremati ed infreddoliti ci rifocilliamo e prendiamo fiato. Riprendiamo a scendere e una volta imboccato il sentiero procediamo speditamente e nonostante la stanchezza riusciamo ad arrivare alle auto ancora con la luce del giorno. Complimenti a tutti ragazzi, oggi è stata veramente dura ma siete stati tutti bravissimi. Avete saputo lottare, avete saputo soffrire. La montagna a volte ci mostra i suoi lati difficili e duri ma è tutta esperienza che aiuta a crescere. Esperienza che forma le persone ed è fonte di sapienza per future escursioni. Giornate come oggi fungono da faro e aiutano a capire anche quando bisogna rinunciare e tornare indietro. Grazie a tutti ragazzi. Oggi per il CAI DI CASTROVILLARI è stata scritta un’altra bella pagina di alpinismo invernale.

28/29 gennaio 2017: 28/29 gennaio 2017: Gran fondo d'Aspromonte, una montagna di emozioni di Luana Macrini

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Un’altra avventura da rubricare come straordinaria! Ingredienti: Amici di ottima qualità; Ambiente naturale magico, intricato e affascinante; Periodo: quello giusto; Stato d’animo: raggiante, tripudiante, qualche volta disteso e anche un pò romantico. È stato un fine settimana davvero sorprendente alla scoperta di un ambiente unico, l’Aspromonte, completamente innevato. Ci siamo cimentati in attività outdoor su neve, ci siamo divertiti con lo spirito di ciaspolatori, ma, nello stesso tempo, da turisti curiosi, di conoscere le bellezze di questa terra seducente. La salita è stata a tratti faticosa e sembrava di non arrivare mai, ma in certi punti del sentiero si è potuto ammirare la valle sottostante, le montagne di fronte, il mare e.. la Sicilia! La natura è la cosa più bella che ci sia da ammirare. Lo sguardo si perdeva dall’ alto in basso e l’animo si riempiva di gioia per la fortuna di essere lì, per la contentezza di aver superato quella barriera mentale e fisica e poter arrivare in cima al punto ristoro, luogo di calde condivisioni e di genuina convivialità. L’aria che soffiava in questo luogo magico era tersa e respirare dava un piacere intenso. Quando ci siamo trovati immersi in un bellissimo bosco incantato tutti i sensi sono stati solleticati e cullati con immediatezza e semplicità e, quello che emerge, che brilla, è proprio lo spazio della relazione, dell’io, del tu e del noi, dell’importanza dell’essere qui, insieme! Vivere a contatto con la natura ti dà un senso ritmico veramente incredibile. La giornata, la settimana, la stagione e l’anno solare sono la rappresentazione limpida di come la vita continuamente pulsi a un ritmo preciso. Diventa chiaro che la natura segue i suoi cicli, e che anche se l’uomo si è messo di impegno per rompere gli equilibri, ascoltando con attenzione ci rendiamo conto che Gaia è troppo grande, e per quanto noi ci sforziamo, lei troverà sempre il modo di riportare l’armonia. Un ringraziamento a Demi Aspromontewild per l’ottima organizzazione dell’evento e. sicuramente grazie. agli oltre 120 partecipanti, un serpentone colorato davvero caleidoscopico!

8 gennaio 2017: Monte San Josemaria Escrivà di Carla Primavera

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Alle volte delle semplici passeggiate irrorano il nostro spirito di nuova linfa vitale. La prima giornata sulla neve del 2017 già dai giorni precedenti si era rivelata come un vero punto interrogativo per luogo e destinazione, sia per la quantità di neve che ci si aspettava sia per la solita incognita della percorribilità delle strade. Ma si è rivelata poi una splendida escursione in un posto panoramico di grande interesse paesaggistico e naturalistico. Come dice il proverbio: “alla gente allegra il ciel l’aiuta”. Diciamo la verità, alla Chiesetta del Carmine, posta al bivio per Rotonda, le nostre auto, nonostante gommate da neve, hanno dato forfait sul primo lastrone spesso di ghiaccio formatosi all’imbocco della strada che sale verso Colle del Dragone e Piano Ruggio. L’intenzione era di salire verso le Terre Alte. Ma, dopo un attimo di riflessione, non ci siamo persi d’animo! Gli organizzatori, valutata la situazione, hanno deciso di percorrere il sentiero n. 907, segnato dalla nostra sezione, che dalla chiesetta di Campotenese porta, tramite uno stradone sterrato, ricoperto di una neve ghiacciatissima, su Monte San Josemaria Escrivà. Intitolata al grande Sacerdote, canonizzato da Papa Giovanni Paolo II nel 2002 e Fondatore dell’Opus Dei, dal Comune di Mormanno che ha inteso celebrare, dedicandogli questa cima montuosa, il 60° anniversario (2008) di uno storico viaggio compiuto in auto dal Santo con don Álvaro del Portillo, in Calabria e Sicilia. Di ritorno transitò da Mormanno e sulla stregua di San Francesco, da questi ultimi monti salutò e benedì l’intera regione. Dalla sua cima si gode un paesaggio a 360 gradi sulla piana di Campotenese e sulla valle del Mercure e sulle cime che le fanno da contorno (la catena dell’Orsomarso, del Pollino, del Monte Alpi fino al Sirino e al Monte Bulgheria, Parco Nazionale del Cilento) senza trascurare l’osservazione dei due mari, il Tirreno e lo Jonio. Durante il percorso l’amico/guida Luigi ci ha fatto vivere anche un’interessante parentesi geomorfologica con l’osservazione di alcuni massi vulcanici dalla caratteristica conformazione “a cuscino” (come Timpa delle Murge). Testimonianza inequivocabile, supportata da studi effettuati in loco, che i luoghi visitati sono stati generati da una precedente azione vulcanica, presumibilmente da un vulcano sottomarino. Dopo la consueta foto di gruppo è stato raggiunto anche Monte Cerviero e il diruto e abbandonato rifugio dove abbiamo consumato un frettoloso pranzo a sacco. Le temperature, sotto lo zero da qualche giorno, ci hanno permesso di goderci, a noi montanari assetati di neve, di quella, tutto sommato non abbondantissima neve, che a queste latitudini ci è sembrata una vera manna dal cielo! Alcuni dei presenti, coraggiosi escursionisti sottozero, erano donne e uomini provenienti da altre sezioni CAI, Verbicaro, Cosenza, Pavia, e moltissimi ragazzi ancora in Calabria per le feste natalizie, altri ancora alla loro prima esperienza sulla neve. Ottimo itinerario questo, che ci ha permesso di percorrere un agevole sentiero, osservare un panorama mozzafiato tra Calabria e Lucania e una irripetibile compagnia. Dopo anni che vado in montagna ancora non riesco a spiegarmi quel senso di appagamento, di felicità, di senso di pace col mondo, che mi inebria ad ogni fine giornata trascorsa, con i miei amici e con tutto quello che ci circonda, il sole, il verde e quel senso dell’amicizia palpabile ad ogni respiro. Non finirò mai di ringraziarvi. Davvero un buon inizio. AUGURI!