Raccontatrekking 2020
1 novembre 2020: Caramolo dal “Portone” di Pasquale Aversente
Sarà stata una semplice coincidenza o chi ha stilato il calendario 2020 lo ha fatto di proposito, ma mai uscita organizzata dal CAI di Castrovillari è stata così azzeccata come questa. Sì, poiché, tra il 31 ottobre e il 1 novembre si celebra il “ Capodanno Celtico” che prende il nome di “ Samhain”, considerato una “porta” tra il mondo dei vivi e quello dei morti, il giorno più magico dell’anno, il “giorno che non esiste”. Attualmente è identificato con Halloween e nel Cristianesimo con il “giorno dei morti”. E allora Massimo, guida molto esperta, insieme a Carla, nostra amata presidente, cosa fanno? Ci guidano sul Monte Caramolo, 1827 metri, che fa parte dei monti dell’Orsomarso, porzione Sud-Orientale del Parco del Pollino, ma non dal facile sentiero 631 che parte dal Piano di Novacco, ma bensì mediante un percorso ormai praticamente scomparso che percorre un lungo vallone che da San Marco di Saracena (939m) attraverso la valle del Garga, guadagna la cresta Sud del Caramolo attraverso quello che Franco Senatore per primo ha definito come “U purtunu”. E proprio nel briefing iniziale ci onoriamo di ricordare ai presenti la figura di Franco. Uomo di grande cultura e sapere, scomparso prematuramente, Preside della Scuola Media di Saracena, un grande amico, escursionista e alpinista appassionato di montagna, soprattutto della sua montagna e da ricordare tra i grandi Pionieri del Pollino. Si parte subito con un bellissimo bosco misto di cerri, aceri e carpini. Durante il tragitto troviamo tracce fresche di capriolo autoctono. Il canalone risale il versante Est della montagna, ed è da qui che si arriva al “Portone”. Un passaggio magico e segreto che ci lascia tutti senza parole, per la sua bellezza oltre che per la sua difficoltà. Definito dalle ripide pareti de La Picarella e da Colle del Lupo, un vero e proprio canyon con rupi alte centinaia di metri, come un grosso covo di streghe. Dopo il portone, il bosco cambia aspetto. Ci troviamo di fronte ad una vetusta faggeta, caratterizzata da faggi imponenti e di straordinaria bellezza. Qui deviamo sulla sinistra, in località “Cateratte” dove incontriamo due splendidi monoliti rocciosi, imponenti e superbi, nascosti tra la fitta vegetazione. Da qui raggiungiamo la radura in corrispondenza di una selletta senza nome sul crinale meridionale del Caramolo che dopo circa 4 ore di dura salita, conquistiamo. Sulla vetta, meravigliosa terrazza sui due mari, si gode un meraviglioso panorama a 360°, grazie anche alla bella giornata. Qui una piacevolissima sorpresa, incontriamo i fratelli Luca e Paolo di Cerchiara con le rispettive famiglie. Quale occasione migliore per una condivisa pausa pranzo. Ma bisogna fare presto, le giornate si accorciano sempre più e si va via. Per la discesa ci ributtiamo nel vallone dell’andata, scendendo in libera, il ripido pendio laterale. Attraversiamo il “Portone”, ripercorrendo a ritroso il percorso di salita. Un pensiero fugace va a quanti boscaioli, pastori, carbonai e semplici contadini erranti sono passati da qui. Volti segnati dalla fatica e dalla miseria. La spessa lettiera di foglie ci accompagna lungo tutto il percorso a valle che dopo circa 12 km e un dislivello totale di 952 metri si conclude con una rinfrescante birra, nel bar del centro di Saracena, una giornata magica. I partecipanti, ringraziano gli organizzatori in attesa di un probabile prossimo lockdown. Sic!
25 ottobre 2020: Colle Dell’Impiso - Monte Pollino di Mimmo Filomia
Con poche proverbiali parole “chi la dura la vince” e poi, “escursione bagnata escursione fortunata”, ma soprattutto con determinazione, ci troviamo all’appuntamento previsto con gli amici, a Colle Impiso (Viggianello). Diciamo che oggi abbiamo piegato il meteo a nostro favore, non si può fare, ma visto che l’allerta era tinto a colori tenui, ci siamo messi in gioco da buoni audaci. Da subito, sentiamo la voglia di muoverci, causa un pungente fresco autunnale. L’autunno richiama alla mente il foliage, in altre parole la festa delle foglie, che prima di cadere, nel corso finale della loro fotosintesi, fanno a gara tra le famiglie arboree a mostrare i colori più vistosi e caldi. Le montagne si vestono di policromie a macchia di leopardo, lo abbiamo vissuto lungo il sentiero di oggi, che da Colle Impiso attraverso il Colle di Gaudolino ci ha permesso di raggiungere la vetta dell’omonimo Parco del Pollino. Per la cronaca, al briefing sono state impartite le solite raccomandazioni per il CORONAVIRUS: dichiarazione, mascherina, gel e distanziamento. In diciotto, compreso il piccolo Giovanni, di solo due anni, il papà se lo porterà in groppa sul sellino, ci avviamo avvolti nella nebbia. Il Piano di Vacquarro ci accoglie con un pallido sole, per avvertirci che, in via del tutto eccezionale, ci seguirà sia pur da lontano, fra le nubi. Proseguiamo spediti verso la sorgente “Spezzavummula” per lo spuntino e dissetarci da quel poco che ci offre la fonte, ridotta ai minimi storici. A Colle Gaudolino il clima è prettamente autunnale, si ode qualche campanaccio, segno che gli animali al pascolo sono al riparo più in basso. Il bosco della Nord-Ovest di Pollino, come quello a Sud-Est di Serra del Prete, ondeggia per il vento, che inizia a fare la selezione fogliare, mostrando la loro livrea multicolore. L’ambiente e il tempo ci spronano a proseguire alla ricerca di nuovi panorami. L’argentato Pino Loricato contorto è il nostro segnavia naturale, sembra accoglierci a braccia aperte e regalarci visuali emozionanti. Da qui, con un balzello svoltiamo a sinistra per intraprendere il lungo traverso roccioso che ci porterà prima sull’anticima e poi presso il cippo trigonometrico della vetta. Riscontriamo con piacere, come per il sentiero del Dolcedorme di qualche settimana fa, che laddove il sentiero è segnalato con il segnavia biancorosso, lo stesso resta battuto vistosamente, evitando fuori pista inutili. Aggiungo che il Covid19, ancora in corso, ha contribuito a spalmare sul territorio un flusso di turisti di prossimità e non solo. Oggi pensavamo di essere i soli a sfidare il meteo avverso, invece, oltre agli amici di Corigliano/Rossano, Cosenza, Cerchiara e Taranto, abbiamo dato il passo sul sentiero a diversi altri escursionisti. Ah! Dimenticavo! In cima poi, si è fatto vivo il sole che ci ha graziato per la foto di gruppo. Bravi tutti, grazie per la riuscita di questa bella escursione a colori.
18 ottobre 2020: Pietrapaola, trekking urbano di Pino Salerno
Un’escursione che non possiamo catalogare in un modo specifico avendo assolto i canoni escursionistici, turistici, culturali, archeologici, storici e gastronomici. Un gruppo composto di soci della Sezione di Castrovillari, del Gruppo CAI Club Trekking Corigliano/Rossano, della Sottosezione di Cerchiara di Calabria e della Sezione di Catanzaro alla scoperta di Pietrapaola, un piccolo paese che spazia però dal mare alla Sila Greca e che si erge su una collina ai cui lati scorrono due torrenti in altrettante gole profonde, le case sono situate sotto una grande Rupe denominata “Timpa del Castello”. Prima tappa al Sito Fortificato Italico comunemente detto “Muraglie diAnnibale”. Un circuito difensivo Brettio risalente al IV e III secolo A.C. costruito con blocchi di pietre locali non squadrati che, in alcuni tratti, raggiungono i tre metri di altezza. L’escursione inizia prendendo un’antica mulattiera (‘a via e Gardu), che percorrevano i contadini del borgo per recarsi alle campagne situate dall’altra parte del fiume. Questo sentiero attraversa le gole e s’inerpica con un semplice zigzagare verso il paese attraverso una fitta vegetazione con prevalenza di lecci e macchia mediterranea, attraversando piccoli corsi d’acqua. Procedendo è facile scorgere nella vegetazione segnali di passaggio della selvaggina locale, volpi, cinghiali, lepri ecc. Giunti in paese ci siamo recati alla sorgente “Frischia” per riposarci e rifocillarci, da qui ha avuto inizio il classico trekking urbano per le “vinelle” del centro abitato. Abbiamo visitato la Chiesa, l’arco denominato “del Cimitero”, costeggiato la Rupe Castello e Via Montanari per giungere alla parte superiore del paese con la caratteristica Piazza Dema. Qui ho fatto notare, visitando dall’esterno la mia casa paterna, una piccola “chicca”, un chiavistello a combinazione, “mascatura”, costruito artigianalmente da mio nonno nel 1912 circa. Nel completare il periplo della Rupe abbiamo costeggiato un insediamento massiccio di grotte ad architettura rupestre di tipo eremitico realizzato dai pazienti monaci calabro/greci, cosiddetti “Basiliani”, grotte scavate nelle zone arenarie e tufacee, usate fino al secolo scorso come ricovero per maiali e da qui il nome “Porcopoli”. Molto gradita è stata la visita al piccolo museo allestito in un antico frantoio, “Trappito”, che ospita, tra le altre cose, una raccolta di foto, fatti e testimonianze dei caduti locali nella Grande Guerra 15/18. Il museo è gestito dall’Associazione “Ricchizza” che ha anche provveduto alla manutenzione dei sentieri. Arrivati a Piazza Rio, nel rispetto delle norme ANTICOVID, abbiamo consumato l’aperitivo con molti stuzzichini locali offerti dal Vicesindaco Giuseppe Longo, a seguire un gustoso pranzo preparato dalla famiglia Gentile/Amodeo. Emozionante e piacevole è stata l’inaspettata visita di Franco Pugliese, accompagnato dal figlio con il tamburello, che ci hanno deliziato con canzoni folkloristiche. Dopo il pranzo saluti e scambio di doni tra la Presidente Carla Primavera e il Sindaco Pietro Nigro con la reciproca promessa di continuare anche negli anni a venire questa bella collaborazione con il Comune di Pietrapaola. Sulla via del ritorno non può mancare la visita alla “Grotta del Principe” situata a circa 40/50 metridalla sede stradale attraverso una scalinata scolpita nella pietra arenaria.
13 settembre 2020: Serra Dolcedorme di Mimmo Filomia
Domenica sostituzione libro di vetta con CAI Castrovillari e Gruppo CAI Trekking Corigliano/Rossano. Scende a valle nell’archivio della Sezione CAI Castrovillari, il libro di vetta collocato in cima al Dolcedorme (2267 m) già nel 2002. Il consuntivo, del sesto aggiornamento, registra, nelle espressioni a caldo, una crescente sensibilità e cultura per esternare l’amore per la montagna. Il numero dei pensieri, che spesso debordano dalle pagine del libro, danno l’idea, di un incremento temporale di presenze sul tetto di questa carismatica vetta calabrese del Parco del Pollino. E dire che all’inizio, per rendere concreta l’idea della posa del libro, si è dovuto lottare contro lo scetticismo e divieto inconsulto e forzato di alcuni! Oggi, apporre la propria firma sul libro di vetta, sostituisce il sempre valido gesto votivo, di aggiungere un sasso sull’omino di pietra. VERBA VOLANT, SCRIPTA MANENT. L’intervento necessario ma casuale nel tempo per la sostituzione del libro di solito si fa con i noti pochi intimi della sezione, che si caricano oltre che della buona volontà, anche dell’attrezzatura necessaria. Quest’anno per rinsaldare i vincoli di appartenenza e socialità, oscurata solo fisicamente dal Covid19, abbiamo fatto coincidere la nostra performance con gli amici di Corigliano/Rossano, sempre desiderosi di osservare la loro marina da quassù. Ci ritroviamo tutti puntuali al neo parcheggio di Colle Impiso, per la verità un po’ striminzito, ma necessaria la regolamentazione che speriamo preveda un’area di sosta più ampia nella stessa zona. Dopo i saluti affettuosi mascherati, ma con espressioni entusiaste, al briefing ci organizziamo per procedere in due gruppi distanziati sul sentiero. A piano Vacquarro prima e inizio sentiero per Colle Malevento dopo, ci ricompattiamo tutti e ventisette escursionisti, sfruttando la pausa per ritemprarci tra uno scambio di opinioni e un selfie. Nella progressione, la salita fa la selezione, per alcuni si avverte nelle gambe, altri approfittano per fare una scorpacciata di foto panoramiche irripetibili per angolazione sulle vette di Pollino, Serra Crispo, Serra delle Ciavole. Che importa attardarsi! Tanto gli apri pista sul Colle di Malevento, ci attenderanno! E’ una tipica giornata settembrina, però, il suolo è asciutto e polveroso a causa di questa incipiente estate che, quassù, non ha consentito la normale infiorescenza. Buco dell’ozono, effetto serra, inutile citarli! Ci resta ancora il cielo, che oggi è abbastanza movimentato dalle nubi: nembi e cumoli bianchi in alto e nubi vaporose, avvolgenti, che risalgono dal basso di Timpa Vallepiana, con effetto sipario sul Dolcedorme. Qui le mucche nell’ora di siesta distese di traverso sul sentiero, sembrano ammonire: da qui non si passa! Se il loro corpo resta lì, l’istinto chissà dove, per non curarsi di noi. Questo sentiero, come altri di particolare valenza, quest’anno mostra i segni marcati di una forte frequentazione; segnale che la scadenza del look down per pandemia, dopo avere aperto la porta alla libera circolazione ha fatto riversare la gente sui luoghi di prossimità incontaminati. Con i suoi circa 800 metri di dislivello, il Dolcedorme mette a dura prova gli escursionisti, per chi giunge in cima stanco e incredulo. Chi alla sua prima volta riceve il battesimo di escursionista e come indulgenza l’autostima di andare sempre più in alto. Mentre gli amici arrivano alla spicciolata in cima con le braccia levate al cielo e tanta gioia in viso, gli addetti alla manutenzione e sostituzione libro sono a lavoro. Lo scrigno porta pensieri, nel tempo va riparato, causa logorio naturale accentuato dalle temperature estreme e a volte alla mano del visitatore, in cui confidiamo per la sua conservazione. Al momento della colazione personale, ci viene in mente il tempo della condivisione! Pazienza! Da quassù forse una preghiera giungerà prima a chi muove tutte le cose, implorandolo di salvarci dal virus. Dopo la foto di gruppo, decidiamo con gli amici di Lorenzo e Luigi, di scendere attraverso percorsi diversi per poi fare un rendez-vous a Piano Vacquarro e proseguire fino a Colle Impiso per un caloroso arrivederci.
6 settembre 2020: L’anello dei piani in Mountain Bike di Cosimo Damiano Monaco
E dopo una lunga attesa, finalmente questo benedetto giorno è arrivato! Sette bikers, ognuno con la sua tutina, caschetto e occhiali da sole, di buon mattino, temperatura leggermente più fresca del solito, insomma giornata perfetta! Iniziamo con una dolce salita per accendere i muscoli e attraverso il vecchio tracciato ferroviario della Rueping raggiungiamo l’incrocio per Piano Scifarello e poi Timpone della Magara, appena riscaldati via a manetta per una discesa infinita, tra le ombre dei faggi soldato che solo col pensiero potevi abbracciare, vista la velocità della bici, arriviamo a Piano Minatore e subito dopo a Piano Campolongo di Lungro (punto di arrivo della antica funicolare della Rueping). Da qui siamo scesi verso la sorgente Cardillo e il torrente Grondo (in questo periodo in secca) dal quale, una volta attraversato, rigorosamente a piedi, è cominciato il tratto di salita che ci ha portato al Piano di Ferrocinto. Dopo aver svalicato, di nuovo in discesa, verso il Piano di Tavolara, attraversata l’omonima fiumarella, abbiamo ripreso la strada del ritorno lungo la direttrice più tranquilla che passa dal cancello di Rossale, Piano di Vincenzo e prosegue per Novacco. Il percorso comprendeva di tutto, perfino dover scendere dal sellino per attraversare piccoli canyon scavati sulla sterrata tra cui, uno di noi ha lasciato un pò di buccia del suo ginocchio. Un anello, quello odierno, non eccessivamente impegnativo dal punto di vista fisico che consente all’appassionato di questa attività di attraversare posti meravigliosi dove imperano boschi lussureggianti con faggi giganteschi e secolari, torrenti, prati immensi, delizie del sottobosco come more e funghi e che con un pò di fortuna consente di incrociare animali selvatici. Qualche piccola sosta, giusto per la foto di rito e poi via al tira e molla quasi come fossimo una squadra al giro d'Italia, silenziosi, immersi nell'armonia della natura interrotta solo dal solito taglialegna! E poi ad un tratto la luce cocente del sole ci riportava al punto di partenza in meno di quattro ore. Che peccato, ormai il mio sedere si era abituato! Si sa, alla fine col CAI si finisce a tarallucci e vino, in questo caso però una birra, armoniosa che prolunga i nostri sorrisi consolida lo spirito di gruppo, l’affiatamento, la spensieratezza e l’allegria che ci hanno accompagnato per tutta questa mattinata meravigliosa! Il CAI è sempre il CAI. Ringrazio in primis il grande amico ed organizzatore Pasquale, lo stesso vale per Dario, e poi Nicola e Vincenzo ed infine i "pezzi grossi" Carla ed Eugenio nonché come sempre nostra Madre Natura!
6 agosto 2020: Punta Castore (4225m) sul Monte Rosa di Carla Primavera
In questo periodo di forti incertezze sanitarie molti hanno rinunciato alla nostra “solita” uscita sulle Alpi, ma, forse proprio questo meccanismo di reazione, che si innesca quando subiamo una pressione psicologica, ci ha indotto a non mollare e partire. In tre, numero perfetto anche per una cordata, abbiamo affrontato il lunghissimo viaggio fino a Gressoney La Trinitè, poco più di 1.100 km per salire su Punta Castore, 4225 metri, poco più alto del suo “gemello” Polluce. L’incantevole Gressoney, fuggiti dalla calura africana delle nostre latitudini, ci ha accolto con temperature fresche e piacevoli. Un vero sollievo. Il primo giorno, insieme a Mauro ed Eugenio, ci aspetta l’ascesa al rifugio CAI Quintino Sella, posto a 3.585 metri, attraverso un sentiero meravigliosamente panoramico, sia sulla valle di Gressoney che su quella di Champoluc. Abbiamo usufruito della funivia che ci ha portato fino al Colle Bettaforca, poi su per il sentiero n° 9 interamente costituito da pietraia, ma molto ben segnato e frequentato. Splendida visuale sul Cervino, sui Breithorn, Polluce, Castore, Liskamm, Dufour, Piramide Vincent, Parrot e tanto altro. Per chi soffre di vertigini potrebbe preoccupare l’ultimo tratto su una cresta molto esposta ma ben attrezzata con canaponi e in ultimo, una passerella in legno, fin su al rifugio. Quest’ultimo è stato completamente ristrutturato e dallo scorso luglio ampliato con una spaziosa sala da pranzo che fa da collegamento con la zona toilette, in passato staccata dal rifugio. Ottima accoglienza e ospitalità. Dopo quasi 900 m di dislivello, ne avevamo proprio bisogno. Il mattino ci sorprende alle 4, tra molti ospiti che addirittura hanno anticipato la sveglia, colazione, sistemazione zaini e attrezzatura e partenza. Meteo splendido, non a caso abbiamo dovuto spostare in avanti la partenza di 48 ore, ma nonostante ciò, un po’ di vento ci ha fatto compagnia. Gabriele, la nostra guida, asserisce che sui ghiacciai si deve arrivare presto e presto si deve tornare. Più aumenta il caldo mattutino, più aumenta il pericolo. Così comincia una marcia notturna, silenziosa, ansimante, dritti verso il Colle del Felik. Dopo il colle inizia la ripida salita verso la punta Felik da dove inizia il percorso in cresta attraverso alcuni saliscendi per arrivare finalmente sulla cima. L’attenzione e la concentrazione nella progressione in cresta non ci fa però desistere dall’ammirare quanta bellezza e orrido c’è intorno a noi. A destra e sinistra strapiombi lisci e ghiacciati riflettono la luce del nuovo giorno e il nostro sguardo spazia fino al Monviso, al Gran Paradiso, al Bianco e a tutta la maestosa collana di cime italiane, francesi e svizzere mirabilmente descritte una per una dalla nostra Guida. Siamo i primi in cima, al ritorno incrociamo varie cordate partite un po’ più tardi. Su questo la nostra guida è stato inflessibile: si parte presto! In sole 2 ore e 30 siamo in cima e giù fino al rifugio in un’ora e mezza. La discesa, come previsto, è stata un po’ più “attenzionata” della salita. La pendenza da gestire con calma e tranquillità. Al rifugio un buonissimo pezzo di torta ci rinfranca prima di riprendere il sentiero per la funivia. Insomma quasi 1500 metri di dislivello in totale a scendere. Ma la fatica, come sempre è ripagata. Ripagata con ampi interessi in bellezza, maestosità e fascino. Voglio ringraziare Eugenio, che con quello odierno festeggia il raggiungimento del suo DECIMO 4000 compreso il Monte Bianco (4810m), e Mauro per la compagnia. Sicuro senza di loro non avrei fatto questa grande e magnifica esperienza. Alla prossima.
19 luglio 2020: Croce dei Laghi PNS di Eugenio Iannelli
L’escursione odierna, organizzata da Luigi e Lorenzo del gruppo CAI Corigliano /Rossano afferente alla nostra Sezione, ci permette di visitare l’Altopiano Silano e la zona di Lorica e dei laghi. Da sottolineare che oggi vi era in programma anche una escursione della Sottosezione di Cerchiara di Calabria con meta agli “Alberi serpente” nel Piano di Acquafredda. Due gruppi che sin dalla loro istituzione hanno dato al CAI Castrovillari un forte contributo in termini numerici di soci e grandi soddisfazioni dal punto di vista organizzativo e collaborativo nonché una varietà di proposte escursionistiche che non trova eguali in Calabria ma paragonabile alle più blasonate realtà del Nord. Circa 30 appassionati (di cui diversi gruppi familiari provenienti da diverse realtà cittadine, ivi compreso una dalla Toscana), complice una giornata fresca e soleggiata, nonostante le funeste previsioni meteo, hanno effettuato un facile anello che ha avuto come meta la cima di Colli Perilli altrimenti detta Croce dei Laghi. Un comodo sentiero, purtroppo oggi funestato da un robusto taglio arboreo, speriamo controllato, all’interno di un bosco di abeti bianchi, faggi giganti in convivenza con una varietà di arbusti (dalla rosa canina, all’agrifoglio), caratteristico della Sila. Iniziata la risalita da località Nocella (1310m), dopo un paio d’ore, appare in mezzo agli alberi, la croce in legno che individua la sommità di Croce dei Laghi (1766m). Il panorama spazia su Lago Arvo e sulle cime della Sila, tra cui le maggiori, Monte Botte Donato e Monte Nero. Durante l’agevole percorso, più di uno, oltre alle foto di piccoli animali, fiori, piante, panorami, gruppi, ma dotato di occhio attento, non ha trascurato di cercare e trovare anche qualche prelibato fungo. Arrivati in vetta ed esaurite le foto di rito ci si dedica al pranzo al sacco che riserva, come al solito, prelibatezze nostrane, portate e distribuite da tutti i commensali. In discesa completiamo con calma l’anello, di tutto rispetto essendo lungo 11 km circa, e raggiungiamo le auto non prima di aver annotato, nei pressi di una antica e bella Masseria, la presenza di due rare “sequoie”, altissime e secondo l’esperto particolarmente giovani. Arrivati alle auto salutiamo tutti gli amici per ritornare ognuno nelle proprie località di partenza. Unica nota negativa della giornata la chiusura dei ponti stradali nei pressi di Celico e Rovito che ci ha costretti a percorrere la vecchia e tortuosa statale da Cosenza a Camigliatello Silano e reso l’avvicinamento e il ritorno dal luogo di ritrovo particolarmente lungo e disagevole considerato il traffico di turisti verso la Sila. Ma l’amore e la passione per la montagna valgono bene un piccolo sacrificio.
28 giugno 2020: Monte Ciagola di Eugenio Iannelli
Partenza da Laino Borgo per poi raggiungere la località Angritano di Laino Castello (un villaggio di poche case a quota 750 m) e intraprendere una carrareccia, utile agli abitanti del luogo per coltivare i campi. Gruppo di escursionisti numeroso che come di consueto gode della presenza di amici provenienti da diversi paesi. La giornata odierna è dedicata, come da diversi anni ormai, al ricordo di un nostro amico/socio fondatore del CAI Castrovillari, Ciro Mortati. Il monte Ciagola (1462m) è una montagna che pur decentrata nell’area del Parco del Pollino si erge al centro, tra la vasta depressione della valle del Mercure e i contrafforti dell’alta costa tirrenica calabrese. È un punto panoramico d’eccezione dal quale si possono osservare circa trentasei comuni, spaziando in un batter d’occhio nell’entroterra e sul litorale. La sua cima, pur se posta a quota modesta, è relativamente difficoltosa da raggiungere per il lungo avvicinamento. Questo versante, propone il sentiero con massi, slavati qua e là e in cima spaccati dai fulmini prima e, dall’azione del ghiaccio, poi. Il panorama, seppur condizionato dalla caldissima e afosa giornata, ha fatto la parte da leone sin dall’inizio. Inutile citare quanto in profondità esso si estendesse, Golfo di Policastro con Monte Bulgaria, Alburni, Sirino, Papa, Massiccio del Pollino, Monti dell’Orsomarso. vallata del Lao (noto anche per la disponibilità delle sue acque alla pratica del rafting), dell’Argentino, del Mercure. “Spettacolare”. Raggiunta la cima, che ci ha fatto faticare non poco anche a causa del gran caldo, consumato il pranzo a sacco e scatta la foto di rito, al rientro, la sorgente “Acqua dell’Arena”, con funzione d’abbeveratoio, misera ma vitale, nonostante la stagione secca, ci ha rinfrescato tutti prima della discesa finale verso il villaggio.
21 giugno 2020: Coppola di Paola di Carla Primavera
La parola lockdown, termine anglosassone sconosciuto ai più fino a febbraio 2020, ha "recluso" le nostre vite per tre interminabili mesi. Mai, a memoria, un periodo più triste e buio. La nostra libertà annientata. Poi la fase 2, in cui si sperimentano modalità e tempi di ripresa, il momento in cui il Paese si riorganizza. La fase 3 invece necessita di un ripensamento su certi equilibri comportamentali, mettendo al centro una nuova visione per ridefinire il nostro modello di sviluppo e di vita. Il virus, forse, ci ha fatto capire che siamo capaci di farlo. Di mettere in moto il cambiamento e non possiamo permetterci il lusso di sprecare questa opportunità. Non poteva non essere cosi anche per la montagna e i suoi appassionati che hanno dovuto adattarsi a nuovi comportamenti responsabili al fine di sconfiggere la pandemia in atto. Di conseguenza tutto il “mondo CAI”, su direttive emanate dalla Sede Centrale, ha svolto il suo difficile compito osservando scrupolosamente quanto ordinato dal Governo e sapendo aspettare il momento giusto per tornare in montagna, dimostrando grande “solidarietà” verso quelle Regioni che più di altre hanno subito e sofferto l’effetto devastante del COVID19. Ritengo necessaria questa premessa, perché "raccontare" un giorno in montagna, significa averlo vissuto e fatto nostro, con tutte le emozioni, la fatica e le difficoltà affrontate e superate. Rivedersi dopo tanto tempo con la mascherina, con il numero chiuso, controllando le distanze, è stato sicuramente diverso ma, proprio per le motivazioni sopra espresse, vi è stata una condivisione totale delle nuove e sicuramente momentanee norme comportamentali soprattutto onde evitare che il virus possa riprendere vigore e possa essere responsabile di ulteriori e irreparabili danni. 19 persone, divise in due gruppi, gestiti da Massimo ed Elisa, insieme a me e a Eugenio, hanno risalito la cresta Est di questa panoramica montagna. Una lenta salita, con la parte finale scocuzzolata e con una pietraia leggermente impegnativa. Sin dall’inizio ci ha accompagnato uno stupendo panorama culminato nel raggiungimento delle due vette. Una montagna a torto considerata “minore” ma dove lo sguardo si allunga su tutte le cime del Parco del Pollino, a Capo Trionto da un lato e al Sirino e Papa dall’altro. Arrivo in cima con un certo anticipo e pasto rigorosamente "distanziato", così come la foto di gruppo. Ciò non ha però impedito né trasformato il nostro “solito” modo di vivere la montagna e la compagnia degli amici escursionisti facendoci trascorrere una giornata normale cosi come le abbiamo vissute in questi 21 anni. Ma solo se "normalita" significa ridisegnare il peso delle attività umane, impegnandoci affinché la montagna diventi il nostro laboratorio per realizzare un nuovo equilibrio, ponendola al centro dell'idea di ripartenza. Da annotare la presenza di 2 nuovi soci, del gruppo di Corigliano/Rossano, Cerchiara e di due soci/ragazzi, Matteo e Davide, che hanno suscitato l’ammirazione di tutti per la felicità, la semplicità, l’interesse e le capacità dimostrate durante tutta l’escursione. Grazie a tutti della bella e disciplinata partecipazione. Mai come adesso è il CAI che ci piace.
9 febbraio 2020: Direttissima del Dolcedorme di Francesco Iannicelli
Ho da sempre osservato la Serra Dolcedorme con estrema curiosità e rispetto. Essa si presenta con un versante molto ripido da meridione, che si getta nella Piana di Sibari, caratterizzato da una grandiosa parete, la più imponente dell'Italia meridionale. È proprio da sud/ovest che affronteremo il percorso con 10 coraggiosi amici del CAI Castrovillari. Partiamo all'alba, con gli zaini in spalla abbandoniamo la mulattiera dell'orto botanico per avviarci lungo il sentiero nel bosco che dopo circa un'ora ci conduce al passo della scoscesa Valle Cupa. Seppur fosse stato previsto di salire in vetta lungo la Via Luzzo, la magra stagione di neve ci costringerà a cambiare itinerario a favore della Direttissima del Dolcedorme. L'esperienza di Massimiliano ed Edoardo come organizzatori è stata determinante insieme a quella di Carla ed Eugenio, per decidere il percorso ottimale. Non è facile modificare l’itinerario in corso d'opera, considerando la moltitudine di elementi che si considerano in fase di pianificazione. Qui avrà inizio la parte più impegnativa dell'itinerario con la quale si coprirà un dislivello di più di 1000 metri. Si prende a salire verso Nord seguendo il filo del Crestone dei Loricati. In viva pendenza aggiriamo alla meglio la fitta quanto antica vegetazione. Non mancano alcuni salti rocciosi di I e II grado, che una volta superati ci danno una vista sulla cresta che stiamo risalendo. Arrampicare i terrazzi di roccia mette alla prova la concentrazione, la capacità di restare calmi quando non si trova subito una soluzione per proseguire, la capacità di fidarsi delle prese di mani e piedi e dei consigli dei nostri compagni. Abbandoniamo il crinale prima che questo si adagi sulla parete sommitale e ci ritroviamo al campo base per riunire il gruppo; l'imponente bastione dolomitico è sempre più vicino. Dopo una breve sosta, ci prepariamo alla sfida che affronteremo di lì a poco. Sorge difatti davanti a noi l'ampio canalone, che inizia nella parte alta della cosiddetta via dei Gendarmi di Pietra. Ricoperto di ghiaccio, lo seguiamo fino all'Anfiteatro del Dolcedorme, riconoscibile dalla presenza di pareti rocciose e di grandi pini loricati. Fino a qui, i ramponi e la piccozza affondano con facilità nel sottile strato di ghiaccio concedendo una salda presa. Più in alto di circa 100 m, raggiungiamo lo sperone roccioso di quota 2000 m ed è qui che il canalone si dirama in due canali principali. Proseguiremo per il canalone di sinistra, la Direttissima Principale del Dolcedorme. Man mano che si sale, il canalone si stringe circondato da grandi torrioni calcarei fino alla sommità. Si viene inghiottiti mentre lo strato di ghiaccio diventa sempre più spesso e duro, la pendenza aumenta e la concentrazione sale ai massimi livelli. Penso a come non sia scontato saper affrontare un passaggio tecnico sfruttando al meglio l'attrezzatura, e soprattutto avendo la capacità di controllare l'adrenalina, la paura, facendone tesoro per meglio affrontare le asperità del percorso. Di questo sono grato al CAI Castrovillari che mi ha dato salde basi per affrontare un percorso di questo calibro. Durante l'ascesa mi giro spesso ad osservare il paesaggio, e mi rivedo lì in fondo, piccolissimo, ad osservare il bastione di roccia sognando di arrivarci. Quel giorno è arrivato, ci siamo quasi. Terminato il canalone si proseguirà infatti per circa 20 minuti fino ad arrivare sulla cresta che dopo un breve tratto ci condurrà alla vetta. Benvenuti sul tetto di Calabria! La vista si estende a 360 gradi tra i due mari. È possibile scorgere chiaramente anche lo Stromboli e l'Etna. 1.519 m di dislivello, ma ne è davvero valsa la pena! Il tempo stringe, il vento gelido si fa sentire, bisogna rientrare. Percorriamo la cresta verso Est, anche questa rappresenta per me un'esperienza unica, si cammina su pochi metri di ghiaccio e rocce; ai lati, pini loricati che crescono sulla parete orientale, sembrano sconfiggere la gravità. Scendiamo lungo il Vallone del Faggio Grosso, anche qui la pendenza è marcata e l'assenza di neve non rende facile la discesa. Seguendo un bellissimo sentiero nel bosco, scendiamo a zig zag lungo Valle Cupa facendo ritorno alla base della Cresta dei Loricati. Durante l'ultima ora di cammino, percorriamo il sentiero al tramonto, il sole penetra tra la folta faggeta. Guardiamo alle nostre spalle e lo scorgiamo lì, imponente, illuminato dalle ultime luci del sole: una cattedrale dolomitica grigia venata d'arancio, che quando giù è già l'ombra, si tinge di porpora.
2 febbraio 2020: Pollinociaspole di Carla Primavera
In questo inverno magro di neve, ahimè non l’unico in questi ultimi anni, siamo riusciti a raggruppare ben 66 persone per la consueta Pollinociaspole. Nostri ospiti graditissimi, il CAI Cosenza e il Gruppo CAI Club Trekking Corigliano/Rossano, che ringraziamo in primis per la partecipazione. Questo appuntamento ha assunto ormai una connotazione familiare, con la partecipazione di numerosi bambini e altrettante famiglie. Questo ci ha reso particolarmente felici, in quanto significa che la nostra sezione ha una poliedricità di presenze notevole. Pian piano, stiamo cercando di far apprezzare il far parte della grande famiglia del Club Alpino Italiano, a molti giovani, che saranno, si spera, il nostro futuro. Meraviglioso vedere mamme e papà che portano per mano o sulle spalle, piccoli pargoli imbottiti, su per i nostri pendii del Pollino. Dimostrazione di grande fatica e abnegazione, non da tutti. Per educare, ci vuole tanta fatica e se i figli non vengono portati da piccoli, come possiamo sperare che da adolescenti e da adulti poi, apprezzeranno il nostro territorio e, soprattutto, lo difenderanno? La Pollinociaspole è il nostro appuntamento soft snow per tutti, anche per i poco allenati, ma soprattutto per chi vuole fare la sua prima esperienza con le ciaspole ad un ritmo lento e sostenibile. A chi vuole approcciarsi all’uso di questi attrezzi che ti permettono di raggiungere luoghi che altrimenti sarebbe difficilissimo raggiungere, se non impossibile. E a proposito di impossibile, anche quest’anno purtroppo, ritorna, ma forse non era mai andata via, la pessima manutenzione delle strade relativa allo sgombro di quel poco di neve caduta. Uno strazio. Siamo sempre agli albori di una soluzione che ogni anno sembra sempre più difficile da raggiungere, e gli escursionisti e i turisti, ma soprattutto il nostro territorio ne soffre in maniera incommensurabile. Non ci stancheremo mai di dirlo! Per problemi di viabilità, ci siamo fermati al bivio prima di Piano Ruggio e ci siamo diretti verso il mausoleo del nulla, il rifugio Colle Ruggio, ristrutturato ma chiuso. Per poi dirigerci, via sentiero, verso il rifugio De Gasperi, chiuso, altro velo pietoso. Da lì, verso la base del Timpone della Capanna, su scampoli di neve “antica”, abbiamo raggiunto le macchine, in una atmosfera davvero amichevole e conviviale. Infatti abbiamo approfittato di un bel brindisi di auguri per il nostro amico Lorenzo che ha compiuto gli anni. Location migliore non potevamo avere! Raggiunto l’agriturismo per il pranzo, abbiamo concluso alla grande la giornata, tra cibo, tanti amici e la vivacità di avere i nostri piccoli ospiti a tavola che ascoltavano i racconti di chi nel Club Alpino ormai “milita” da anni, con la curiosità, appunto, dei bambini. Grazie a tutti e arrivederci alla prossima edizione!
19 Gennaio 2020: Colle Impiso > Monte Pollino da Nord di Roberta Malizia
Responsabilità mica da poco è avere l’onere e l’onore di scrivere una nuova pagina del “raccontatrekking” della nostra iperattiva sezione CAI di Castrovillari. In realtà, non avevo ben chiaro cosa mi aspettasse quando ho accettato questa “sfida”. Certo, prima di confermare la mia presenza ho pensato bene di chiedere consiglio, valutare le mie capacità ma soprattutto di non essere causa di impedimento per l’intero gruppo. Alla fine però, grazie a colui che mi conosce, sopporta e supporta anche meglio di me stessa, ho pensato che era un’occasione da non perdere. Fiduciosi nella clemenza del meteo che nei giorni precedenti è stato un pò altalenante, ma che poi ci ha piacevolmente sorpresi regalandoci una consistente “spolverata”, ci si ritrova come prestabilito presso il punto di partenza alle ore 6:30, quasi puntuali. Giusto il tempo per ottimizzare i mezzi e si parte per raggiungere Colle Impiso, 1560 m, situato in territorio lucano, comune di Viggianello. Dai confini del pollino-calabro, passando dalla cappella della Madonna del Carmine, proseguiamo fino a Piano di Ruggio; già lì accolti da uno spettacolare manto bianco che per un attimo copre il forte disagio dell’accessibilità a quei luoghi davvero unici e fuori dalla portata di molti, direi troppi, a causa della quasi nulla cura del NOSTRO territorio. Proseguendo sulla strada ruggio–visitone quasi a passo d’uomo per via del perenne ghiaccio presente sull’asfalto, giungiamo al punto di partenza dove, dopo un breve briefing con il nostro coordinatore Massimo, durante il quale ci ha fornito direttive e consigli per una migliore riuscita e nominato Antonluca quale sua spalla ci si incammina per il classico sentiero, attraversando un primo bosco ricoperto dalla neve che sembra quasi voler proteggere quella natura tanto fragile ai nostri occhi, fino al piano di Vacquarro alto ( 1512m) dal quale, dopo una prima sosta, attraversando un tratto del torrente Frido ci addentriamo in una seconda faggeta imbiancata, lì nuovamente avvolti in un abbraccio fatto di silenzio ovattato dove la neve si riappropria del luogo creando uno scenario incantato. Passo dopo passo, tutti in fila concentrati e a ritmo sostenuto, scorgiamo fra gli alberi quel raggio di luce che annuncia il pianoro. Giunti, si apre a noi la maestosità delle maggiori vette,m Serra delle Ciavole, Serra Dolcedorme e Monte Pollino tutte a cornice dei Piani di Pollino. Da Piano Toscano inizia il tratto più faticoso, in forte pendenza e con la neve fino alle ginocchia i temerari aprono la via verso l’ultimo bosco dopo il quale si sarebbero divise le vie di risalita finale; rossa per gli esperti, a ridosso della grande frana con pendio decisamente ripido; e blu, definito “alternativa semplice”, più a destra ma altrettanto impegnativa. Arrivati al punto cruciale, dopo gli ultimi accorgimenti (e qui apro una piccola parentesi per me doverosa nella quale esprimere tutta la gratitudine a Massimo che non ha mancato di darmi dritte fondamentali ai fini della mia riuscita, grazie!) i gruppi si dividono, Massimo ascende la via rossa, AntonLuca la blu. Ovvio l’inesperienza mi porta a seguire “l’alternativa semplice”, che poi mica tanto semplice si è rivelata. Adrenalina a mille e concentrazione al massimo, in continuo contatto visivo, pur mantenendo una certa distanza di sicurezza, si continua a salire. Con tanta fatica ma altrettanta voglia di arrivare e sotto l’occhio vigile del nostro capogruppo siamo arrivati in vetta. Come succede ogni volta arrivata in cima, la fatica svanisce di colpo; la gioia che si prova oscura lo sforzo fatto. Come si fa a trovare le parole per descrivere quella sensazione? Come raccontare quello che il cuore e gli occhi vedono lassù? Non c’è foto o narrazione che possa rendere tanto quanto esserci. Che dire, Monte Pollino, 2248m, conquistato! A seguire di una breve pausa, atta più che altro ad esprimere soddisfatti quanto conquistato gli uni con gli altri e a qualche scatto fotografico a documentare ciò, si riprende la discesa ahimè non meno faticosa. Via ramponi, via piccozze e caschi e vai di bastoncini a rendere meno dura la divallata verso Piano Gaudolino passando per il versante Sud del Pollino e scendendo dalla dolina, facendoci strada tra ghiaccio, rocce e neve, con terreno sempre più sconnesso ma incantati alla vista di maestosi pini loricati, magnifici esemplari foggiati dal tempo. Solo una piccola sosta alla sorgente “spezzavummola” per poi, intraprendere tutto d’un fiato, il rientro a Colle Impiso dove si è giunti appena in tempo all’imbrunire. Stanchi, felici e orgogliosi per la magnifica avventura vissuta, riprendiamo fiato mentre una coltre di nebbia cala a ricordarci che “ogni cosa che puoi immaginare, la natura l’ha già creata” (A. Einstein). Prima uscita alpinistica della sezione CAI di Castrovillari, 700 metri dislivello (688 per esattezza), circa 15 km di percorso e condizioni meteo ottimali, direi che non c’è male. Ringrazio l’intero gruppo per l’unità e la condivisione; ringrazio Massimo e Antonluca senza i quali credo non avrei avuto l’occasione di arricchirmi di questa esperienza; ringrazio i veterani della montagna dai quali ammiro e imparo la fatica e la passione. Degni di citazione sono i due “angeli” incontrati nei boschi, che hanno voluto condividere questo percorso in nostra compagnia. Luigi e Ottavio che, oserei dire, a dir poco con destrezza hanno reso possibile l’arduo. A conclusione, ho solo una preghiera per la prossima volta “fate passi più piccoli, ho le gambe corte e mi è difficile seguire le vostre orme!”. Grazie
12 gennaio 2020: Conca del Re - Monte Monzone di Gaetano Giliberti
Il Monte Monzone con i suoi 1051 metri, posto in una posizione centrale ma al di fuori del Parco del Pollino, offre una spettacolare vista a 360° di tutta la catena montuosa e dei paesi circostanti appare come una piramide che domina la Petrosa e mostra come l’impatto dell’uomo sia stato devastante sulla natura. Ricordo che in tempi non molto lontani fu piantumato dalla “forestale” sul lato Sud/Est e ancora ho negli occhi il bagliore sinistro dell’incendio che lo distrusse illuminandolo di fiamme per tutta la notte. Da allora sopravvive ancora qualche pino e stenta una vegetazione bassa nonostante i cambiamenti climatici in atto. Nel mio girovagare l’ho risalito più volte da tutti i lati e mi è sembrato interessante proporlo e condividerlo dal lato Nord/Est (versante che presenta una buona pendenza su di un terreno abbastanza accidentato) in qualità di organizzatore come mia prima escursione nel CAI Castrovillari. Raggruppatici in 20 in località Conca del Re (644m), scattate le foto di rito, accompagnati da un sole leggermente velato nonostante le previsione meteo di nuvoloso, percorso un sentiero in lieve discesa con presenza di ruderi, testimoni di un passato di grandi emigrazioni verso le Americhe, attraversiamo Canal Greco, in cui scorre un piccolo corso d’acqua che più a valle scompare. Risalita la china per poco ci dirigiamo a sinistra percorrendo un sentiero fuoristradistico che poi sulla sommità di una collinetta piega e ci porta ai ruderi di una stalla abbandonata riconquistata dalla vegetazione. Continuiamo su un sentiero da me evidenziato per poi affrontare in ripida salita il versante del monte risalendolo sulla cresta rocciosa che guarda a Sud/Est per 200 metri circa, sconsigliata a chi soffre di vertigini nel suo tratto iniziale, sino a raggiungere un piccola grotta che chiamo “del lupo”, sconosciuta ai più e posta a 20 metri dalla cima. La vetta ci gratifica con l’ampio panorama della faticosa risalita, breve ma intensa, coperta in circa 3 ore dai disciplinati escursionisti ed elogiando le “toste” donne del gruppo. Discesi dalla cima seguendo le “tracce di vacca” e giunti nella valletta che fa da limite tra il versante Sud e quello Nord, risaliamo su un’altra cima innominata alta 944 metri, che offre una bellissima vista di Morano Calabro e da qui, dopo esserci ristorati di cibo ma anche di sano calore umano, prendiamo la via del ritorno sul lato Nord. Attraversiamo in discesa un bosco, segnato da incendi certamente causati da scellerata mano umana, che ci porta al largo sentiero che più a valle, per la gioia di molti, era molto fangoso e costeggiando il fianco montuoso ci porta al punto partenza. Accomiatandoci con simpatia ed affetto, percepivo che l’escursione era piaciuta e ringraziavo il mio amico e collega Antonio per l’ottima assistenza fornita.
5 gennaio 2020: La Mula di Carla Primavera
Erano poco più di dieci anni che non andavo sulla Mula. L’ultima volta è stato credo il 2009, con tanta neve. Lo diciamo sempre noi montanari e non tanto per dire: ogni volta che si torna su una montagna è sempre diverso, anche nella medesima stagione. Certo avremmo preferito che la Dama Bianca fosse stata più generosa, ma anche con questa magra lo scenario si presenta sempre affascinante. L’avvicinamento da Policastrello in fuoristrada ci permette di arrivare fino allo sbarramento di Piano di Marco. A chiudere la strada, per l’ingresso in una zona particolarmente delicata del Parco ricca di flora e fauna di pregio, una volta c’era un cancello di ferro. Restiamo basiti quando notiamo che è stato scientemente tagliato e poggiato nel vallone sottostante come a voler affermare che questa parte del territorio, come, ahimè, tante altre del nostro meraviglioso Parco, è ormai alla mercé di personaggi senza scrupoli che non hanno a cuore la natura ma solo i loro interessi personali che variano dai pascoli non autorizzati, ai tagli boschivi invasivi e abusivi, alla frequentazione motorizzata dell’alta montagna e chi più ne ha più ne metta. Purtroppo con l’eliminazione del Corpo Forestale dello Stato è venuto a mancare quel presidio del territorio che fino a qualche anno fa scoraggiava dal compiere atti contro la natura e il patrimonio. A questo aggiungiamo la miopia di qualche amministrazione comunale che per pochi spicci sta permettendo il depauperamento delle risorse boschive dei propri comuni non considerando che per riportarle allo stato attuale necessitano almeno 100 anni. Noi del CAI, che ci sporchiamo le scarpe tutti i giorni, non possiamo far altro che annotare e denunciare questi atti vandalici che ormai si presentano sempre più frequentemente anche a danno delle nostre attività associative, leggi segnatura dei sentieri e distruzione della segnaletica, con la speranza che le Istituzioni intervengano tempestivamente perché altrimenti, se continua così, lasceremo ben poco a chi arriverà dopo di noi. Ma restando a noi questo inizio attività 2020 ha riservato belle sorprese! Nel mentre arrivavamo al Piano di Marco un gruppetto di caprioli e durante la marcia una mandria di tranquilli cinghiali. La prima in assoluto però alla partenza quando ho visto Matteo, nostro giovane socio di 11 anni, prepararsi insieme al papà Marco, con la sua attrezzatura per affrontare serenamente e consapevolmente il percorso. Un plauso a questa bella e giovane famiglia che ha voluto fortemente far parte del nostro gruppo iscrivendosi al completo: papà, mamma e tre ragazzi! Bello e armonioso segno di grande coesione familiare ed emotiva. Queste realtà ci danno speranza. Ci mettono davanti al fatto che non tutto è perduto, finchè ci saranno famiglie così dedite alla natura e attente all’ambiente. Ovviamente Matteo ha percorso tutto l’itinerario come uno stambecco! Beata gioventù certo, ma anche tanta determinazione e abitudine alla movimentazione in montagna. Il gruppo, composto da 25 persone, con soci provenienti da Falerna, Montalto, Vaccarizzo, Rende, i più lontani, si avvia percorrendo la lunga serpentina della carrareccia, nostro sentiero tra l’altro segnato proprio nell’estate scorsa, resa insidiosa, specialmente quando sbuca sul grande altopiano che poi giunge in vetta, da chiazze di acqua e neve ghiacciata, condito il tutto da notevoli raffiche di vento. Un incantevole paesaggio lunare con un panorama mozzafiato che spazia a 360 gradi! Da Capo Vaticano a Capo Palinuro, l’Alpi, il Sirino, il Cervati e gli Alburni, La Sila Grande, la catena del Pollino e il Golfo di Sibari. E dietro la Montea, lo Stromboli. Sulla cresta enormi blocchi di pietra ci ricordano ere antiche di migliaia di anni, dove il vento ha creato stalattiti di ghiaccio con la forma dell’aria sferzante. Altra sorpresa: un branco di cavalli allo stato brado che ci osserva per qualche minuto, poi al nostro avvicinamento scappano, quasi sorpresi di vedere intrusi a quelle latitudini. Esemplari maestosi e pieni di vitalità. Dopo la rituale foto di gruppo, si procede a scendere di quota per proteggerci dal vento e consumare il nostro meritato pasto. Infine sosta a casa del nostro socio Mario, di Policastrello, che ci ha offerto bevande calde e ogni ben di Dio. Grazie Mario e grazie a tutti. Abbiamo iniziato alla grande, con una montagna, forse poco conosciuta, ma che anche questa volta ci ha regalato forti emozioni.