Raccontatrekking 2021

26 dicembre 2021: Monte San Josemaria Escrivà di Eugenio Iannelli

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Ritorniamo dopo 5 anni su questa cima minore che, insieme al Cerviero, rappresenta il territorio del Comune di Mormanno. Una semplice passeggiata adatta al periodo, soprattutto dopo aver dato fondo al cenone e al pranzo di Natale.La neve, nei giorni scorsi, è caduta copiosa ma si è mantenuta soprattutto a quote alte pertanto non c’è stato bisogno delle racchette da neve. Partenza dalla Chiesetta del Carmine, “la Madonnina” per gli indigeni, posta al bivio per Rotonda, perpercorrere il sentiero n. 907 e 907A, segnato dalla nostra sezione, che porta, tramiteuno stradone sterratosu Monte San Josemaria Escrivà. Intitolata algrande Sacerdote, canonizzato da Papa Giovanni Paolo II nel 2002 e Fondatore dell’Opus Dei, dal Comune di Mormanno che ha inteso celebrare, dedicandogli questa cima montuosa, il 60° anniversario (2008) di uno storico viaggio compiuto in auto dal Santo con don Álvaro del Portillo, in Calabria e Sicilia.Di ritorno transitò da Mormanno e sulla stregua di San Francesco, da questi ultimi monti salutò e benedì l’intera regione.Durante il percorso,memori delle notizie acquisite in precedenti escursioni, gli organizzatori, effettuando una variante all’itinerario, hanno relazionato, oltre che sull’aspetto ambientale e naturalistico, anche su un’interessante parentesi geomorfologica con l’osservazione di alcuni massi vulcanici dalla caratteristica conformazione “a cuscino” (come Timpa delle Murge). Testimonianza inequivocabile, supportata da studi effettuati, che i luoghi visitati sono stati generati da una precedente azione vulcanica, presumibilmente da un vulcano sottomarino. Eseguita la variante l’itinerario si è sviluppato attraverso un percorso diverso per cui, anziché ritornare sulla sterrata, si è proseguito per raggiungere la cima di Monte Cerviero dal lato Nord/Est visitando luoghi desueti. Purtroppo il tempo non è stato dei migliori e quindi dalla cima che in genere lascia godere di un magnifico paesaggio, in questa occasione lo sguardo si è soffermato “solo” sulla piana di Campotenese, sui borghi della Basilicata e sui monti circostanti. Dopo la consueta foto di gruppo è stato raggiunto il diruto e abbandonato rifugio dove abbiamo consumato il pranzo a sacco. Sulla via del ritorno fermata obbligatoria al cippo di Monte S. Josemaria per poi far rientro alle auto. Ultima escursione di un anno che era iniziato in modo disastroso per i noti problemi della pandemia ma che poi, con il miglioramento delle condizioni generali, ci ha permesso di riprendere tutte le attività associative ivi compreso il pranzo sociale. L’augurio è che tutto ritorni presto alla normalità.

12 dicembre 2021: Anello del Lago di Ariamacina di Eugenio Iannelli

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E’ stata una settimana all’insegna del maltempo e soprattutto della neve a quote medio/alte. Il Pollino e la Sila sono stati ricoperti da una coltre di neve che, in questo periodo, non si vedeva da diversi anni. Nonostante la giornata non si presentasse bellissima partiamo consapevoli che la montagna non può essere frequentabile solo quando è illuminata dal sole ma, quando questo viene a mancare, assume comunque un aspetto ugualmente affascinante. Ci ritroviamo con gli amici del CAI di Cosenza al bivio di Lorica da dove inizia la nostra avventura. Un percorso ad anello molto tranquillo e non eccessivamente faticoso che ci fa immergere completamente nei boschi della Sila. Guidati da Luigi e Rosa, costeggiamo il Lago, ricoperto da abbondante neve, attraverso un facile anello. Entriamo successivamente nel bosco, dove, oltre a socializzare con i nuovi e vecchi amici possiamo ammirare estasiati gli altissimi pini della Sila ricoperti di neve che sviluppano autonomamente delle sculture di neve di tutte le forme e dimensioni. Per diversi tratti non si sente che il tintinnio delle fotocamere e dei telefonini intenti a immortalare tale meraviglia. E cosi con lo spettacolo rappresentato dagli escursionisti che si muovono con le racchette da neve su un manto di neve immacolato portiamo a termine il nostro giro che si conclude nei pressi del ristorante La Locomotiva. Qui consumiamo il pranzo al sacco con la consueta allegria e goliardia e nel concludere la giornata ci diamo appuntamento alla prossima escursione.

8 dicembre 2021: Fontana del Vascello > Serra delle Ciavole di Damiano Monaco

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Erano anni che insieme a Pasquale, dopo ogni escursione ci dicevamo: prima o poi dobbiamo farla con il CAI!! Saltata la prima, prevista per il 5 dicembre abbiamo approfittato della festività dell’Immacolata! Arriva finalmente l’ora, dopo una notte insonne, e arrivano tutti i partecipanti in orario, il tempo sembra clemente ma qualche nuvola a strati copre un timido sole. Non ci aspettavamo di trovare tanta neve già nei pressi della sorgente del Vascello ma tanto meglio. Riempite le borracce una andatura tranquilla e scorrevole ci permette di arrivare facilmente a Piano di Fossa prima di affrontare le vere pendenze della giornata. E’ qui che si incomincia ad avvertire qualche difficoltà soprattutto per la grande quantità di neve e il sentiero ripido. Arriviamo quindi all’incrocio con il Piano di Acquafredda dove svoltando a destra ci incamminiamo verso la cresta della Serra delle Ciavole. Da qui si apre uno splendido panorama che ci fa ammirare i monti imbiancati e le spiagge dello Ionio cosentino. Non prima di aver immortalato a iosa Italus proseguiamo lungo la cresta. Le ore sono passate veloci e ci rendiamo subito conto che la vetta è ancora abbastanza lontana e che i tempi di percorrenza si sono eccessivamente dilatati. Fatte queste importanti valutazioni gli organizzatori decidono per il rientro. Nel corso della discesa effettuiamo la pausa pranzo, conclusa la quale, lentamente ripercorriamo le tappe mattutine per rientrare alle auto con estrema tranquillità. Per gli organizzatori è stata una strana sensazione, come ricevere nel proprio salotto (il percorso di oggi è uno dei nostri preferiti e che frequentiamo assiduamente) parenti sconosciuti e vederli poi andar via soddisfatti, stanchi ma felici dopo una giornata trascorsa insieme! Ognuno di loro aveva le proprie caratteristiche, e tutte queste insieme hanno fatto sì che le cose andassero bene, senza nessun problema, ognuno di noi oggi ha raggiunto la propria cima senza averla vista veramente, a mio parere, non c’e’ bisogno di guardare verso l’alto per vedere le cose migliori perche’ possono trovarsi benissimo anche nel basso! Grazie a tutti ma soprattutto al mio grande amico Pasquale!!

14 novembre 2021: Anello di Cozzo Pellegrino di Eugenio iannelli

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Ci ritroviamo dinanzi al rifugio di Piano di Lanzo con la felice sorpresa della sua completa ristrutturazione e consegna in gestione. Un rifugio che rappresenta un punto strategico per l’intero territorio e un ideale posto tappa per i camminatori del Sentiero Italia Calabria. Il meteo, che nei giorni precedenti non ha lasciato spazio a felici interpretazioni, è oggi particolarmente clemente e si palesa con una giornata soleggiata che ci accompagnerà fino alla conquista della cima per poi rabbuiarsi al nostro rientro a Piano di Lanzo. Ma ormai era fatta. L’itinerario si è sviluppato ad anello seguendo il sentiero per La Calvia e il ritorno, attraverso il Sentiero Italia da Piano delle Rose, Piano Pulledro. Una piacevole e costante progressione ci fa giungere in vetta agevolmente; qui l’assenza di nuvole ci permette di ammirare lo splendido scenario sulla cinta dei monti che circondano la cima. Lo sguardo spazia a 360° sui due mari, sulla catena del Pollino che si prolunga fino all’Alpi, sugli adiacenti Monti di Orsomarso su cui insiste il Cozzo Pellegrino. Dal Pellegrino è sempre un bel vedere. Arrivati in cima consumiamo con calma il pranzo a sacco e prima del rientro la consueta foto di gruppo. Arrivati al rifugio ci aspetta una lieta sorpresa, un vassoio di bocconotti e dolci sapientemente preparati da Francesca, li degustiamo tutti insieme comodamente seduti ai tavoli del rifugio gentilmente allestiti dal gestore che in segno di accoglienza ci ha servito anche delle gustose polpette caserecce, dolce e salato. Che vuoi più dalla vita. Scrollataci di dosso la stanchezza al caldo del camino, ci salutiamo e ci concediamo con un arrivederci alla prossima esperienza.

7 novembre 2021: Anello Cozzo Palumbo di Mimmo Filomia

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Non solo vette da scalare! Oggi, indirizziamo i nostri passi per riscoprire e rivalutare le origini e le mutazioni del proprio habitat, proveniente dal remoto. La filosofia del Club Alpino Italiano, è quella di dotare o far ricadere in ogni paese un proprio sentiero escursionistico laddove, storia, archeologia, santuari, lo rende tematico e quindi interessante per la sua frequentazione e conoscenza. Il sentiero che abbiamo percorso, conduce alle Grotte della Sirena. Il sito, ricorre spesso nel linguaggio corrente locale di Castrovillari e dintorni, senza saperne l’esatta collocazione. Un’attenta progettazione, secondo i protocolli CAI, coadiuvata da una ricerca sulla memoria storica del sito, da parte degli addetti alla sentieristica, fa sì che l’intera area è classificata nel catasto dei sentieri e localmente illustrata con segnaletica orizzontale e verticale. Il sentiero, per raggiungere le Grotte della Sirena, per motivi ludici, nella memoria collettiva, partiva dall’uscio di casa di ogni Castrovillarese. Ora con la viabilità estesa, parte dall’Orto botanico e s’identifica con il numero 921C e difficoltà EC. I motivi ci sono tutti perché attraverso una semplice passeggiata, appena fuori i confini perimetrali a Nord in agro di Castrovillari, ci si possa riconciliare con un sito preistorico più prossimo a noi, rivalutandolo e promuovendolo. Al briefing, dopo i saluti ai partecipanti del presidente della Sezione, Mimmo Filomia e il presidente del Gruppo regionale Mariarosaria D’Atri iniziamo la progressione sperando che il tempo sia clemente. Per dare un contributo culturale all’escursione, con noi si accompagna il nostro socio Claudio Zicari, presidente del Gruppo Archeologico del Pollino, che al cospetto delle grotte ci illustra l’importanza del sito già nel periodo eneolitico. Proseguiamo, nella boscaglia recintata dalla forestale, seguendo un calpestio accennato nella vegetazione cespugliosa, adibita a pascolo in cui predomina la ginestra, il pino nero, orniello e querce, fino a giungere alle grotte. Qui l’illustrazione di Claudio ci porta a conoscenza che questi luoghi, erano vissuti in epoca preistorica, quando i nostri progenitori ancora erano alla ricerca di dimore naturali, grotte e caverne sicure inaccessibili, per difendere se stessi e le loro bestie dalle intemperie e dalle belve. Il complesso grotte in questione, circoscritto tra pascoli e foresta, presenta tutti i requisiti naturali per prestarsi ad un insediamento primitivo per fare all’epoca attività stanziale di pastorizia, agricoltura e caccia. Questo sito, in parte collassato, già 60 anni fa conservava la struttura di un accennato romitaggio. In breve tempo, ci siamo lasciati alle spalle, il ritmo frenetico cittadino per introdurci in un ambiente naturale confortevole per la ricchezza di paesaggi, costituiti da acclivi verdeggianti disegnati dalla mano di un pittore che, vuole fare trasparire dalla sua tela, il felice connubio tra l’asperità montuosa e la dolcezza dei pascoli intercalati tra colline. Nel 1954 furono rinvenuti alcuni reperti di ceramica finemente lavorata, del periodo eneolitico (2.500 - 1.800 a.C.) decorati a motivi geometrici incisi prima della cottura, la cui precisione e regolarità lasciano stupiti, per le tecniche dell'epoca. Le grotte della Sirena appartengono alla tipologia delle “Grotte Panoramiche”, tanto che da queste, in effetti, si poteva controllare una vasta porzione di territorio di caccia, spaziando la vista sul litorale Jonico. Nel 1993 vi è stata ritrovata una scheggia di ossidiana, probabile “lama” di un coltello, che porrebbe questo luogo in rapporto con la grotta del Romito, più propriamente posta sulla “via dell'ossidiana” proveniente dalle isole Eolie. Un segno, questo, che l’insediamento era in asse anche con le grotte di Sant’Angelo di Cassano, del Pozzo a Frascineto, di donna Marsilia a Morano, di San Michele a Saracena , dello stesso Romito a Papasidero (Bos Primigenius), della Madonna a Praia a Mare; secondo alcune teorie, infatti, lungo queste si snodava una via istmica di età neolitica che congiungeva Jonio e Tirreno. Dall'esame di una selce lavorata “a lama” e di cocci di vasellame ritrovati sul luogo, sembrerebbe che tale posto sia stato frequentato in epoca molto anteriore (mesolitico 8.500 a.c.) a Santo Jorio. Queste grotte sono state usate come “stazzo” fino a epoca recente, motivo per cui è andato dispersa la totalità dei reperti che doveva essere presente. Sul pianoro sovrastante le grotte, sono state trovate tracce di basi di “capanne”, resti del villaggio eneolitico ivi presente. Raramente le grotte erano adibite ad abitazione, ma più propriamente a luogo di culto e sepoltura. Da qui, carichi anche del bagaglio culturale acquisito, si prosegue sul Crestone dei Loricati sovrastante. Il sentiero non battuto per la scarsa frequentazione, ci impegna a trovare la giusta pista fra le pietre, le copiose ginestre, pini, cerri e ornielli che ci sbarrano la visuale. Ci viene incontro una sequenza di omini che ci rassicurano verso la meta. Il sentiero è un saliscendi divertente quando non è impegnativo. La fatica è superata dalla visuale durante la progressione, dalla straordinaria policromia dei boschi che da Valle Piana si estende a Valle Cupa, fin sotto le quinte maestose del Dolcedorme, Cozzo Sorvolato e Piano Pallone che lascia intravedere il mare Jonio, da dove un enorme corpo nuvoloso cumuliforme semovente avvolge l’orizzonte e chiude il panorama a 360° sino a Monte Caramolo. Oggi, abbiamo camminato in una bolla d’aria tiepida in quota panoramica. Terminiamo l’escursione tra le bianche rocce di Cozzo Palumbo, illuminate dal sole al tramonto per la foto rituale.

30 ottobre - 1 novembre 2021: Alla scoperta dei paesaggi tra Monti Simbruini e storia romana di Walter Bellizzi

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Raggiunta Palestrina la sera del 29 ottobre il gruppo CAI di Castrovillari, guidato da Carla ed Eugenio, è stato accolto dal caloroso saluto del Presidente del CAI di Palestrina, Paolo. Tutti noi aspettavamo con ansia l’indomani per salire sul Monte Tarino (1961m).

1 ^ giornata: Salita sul Monte Tarino.

Guidati da Paolo, attraversando le ridenti cittadine di Trevi e Filettino costellate di faggete dal ricco fogliame autunnale, giungiamo alla stazione sciistica di Campo Staffi (1775m). Lì ci attendevano gli amici della sezione del CAI di Palestrina lieti di conoscerci e intraprendere insieme un’entusiasmante avventura. Dopo circa un’ora di cammino seguendo la pista di sci di fondo siamo sbucati nella radura di Monna della Forcina (1576m). Dopo una breve sosta necessaria per prepararci alla ripida salita attraverso un bosco di faggi, ci si è trovati davanti ad un ripido tratto da attraversare per giungere in vetta. Il sole splendeva e riscaldava il cuore e i muscoli. Qui è iniziato il tratto più difficile ma anche il più spettacolare del percorso. Abbiamo superato dei sentieri ardui ma non impossibili tra le rocce. La vista del monte rimaneva ancora nascosta, all’improvviso è apparsa la cima. Così dopo circa due ore di cammino la vetta più bella dei Monti Simbruini era conquistata! Una vista mozzafiato a 360° con Monte Cotento e Monte Viglio da una parte, Monte Autore, la Valle del Simbrivio e la S.S. Trinità, dalla parte opposta con il Monte Velino e le vette della Maiella innevate in Abruzzo, ci ha ripagato della fatica. Dopo la contemplazione del sublime, i click delle foto hanno immortalato lo scambio reciproco dei dolci tradizionali di Castrovillari e Palestrina, bagnati dal corposo vino rosso di Palestrina. Il gemellaggio è stato suggellato dallo scambio di saluti e doni. Paolo ha donato a Carla il bellissimo testo “Latium Vetus”, biodiversità e paesaggio del Lazio antico, e Carla ha donato al Presidente del CAI palestrinese uno storico gagliardetto raffigurante lo stemma del CAI castrovillarese. La discesa dalla vetta è stata, per un brevissimo tratto, leggermente impegnativa ma ripagata dalla traversata dei boschi di faggete e dalla vista del Pozzo della neve per raggiungere, dopo circa un’ora, il rifugio di Campo Ceraso. Il profumo delle salsicce alla brace ci ha fatto accelerare il passo. Le saporite salsicce locali con broccoli di rapa e le “sazizze” la soppressata e l’aromatico pecorino castrovillarese, bagnati sempre dall’ottimo vino, hanno rinsaldato l’amicizia. Rifocillati abbiamo intrapreso la via del ritorno per Campo Staffi. Sono seguiti i saluti con l’immancabile promessa di rivederci per intraprendere nuove escursioni sul Pollino. In albergo, dopo cena, qualcuno nonostante la fatica accumulata e non ancora pago delle bellezze viste si è addentrato nelle viuzze e scalinate del centro storico di Palestrina per scoprire altri scorci poetici e storici.

2 ^ giornata: L’ingresso “trionfale” al Colosseo dalla Via Appia Antica.

Siamo giunti puntuali all’ingresso della Via Appia Antica da Via degli Armentieri al X miglio romano (1482m). Ci attendeva Sandro, la nostra guida, per condurci nell’esplorazione storica della “Regina viarum” di Roma. Dopo un breve saluto con i nuovi amici del CAI di Palestrina, Sandro ci ha brevemente illustrato l’escursione nel PARCO REGIONALE DELL’APPIA ANTICA per intraprendere l’affascinante percorso lungo la via dei legionari romani, dei consoli e degli imperatori. La dolcissima campagna romana cantata dai poeti e illustrata fin dal ‘700 da Carlo Labruzzi con più di quattrocento disegni ad “acqua tinta” e dagli acquarelli di Enrico Coleman. Anche nel ‘900 la Via Appia era frequentata da pittori in cerca di “motivi e macchie”. Quasi nulla è rimasto dell’antica campagna romana sacrificata alla speculazione edilizia e degradata dalle ville di attori, registi, industriali e politici famosi. Tagliò il “nastro inaugurale” della Via Appia ab Urbe Roma ad Capuam il console Appio Claudio Cieco nel 312 a. C. Nel 190 a. C. il percorso fu prolungato fino a Brindisi, la strada fu restaurata ed ampliata dagli imperatori Augusto, Vespasiano, Traiano, Adriano. Nel Medioevo, l’Appia divenne la via dei crociati, ed anche Federico II salpò dal porto di Brindisi in direzione della Terra Santa. Ampie parti della strada originale si sono preservate fino ad oggi, il tratto più vicina a Roma è purtroppo ancora percorribile in auto. Raggiunto il VII miglio sono apparsi ai nostri occhi i resti della grandiosa villa dei Quintili con lo sfondo coronato dalle arcate dell’acquedotto “abusivo” che portava la preziosa acqua alla villa utilizzata soprattutto per le terme. Tale enorme bellezza e ricchezza suscitò l’invidia dell’imperatore Commodo che li fece uccidere accusandoli ingiustamente di cospirazione. Ai lati della via abbiamo potuto ammirare molte tombe a tumolo, piramidali, cripte e resti di minuscole basiliche. A un tratto è apparsa la famosa Tomba di Cecilia Metella. Maestosa e deturpata dalle manomissioni e oltraggi subiti nell’arco di oltre duemila anni. Di fronte alla Tomba abbiamo potuto ammirare la sola struttura esterna della chiesa medievale dedicata a San Nicola di Bari. Stimolati e incuriositi dai racconti storici arricchiti di particolari inediti sulla splendida Villa di Massenzio la stanchezza che già cominciava a trapelare immediatamente si dissolveva. Il Mausoleo di Romolo, l’adorato figlio di Massenzio, ci ha stupito per la sua magnificenza ed anche per il Circo meglio conservato e utilizzato nel 1959 per le scenografie della mitica corsa delle bighe del film Ben Hur. Subito dopo entriamo nella Chiesa di San Sebastiano per ammirare il busto barocco di Cristo (Salvator Mundi), opera del Bernini. Proseguiamo lungo la strada che sovrasta le labirintiche Catacombe di San Callisto per giungere alla monumentale Porta di San Sebastiano che attraversa le grandiose Mura Aureliane. Si percepiva l’eco del G20 dalle imponenti misure di sicurezza agli incroci delle strade. Un piccolo giardinetto posto subito dopo la Porta ci accoglieva per consumare il meritato pranzo al sacco con il rito dello scambio dei prodotti tipici. Ancora un altro sforzo e superato l’Arco di Druso vediamo il grandioso e possente il Colosseo. Foto di gruppo, sorrisi e gioia per aver raggiunto dopo quasi quattro ore e 15 Km l’agognata meta. Sandro ci ha radunati per raccontarci le inedite e ultime scoperte archeologiche ed architettoniche del Colosseo smitizzando le false credenze riportate ancora sui libri di storia romana. Percorso indimenticabile e malinconico com’è sempre il passato glorioso di una potente città. Grazie Sandro.

3 ^ giornata: Passeggiata nel suggestivo centro storico di Palestrina e visita al Museo Nazionale di Palestrina.

Il maestro Vincenzo ci aspettava per farci innamorare della sua città. Ci ha condotto lungo il gomitolo di strade che avvolgono l’Arx dell’antica città latina di Praeneste famosa per il celebre santuario dedicato alla dea Fortuna Primigenia. Ha impressionato tutti noi l’imponenza delle ciclopiche o pelasgiche mura poligonali che circondano tuttora la città. Maestosa la Porta del Sole. Vincenzo ci ha raccontato la triste storia dello sviluppo della città interrotta da Silla nell’82 a.C. con lo sterminio di tutti i cittadini per ritorsione. Il Municipio aveva parteggiato per il console Mario. Mentre salivamo verso il Museo, lungo le scalinate, si ammiravano piccoli spiazzi che nascondevano tranquille oasi di pace e silenzio. Nella Seconda Guerra Mondiale la città fu bombardata e inaspettatamente comparvero strutture architettoniche romane risalenti ai tempi di Silla. Saliamo ancora e ammiriamo il Pozzo Oracolare che attualmente troneggia l’ingresso al Museo. Tantissime le opere ammirate e osservate tra cui spicca il Mosaico del Nilo. Un ologramma di 2000 anni fa racchiuso in un gioiello d’oro mi ha personalmente commosso: è l’anello di Carvillo. Il tempo tiranno e la pioggia ci hanno costretto ad accelerare il ritorno. Nei nostri volti trapelava il rammarico di dover lasciare amici così calorosi e simpatici. Il CAI di Palestrina e di Castrovillari hanno reso bella questa escursione sui Monti Simbruini intessuta in una armoniosa sinergia di contemplazione della Natura e di arricchimento culturale. Un cordiale ringraziamento va a Paolo, Sandro e Vincenzo e anche a tutti i componenti del CAI di Palestrina per averci donato tre giornate indimenticabili che resteranno scolpite nella nostra memoria ma soprattutto nel nostro cuore.

24 ottobre 2021: Le Grotte di Castelcivita di Pasquale Aversente

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“Storta va e diritta vena” con questo antico detto si può riassumere la giornata del 24 ottobre. Ma andiamo per ordine. In calendario c’era l’escursione al Monte Panormo e Monte Urto, un appuntamento molto atteso sia per bellezza e sia per il notevole spessore delle guide. Insomma c’erano tutte le premesse per vivere una domenica da incorniciare. Ma si sa la partita, la domenica si gioca sempre in due, noi e il meteo e questa volta i segnali non erano incoraggianti. Quando lo sconforto stava per prendere il sopravvento e un pò tutti i gruppi presenti sul territorio davano forfait, Carla con un rapido giro di telefonate ci propone di partire lo stesso, restare in zona Alburni e rischiare nulla. È così come facevano i nostri antenati che, con l’arrivo del maltempo si rifugiavano in caverne e grotte, anche noi ci ritroviamo di buon mattino alle porte del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, in provincia di Salerno, a 25 km dal complesso Archeologico di Paestum, alle Grotte di Castelcivita, già meta della Sezione nel lontano 2008, che costituiscono uno dei complessi più estesi dell’Italia meridionale. Qui ci aspetta il signor Gaetano, guida molto esperta e di lunga carriera che tenendo molta attenzione alle regole Covid, ci conduce all’interno della grotta. Il sistema di cavità sotterranee, si apre a 94 m di altitudine tra le rive del fiume Calore ed il versante Sud-Occidentale dei Monti Alburni, mostrando da subito un suggestivo scenario di gallerie, ampi spazi e strettoie scavati dall’azione millenaria dell’erosione carsica. Il sistema ipogeo si presenta suddiviso in tre percorsi. Noi oggi abbiamo optato per quello speleologico amatoriale ossia quello completo (3 km a/r) che conduce fino ad un ampio bacino idrico definito “Lago Sifone”. Spettacolo allo stato puro. Foto di gruppo e via per il ritorno. Una volta usciti dalla grotta facciamo una veloce visita al paesino di Castelcivita con la sua bellissima Torre Angioina e il vicino fiume Calore che lo bagna. Mentre si ritornava in macchina la mente viaggiava inevitabilmente sui luoghi visitati come “i pozzi della morte”, la sala del coccodrillo, la cascata dei colori, la sala dei funghetti e dei salami ….che altro dire… W il CAI Castrovillari e ancora grazie.

17 ottobre 2021: Direttissima al Monte La Caccia di Giuseppe De Luca

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Se dovessi consigliare un visitatore di fuori che chiede di fare un'escursione nel Parco del Pollino probabilmente lo indirizzerei o lo accompagnerei su Monte La Caccia preferendolo a vette più blasonate. E' una montagna che ha tutto, in primis i panorami mozzafiato che si godono dalle sue creste. Alto ben 1744 m si trova in linea d'aria solo a qualche chilometro dal litorale tirrenico all'altezza di Belvedere Marittimo e Diamante, due splendidi borghi marini che fanno parte dell’area del Parco. E' talmente vicino al mare che sembra ci si possa tuffare. Lato mare la vista corre dal Golfo di Policastro con il Monte Bulgheria in bella evidenza e altre vette del Cilento alle isole Eolie con lo Stromboli e il suo pennacchio di fumo fino al lontanissimo Etna se le condizioni atmosferiche lo permettono. Cielo e mare sono fusi in un tutt'uno mentre nuvole ovattate drappeggiano l'orizzonte, una fantastica balconata sul Tirreno. Lato montagna la spettacolare Montea dal crinale aguzzo e seghettato le fa da contraltare insieme alla cima minore del monte Faghittello anch'esso dal profilo alpestre con i suoi canyon dirupati. Verso Nord/Est è collegata al Petricelle per mezzo di un'ampia sella ricoperta da una fitta faggeta. Il suo aspetto geomorfologico poi è tutto un programma. Osservandola dalla costa si erge imponente come una bastionata rocciosa insuperabile collegata ai suoi satelliti minori Serra La Croce, Monte Cannitello e la Castelluccia. Inoltre la sua parete Sud/Ovest, immane e maestosa incute davvero timore, assolutamente inviolata anche dal punto di vista alpinistico. Le sue creste, aderte e frastagliate sono ricoperte da centinaia di splendidi pini loricati che allignano su fazzoletti di roccia inaccessibili e che rappresentano la stazione più meridionale d'Europa di questo vegetale unico al mondo. La via più gettonata in assoluto per salire Monte La Caccia è quella che dalla frazione di Trifari a 736m raggiunge il rifugio Belvedere a 1335m e passando per la piccola cappella con la croce in ferro risale la ripida e affilata cresta Sud. Ma esiste anche un itinerario poco conosciuto e frequentato,di gran lunga più duro e aspro,quello della Direttissima Ovest che ha visto oggi protagonisti undici agguerriti affiliati alla sezione CAI Castrovillari, alla sottosezione di Cerchiara di Calabria, al gruppo di Rossano Corigliano e un giovanissimo della sezione di Cosenza. Ho ritrovato al contempo anche Massimo con il quale abbiamo condiviso numerose avventure soprattutto nel periodo in cui nacque la giovane sezione. La giornata dal punto di vista delle condizioni e temperature è assolutamente perfetta. Dopo il breafing partiamo dal sentiero all'inizio della ridente frazione. Le tante macchine parcheggiate tradiscono la presenza di molti altri escursionisti, alcuni del CAI Verbicaro, altri di Grottaglie. Mai visto un tale traffico su Monte La Caccia. Il sentiero molto evidente ci porta ad un cancelletto che troviamo aperto. Pochi metri dopo abbandoniamo la pista per risalire la ripida pendice erbosa alla nostra sinistra. Seguendo un percorso senza traccia dopo un'ora buona raggiungiamo il vertice di un monte di forma piramidale senza nome a quota 1246m. Conquistata la cima ecco ergersi di fronte l'immane parete Ovest di Monte La Caccia con i suoi canaloni e crinali aderti tappezzati di pini loricati. Il "monterozzo" è collegato alla parete per mezzo di una crestina invasa da piccoli arbusti ed erba alta intricata ma il tratto da superare è breve. Affrontiamo ripidamente una traccia di sentiero che si inerpica lungo un ghiaione che man mano diviene sempre più inclinato in mezzo all'anfiteatro di rocce dall'aspetto tra i più selvaggi che si possano immaginare. La via di salita mentre si procede faticosamente non lascia dubbi sulla direzione da prendere e confluisce verso la base di un canalone più definito molto ripido che oppone tratti di arrampicata di primo grado e che si incunea tra le pareti laterali. Dopo questa bella pettata pensiamo di operare una digressione per andare ad affacciarci sul ciglio della maestosa parete Sud/Ovest dal quale la vista spazia su vasti panorami verso il Cannittello e i valloni che da esso precipitano. Più in alto seguendo la cresta ove ciò è possibile guadagniamo un altro strepitoso affaccio verso Serra La Croce e la cresta Sud de La Caccia nostra via di discesa. Rientrati nel bosco di faggi molto ripidamente dopo una faticosa ultima impennata aggirando rocce ed anfratti conquistiamo la nostra agognata cima. In vetta ritroviamo il CAI di Verbicaro ed è subito condivisione e partecipazione, come se ci conoscessimo da sempre, prova inconfutabile dell'unità e della coesione che contraddistinguono da sempre il sodalizio. Spettacolo assoluto a trecentosessanta gradi, un connubio perfetto tra mare e montagna, un tripudio di rocce, pinnacoli, creste affilate e valloni dirupati, boschi fittissimi e pini loricati a perdita d'occhio. Il tutto incastonato in un'area wilderness di assoluta bellezza e unicità. La Caccia ogni volta riempie di stupore, soprattutto in coloro che oggi l'hanno scalata per la prima volta, difficile da conquistare ma che ripaga in maniera impareggiabile. Ma la soddisfazione maggiore per un organizzatore di gita, già veterano non nuovo di questi luoghi è vedere le espressioni raggianti nei visi dei partecipanti. Dopo la sosta e le numerose foto di rito scendiamo lungo la via di ritorno seguendo il boscoso filo della pendice Est fino ad abbandonarlo per impegnare in forte discesa il crestone Sud che conduce alla chiesetta. Passando poi per l'affollato rifugio Belvedere gestito dall'associazione Amici della montagna cominciamo la lunga discesa impegnando il sentiero scavato lungo un costone eroso di ghiaia fine grigio bianca calcarea tra pini loricati. Abbiamo anche il tempo di operare una breve deviazione per andare ad osservare il Monolito, un roccione caratteristico che visto da una certa angolazione pare assumere sembianze antropomorfe, simile ai monoliti presenti nell'isola di Pasqua. Infine raggiungiamo stanchi e provati le nostre auto al crepuscolo con il sole che tramonta e l'isola di Stromboli che fa la sua comparsa lontano all'orizzonte. E per non farci mancare proprio niente catturiamo anche una splendida luna argentea che ci saluta da sopra monte Cannittello mentre sorge ed illumina la valle. Che dire, escursione di grande respiro e notevole impegno che ripaga notevolmente della fatica e del dislivello colmato. Panorami mozzafiato in tutte le direzioni in un ambiente dalle mille sfumature, assolutamente da consigliare ma forse non in piena estate. Per il resto tutto ottimamente bene. Ringrazio tutti i partecipanti che hanno accolto l'invito e il mio compagno e grande amico Pasquale che mi ha assistito nell'organizzazione e la conduzione della gita.

3 ottobre 2021: Serra Crispo di Gaetano Cersosimo

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Dopo un caloroso benvenuto ai soci presenti, tra cui alcuni delle sezioni CAI di Castellamare di Stabia, di Napoli e di Lagonegro e dei veterani della nostra sezione, salutiamo la prima uscita ufficiale del nostro nuovo presidente Mimmo Filomia. Un briefing dove desidero soffermarmi prima di ogni cosa sul ricordo dei nostri soci che purtroppo non possono piu camminare insieme a noi. Tra questi Ciro Mortati a cui, tutti gli anni, dedichiamo una escursione, ricordando la sua disponibilità,personalità, saggezza e tanta amicizia. Purtroppo in questi anni a lui si sono aggiunti altri soci Mario Grisolia, Domenico Bloise, Antonio De Rasis, Domenico Mandarino, soci ma sopratutto amici con cui abbiamo condiviso la grande passione per la montagna. L' itinerario è tra i piu interessanti del Parco del Pollino. L' escursione ha inizio da Timpone del Capriolo, 1200m circa. Poco distante dalla fontana di Acquatremola della frazione di Mezzana, si incrocia lo sterrato forestale chiuso da una catena, che porta, in salita, alla sorgente di San Francesco, 1500m, per rifocillarci e riempire le nostre borracce. Una caratteristica suggestiva ed interessante da ammirare di questi luoghi è il connubio faggio/abete bianco una caratteristica di questi luoghi. Il percorso è in salita, interamente nel bosco di Jannace e si apre solo al Piano di Jannace, 1646m, un vasto pianoro privo di alberi, da cui si scorgono le vette del Monte Pollino e Serra Crispo, si nota la parte sterrata compiendo una ampia curva a sinistra che rientra nel bosco, un sentiero decisamente più ripido che porta alla sorgente di Pitt' Accurc'. Da qui inizia l'ascesa alla Serra di Crispo, costeggiando sulla sinistra il lato Sud/Est della Serra. Si continua ancora e si arriva in vetta, per ammirare e godere il paesaggio, la vista spazia ovunque, dalla Grande Porta alle innumerevoli cime del Massiccio del Pollino, mozzafiato anche il panorama verso Monte La Spina, Monte Alpi, Monte Sirino. A questo punto decidiamo di andare a fotografare Titano, il più anziano dei Pini di Serra Crispo. Posto in un luogo incantato, un anfiteatro popolato di maestosi pini loricati e ammassi di rocce e contornato da macchie di basso ginepro. Inizia il ritorno dell'escursione, un rientro inconsueto, lungo il ripido versante della cresta Sud/ Est. Si fotografa ancora, poichè scendendo si possono ammirare i "Monumenti", spettacolari monoliti rocciosi e loricati maestosi . Il rientro, un pò faticoso, dopo aver superato il bosco di faggi riusciamo ad uscire allo scoperto per raggiungere la fonte di Pitt' Accurc'. Dopo una pausa proseguiamo nel bosco sul sentiero obbligato, il trekking finisce con la visita alla sorgente di Acquatremola con la foto ricordo. Tredici soci con cui abbiamo scambiato profonde riflessioni e scambiato opinioni durante questa escursione, lunga ma indimenticabile.

19 settembre 2021: Monte Cocuzzo di M. Serra & E. Torchia

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Era martedì mattina quando Veronica e Gianmarco ci hanno inviato il programma dell’uscita, insieme ad alcune fotografie dell’escursione che risalivano a qualche anno prima. Dopo avere visto le fotografie e avere letto il programma ci è venuta subito voglia di aderire. Si trattava di una salita in stile alpino del Monte Cocuzzo (1541 metri) la cima più alta della catena costiera del Tirreno cosentino. Salita da effettuare legati in cordata. Era da tempo che desideravamo cimentarci in una risalita di questo tipo. La mattina del 19, lasciate le macchine a quota 1000 metri circa, ci siamo incamminati nel bosco sul versante Ovest della catena costiera alle spalle di Fiumefreddo Bruzio (CS). Dopo un avvicinamento di circa un’ora siamo giunti nei pressi del canalone che scende dalla cresta approssimativamente per 300 - 400 metri. Arrivati al canalone abbiamo indossato i caschi di protezione perché in quel punto c’è pericolo di caduta massi. Guidati con sapienza e prudenza dall’organizzatore, Massimo Gallo, abbiamo intrapreso la risalita del canalone al centro del quale sono presenti massi e pietre in equilibrio precario: il cosiddetto ghiaione. C’era chi procedeva all’interno del ghiaione, facendo molta attenzione a non muovere i massi e le pietre che cadendo avrebbero potuto ferire chi camminava dietro. La maggior parte ha preferito risalire il ghiaione procedendo ai lati del canalone, dove erano presenti terra e rocce stabili e dove c’era anche la possibilità di aggrapparsi a delle sporgenze rocciose. Dopo circa una quarantina di minuti di risalita, o poco più, abbiamo indossato l’imbraco e la longe perché la difficoltà del percorso e l’esposizione richiedeva come precauzione di procedere in cordata. Abbiamo formato cordate di due e tre persone. Il ruolo di capo cordata è stato svolto da chi aveva più esperienza e competenza tecnica per effettuare la progressione in sicurezza. Il primo della cordata sceglieva la via migliore da seguire e, sfruttando le sporgenze delle rocce o le fessure, sistemava le soste e gli ancoraggi per la corda utilizzando fettucce e altri dispositivi usati dagli alpinisti. Tutto ciò al fine di offrire una protezione in caso di caduta o per assicurare gli scalatori con la longe, appena arrivati ad una sporgenza con spazio sufficiente per effettuare una sosta in sicurezza. È stato molto divertente effettuare la risalita in stile alpino. Non si trattava certamente di un grado di difficoltà elevato, ma non era nemmeno una passeggiata da fare in maniera spensierata. Non sono mancati i passaggi impegnativi che hanno richiesto tempo e attenzione. Passaggi in cui dovevi afferrare con decisione le rocce e calcolare bene i movimenti: dove mettere le mani, dove poggiare i piedi, quali passi fare e come. In quei momenti puoi provare anche un pò di paura, ma è questo uno degli aspetti che rende affascinante questa disciplina, unitamente al fatto di mettersi alla prova avendo sempre ben presente il limite, perché cadere, anche se assicurati con una corda e con la protezione del caschetto, non è mai una cosa raccomandabile. Chi ama la roccia prova una grande soddisfazione e un piacere palpabile nel risalirla. Quando si indovina la combinazione giusta di passi e appigli si ha l’impressione di avere risolto un problema la cui soluzione era sotto gli occhi ma non si vedeva, era necessario impegno per trovarla. Mentre si procedeva non potevamo fare a meno di voltarci per ammirare il magnifico paesaggio circostante: il panorama sul mare da Paola ad Amantea, le splendide formazioni rocciose e, visibili dalla vetta, anche un nutritogruppo di grandi monoliti che non è usuale vedere.

18 settembre 2021: Montagnaterapia di Carla Primavera

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Siamo usciti dai contesti chiusi e ci siamo spostati in un contesto naturale in cui la persona può recuperare un senso di fiducia in se stessa e negli altri, percependo un suo ruolo attivo e riscoprendo le proprie capacità e i propri sentimenti. La giornata del 18 settembre, patrocinata dal Comune di Castrovillari e con l’aiuto del Centro Servizi Volontariato, insieme agli amici degli Special Olimpics Calabria, Il Filo di Arianna, l’Associazione Famiglie Disabili e MeglioInsieme Castrovillari, non è stata solo questo. È stata una giornata di Ascolto. Intesa come ascolto della natura attraverso i cinque sensi. Il “sentire” nella sua accezione più pura, limpida, inequivocabile. Con i nostri operatori TAM (Tutela Ambiente Montano) i ragazzi sono riusciti a riconoscere le loro sensazioni, annusandole, toccandole, guardandole per poi trasferirle ai presenti. A noi, speciali e onorati accompagnatori, di questa giornata fantastica. Tutti siamo tornati bambini, lasciando andare le sensazioni, facendole emergere, prepotentemente fuori di noi. Montagna da condividere. Si, mai come in questa occasione, dove l’animo e lo spirito di ognuno convergeva verso un unico obiettivo: sentirsi vicino. Senza barriere, pregiudizi o mistificazioni. Ognuno di noi ha indossato un cappellino bianco ed ha ricevuto una borraccia omaggio. Due piccoli oggetti che danno un segnale identitario e di attenzione alla natura. L’acqua, elemento essenziale alla vita, simbolo di purezza ed essenzialità, metafora di tutto quello che è semplice e allo stesso tempo essenziale. All’interno del Club Alpino Italiano si sta sempre più animando un desiderio di solidarietà verso persone che manifestano fragilità, in linea con una vocazione intrinseca al CAI tesa a diffondere la conoscenza della montagna. La Montagnaterapia integra le proposte terapeutiche e riabilitative tradizionali, è un intervento innovativo che aiuta a sbloccare i vicoli ciechi del malessere psichico ed emotivo e a restituire al soggetto impressioni e senso di libertà. E poi ancora vi sono benefici legati all’autonomia. Estendere la capacità di prendersi cura di sé e, alcune volte, anche degli altri. È un obiettivo ambizioso. Noi ci stiamo lavorando. E significa anche aprirsi al nuovo, imparare nuove opportunità sul piano esistenziale, ridimensionare le cose e assumere diverse prospettive, come solo la montagna riesce a fare, a provare euforia e maggiore sicurezza quando l'ostacolo viene superato, quando raggiungiamo mete che per noi sembravano irraggiungibili. Anche abbracciare gli alberi, rimanendo in bilico su gambe malferme, ci trasferisce sana energia. Partecipe in ogni fase della giornata il Sindaco della Città di Castrovillari, Mimmo Lo Polito, accompagnato da diversi Assessori e Dirigenti, che ha ricordato come “l’evento, rivolto a persone con mobilità ridotta e abilità diverse, oltre a promuovere l’amore per i nostri monti, rilancia il ruolo terapeutico della natura come accompagnamento alla crescita armoniosa delle persone e delle capacità nel saper abbracciare il sociale con i suoi bisogni. Un’occasione da vivere nella consapevolezza che un momento del genere è per far nascere amicizia e l’idea di un NOI che può suscitare sostenibilità. Il valore di queste attività e la scelta della Montagna non è casuale perché richiama alla sanità e salubrità del nostro ambiente, all’imponente bellezza della natura che abbiamo ereditato affinché possa essere fruita completamente da tutti per ciò che trasmette e sprigiona". Un ringraziamento caloroso ai soci che si sono resi artefici e disponibili, in particolare alla professoressa Mariella Greco e ai ragazzi del Servizio Civile delle Associazioni, a scalare una montagna diversa. Più dolce, sincera, amabile, attraverso gli occhi felici di chi ha partecipato. Noi stiamo già pensando al prossimo appuntamento… alla prossima!

12 settembre 2021: Ercolano ed Oplontis di Carmen Belmonte

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Sono trascorsi due anni dalla visita agli Scavi archeologici di Pompei e alla Villa dei Misteri ed eccoci qui, dopo la pausa d’Agosto, a riprendere le attività del CAI Castrovillari insieme al Gruppo Archeologico del Pollino, desiderosi di vivere emozioni e belle sensazioni facendo un tuffo nel passato. Partiamo in 22, alla volta degli Scavi Archeologici di Ercolano, dove ci accolgono le nostre guide e una bellissima giornata calda e soleggiata. La visita inizia al Museo, dove è custodita la Barca romana di Ercolano. Dopo aver ammirato l’ottimo stato e il preciso restauro della barca e di altri oggetti ritrovati, ci incamminiamo per la visita degli scavi. La città di Ercolano, luogo residenziale per l’aristocrazia romana, fu scoperta nel 1709 casualmente, a seguito di lavori per la realizzazione di un acquedotto e, i successivi scavi, portarono alla luce i resti della città, seppellita sotto una coltre di ceneri, lapilli e fango durante l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., insieme a Pompei, Stabia e Oplontis. In realtà, sono stati riportati alla luce quattro dei 20 ettari totali su cui la città si estendeva. L’impianto urbano era di tipo ortogonale con incroci ad angolo retto, con i decumani che si incrociavano con i cardini. Lungo le strade lastricate ammiriamo le fontane e i termopoli, cucinotti che si affacciavano direttamente sulla strada per la vendita di cibi cotti di ogni sorta, principalmente minestre di farro, fave e cicerchie. Le case conservano ancora intatte, anche se carbonizzate, le travi di legno e una scala in legno. In particolare, nella Casa del Tramezzo è presente una sorta di porta pieghevole in legno con battenti sagomati e sostegni di bronzo per reggere le lucerne, con la funzione di dividere l’atrio dal tablino. Nella Casa di Nettuno e Anfitrite è possibile ammirare due lastre di marmo dipinte con la tecnica dei monocromi in rosso e il mosaico in pasta vitrea del tablino raffigurante Nettuno e Anfitrite. La passeggiata prosegue verso la Palestra, dove entriamo attraverso un portico in ordine corinzio e visitiamo una piscina decorata al centro con una fontana di bronzo, le Terme con le sezioni femminile e maschile e le Botteghe. Terminata la visita di Ercolano ci spostiamo agli Scavi di Oplontis per visitare la bellissima Villa di Poppea, attribuita a Poppea Sabina, seconda moglie dell’imperatore Nerone, o alla sua famiglia, dove sono stati rinvenuti i calchi delle radici di grandi ulivi, un giardino con statue di marmo e numerosi affreschi raffiguranti cestini di frutta, pavoni e maschere teatrali. Soddisfatti ci congediamo dalle guide, concedendoci il meritato pranzo con il mare di Torre Annunziata che ci fa da sfondo e facciamo ritorno a Castrovillari, arricchiti da tanta storia, arte e convivialità. Alla prossima avventura nel passato.

1/2 agosto 2021: Capanna Margherita di Gianmarco Martino

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Notte di scambi gassosi tra cuore e polmoni in disfunzione, notte d’alterazione per gli impulsi elettrici che partono dal cuore, notte di transizione dalla fase aeriforme a quella liquida del respiro. Notte in cui Morfeo fa lo gnorri, visita solo a tratti. Notte di dimensione 70x210cm, la grandezza del tuo sacco lenzuolo. Notte buia con pensieri luminosi. Notte al Rifugio Città di Mantova, 3498m. Alle 3:30 la sveglia spezza un sonno mai tale. Dietro le precarie goccioline di condensa appese al vetro della finestra, il cielo è un ammasso primordiale di sistemi, gas, stelle e costellazioni: sono le luci provenienti dalla pianura a ricordarti che sei umano, pianeta terra, alla testa del ghiacciaio del Garstelet.

La sala comune si riempie di alpinisti che, a testa bassa, fanno colazione. Il locale dabbasso è un involucro maleodorante di scarponi non del tutto asciutti, i rumori metallici di ramponi, piccozze e moschettoni spezzano la tensione. Qualcuno tradisce quel sentimento, altri stentano tranquillità, altri ancora controllano i nodi prima della partenza. Nella piattaforma dinanzi al Rifugio si formano le cordate, si accendono le lampade frontali, si tenta di squarciare la notte con l’ascesa.Nel buio si risale, in silenzio, il pendio che conduce al plateau che circonda la Capanna Gnifetti, il crack dei ramponi a contatto con la neve ghiacciata, una processione laica risale il fianco Sud-Est del ghiacciaio del Lys. Le lampade frontali degli alpinisti mostrano la via da seguire, piccoli punti di luce che salgono, come lucciole. In marcia si attende la nascita del sole, leggerissime folate la accompagnano, una scintilla luminosa nel bianco è la roccia della scoperta. Lentamente, tutto inizia a connotarsi, i margini delle creste diventano vivi, i dettagli sono pian piano più nitidi, il Rosa si rivela agli scalatori, infine. Dal Colle del Lys la Capanna Margherita sembra una roccaforte di laminato in rame che si erge, isolata, su uno scoglio, una fortezza sul deserto dei tartari. Il cielo è di colore azzurro, l’orizzonte è libero, chiaro, nessuna nuvola in cielo. Si risale così il Grenzgletscher costeggiando la Punta Parrot, enormi seracchi che incombono sulla traccia sono la base di quello scoglio su cui la Capanna è ancorata. Al Colle Gnifetti gli dei della montagna decidono che è il momento di entrare in gioco. Raffiche di vento gelido investono coloro i quali tentano l’accesso a Punta Gnifetti, nel pendio nevoso che conduce alla cima, si combatte contro il gelo, le dita delle mani ormai insensibili, il naso e le guance in preda agli elementi, il passo è rallentato, si muovono i piedi contro la neve smossa per mantenere vivo l’afflusso del sangue alle dita.

E poi. La Capanna Margherita, il rifugio più alto d’Europa, quota 4554m. La commozione di qualcuno è nascosta dagli occhiali, gli abbracci riscaldano più del tepore interno al rifugio: l’empatia, il sostegno, il cameratismo della cordata riattiva la circolazione, riscalda anima, corpo e testa, aiuta a realizzare dove si è, scioglie l’acqua ghiacciata nelle borracce. «Siamo arrivati, e tutti insieme». Finalmente, su quello scoglio, le cordate spazzano via le paure dell’ascesa, la tensione della marcia, il freddo patito. L’animo si rasserena, si sceglie di vivere quell’attimo il più allungo possibile, si dimenticano le amarezze. Robert MacFarlane ha scritto che chi sale sulla cima di montagna è per metà innamorato di sé stesso, per metà innamorato dell’oblio. L’innamoramento per sé stessi si manifesterà quando, alcuni, preferiranno posticipare l’oblio marciando nella nebbia verso i 4341m del Ludwigshöhe e, poi, ai 4167m del Balmenhorn. Altri, invece, avranno placato quell’innamoramento trovando ragione di sé nella sola discesa.

Ed eccoli, lì, prepararsi per il rientro, già consci della prossima vetta da raggiungere. Pino sistema un’ultima volta il rampone destro, Maurizio chiude la zip della giacca, Eugenio, già pronto, indossa anche gli occhiali, Carla guarda un’ultima volta il ripido versante valsesiano, Matteo allaccia ancora una volta il caschetto su quella cima, Rosa punta i bastoncini pronta a partire, Veronica alza il bavero del guscio. Da dietro, sorridente e felice, guardo gli amici e compagni di cordata. Ultimo momento prima della mancanza, della discesa, il lento rientro al dover vivere, quell’ultimo istante in cui lo sguardo volge verso la vetta e allontana, per un attimo, il momento di congedarsi da quel mondo.

24 luglio 2021: Direttissima al Corno Grande del Gran Sasso di Gianmarco Martino

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I sentieri e le vie che percorrono il Corno Grande si intersecano solo in parte, divergono in pendii, pareti e creste rocciose per poi ricongiungersi sotto la vetta. Portano numeri, 104 o 154, storie di donne e uomini: alcune volte i racconti coincidono, altre differiscono per poi, nuovamente, assomigliarsi ma non del tutto. Domenica mattina le raffiche da Ovest ci investono, il lungo traverso che porta ai 2669m del Bivacco Bafile percorre la parete Est e sembra riparato, questo ci dà speranza. Camminiamo sfilacciati, siamo un lungo serpente che striscia arrancando sulla ghiaia. Ci ripariamo in un avvallamento, il versante Sud del Corno Grande è il campo di battaglia di Eolo che nega il permesso. Questo, però, è successo dopo. ***

Sabato. Il sentiero che porta al Sassone è una striscia di ghiaia che si incunea nella parete Sud della Vetta Occidentale, quando la pendenza aumenta anche la sua esposizione ne risente e quando il sentiero diventa una crestina affilata il suo compito di portarci all'attacco della via è terminato. Il primo lungo canalino della direttissima è una lotta tra due affilati fianchi rocciosi in cui infilarsi, si accarezza con rispetto la roccia, si misurano i passi e si cercano gli appigli per le mani. Procediamocon calma e con metodo, la montagna oggi si sta concedendo a noi. Un terrazzino dove sostare dà il via al primo passaggio di II grado, una fessurina che porta al cuore del costone Sud. Sinistro-destro, sinistro-destro e siamo fuori. Un nuovo canalino, più stretto del precedente ci porta oltre la metà della via. La placchetta di II da cui si intravede la croce di vetta ci dice che l'uscita della via è vicina. Procediamo uno per volta, passi attenti cercando i giusti appigli nelle mani. Meglio non guardare sotto. E infatti. L'incoscienza, la fantasia e la determinazione nell'affrontare l'ultimo passaggio si rivela nel salto di Enzo sopra al vuoto, in Maurizio che fa sua la goccia d'acqua di Emilio Comici e decide che la via più diretta è sempre la più bella. C'è tempo anche per la paura quando un masso smosso dall'alto si stacca e passa a pochi centimetri da Antonio e Rosaria. E poi, finalmente, la cima. I 2912m delle Vetta Occidentale sono uno sperone di roccia calcarea a cui non più precariamente aggrapparsi ma da cui farsi coccolare perché accolti, infine. Si realizza di essere arrivati, forse, soltanto quando si è visto da dove si viene. O forse l'opposto. I dettagli giungono soltanto dopo. Il ghiacciaio del Calderone si apre sotto i nostri piedi, la vetta Orientale e Occidentale è la cornice di ogni foto. Lo scatto digitale che immortala sì il momento, chissà una fotografiadei pensieri come sarebbe. La discesa per la via normale è un simbolico e difficoltoso rientro verso il basso. A qualcuno sarà venuto in mente Ignazio Silone mentre, sulle stesse montagne, scriveva che «il cammino di ritorno non fu rapido, né semplice. Allo scopo di evitare una inutile caduta nel burrone, Rocco suggerì di procede assieme, solidali, secondo la tecnica delle cordate alpine [...] ciò che sedusse fu l'affermazione di Rocco che nel burrone ci si doveva cadere tutti o nessuno». La direttissima ci ricorda ciò, il cameratismo della cordata. ***

Quali storie raccontano quelle vie? Le domande, con rispetto dovuto s'intende, racconteranno di Pino e Maria Teresa, di Antonio, Enzo e Maurizio, di Carmelo e Rosaria, di Luana, Carla ed Eugenio, di Concetta e Francesco.

Lunedì. Il ritorno. Dalla croce di vetta alle croci quotidiane. Siamo noi, ancora, quelli che indossiamo pedule ai piedi, il pile e guardiamo il caschetto posato nel tentativo di ripercorrere, ancora una volta, quella via così diretta verso la vetta, per non scrollarsi di dosso le sensazioni, le emozioni e le paure vinte in quella ascesa. Tutti sognavano.

12 luglio 2021: Alba a Serra Crispo di Luana Macrini

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L’esperienza dell’alba a Serra di Crispo ha qualcosa di magico e intenso, difficile da descrivere con le giuste parole, quelle che tracciano con attenzione e cura un’esperienza così densa e ricca di sfumature, ma proviamoci. Tutto ha avuto inizio dalla preparazione dello zaino e dal desiderio di andare oltre la stanza dei giorni quotidiani per lasciarsi avvolgere dall’incanto della notte, dal bagliore delle stelle, dalla suggestione della Via Lattea, dal desiderio di vivere le prime luci del nuovo giorno con gli “Dei del Pollino”. Uscire dal ritmo della quotidianità per potersi dare la possibilità di esserci in quello spazio di tempo tra il mattino e il levar del sole, in quell’imbiancar che fa il cielo quando il sole si approssima all’orizzonte... e tutto ha avuto luogo nel più bel giardino naturale del Parco Nazionale del Pollino, circondati dal fascino e dal magnetismo dei Pini Loricati più sontuosi e vetusti. La vista, l’organo sensoriale più utilizzato, al buio è diventato più sensibile ma anche meno importante perche altri sono stati gli organi di senso usati e apprezzati. Si percepisce ogni rumore, si avverte il fruscio del vento e lo scricchiolio degli alberi, si registrano i passi nel buio e quello strano e improvviso rumore dietro di te, si sente il proprio respiro, si ascolta il silenzio che circonda e nutre di profumi unici. Tutto nella notte si amplifica: le emozioni si fanno più avvolgenti, e la bellezza di una vita selvatica e libera, alla quale non siamo più abituati, travolge, provoca e seduce. L’abbraccio del gruppo ha circondato e riempito la nottata trascorsa in sacco a pelo e l’ha resa una sorprendente ‘buona notte magica’. Siamo stati testimoni di uno spettacolo naturale d’incredibile bellezza e osservazioni che ha lasciato con il fiato sospeso, e che ha animato il più semplice dei pensieri: siamo tutti sotto le stesse stelle e tutti riponiamo, nel loro scivolar veloci e luminose, desideri e sogni. Il fascino romantico dell’alba è stato un momento speciale che ci ha fatto sentire in cima al mondo: avere solo il cielo sopra di sé, guardare le montagne e il mare in lontananza e il sole che con il suo spuntare lento e immenso ha pennellato il cielo di mille sfumature. E rimanere lì seduti in vetta...: solo natura attorno, catturati dall’inizio di un nuovo giorno, un momento così semplice e ovvio ma allo stesso tempo così stupefacente e vivo. Ci sarà più di una foto a ricordare che quella notte siamo saliti a 2054 metri raggiungendo Serra Crispo per guardare e ammirare l’alba, e, l’emozione vissuta ha animato quel ‘noi’, che dopo un’esperienza così, non sarà più lo stesso ‘noi’. Grazie…

27 giugno 2021: "Le 5 principali vette del Pollino” di Chrystyan Filice

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Intorno alle 7 partiamo da Colle dell'Impiso con il fantastico gruppo del CAI di Castrovillari e della sottosezione di Cerchiara di Calabria composto da: Maurizio, Pino, Veronica e Giuseppe verso la prima delle 5 vette della giornata. Dopo una bella salita di un paio di chilometri raggiungiamo Serra del Prete (2181 metri) intorno alle 8.20, da qui vediamo un bellissimo panorama e di fronte a noi si erge, imponente Monte Pollino, la nostra prossima meta. Scendiamo da un canalone verso Piano Gaudolino da dove inizia l'importante salita verso la seconda vetta della giornata. Lungo la strada si inizia a scorgere qualche pino loricato. Intorno alle 11.40 raggiungiamo la vetta del Monte Pollino (2248 metri) dopo aver mangiato qualcosa ci dirigiamo verso la terza cima, nonché la più alta del Sud Italia ovvero Serra Dolcedorme, prima di far ciò però una visita al nevaio del Pollino era d'obbligo. Il nevaio ha sicuramente risentito del caldo di questi giorni, ma nonostante tutto la coltre nevosa dovrebbe essere ancora intorno ai 2/3 metri circa. Attraversato Colle del Malevento ormai la vetta è a poco più di un'ora di cammino. Infatti alle 14.30 raggiungiamo anche Serra Dolcedorme (2267 metri). Scendiamo fino al piano di Acquafredda per attaccare la salita verso Serra delle Ciavole, lungo la via incrociamo Italus il pino Loricato più vecchio d'Europa con poco più di 1200 anni (quando Colombo scoprì l'America, questo pino aveva già più di 500 anni). Alle 17.40 arriviamo in cima a Serra delle Ciavole (2130 metri) dopo una salita abbastanza dura, complice la stanchezza accumulata. La nostra strada prosegue attraverso il giardino degli Dei: alberi monumentali ultracentenari di Pino Loricato ci scortano verso la nostra ultima vetta della giornata. Abbiamo anche la fortuna di avvistare un grifone. Finalmente alle 19.40 arriviamo su Serra Crispo (2054 metri) da dove godiamo un panorama splendido riscaldato dagli ultimi raggi del sole al tramonto. Qualche ora più tardi raggiungiamo nuovamente Colle dell'Impiso da dove eravamo partiti la mattina. 11 ore di cammino più le pause, 28 chilometri circa, sicuramente l'escursione più impegnativa che abbia fatto fino ad ora, tanta stanchezza ma allo stesso tempo tanta felicità e orgoglio per aver raggiunto l'obiettivo e per aver passato una splendida giornata con persone fantastiche.

20 giugno 2021: La Muletta, la piramide di San Sosti di Vincenzo Maratea

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Oggi la meta della nostra escursione è La Muletta, la piramide di San Sosti. L'appuntamento con il gruppo proveniente da Castrovillari è al bar "L'Incrocio", al bivio di San Donato di Ninea alle ore 8/8,15. Preso al bar un buon caffè riprendiamo le auto e ci dirigiamo verso Piano di Lanzo dove troviamo ad attenderci il gruppo di Corigliano Rossano.Il rifugio è ancora chiuso ma a breve dovrebbe tornare funzionante in quanto è stato preso in gestione da una giovane coppia di San Donato ritornatadalla Germania appositamente per intraprendere questa attività. Auguro a Sabrina, una mia ex alunna, e a suo marito una buona riuscita. Ne hanno bisogno loro e ne ha bisogno il territorio. La zona necessita di un rifugio all'altezza dei monti che lo sovrastano, Cozzo del Pellegrino e Monte Mula. Dopo la presentazione e le dovute raccomandazioni antiCovid da parte della Presidente Carla, e l'illustrazione del percorso da parte mia iniziamo il cammino. Sono con noi due nuovi soci, Giuseppe e Teresa. Seguiamo la sterrata alle spalle del rifugio, in direzione di Valle Scura. Attraversiamo due ruscelletti quasi privi d'acqua e ci immettiamo nel bosco di faggio. Ci guidano le bandierine bianco/rosse del Sentiero Italia CAI n. 601. Alla fine della sterrata imbocchiamo in rapida discesa il sentiero che attraverso un bel bosco di ontani, cerri e faggi conduce all'Acqua di Frida. Lungo il percorso attira la nostra attenzione un'unica e sola peonia pellegrina ancora in fiore. Naturalmente fotografata da quasi tutti.Al fontanile di Frida ripristiniamo le borracce con acqua freschissima. Il toponimo Frida deriverebbe appunto dalla particolare freschezza dell'acqua. Lasciamo per un pò il Sentiero Italia e saliamo per andare a vedere la vera sorgente che si trova leggermente più sopra. L'acqua fuoriesce direttamente da una grotta, percorribile per una cinquantina di metri, naturalmente da speleologi, e quando il livello dell'acqua è minimo. Torniamo indietro dalla grotta e riprendiamo la sterrata lasciata poco prima. Un po’ tra gli alberi e un pò allo scoperto, oggi il caldo si fa sentire, raggiungiamo il Campo, uno splendido pianoro carsico a 1560 metri di altitudine. Lo attraversiamo in direzione Sud e ci dirigiamo verso la Muletta, meta finale della nostra escursione. Scorgiamo degli allevatori che consumano il pranzo all'ombra di maestosi faggi nei pressi di una croce in legno. Fino ad un paio di anni fa, l'ultima domenica di agosto, il parroco di San Sosti con a seguito un bel numero di fedeli veniva a celebrare qui la Santa Messa. Ora il parroco è anziano e questo non avviene più.Scambiati i saluti con gli allevatori proseguiamo e attacchiamo l'erta salita che conduce in poco più di mezz'ora in cima alla Muletta. Tra le pietre possiamo ammirare una miriade di fiori dagli svariati colori: Edraianthus, Anthyllis, Globularia, Helianthemum, ecc. Dalla Muletta lo sguardo spazia sul Campo, sulla Mula, sul Pellegrino, su Montea, sulla Caccia e su Petricelle, sullo Ionio e sul Tirreno ma oggi la giornata è molto afosa e la visuale è scarsa. Fatta la foto di gruppo in vetta, ritorniamo al Campo, dove all'ombra dei faggi consumiamo il meritato pasto al suono dei campanacci delle mucche che ci guardano con occhio perplesso mentre si dirigono in ordinata processione ad abbeverarsi ad una pozza d'acqua. Dopo un po' arriva anche un gruppo di cavalli che, scalpitando va a dissetarsi alla stessa pozza. Riprendiamo il cammino del ritorno e arrivati alle macchine a Piano di Lanzo ci tocca sacrificarci davanti alle torte di Mario e ai liquori preparati dalla mamma di Carmen. Il percorso è stato lungo, 19 km, ma molto appagante.

13 giugno 2021: Parco Nazionale d’Aspromonte di Carla Primavera

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L’Aspromonte è sempre stato nel nostro cuore. Non potevamo certo mancare questo appuntamento, nona edizione di "in CAMMINO nei PARCHI" organizzata dal CAI in collaborazione con Federparchi. Una giornata nazionale che racconta i territori e le popolazioni. Annullata nel 2020 per i motivi ormai noti a tutti noi, e ripresa, come organizzazione, dalla Sezione CAI di Reggio Calabria, questa giornata nazionale, in Calabria, coincide con una intersezionale regionale dove, di anno in anno, una sezione diversa riunisce tutte le sezioni calabresi per rinsaldare i legami, rivedere vecchi amici e incontrarne dei nuovi e far conoscere ancor di più la nostra meravigliosa regione a chi fa parte del mondo del Club Alpino Italiano. Erano presenti tutte le sezioni calabresi e, nonostante la distanza chilometrica, noi eravamo i più numerosi. Presenti il neo eletto Proboviro nazionale Claudio Zicari, il Consigliere Centrale Eugenio Iannelli e una bellissima famigliola con due vivaci ragazzi che hanno allietato la nostra escursione. Hanno voluto condividere con noi la sistemazione per dormire e mangiare, anche i nostri amici del CAI di Cosenza, Roberto, Luca e Angela. La nostra scelta è ricaduta sul borgo di Gallicianò, frazione del Comune di Condofuri e unico borgo attualmente interamente ellenofono, anche se la lingua arcaica è utilizzata in un ambiente sempre più esclusivamente domestico. Grazie al suo isolamento strutturale, ha mantenuto intatte le tradizioni culturali, artigianali, musicali e ha sviluppato nei suoi abitanti un forte spirito di aggregazione e ospitalità, caratteristiche peculiari dei Greci di Calabria. Giovanni, Nino, Leonardo, ci hanno fatto sentire veramente a casa, coccolandoci con quella gentilezza e quelle bontà tipiche: maccheroni al sugo con ricotta di capra, salumi, sott’oli, formaggi, latte di capra a colazione e altre chicche, tipiche di questi luoghi e rigorosamente di produzione propria. Abbiamo avuto l’onore di essere accompagnati a visitare la piccola chiesa ortodossa di Panaghìa tis Elladas (Madonna di Grecia), proprio da Domenico Nucera, l’architetto che si occupò della ristrutturazione di questa chiesetta bizantina, edificata ristrutturando una casa in pietra nella parte alta del paese, aperta al culto e che rappresenta la testimonianza, in un rinnovato clima ecumenico, di un ritorno da pellegrini degli ortodossi in siti di culto greco. Accanto alla chiesetta è stato costruito anche un piccolo anfiteatro che si affaccia sulla valle dell'Amendolea. Abbiamo proseguito con la visita al piccolo museo etnografico, che è stato realizzato raccogliendo utensili utilizzati nella vita quotidiana dagli antenati degli abitanti del borgo. Sono presenti coperte di ginestra, musulupare (stampi tradizionali per formaggio), zampogne, lire ed altri rari oggetti che appassionano gli amanti dell’antropologia culturale. Una stanza riproduce fedelmente la vita degli antichi abitanti di Gallicianò. Completiamo la visita del borgo con la Chiesa di San Giovanni Battista, di origine bizantina, edificata nella splendida piazzetta del centro storico; essa ospita il santo patrono con duplice veste: da adulto, nella statua in marmo conservata nella nicchia sopra l’altare, e da bambino, nel simulacro che il 29 agosto viene portato in processione per le vie del paese. Dietro l’altare vi è presente una struttura lignea di tipo barocco meridionale che custodisce, dentro una nicchia sormontata da un arco di trionfo, una pregevole statua in marmo bianco raffigurante il santo patrono. Il fonte battesimale anch’esso marmoreo è decorato con motivi floreali e foliacei tra i quali si nasconde il bellissimo volto di un putto. Insomma una bella immersione nell’Arte e nella Cultura grecanica. La giornata dedicata all’escursione, prevede la partenza dalla località Licordari, nel comune di Roccaforte del Greco, altro borgo distante da Gallicianò meno di 10 chilometri. Qui, riuniti tutti i partecipanti, abbiamo raggiunto Punta d’Atò, il cui significato in grecanico (aquila) conferma l’eccezionalità del punto panoramico. Visibilissimo l’Etna, in tutta la sua maestosità e i suoi pennacchi di fumo. Una roccaforte rocciosa che ci ha regalato un panorama incantevole e che ci ha consentito di osservare un imponente fenomeno erosivo per il quale Giustino Fortunato definì l’Aspromonte “uno sfasciume pendulo sul mare” e cioè la frana che si è aperta nel vallone Colella. Enorme, inoltre, è l’apporto di detriti che la frana riversa nella Fiumara Amendolea. Il fenomeno esiste ormai da oltre 70 anni e, nonostante i tentativi di rimboschimento, è in continua evoluzione tanto da essere divenuta la più grande d’Europa. Raggiunta la località Zumbello, gli organizzatori ci hanno deliziato con un gustoso pranzo a base di fagioli e salumi vari, annaffiati da buon vino e sane chiacchiere. Prima di riprendere la strada del ritorno, non poteva mancare i saluti istituzionali da parte dei Presidenti sezionali, del neo eletto al Collegio Nazionale dei Proboviri Claudio Zicari e del Consigliere Centrale Eugenio Iannelli. Un grande ringraziamento alla sezione di Reggio Calabria per la minuziosa organizzazione e agli Operatori TAM presenti, Rocco, Maurizia, Pietro e Francesco per il lavoro svolto. Alla prossima!

6 giugno 2021: Timpa di San Lorenzo di Eugenio Iannelli

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Torniamo sulla “normale” della Timpa con un grande groppo in gola. Infatti l’ultima volta l’avevamo scalata in tutta la sua aerea lunghezza per festeggiare e omaggiare un grande alpinista quale era Franz Rota Nodari che il giorno prima, a Castrovillari, aveva tenuto col fiato sospeso una ammutolita platea di circa 100 persone, con immagini fantastiche, fuori dall’ordinario, delle "sue" 82 vette sopra i 4000 metri e la dettagliata esposizione sul come, dove e quando, tutto questo è stato possibile. Franz purtroppo è venuto a mancare nel 2018, lasciando grande amarezza, dispiacere e un profondo vuoto nel cuore delle persone che hanno avuto la fortuna di conoscerlo. Tanti amici quel giorno, un’avventura indimenticabile. Cosi scriveva la nostra Presidente Carla: “Grazie Franz, ci auguriamo che la nostra accoglienza ti abbia conquistato, le nostre montagne affascinato e abbiano fatto nascere in te il desiderio di tornare.” La giornata di domenica invece è stata vissuta con grande distensione, ormai le giornate si sono allungate e ci possiamo concedere di partire anche più tardi. Siamo in tanti, ma permettetemi una citazione speciale per gli amici di Marcellinara (CZ), Fiorella ed Emanuele, che hanno fatto un bel viaggio pur di stare con noi. La zona la conosciamo, fantastica, apre infiniti e coinvolgenti scenari sulla storia geologica del nostro Parco e panorami mozzafiato. Percorriamo un tranquillo sentiero che solo nella parte cacuminale diventa leggermente più irto. Camminiamo su prati e rocce dove sono perfettamente visibili e riconoscibili le “rudiste”, fossili di molluschi bivalvi, che appaiono intorno ai 160 milioni di anni fa e si estinguono intorno ai 60 milioni di anni fa, elementi tipici della formazione di "piattaforme carbonatiche", cioè sedimenti che diventeranno per gli specifici processi geologici, rocce calcaree. Questi molluschi, vivevano fissi sulla roccia sottomarina poco profonda, in gruppi numerosi e la particolare genesi delle rocce carbonatiche li ha resi parte delle stesse. Oggi sono per gli studiosi ottimi "fossili guida", cioè una particolare categoria di fossili che possono essere utili per individuare l’età del sedimento in cui sono contenuti. Per quelle del Pollino, la loro utilità permette di datare con più precisione il periodo del Cretacico (145-65 milioni di anni fa). In cima, dopo le foto di rito, consumiamo il pranzo al sacco e ridiscendiamo compiendo una variazione sul percorso che ci permette di arrivare alla Chiesetta di S. Anna. Piccola costruzione in pietra locale murata a secco, si mimetizza bene con la roccia su cui poggia. Alla fine degli anni Ottanta, fu costruito, accanto alla chiesetta, un campanile, per darle “più decoro”. Si sa poco dell’origine della chiesa e del culto. Si ritiene sia stata costruita per dare un luogo di preghiera e di riferimento ai pastori che, isolati, raramente potevano recarsi in paese. Un luogo di preghiera e di ritrovo. E questo certamente dava forza e coraggio ai pastori, soprattutto nella stagione invernale quando le nevicate erano abbondanti. La festa, ultima domenica di luglio, è molto sentita dai Sanlorenzani. Questo grazioso luogo di culto era ancora più piccolo di come si presenta oggi. Infatti, fu ampliato negli anni 1951/52. La giornata volge al termine ma, ma per chiuderla degnamente, i saluti ce li concediamo davanti a un bel boccale di birra e degustando il dolce della nostra Carla, del gruppo di Corigliano/Rossano, comodamente seduti nel bar centrale di San Lorenzo Bellizzi.

30 maggio 2021: Morano Calabro. Colloreto > Colle Gaudolino di Mimmo Filomia

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Escursione da Colloreto a Gaudolino, frazione della tappa del Sentiero Italia 901 Morano Calabro - Gaudolino - Madonna del Pollino. Escursione con tanti partecipanti e condivisa con gli amici del Gruppo CAI Club Trekking di Corigliano/Rossano. Ancora nel rispetto del Covid 19, dopo le raccomandazioni di rito e i saluti di benvenuto ai nuovi e consolidati soci, ci avviamo sul bianco sentiero che in pochi tornanti ci conduce sulla corte del Monastero Agostiniano di Colloreto. Qui, fa bella mostra di sé, una particolare fontana circolare, che induce riflessione su l’originale uso. Il Monastero, posto a 900 m, è stato un importante crocevia religioso, artistico e commerciale, prima di essere distrutto dalle leggi Murattiane. Proseguendo, poco più in alto, invece, la leggenda narra, a testimonianza dell’opulenza dei monaci presenti, che da un foro di un manufatto, non poco distante dalla fontana, fuoruscisse il latte munto sulla collina sovrastante. Ci lasciamo alle spalle i rumori della civiltà, appena colorata di “giallo” proveniente dal nastro d’asfalto dell’autostrada A2 del Mediterraneo, che al di sotto entra nelle viscere del rudere. I segnali bianco/rossi del CAI, sono la conferma che siamo sul sentiero giusto e questi non ci abbandoneranno fino a Colle Gaudolino (1680m). Oggi il meteo, sempre più preciso, non è dalla nostra parte, ma, l’appropriato equipaggiamento personale, ci consente di continuare e sorprendere il bosco, nell’incontro con la pioggia e gustare l’odore emanato dalle foglie secche umide, calpestate e il luccichio di quelle novelle gocciolanti. “La nebbia agli irti colli piovigginando sale”, perciò tutti Carducciani in escursione. Il sentiero è un’antica via istmica tra Calabria e Lucania, in passato, da qui, è transitato di tutto, greggi al pascolo, mercanzie, briganti, pellegrini. Il sentiero, conosciuto come la “Scala di Morano” lungo 6 Km, si sviluppa in verticale. Oggi ha presentato difficoltà di progressione anche per la nebbia e la pioggerellina, ma, le peculiarità intrinseche dell’ambiente visitato, le hanno fatto passare in secondo ordine. Il sentiero, da subito in salita e a gradoni, stretto tra Serra del Prete e il contrafforte di Pollinello, restituisce due copiose sorgenti, Tufarazzi e Serra: gioia per gli escursionisti assetati e stupore per le cascate che formano. Giungiamo al rifugio di Gaudolino, nel tempo previsto, ma non avendo prenotato, siamo stati costretti a dividere spazio e fuoco con altrettanti numerosi amici provenienti dalla Puglia. Condividere il pranzo al sacco, a tavola e al coperto, tra una folata di nebbia e uno scroscio di pioggia, ai piedi del Pollino non ha prezzo! Oggi nebbia e pioggia incontrate in quota, ci hanno fatto entrare in simbiosi con la natura. Vedere gocciolare e scivolare sulla mantellina le stesse goccioline che prima hanno bagnato gemme e foglie sugli alberi, rappresenta un legame tra natura e uomo. Altra cosa è vedere, pigramente, scendere la pioggia con il naso schiacciato sul vetro della finestra di casa. Al ritorno il meteo ci ha graziato regalandoci sprazzi di sole, per la foto di gruppo, a suggello di una bella performance.

23 maggio 2021: PNCVDA - Monte della Stella di Gaetano Cersosimo

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Finalmente ci siamo rimessi a camminare, seconda uscita dopo la pausa causa Covid. Nel suggestivo Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, siamo andati alla scoperta del Monte della Stella (1131m). Partiti da Perdifumo, un borgo situato nel Cilento Antico, che sorge su un convento dedicato a S. Arcangelo, gli abitanti, in seguito, si spostarono a valle, dove scorreva un torrente da cui prende il nome attuale del paese, ossia "ai piedi del fiume", quindi Perdifumo. Oggi caratterizzato dalla piazzetta, dalla Fontana pubblica del 1500, dalla parrocchia di S. Maria delle Grazie, dai numerosi palazzi gentilizzi con portali in pietra lavorata. Importanti sono i borghi vicini, Vatolla, immersa in una vasta area verde formata da castagni, ulivi e macchia mediterranea. Mercato Cilento altra frazione importante. Nel borgo si tenevano importanti mercati commerciali di tutti i generi e al quale affluivano numerosi visitatori provenienti dai paesi circostanti. Camella, borgo di origine longobarda, caratterizzata dalla chiesa a San Nazaro Martire. Perdifumo fu vissuta anche dal brillante fisico catanese Ettore Majorana, laureatosi alla guida di Enrico Fermi, il cui carattere timido lo portava spesso a rimanere in casa a studiare. Egli decise di scomparire per motivi personali e successivamente si rinchiuse nella Certosa di Serra San Bruno in Calabria, per sfuggire a tutto e a tutti perchè non tollerava la vita sociale. Dopo venti minuti di cammino ci siamo ritrovati immersi in un paesaggio di montagna. Il suggestivo sentiero ci conduce alla Sella di Corvara (700m), per prima una zona boscosa e poi sul crinale, altamente ombreggiato e panoramico, una vista mozzafiato. Si osserva, da una parte, la catena montuosa degli Alburni, il Monte Cervati, il Monte Gelbison, Monte Bulgaria, dall'altra, Punta Licosa, la costiera Amalfinata, Capo Palinuro e, anche se offuscata dalla calura estiva, l’isola di Capri. Camminando lungo il crinale si affacciano i ruderi di Castelluccio, un'importante fortificazione longobarda dalla quale si domina la Piana di Paestum, qui veniva ricavato il legname di castagno, commercializzato e utilizzato per la costruzione di mobili, recinzioni e pali per vigneti. Proseguendo il dolce percorso si arriva alla "Pietra Ru' Lu Mulacchio", gigante di pietra che, nel dialetto cilentano significa "Pietra del figlio illeggittimo", perchè associato ai riti di fertilità e anche luogo dove si consumavano amori e tradimenti. L'uomo è stato sempre affascinato da queste virtù e poteri magici. Questi monoliti sono incastonati al centro di un piano verde. Sopra a queste enorme rocce si può salire con una scaletta in legno, secondo la tradizione locale possedevano un potere "ermetico", che sarebbe confermato dal fatto che nel giorno del solstizio d'inverno i raggi del sole attraversavano esattamente lo spazio unito tra le pietre. Continuando sul sentiero fiorito di ginestra raggiungiamo la vetta del Monte della Stella e della piccola chiesetta consacrata alla Madonna, risalente all'anno mille. Un itinerario da non perdere. Alla chiesetta, approfittando della pausa pranzo consumata su un terrazzo, degustiamo i nostri prodotti con lo sguardo rivolto allo spettacolare Capo Palinuro esattamente ai nostri piedi. Riprendiamo la lunga e lenta discesa, cosidetta "La Scala Santa", facendo dovute pause per ammirare altri monoliti di pietra e per goderci i colori e i profumi della flora e in questo periodo tutti in fiore, come i lecci, i fichi d' india, carrubi, corbezzoli, mirti e sambuco. Abbiamo apprezzato, al nostro passaggio, le frazioni di Amalafede e di Guerrazzano, piccoli borghi del Cilento, con vicoletti, stradine e antichi portali. Giungiamo infine a Stella Cilento, un piccolo paese di 700 abitanti, chiamato prima nel XIX secolo "Porcili", tale perchè dava un’immagine poco gradevole del luogo, l'amministrazione lo modificò in Stella Cilento, con riferimento al vicino monte. Concludiamo l’escursione seduti ai tavolini del bar del paese degustando la ciambella rustica di Carla, del Gruppo CAI Corigliano/Rossano, e delle freschissime birre. Abbiamo avuto la pazienza di aspettare e la montagna ci ha ripagati con i suoi scenari stupendi. Ci siamo tuffati in una natura incontaminata e in una storia millenaria fatta di miti e leggende. Un ringraziamento a tutti i presenti, un ringraziamento speciale a Francesco, Giovanni e Luigi che con la loro sapienza hanno arricchito la nostra conoscenza su questo territorio cilentano.

7 marzo 2021: PNS - Montescuro > Macchia Sacra di Eugenio Iannelli

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Considerato che a gennaio abbiamo dovuto rinunciare a diverse escursioni a causa del lockdown si è pensato di organizzare un gradito fuori programma sulla neve per trascorrere serenamente una giornata in montagna. Anche questa domenica la partenza è avvenuta sotto un cielo plumbeo e minaccioso di pioggia, ma, appena arrivati in Sila, dopo una sosta in quel di Cosenza per aggregare il gruppo dei partecipanti provenienti da diverse centri, la situazione si è presentata in modo completamente diverso. Una bella giornata era lì ad attenderci per permetterci di gustare una bella passeggiata con le ciaspole lungo la nota e frequentatissima Strade delle vette silana. Un percorso dedicato agli appassionati di sci di fondo ma utile per una facile escursione senza grandi dislivelli, adatta a tutti. Attraverso spettacolari paesaggi montani, fatti di ampie vallate e fitte faggete la “Strada” collega le tre grandi vette della Sila, Monte Scuro (m1621), Monte Curcio (m1768) e Monte Botte Donato (m1928), tra queste la nostra meta il pianoro di “Macchia Sacra” situato proprio sotto le pendici di Monte Curcio. Monte Curcio è conosciuto ai più perché sulla sua sommità arriva la funivia proveniente da Camigliatello Silano, nota stazione sciistica calabrese, e perché negli anni ’70 proprio da Monte Curcio a Macchia Sacra scendeva una pista di discesa servita da uno skilift. L’escursione, nemmeno tanto breve, avendo percorso in totale più di 12 km, è scivolata via tranquilla tra le chiacchere dei partecipanti e l’osservazione dell’ambiente montano Silano che è sicuramente diverso da quelli cui siamo abituati nel nostro Pollino ma non per questo meno belli e affascinanti. Arrivati a Macchia Sacra, dopo le consuete foto di rito, abbiamo avuto modo di rifocillarci con un gustoso pranzo al sacco farcito con prelibatezze nostrane che hanno riscontrato l’apprezzamento di tutti. Veloce è stato il ritorno alle auto. Dopo aver dismesso le ciaspole e la degustazione di un buon caffè ci siamo salutati con l'augurio di vederci presto in occasione delle prossime uscite in programma, pandemia e lockdown permettendo.

28 febbraio 2021: Cozzo Pellegrino di Eugenio Iannelli

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Dopo circa un anno finalmente riusciamo a organizzare e portare a termine un’escursione alpinistica. Trovare il percorso adatto e le condizione migliori per l’utilizzo dei ramponi e della piccozza non è stato facile, vuoi per le condizioni meteo quasi primaverili di questo mese di febbraio che hanno fatto svanire la neve, caduta abbondantemente solo sopra i 1600 metri, per lo scioglimento della stessa nei canaloni del versante Sud/Est, che li rende particolarmente pericolosi con queste condizioni, ma soprattutto per la impossibilità di valicare il confine Regionale calabro del nostro massiccio, dove la neve resta copiosa essendo esposto a Nord, come da ultimo DPCM del Governo. La scelta cade su Cozzo Pellegrino dove confidiamo di trovare il terreno adatto per divertirci e utilizzare la nostra attrezzatura. La giornata si presenta soleggiata e sufficientemente fredda, ciò favorisce una piacevole progressione attraverso il sentiero che porta verso Piano Pulledro, Piano delle Rose, per poi andare in vetta. La prima ora di cammino, fino a Piano Pulledro (1570m), scorre veloce ma senza una minima traccia di neve. Ciò facilita la camminata ma ci demotiva un po’. Superato però il bivio per Acqua del Mangano/Piano Novacco del Sentiero Italia CAI, il versante del Cozzo Pellegrino, montagna da noi vissuta e frequentata diffusamente, non smentisce la sua fama e man mano che ci inoltriamo nella faggeta il sentiero si presenta coperto di neve il cui strato aumenta con l’aumentare della quota. Proviamo a calcolare lo strato di neve sotto i nostri piedi. L’opinione di tutti è che vi siano 1,80/2 metri di neve. Increduli, proprio per le motivazioni sopra descritte, troviamo certezza e conferma nel notare i nostri segnali bianco/rossi situati esattamente all’altezza dei nostri piedi quando in condizioni normali, nelle fasi di segnatura, li sistemiamo a quasi 2 metri di altezza dal terreno proprio perché siano visibili anche con la neve. Ciò ci riempie di gioia ma, come sempre accade, c’è sempre il risvolto della medaglia. Infatti la tanta neve e il gelo della notte hanno reso, soprattutto in alcuni tratti impervi anche se non eccessivamente ripidi, il sentiero ghiacciato e pericoloso tanto da indurci a calzare i ramponi molto prima del Piano delle Rose e proseguire con accortezza e relativa tranquillità. Arriviamo cosi al piano sottostante la cima del Pellegrino e una volta intrapreso, al suo opposto, il canalino per la salita, ci ritroviamo immediatamente allo scoperto, dove, Impugnata anche la piccozza, proseguiamo su quella meravigliosa parete che non tradisce mai gli appassionati del Pellegrino che amano frequentarlo nella sua veste invernale. Una ripida parete che deve essere affrontata con l’attrezzatura, il piglio e l’attenzione giusti, sia in salita sia in discesa, ma che di rimando, al suo culmine, la vetta, concede grande soddisfazione. Sulla cima imperdibile panorama ma questa volta con un mare di nubi a fare da coperta su tutto il resto. Dopo le innumerevoli foto di rito il pranzo al sacco è arricchito da un estemporaneo, inconsueto ma molto sentito festeggiamento nei confronti di Massimo, un grande amico, un ottimo alpinista che ha cercato e trovato nella montagna il suo mondo e il suo modo di esprimersi. Lui, cosentino, da sempre iscritto al CAI Castrovillari, ama e ha eletto le montagne del Parco del Pollino come sua residenza e frequentazione abituale. Tanti auguri Massimo dal profondo del cuore. La via del ritorno, oltre al semplice e puro divertimento della discesa della parete, presenta un solo altro segno degno di nota, ovvero la comparsa di un bell’esemplare di capriolo che si fa osservare nella sua leggiadra corsa fino a scomparire dalla nostra vista. Completiamo la giornata condividendo le rimanenti emozioni davanti a un bel boccale di birra.

21 febbraio 2021: Da Masistro a Piano Scifarello di Carmen Belmonte

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Appuntamento al solito posto e, come spesso capita, alla partenza da Castrovillari, ci accompagna un cielo nuvoloso, ma, come altrettanto spesso capita, arrivati a Campotenese, le nubi fanno spazio a un cielo terso. Il gruppo è numeroso e variegato, sono presenti soci CAI arrivati da Reggio Calabria, Crotone, Rossano e anche una famiglia con due piccoli neosoci, entusiasti e desiderosi di fare la loro prima esperienza con le racchette da neve. Lasciate le auto a poche centinaia di metri dal bivio per Piano Masistro ci avviamo verso Piano dell’Erba che raggiungiamo agevolmente per la poca presenza di neve che, purtroppo, ci accompagna sino al bivio per Piano Scifarello. Calziamo le racchette da neve nei pressi dell’abbeveratoio e ci portiamo sul piano dove possiamo ammirare il panorama sul Piano Novacco sottostante fino a raggiungere la cinta dei monti rivolti a Nord. La neve soffice, un caldo sole e l’imbuto creato dal piano invogliano i più a scivolare e divertirsi tutti insieme. Dopo il giusto divertimento si riprende la passeggiata sino alla parte opposta del piano che rappresenta la destinazione dell’uscita odierna. Qui prima di intraprendere il sentiero per piano Caramolo raggiungiamo un altro punto panoramico, questa volta sulla parte Sud/Est del parco, che ci permette di ammirare tutta la catena del Pollino da Coppola di Paola al Monte Sellaro. In questo bellissimo luogo consumiamo il pranzo al sacco. Dopo esserci rifocillati, circondati da questo panorama mozzafiato, ci incamminiamo per il ritorno alle auto con la consapevolezza di aver trascorso anche oggi una giornata piacevole tra persone accomunate dalla gioia di vivere la montagna con serenità e spensieratezza.

7 febbraio 2021: Belvedere de La Cresta di Mario Sammarco

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Ben tornato C.A.I. Ebbene si! Ben tornato agli amici della sezione CAI di Castrovillari. Dopo una lunga ed estenuante pausa, dovuta a divieti, limitazioni d’infiniti decreti e normative, ecco finalmente la prima uscita ufficiale della nostra cara Sezione del nuovo anno. E’ bastata una breve telefonata della nostra Presidente, alla quale auguriamo di trascorre con noi in gita e alla guida di questa splendida Sezione, ancora altre 100 primavere, per organizzare subito una uscita sulla neve, ma soprattutto è stato quell’input giusto, per suscitare in noi quell’entusiasmo e trasmetterci quell’adrenalina che muove ognuno di noi alla ricerca dei propri spazi, al contatto con la natura, a socializzare con gli amici ritrovati, per condividere con loro la gioia di stare insieme. Si quella gioia, allegria e spensieratezza che come dei bambini ci spinge a ritrovarsi a giocare per strada e che malati di Montagna come noi, ritrovano sul proprio sentiero la passione da condividere con gli amici di un tempo, con le proprie emozioni, e quel forte senso di aggregazione e appartenenza, che solo la Montagna sa regalarci. E così ci ritroviamo domenica mattina al bar da Nadia, al bivio Lìcastro di San Donato di Ninea per un caffè e per un doveroso e allegro saluto. Il desiderio di ritrovarsi per una gita fuori porto è veramente tanta. Si riparte in macchina, destinazione Rifugio Piano di Lanzo a quota 1350. In macchina con me l’amico di sempre e veterano, appena ritornato da Roma, Vincenzo Maratea. Dopo i tornanti che precedono e caratterizzano l’abitato e il centro storico di San Donato di Ninea, doverosa e breve, è la sosta al belvedere, in prossimità del ristorante Baita Malieni, per ammirare il panorama, particolarmente suggestivo per effetto della nebbia, che con un ampio manto avvolge i paesi della Valle dell’Esaro. S’intravedono, e appena emergono, come da una grande isola i suggestivi borghi di Policastrello, il castello di Malvito, il centro di San Marco Argentano. Oltrepassiamo e aggiriamo il suggestivo centro storico di San Donato di Ninea, posto ad un’altezza di 800 m dove spicca e domina, come un baluardo l’intera valle, dal piazzale della Motta, su uno sperone roccioso, la Chiesa di Santa Maria dell’Assunta. Lungo i bordi e le cunette della strada, non si può non osservare l’abbondanza dell’acqua che scorre incessante dai muretti e dai castagneti, per vie delle piogge intense di quest’inverno particolarmente piovoso. Giunti al Rifugio un breve saluto e benvenuto a tutti i partecipanti da parte dalla nostra Presidente prima di incamminarci verso la Cresta di Valle Scura, destinazione della nostra tappa. Alla prima radura, dove è posta la statua della Madonnina, occorre indossare le ciaspole per rendere meno faticoso e più agevole il percorso. La faggeta ci avvolge e ci guida, con tutta la sua eleganza e imponenza, lungo tutto il sentiero. Durante le pause, ci soffermiamo, di tanto, a osservare il panorama sottostante, dalla Valle dell’Esaro alla Piana di Sibari avvolti quasi completamente, come in un mare dalla nebbia. Mentre imponenti e maestose si mostrano, dal versante Sud occidentale la piramide della Muletta (1717m) e molto più conico, accentuato e ricco di neve il monte La Mula (1935m). Giunti al Piano della Cresta 1525 m, crocevia del sentiero 621 del monte La Calvia (1910m) e del Cozzo del Pellegrino (1987m) sostiamo per osservare il panorama con vista sino ai monti della Sila e del Golfo di Rossano. Ormai siamo a un passo dall’ultimo tratto di ascesa per gustarci il suggestivo effetto di vere e proprie dune di neve per poi giungere sul terrazzo della Cresta, obiettivo e meta della nostra escursione. Lo spazio di questo terrazzo naturale è limitato, occorre pertanto, osservare il panorama a turno, ma ne vale la pena. La visione spazia dalla sottostante Vallata dell’Abatemarco a tutto l’azzurro che dipinge la costiera tirrenica. In fondo alla valle ci appare sempre più maestoso il Monte Trincello con alle spalle i centri abitati di Grisolia, Santa Maria del Cedro e Scalea, fino al Golfo di Policastro. Dopo il panorama, ci tocca riscendere, ma il caldo sole e il riflesso innevato e abbagliante del Piano della Cresta, ci invitano a sostare e godere lo splendore di questa coltre bianca. Ed è proprio qui, che l’euforia e l’entusiasmo, ci spingono e ci invitano a improvvisare giochi sulla neve. Si slitta a tutta velocità sul pendio innevato della Cresta, con slittini di fortuna adattati al caso per la gioia dei più giovani e il sorriso degli adulti. Ebbene sì, la Montagna a volte è anche questo, la voglia di ritornar bambini. A malincuore bisogna tornare a casa, e ci incamminiamo sulla via del ritorno, ma senza prima aver fatto una doverosa sosta all’esterno dell’area del Rifugio Piano di Lanzo per consumare insieme, come in una grande famiglia, se pur con le dovute distanze del caso, le nostre buone e abbondanti provviste, accompagnate dall’assaggio del vino novello, del buon dolce di mia moglie Elisa e il tutto accompagnato perfettamente dall’ottimo limoncello della Dott.ssa Carmen.