Raccontatrekking 2024

1 dicembre 2024: PNA - Pietra Cappa di veronica Martino

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“Pioverà fino alle 09.00. E allora ritardiamo la partenza.” “No! Alle 12 inizierà a piovere. Anticipiamo!” “No no.. ho controllato: abbiamo tempo fino alle 13.00.” “Tranquilli. Domani non pioverà!” Al punto di incontro un arcobaleno ci da il benvenuto, tra nuvole e sprazzi d’azzurro ci salutiamo. Amici di Castrovillari, di Reggio Calabria e Serra Pedace si ritrovano. Incroci più sguardi ed è subito sorrisi, abbracci, risate, ricordi.. rievochi l’ultima escursione insieme, o la prima, quella che ci ha fatto conoscere, o quella più complicata, o un bicchiere di vino condiviso, una mano sicura in un momento di difficoltà. Ritrovi degli amici. Perché la montagna fa questo, unisce. La montagna è un modo di vivere. In macchina oltrepassiamo il paesino di San Luca, per raggiungere il punto di partenza dell’escursione. Un tragitto in salita, tra tornanti, ci guida. A bordo strada una pecora in solitaria, vacche sedute sull’asfalto, l’arcobaleno non ci lascia, capisci che c’è davvero qualcosa di speciale in questo Aspromonte. Tra gli alberi scorgi il profilo di un qualcosa di monumentale, misterioso, maestoso, che svetta contro il grigio del cielo: “è lei, è Pietra Cappa”. Spicca, imponente, tra la vegetazione della Valle delle Grandi Pietre. Distratti dalla sua bellezza ritardiamo a incamminarci. Il bosco sembra uscito dalla penna di un illustratore: alberi di corbezzoli tracciano la strada. Un tocco di fiabesco è dato anche dal muschio, il verde riveste i tronchi e le rocce. Le finestre tra gli alberi ci fanno godere delle tinte autunnali. I nostri amici di Reggio, durante il cammino, ci raccontano storia e leggende dell’Aspromonte, l’orgoglio e il forte senso di appartenenza traspare dallo sguardo, fiero, soddisfatto. Ai piedi di Pietra Cappa la testa è all’insù, siamo al cospetto del monolite più grande d’Europa. Entriamo in una fessura, un grande masso appoggiato alla roccia principale, ma a noi piace pensare di essere dentro Pietra Cappa. La aggiriamo, camminiamo sotto le sue pareti, siamo esseri minuscoli. La salutiamo, la Regina d’Aspromonte, e ci prepariamo al ritorno. A San Luca, visitiamo la casa di Corrado Alvaro. Qualcuno gira tra i vicoli. Amici di Castrovillari, di Reggio Calabria e Serra Pedace si salutano. Incroci più sguardi ed è di nuovo sorrisi, abbracci, risate, ti dai appuntamento alle prossime escursioni, pensi a nuovi percorsi, al prossimo bicchiere di vino condiviso. Saluti degli amici. Perché la montagna fa questo, unisce. La montagna è un modo di vivere. “Ha piovuto?” “Si, per tutto il tempo. Ma la pioggia non la ricordo. Ricordo, invece, il rosso dei corbezzoli, i colori dell’autunno e l’arcobaleno. Tanti arcobaleni.”

24 novembre 2024: Colloreto > Patriarca di Pasquale Aversente

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È domenica e già la sveglia, inesorabile, comunica che un giorno nuovo ha inizio. Sono appena le 5 e fuori fa già molto freddo, il cielo è sereno e per noi escursionisti è già un bel regalo. In macchina, il termometro segna lo zero termico. Primo appuntamento sulla 106, all’altezza del bar 5 gradini dove mi unisco agli amici di Rossano e si parte, destinazione Morano Calabro. Arrivati all’ agriturismo Colloreto, il gruppo CAI Castrovillari è pronto per partire. Come spesso accade, abbiamo amici che provengono da tutti i dintorni. Due cagnolini, che sicuramente alloggiano all’ agriturismo, decidono di seguirci, sempre allettati da qualche buon boccone. I doverosi saluti della nostra presidente e le informazioni degli organizzatori, ci indicano che siamo pronti a iniziare la nostra ascesa. Le guide Martino/Salerno ci prendono per mano e si parte. Prima tappa i ruderi dell’omonima Abbazia (1.546). Il prof. Bellizzi racconta che in due secoli di vita, i monaci Agostiniani ne fecero una congregazione potente e facoltosa. In seguito alle leggi murattiane, il monastero fu soppresso e divenne ben presto teatro di saccheggi. Alcuni elementi sfidano il tempo e le intemperie, come la torre campanaria, le stalle e la fontana ricavata dalla pietra che dà l’idea della grandezza del luogo. Da qui imbocchiamo il Sentiero Italia che sale verso il Piano Gaudolino, lungo la scala dei moranesi. All’arrivo al Piano, si taglia a destra per il bosco, per imboccare il sentiero che porta al maestoso Patriarca del Pollino, un gigantesco pino loricato di 1.000 anni circa. Maestoso, al suo cospetto, quasi ci si intimorisce. Qui consumiamo il nostro pranzo a sacco, innaffiato da due splendidi rossi di ottima fattura. Alla fine, dopo diverse degustazioni, la gara non poteva che finire con un ex equo, infatti sia Pino Salerno che Mario Sammarco sono bizantini. Ci avviamo velocemente per il ritorno, nell’intento di concludere la splendida giornata prima del calar del sole. Le ultime foto sono tutte per la cascata Tufarazzo, quasi a secco e lo stupendo tramonto sul monastero. I potenti mezzi, ci dicono che abbiamo camminato per circa 16 km. e superato un dislivello positivo di 1.135 mt. pertanto, una sosta nel bellissimo agriturismo Colloreto è a dir poco doverosa. La cordialità dei coniugi Coscia è palpabile, profondi conoscitori dei luoghi e persone molto garbate, non lesinano informazioni e brochure su quelli che erano i sentieri storici di quella zona. Consigliamo di assaggiare le crostate della signora Coscia. Concludo dicendo che avevo veramente bisogno di ritornare tra chi mi insegnò a camminare…. grazie CAI Castrovillari!

17 novembre 2024: Monte Cervati di Eugenio Iannelli

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Una bella giornata e un folto gruppo di partecipanti hanno fatto da cornice a questa uscita sul Cervati nel PNCVD (Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano). Al seguito di Mimmo ci siamo ritrovati in tanti del CAI e con la speciale compagnia del Gruppo Speleo del Pollino capitanato da Roberto. Escursione senza particolari difficoltà che per metà si sviluppa nel bosco, dove i colori autunnali e il tappeto di foglie ci fanno compagnia sino al Rifugio Cervati, dove pranzeremo al ritorno, e per l’altra metà sul filo di cresta, sino a raggiungere il cippo di vetta e subito dopo la chiesetta di S. Maria di Costantinopoli. Il panorama è superbo anche se a Sud è offuscato dalla nebbia che per fortuna resta sempre al di sotto della nostra meta. Raggiunta la cima consueta foto di gruppo che risulta di difficile realizzazione per l’alto numero di presenti, ma alla fine ce la facciamo. A seguire ci avviciniamo alla chiesetta non prima di esserci affacciati sui vorticosi canalini e le pareti di roccia di questo Cervati che d’inverno soddisfa palati forti alla ricerca di avventure sul ghiaccio. Prima di incamminarci sul sentiero di ritorno visitiamo la Grotta della Madonna che però troviamo chiusa. La discesa non presenta particolari difficoltà tranne che per coloro che sono assaliti dai crampi allo stomaco determinati dalla fame. Giungiamo cosi al Rifugio riempendolo in tutti i suoi spazi, accolti dal tepore di un bel caminetto acceso e dai gestori che ci mettono subito a nostro agio e ci servono delle squisite pietanze. D’obbligo i saluti della Presidente Carla che ringrazia tutti per la partecipazione e l’organizzatore per la grande disponibilità dimostrata. Chiaramente prende il sopravvento una genuina convivialità e una grande “caciara” con qualche bel siparietto musicale, che concludono il pranzo prima di intraprendere la via del ritorno, rigorosamente con le lampade frontali. Per chiudere un caloroso ringraziamento a tutti i partecipanti dell’uscita odierna che ci permette, altresì, di fare una riflessione finale sull‘interesse e la capacità di aggregazione del Club Alpino Italiano che riesce a raccogliere intorno a sé tantissimi appassionati di montagna che provengono da una vasta e plurale territorialità. Basti pensare che oggi erano presenti soci e appassionati di Acri, Civita, Corigliano, Cosenza, Morano Calabro, Mormanno, Rende, Rossano, San Severino Lucano, Spezzano Albanese, Castrovillari. C’è di che essere orgogliosi.

10 novembre 2024: Alessandria del Carretto di Francesco Di Giano

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Questa domenica ci aspetta un lungo viaggio prima di giungere ai luoghi della nostra escursione settimanale. Circa un’ora mezza a partire da Castrovillari per arrivare nel paesino più a est del nostro meraviglioso Parco: Alessandria del Carretto. L’unico comune in Italia che porta il nome del suo fondatore: Alessandro Del Carretto, un nobile originario di Oriolo (CS), che fondo il paese intorno al 1600. Un paese di circa 350 abitanti con una forte identità culturale che sopravvive a circa 1.000 m di altitudine, inerpicato alle pendici del Monte Sparviere, la cima più est, del Massiccio del Pollino. La nostra visita è in collaborazione dello storico Gruppo speleologico Sparviere, fondato nel 1985, e del Comune di Alessandria del Carretto ed è suddivisa in due momenti. Nella mattinata percorriamo un breve parte del sentiero che gli Alessandrini negli anni 50 utilizzavano, in mancanza della strada principale, perché ancora non terminata, per raggiungere il loro paese, partendo dalla lontana Trebisacce per portare viveri e tutto quello che potesse essere utile alla loro vita quotidiana… In questo percorso escursionistico siamo discesi in un sentiero boscato che ci ha portato a visitare il vecchio mulino del “Prete”, attivo fino agli settanta e ancora oggi conservato in buono stato, dove gli Alessandrini andavano a macinare il loro grano. Successivamente siamo scesi nella fiumara del Saraceno, con precisione nel canale Laureto, e abbiamo camminato nel suo letto, ammirando le rocce solcate dall’acqua. In questo periodo questo tratto è quasi asciutto e quindi non è stato difficile percorrerlo… Alcuni nostri compagni di viaggio, mentre camminavamo nel torrente, ci ricordano la loro avventura infinita nella Fiumara del Saraceno di circa 9 anni fa: circa 13 ore di cammino per giungere a Trebisacce, partendo da Alessandria del Carretto. Terminata l’escursione nella fiumara riprendiamo le macchine e ritorniamo nel paese per pranzare nella Piazza dove innalzano le “Pite” per il loro matrimonio il 3 maggio in onore di Sant’Alessandro: una antico rito arboreo, che riunisce migliaia di Alessandrini, per celebrare una nuova Vita e la Primavera, sperando in un buon raccolto… Dopo aver mangiato tutti insieme andiamo a visitare il Museo Alessandrino delle Maschere Tradizionali. Prima della visita guidata dall’assessore alla Cultura Arvia Antonio, vediamo il film documentario del Maestro Vittorio De Seta “I dimenticati”. In questo racconto il regista vuole denunciare che in Calabria esistevano negli anni cinquanta ancora paesi che non avevano comunicazioni stradali con i paesi viciniori più importanti. Nel film si ammira anche la festa della “Pita” con una scena epocale: un giovane alessandrino, raggiungendo la cima dell’abete, si lascia oscillare sui rami dell’albero “femminile”… Al termine del film, visitiamo il museo: un progetto, un luogo che racconta la storia dei più importanti e antichi carnevali tradizionali d’Italia, con una particolare attenzione a quello alessandrino e alle sue maschere: i Połëcënellë Bielle, i Połëcënellë Brut’, la Coremme e l’Ursë. Concludiamo la nostra escursione con un breve giro all’interno del paese per ammirare i belli e caratteristici murales, in modo particolare quelli dell’artista siciliano Sposari, dedicati alla festa della “Pite” e del Carnevale tradizionale Alessandrino.

2 novembre 2024: Timpa di Cassano e Timpa di Porace di Gaetano Cersosimo

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È una delle montagne più suggestive del Parco del Pollino, si presenta come un zoccolo di roccia, posta ai piedi della Gola di Barile, chiamata comunemente Gole Alte del Raganello. Un torrente che nasce dal massiccio del Pollino, dalla sorgente della Lamia, fino a raggiungere l’abitato di Civita e arrivare alla foce del nostro mare Ionio. Un versante si spinge verso le Gole, appunto, Alte del Raganello, con strapiombi paurosi, l’altro fianco porta a valle su una sella dove è presente una macchia mediterranea con fasce erbose. Dalla sella è visibile il borgo di San Lorenzo, la Timpa di San Lorenzo e la Timpa di Porace, un’altra formazione rocciosa con pietraie e ghiaioni e quindi assenza di vegetazione. L’ escursione ha permesso a me ed Eugenio, di accompagnare i soci di Macerata e Camerino a scoprire, ed ad riscoprire per qualcuno di noi soci di Castrovillari, questa suggestiva vetta. Lasciate le auto a Colle Marcione, uno dei punti di osservazione più belli del territorio del Parco, iniziamo la nostra escursione. Dal piazzale facciamo dirigere, ai nostri soci, lo sguardo al versante Nord-Est alle Cime delle Serre: Dolcedorme, Ciavole e Crispo, proprio la Cima che avevamo raggiunto il giorno prima. Inizia la nostra escursione in un canale roccioso che ci porta al pianoro della Timpa. Il sentiero si presenta con una vegetazione di lecci, aceri minori e cerri. Giunti al pianoro, sulla destra si inerpica un altro canale roccioso, tortuoso con una pendenza non indifferente, con una vegetazione di erbacce e piccoli arbusti di orniello e ginepro rosso; la parte finale del sentiero è scoperto, ma sempre roccioso, faccio notare che durante la stagione primaverile è presente anche il lino delle fate piumoso, e si arriva alla vetta. Il ritorno è per la stessa strada, ma prima facciamo un’altra ascesa sulla Timpa di Porace. Una Timpa del Massiccio del Pollino Orientale che raggiunge un’altezza di solo 1423 metri. Una volta giunti in vetta ammiriamo lo strapiombo sull’area di Colle Marcione dove sono parcheggiate le nostre macchine. Quando c’è un’intersezionale è sempre un emozione, si trascorre una giornata gioiosa, si trasmettono suggestioni e cultura, c’è scambio di leccornie, passione e amore per la natura, entusiasmo, momenti di condivisione, si trascorre una escursione con delle persone del valore umano inestimabile. Grazie soci.

1 novembre 2024: Colle Impiso > Serra Crispo di C. Primavera

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Quando ospitiamo le altre sezioni è sempre una festa. Con la sezione di Macerata e Camerino era una promessa che ci eravamo fatti già nell'ottobre del 2023, quando noi andammo ai Monti Sibillini. L'accoglienza che ci hanno riservato i nostri amici marchigiani è rimasta nei nostri cuori, così come i luoghi meravigliosi che abbiamo visitato. Il 1 e il 2 novembre è stata la volta del Pollino. Era arrivato il momento di far conoscere il nostro parco ai nostri amici venuti da lontano. Il 1 novembre è stata la volta di Serra di Crispo, uno dei luoghi più suggestivi e incredibili del Parco Nazionale del Pollino. Una lieve disgressione ci fa salutare il nostro zi Peppe, o quel che ne resta, tra la tristezza del ricordo e lo stato attuale del povero loricato bruciato da ignoti quando fu istituito il parco nel 1993. Luogo simbolo della ignominia degli umani. Gli animi si sono rinvigoriti quando siamo arrivati al Giardino degli Dei e fin sopra la cima di Serra di Crispo, assaporando ogni paesaggio, panorama e loricato sul nostro cammino. Tanta la meraviglia negli occhi dei nostri ospiti che hanno ammirato tutto il Golfo di Taranto, l'alto Ionio, fin giù a Corigliano Rossano, Mandatoriccio e oltre. Poi verso nord, il Massiccio del Sirino, il Monte Alpi. Anche noi che siamo stati in questo luogo decine di volte, la meraviglia ci prende sempre di sorpresa! I nostri occhi accarezzano ogni corteccia ancora viva, anche quell'albero che è stato scortecciato dagli eventi atmosferici ha il suo fascino e noi ne siamo totalmente ammaliati. È il momento dello scambio del crest sezionale con la sezione di Camerino, con Macerata lo facemmo sul Vettore. Sopraggiunge la tristezza quando troviamo la sorgente di Pitt Accurc quasi in secca e ci ricorda lo scarso innevamento della stagione invernale precedente e l'avarizia di umidità di questo autunno. Proseguiamo per la sorgente di Spezzavummula, ancora fortunatamente provvida di acqua. Adesso il rientro sarà più lieve. Salutiamo i nostri amici al rientro a Colle dell'Impiso con la promessa di rivederci il giorno successivo per un'altra escursione insieme. Ormai molti si sono innamorati del nostro Pollino e già promettono un veloce ritorno!

1/2/3 novembre 2024: Calabria Coast to Coast di Fabio Farnesi

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27 ottobre 2024: Piano Casiglia - Cozzo Iazzati di Vincenzo Maratea & Mario Sammarco

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Con il pretesto del ritorno in vigore dell’ora solare ce la prendiamo un po’ più comoda del dovuto e ci soffermiamo ad ammirare il cielo particolarmente azzurro di questo fine mese e un sole che fin dalle prime ore del mattino si concede già caldo, accogliente ed invitante per trascorrere una giornata ideale di trekking con tanti amici del CAI. E a proposito di amici, quelli di Corigliano-Rossano, ancor prima dell’orario stabilito, sono già lì ad attenderci nella piazza del centro abitato di San Sosti. Qualche minuto di attesa, e da lì a poco, ecco che ci raggiungono gli amici della sezione CAI di Grottaglie (TA), la sezione di Castrovillari e gli amici di Cosenza. Uno scambio caloroso ed accogliente di saluti ed abbracci, il tempo di condividere un caffè al bar, uno scatto fotografico ai piedi del monumento ai caduti, e si decide di avviarci con le auto attraverso quei tornanti panoramici che in prossimità del Castello della Rocca ci conducono per 6 km fino al Piano di Casiglia. Gli ultimi 2 km, però, sono in sterrato ed in alcuni tratti si sono formati dei veri e propri gradini sempre più accentuati e scavati dalle ultime piogge autunnali. Dei veri e propri ostacoli dove occorre munirsi necessariamente di fuoristrada o di auto dotata di trazione 4x4. Pertanto parcheggiamo alcune auto, non dotate di trazione posteriore, ai bordi della strada poco prima del tratto dissestato. E così con i fuoristrada, insieme a Eugenio e Gaetano improvvisiamo subito un servizio navetta fino al Piano di Casiglia. Per tanti, ed in particolar modo, per coloro che sono giunti da Grottaglie, la gita di oggi è certamente innovativa, in quanto questi luoghi, sentieri e vette sono da scoprire e carichi di emozioni. E lo si legge nei loro occhi ancor prima di intraprendere il sentiero, appena giunti al Piano di Casiglia, dove un’ampia panoramica, ci offre una vista dalla Montea alla Muletta, al monte la Mula e al massiccio del Cozzo del Pellegrino, avvolti da un ininterrotto fascino di colori tipico di questa stagione. Al Piano di Casiglia, a quota 950 m, punto di partenza dell’escursione, un doveroso briefing e un saluto di benvenuto e ringraziamento a tutti i partecipanti e agli organizzatori dell’escursione da parte della nostra presidente Carla. Dopo una breve descrizione della caratteristica del luogo e del sentiero da percorrere a cura della nostra guida Vincenzo, ci incamminiamo lungo il Sentiero Italia CAI 601 che attraverso il bosco di lecci, sempreverdi e maestosi, ci condurrà prima alla località della Civarra e poi alla radura dell’Olivella. È qui che dominano esemplari di piante di alto fusto come cerri e ontani che si fanno notare per essere alberi colonnari e slanciati e che con le loro chiome coprono di ombra e fresco tutto il nostro sentiero fino all’imbocco della Zoppatura. Un tempo, non molto lontano, questo sentiero era frequentato da un via vai di pastori, soprattutto nel periodo della transumanza, da boscaioli e carbonai. Ne sono una testimonianza la presenza ancora oggi di tracce di carbone che lungo l’ascesa della Zoppatura sono ben evidenti, e di un nero indelebile, soprattutto nelle piccole radure, dove venivano allestite le carbonaie per produrre il carbone. E proprio mentre con l’amico Nunzio da Grottaglie si discuteva delle attività boschive di un tempo, ecco un evento inaspettato; due esemplari di capriolo, incuriositi e con eleganti salti, si lasciano filmare durante il loro passaggio a poca distanza dal nostro sentiero. Riprendiamo il sentiero e di tanto in tanto con Vincenzo in testa al gruppo, con la scusa di provare il segnale radio, ci accertiamo che tutto proceda nel migliore dei modi e senza alcun problema. Un piccolo break per gustare qualche merendina o un pezzo di cioccolato e si riparte immersi nel regno dei faggi. Occorre camminare ancora un po’ lungo il sentiero alto della Zoppatura, dove i nostri passi in fila indiana affondano nello strato compatto e soffice delle foglie dei faggi, prima di giungere alla prima radura, quella che precede il Campo di Annibale. Una radura avvolta tra i colori rosei delle foglie tipiche dei faggi, e quelle ormai a terra che formano un morbido tappeto sotto i nostri passi, mentre i raggi solari illuminano di giallo intenso i rami circostanti. Di lì a poco, si apre a noi, nella sua veste autunnale, il piano vasto e immenso del Campo di Annibale con lo sfondo del Monte La Mula. Siamo a quota 1560 m. una vera e propria meraviglia. Un altopiano dove con sorpresa e stupore non ci resta che osservare la cospicua presenza di una mandria di mucche sdraiate a godersi i raggi del sole, e non curanti della nostra presenza, si concedono un beato relax in una cornice di fantastici colori. Dopo questa bella visione, riprendiamo il percorso con l’ultima ascesa che dal Campo, attraverso una fitta e bassa faggeta, ci conduce alla base di Cozzo Iazzati a quota 1600 metri, meta della nostra gita. Ci concediamo una sosta per dividere con gli amici non solo la colazione a sacco ma ogni ben di Dio e l’assaggio del vino novello di produzione di Mario. Nel frattempo dal punto panoramico che ci offre il Cozzo lo sguardo spazia in una visuale a 360°. Di fronte la maestosa, lussureggiante e immersa nel verde regina delle nostre montagne “la Montea”, che da qui sembra quasi toccarla con mano, e a seguire la Catena costiera con il Monte Cocuzzo e in fondo il Mar Tirreno; ad est il Mare Ionio con la Piana di Sibari; a sud la Sila e la Piana del Crati con una miriade di centri abitati. Dopo la pausa pranzo si riprende il cammino. Per non ritornare per l’itinerario dell’andata si decide di compiere una sorta di giro ad anello. Così scendiamo lungo i costoni rocciosi della Pietra dell’Angioletto fino in vetta alla Serra Scodellaro. Da qui zigzagando per una interminabile pietraia che mette a dura prova le nostre ginocchia, sempre sotto l’attenta e sicura guida di Vincenzo, raggiungiamo la Conca dell’Acero dove riprendiamo il sentiero dell’andata sino al pianoro di Casiglia, punto d’inizio e fine della nostra escursione. Felici ed entusiasti di questa meravigliosa giornata, ci congediamo dalla montagna non prima di avere gustato la squisita torta preparata come di consueto dalla nostra Presidente Carla.

13 ottobre 2024: Monte Caramolo di Carla Primavera

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A me piace chiamarlo il balcone dell'Orsomarso. Il monte Caramolo con i suoi 1825 metri è uno dei punti panoramici più belli delle montagne di questo versante. Oggi la splendida giornata d'autunno ci ha riservato dei colori fantastici, dall'azzurro del cielo al giallo, arancio, verde della faggeta. Uno dei momenti più belli rimane l'incontro mattutino. Quando ci si riunisce e ci si saluta, per molti è il primo incontro, si scambiano i saluti, le presentazioni, la voglia di condividere la giornata è lì, sotto gli occhi di tutti. E anche i passi all'inizio sembrano incerti, quasi a voler prendere il ritmo del nostro stesso cuore che si abitua al cammino. Partiti da piano Novacco, imbocchiamo il nostro sentiero CAI numero 631 e ci immergiamo nella faggeta. Il bel clima fresco autunnale ci dà il benvenuto. Partiamo infreddoliti, Ma già dopo qualche centinaio di passi il nostro corpo comincia a riscaldarsi, comincia a prendere energia, a incamerare tutto questo benessere e calore che il bosco ci dà, senza chiedere nulla in cambio. Le mucche, con la loro placida accoglienza, ci guardano incuriosite. Notiamo con disappunto una nostra tabella segnavia vandalizzata nuovamente... vabbè, tanto noi non molliamo! La salita verso l'abbeveratoio di Scifarello rimane sempre impegnativa, come anche l'ultimo tratto che ci porterà in cima al Caramolo. Ma è nulla in confronto alla grande bellezza a cui assistiamo da lassù. A nord tutto il massiccio del Pollino nella sua imponente bellezza, con il monte Sellaro che ci avvisa, a est, che le montagne sono finite e ci si può tuffare nel mar Ionio. Poi spostandoci con lo sguardo verso nord ovest, il monte Alpi, il massiccio del Sirino, fino al mar Tirreno. A ovest tutta la compagine dei Monti dell'Orsomarso. Un grande polmone verde. Dopo esserci rifocillati e fatto le foto di rito, si inizia la discesa. Stavolta però avevamo un motivo in più e una voglia in più di ritornare alle macchine, perché ci saremmo fermati al rifugio di piano Novacco ...finalmente aperto! È stato un piacere rivedere Silvia e Massimo, questa giovane coppia che con la loro bella famiglia hanno ripreso in mano le redini di questo rifugio che era chiuso ormai da cinque anni. È bello trovare un posto accogliente. È bello sentirsi accolti. D'altronde la parola rifugio ha proprio questo significato: darti quel calore e quel conforto dopo una giornata di cammino e all'aria aperta. Ringraziamo Silvia e Massimo per questo e gli auguriamo tutto il bene del mondo. Perché questa è resilienza. Sicuramente... A presto!

6 ottobre 2024: Anello del Pellegrino di A. Rossano e F. Di Giano

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E' domenica mattina e come sempre insieme ai nostri amici del CAI ci aspetta un’escursione da vivere, la meta da raggiungere è il Cozzo del Pellegrino (1987 m): la vetta più alta dei monti dell’Orsomarso. Dalla cima, quando il tempo lo permette, si godono panorami unici in tutte le direzioni, ad ovest il mar Tirreno, ad est il Mar Ionio, a nord il Massiccio del Pollino ed a sud l'Altopiano della Sila. Ci si incontra al rifugio Piano di Lanzo, qui ci attendono amici con i quali abbiamo condiviso altre escursioni e qualche viso nuovo che accogliamo calorosamente, con noi il Cai di Castrovillari, quello di Catanzaro, il gruppo CAI Corigliano/Rossano e gli amici di Cosenza iscritti alla sezione di Castrovillari. Dopo il benvenuto da parte della Presidentessa Carla e le dovute raccomandazioni, guidati da Francesco imbocchiamo la sterrata tra i faggi in direzione del sentiero CAI n. 621. Il sentiero non presenta particolari difficoltà tecniche, si alterna tra parti in piano e qualche leggere salita. Dopo circa un’ora di cammino ci si appresta ad affrontare il tratto lungo la pendice de La Calvia con la maggiore pendenza di tutto il percorso, circa 400 metri di dislivello. Si sale a destra, prima dolcemente e poi, più in pendenza, fino al crinale ed arrivati sullo spartiacque, si prosegue sulla destra seguendo il percorso. Ci accompagna il vento che soffia forte e a tratti diventa impetuoso per poi calmarsi, il gruppo mantiene lo stesso passo facendo attenzione alle rocce che caratterizzano il sentiero ma che possono essere insidiose. Dopo un breve tratto, arriviamo all’inizio di un canalone ripido, usciti dalla faggeta percorriamo una bellissima e spettacolare cresta. Rimaniamo sul crinale, e tra radure e piccoli boschi arbustivi di faggio raggiungiamo la cima della Calvia (1910m). Proseguiamo sempre in cresta, prima in campo aperto e nel bosco fitto di faggi arbustivi, si giunge al Canalone del Pellegrino, un posto molto esposto dove prestiamo molta attenzione nel percorrerlo. Successivamente in pochi minuti si arriverà sulla cima del Cozzo Pellegrino (1987m). Il tempo, purtroppo, non è stato clemente, una fitta nebbia e un forte vento non ci permettono di ammirare lo spettacolo che circonda la vetta. Avevamo messo in conto questa possibilità e, con un po' di tristezza, ci fermiamo comunque per le foto di rito, prima di riprendere il cammino. Proseguiamo sul crinale e con molta attenzione scendiamo sulla sinistra dalla pendice nord, arrivando poco dopo nella conca di Valle Lupa. Lasciata la nebbia alle spalle e raggiunta una radura, dove fa capolino il sole, ci fermiamo a mangiare condividendo ciò che ognuno di noi ha con se. Riprendiamo il cammino lungo il Sentiero Italia fino a giungere al Rifugio di Piano di Lanzo, dove ci accolgono con gentilezza i proprietari. Il nostro amico Massimiliano del CAI di Catanzaro ci offre un caffè che sorseggiamo con una fetta di torta casareccia. Terminata la pausa al rifugio salutiamo e ringraziamo i nostri amici con i quali abbiamo trascorso una bella giornata. Per noi organizzatori oggi è stata la prima esperienza come conduttori di un gruppo di escursionisti; fare il sopralluogo, organizzare, valutare i pro e i contro e accompagnare in cima il gruppo, crediamo sia un’esperienza da fare, perché in questo modo si vive appieno la montagna e l’associazione.

29 settembre 2024 – Anello di Serra del Prete di Claudia Vitale e Paolo Viceconte

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La giornata di domenica ci ha insegnato che anche un luogo a noi familiare può diventare, ancora una volta, una scoperta. Dopo un briefing iniziale di raccordo e di benvenuto agli amici della Sezione CAI di Gioia del Colle, ai tanti soci presenti e a chi cammina con noi per la prima volta, ci inoltriamo nella faggeta che risale, in decisa salita, il crinale Nord. Suggestivi il colpo d’occhio e l’insolita atmosfera: oltre trenta persone che camminano insieme in una silenziosa intesa. Ogni passo è accompagnato da un personale crescente senso di gratitudine. Non solo per la bellezza dei luoghi ma per quella singolare unione di chi è lì per affrontare il cammino in un modo soltanto: insieme. L’aiuto reciproco, l’attendere chi ci segue per procedere in armonia con il gruppo, il comune stupore verso il panorama che si apre davanti ai nostri occhi. Tutto questo (e molto altro) è la piccola comunità che avanza insieme tra sorrisi, respiri a volte affannati, silenzi assoluti. Ed è in questi momenti che si rivela la forza della condivisione del viaggio. Ognuno di questi istanti è un inno alla vita e in quell’infinità…c’era spazio per tutti. La montagna ha un modo tutto suo di insegnare l’umiltà. Ci dà la misura di noi stessi (che in altri contesti non avremmo magari mai conosciuto) e ci dà la misura della forza dei legami autentici. Tutto ciò dà un valore, una consistenza intangibile, immateriale all’ambiente in cui siamo immersi. Giunti in vetta la visibilità è notevole e consente di goderci a pieno il panorama che la cima ci regala. Serra del Prete è un ottimo punto di osservazione sulle maggiori cime del Parco, sui superbi canali della Ovest del Monte Pollino e sugli altri gruppi montuosi che si ergono più a Nord nell’Appennino Meridionale. Ognuno condivide la cima e le sue emozioni, anche semplicemente con uno sguardo o con un “grazie” che ci colpisce particolarmente per aver fatto qualcosa che per noi, alla prima uscita da accompagnatori, è incredibilmente significativo. Segue, durante la discesa, una pausa al Piano di Gaudolino, dove gli zaini rivelano il loro reale peso: gli snack energetici lasciano il posto ad equipaggiamento di tutt’altra (superiore) categoria e a momenti di grande convivialità. Il ritorno verso Colle Impiso è particolare, è accompagnato da una sempre più profonda consapevolezza: la montagna è insegnamento, è continua scoperta, è legame, è condivisione...è vita. E ogni volta che la saliamo non torniamo mai uguali a prima. Siamo più ricchi, più leggeri e infinitamente più grati. La giornata di domenica non ha significato soltanto il raggiungimento di un luogo da parte di un gruppo di persone. Ha significato concederci la possibilità che qualcosa di intimo e profondo accadesse in ognuno di noi nell’intraprendere e vivere insieme quel cammino.

15 Settembre 2024: Colle Impiso – Santuario Madonna del Pollino di Francesco Cofone

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Punto di partenza per questa escursione è l’arcinoto Colle Impiso (1.554 m), dal quale parte un primo tratto che poi si dirama in diversi sentieri che conducono alle principali vette sopra i 2.000 m del Massiccio del Pollino. Per chi sta sta scrivendo è la prima uscita con il CAI di Castrovillari, in quanto iscritto da poco. Insieme a noi alcuni amici del gruppo CAI di Corigliano-Rossano. Al primo incrocio continuiamo sul comodo tratto sterrato fino ai Piani di Vacquarro Basso, poi giriamo a sinistra lungo il sentiero 901. Il clima e tipicamente di inizio autunno, con un cielo, per ora, sgombero da nuvole. Dopo aver fatto una degna colazione a base di splendide more di rovo, o spuntino vista l’ora, procediamo spediti ed attraversiamo il Torrente Frido, ormai in secca, in località Acquafredda e giriamo a sinistra. Dopodichè intercettiamo nuovamente il sentiero 901 girando a destra e iniziando la salita che conduce alle spalle del Rifugio Pino Loricato. Lungo quest’ultimo tratto sono ben visibili le orme di uno o più cinghiali e quelle di un lupo forse all’inseguimento del suo pasto. Alcune decine di metri prima del rifugio, giriamo a sinistra e in pochissimi minuti eccoci nei pressi del Santuario (1.540 m). Visitiamo prima la grotta dove apparve la Vergine, poi lo stesso santuario e il Belvedere con la Statua di Maria Santissima del Pollino. Da qui la vista è spettacolare! Dopo alcune foto sotto la statua e un cielo con nuvoloni in avvicinamento, torniamo indietro nei pressi del rifugio, dove di accomodiamo ad un tavolo per pranzare. A pausa pranzo finita riprendiamo il cammino passando da Fosso Jannace fino a Piano Jannace, dove giriamo leggermente a destra nel bosco misto faggi e abete bianco, prendendo il sentiero 925 che ci porta a Colle di Conocchiello (1.829 m). L’enorme fusto di un faggio ormai morto ma comunque resistente al tempo, avo di quelli più giovani, e punto di riferimento per gli escursionisti che attraversano questa parte del parco discretamente battuta, testimonia la storia della flora di questo territorio. Chissà quante ne avrà viste questo matusalemme, dai moderni escursionisti quali siamo noi ai camminatori di un tempo, ai mandriani che qui in primavera portavano le loro greggi in transumanza nei verdi prati, a chi semplicemente doveva attraversare lo stivale a piedi o a cavallo di un mulo. Per non parlare poi dei briganti che su queste montagne erano di casa. Riprendiamo il cammino lungo il sentiero 925B. Attraversiamo il Torrente Frido e subito dopo a Piano di Rummo intercettiamo il comodissimo sentiero dove giriamo a destra. Circa cento metri più avanti si trova l’incrocio che, in un batter di ciglia, scendendo a destra, porta nuovamente nel Torrente Frido dove, dalla nuda roccia seminascosta, esce acqua freschissima, la Fontana di Rummo, che alcuni di noi raggiungiamo per il semplice gusto di abbeverarci, senza una reale esigenza. Di solito il torrente in questo punto è veramente carico d’acqua, ma in quest’anno un po’ particolare, dovuto principalmente alla poca neve caduta l’inverno scorso ed alle poche precipitazioni, la portata è quella che è. Riprendiamo nuovamente il cammino fino a Vacquarro Alto dove attraversiamo il Valloncello che ci condurrà fino a Colle Impiso, portando così a termine questa fantastica escursione. Voglio ringraziare Walter e Gaetano, organizzatori di quest’uscita, degni “condottieri”, e tutti gli altri che vi hanno preso parte. Grazie ancora a tutti!!!

8 settembre 2024: CAIBIKE. Giro dei Piani di Cosimo Damiano Monaco

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Rieccoci qua, dopo qualche anno di assenza, torna la giornata CAIBIKE! Otto uomini ed una sola imperterrita donna, la nostra Presidente! Tutti puntuali, anzi pure in anticipo, vista la tanta voglia di scivolare tra i boschi senza mettere i piedi a terra! Partenza agevole, giornata afosa e terreno arido desideroso di ricevere quell’acqua tanto attesa. Arriva la salita e la differenza tra le bici muscolari e quelle assistite emerge subito. Le prime difficoltà le trova Eugenio ma la sua conosciuta determinazione ti stupisce sempre per poi enfatizzare il tutto da maestro qual’é. Seconda e ultima difficoltà, per alcuni, quando inizia la ripida discesa costellata di sassi appuntiti pronti a lasciare il segno, molti sono scesi a piedi coscientemente mentre i pochi più spericolati anche in piedi ma sulla bici. Superato il rischio maggiore arriviamo al bivio per Novacco/Scjfarello, dove i tre “assistiti” spinti chissà perchè dai “muscolari” ad arrivare al piano di Novacco si separano dal gruppo. Via di corsa, prima in discesa e poi in salita per riunirci al gruppo, mi sentivo un pilota alla guida di una Ferrari ed ho spinto al massimo gambe e bici che una volta raggiunti e superati tutti mancavano solo altri tre km ed ecco “Puffffff”! Ho forato la gomma posteriore, come il pilota che per primo vede il traguardo ma non ci arriverà mai se non fosse stato per il carro attrezzi Iannelli con le sue mitiche corde delle tapparelle!! Leggermente deluso dalla bici più nuova del gruppo ma rinfrancato, poi, dal bel pranzetto al rifugio Campolongo tra vino e sorrisi. Dopo una sosta per vedere i pochi esemplari di pino loricato presenti nella zona, ci si saluta con degna conclusione davanti ad un buon bicchiere di birra artigianale fatta dal sottoscritto. Gli abbracci, i sorrisi e le nuove amicizie, vivere un’esperienza significa provare emozioni, quelle che non ti vogliono far tornare a casa propria, vorresti ancora stare insieme a coloro che credo abbiano provato qualcosa di buono oggi, quel qualcosa che rende la tua vita più serena e consapevole che andare in montagna non può che farti bene!!! Grazie a tutti i partecipanti e al caro inossidabile Amico Pasquale. Alla prossima birra…

15/16/17 luglio 2024: Saas Fee e il Vallese di Gian Marco Martino

Allalinhorn cresta Est (4026m)

Allalinhorn via normale (4026m)

Wessmies (4017m)

Britanniahutte (3030m)

Altre

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Berghütte Hohsaas, 3142m, 17 luglio 2024.

La notte, lenta e inesorabile, scivola via al contrario del tuo corpo occluso e intrappolato nel sacco lenzuolo. La notte, luminosa all'inizio, buia soltanto dopo, scorre prima con il battito accelerato e il fiato corto, poi diventa inesorabile pendolo tra un sonno che mai chiamerai così e un sogno di te accennato e subito dimenticato. La notte è anche di emicrania che non ti ha raggiunto, di colpi di tosse dovuti all'aria fredda dei giorni precedenti, di ghirigori emotivi e dolori al fianco sinistro: il respiro, quel dannato respiro, che chiama in causa muscoli già provati. E se fosse uno strappo? Quando ti alzi a vuotare la vescica allora sì, quel croco di luci lontano, dall'altra parte della valle, che dalla Mischabelhütte risalgono l'Hohbalmgletscher ti riporta al marasma primordiale dell'inizio dei tempi quando tutto era una nebulosa. Ma è solo un attimo.

«Ragazzi, sette minuti alle 4».

Parte 1. Caro Vecchio Neon

L'unico pub di Saas-Fee è l'Aussie Bar, a tema australiano, tra canguri, tavoli di legno e foto del Monte Uluru, è silenziosamente gestito dal solerte tuttofare titolare; tra la prima birra e la seconda, cappellini la sportiva e dynafit si raccontano storie, ascensioni, aneddoti. Si accende la candela sul tavolo e, dopo un cheers, la bobina riavvolge il nastro fin dall'inizio. Ciak.

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«In Svizzera, qui nel Vallese, c'è la più alta concentrazione di 4000 dell'arco alpino […]». Al fresco della veranda dei Montela Apartments di Saas-Grund, davanti a costose patatine, campari e birre, ripeto per l'ennesima volta la litania somministrata a tanti altri prima che, a pensarci un pò, in effetti un po' pessima è. E, dopo due giorni di viaggio dal profondo Sud, forse, il massimo non è. Ma tant'è. L'idea di portare Castrovillari in Svizzera era vecchia di un anno: con Gab eravamo sui 4010m del Lagginhorn, il Cervino era passato da 5 giorni, l'uscita 2023 di Castrovillari ancora doveva avvenire e non avevo perso un iPhone sul ghiaccio del Lys: ma si sa, la mente difficilmente è centrata sul presente. Eugenio ne fu entusiasta. Un anno dopo ci sono dieci persone eterogenee per età ed esperienze, cocktail con ingredienti mal misurati per non essere preoccupati. Emicrania assicurata, insomma. L'aspirina o tachipirina che dir si usi, questa volta, è dividere le cordate in base alle proprie capacità fisiche, tecniche e alla propria esperienza ma, più importante, secondo quei sogni che, a occhi aperti, ci accompagnano come Walter Mitty. Mentre Oyarzabal segna il 2-1 per la Spagna, mi accorgo che quelle preoccupazioni svaniranno presto.

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Mittelallalin, quota 3456m. Il ristorante girevole più alto del mondo -avete capito bene, gira per davvero, così alla terza birra siete giustificati- nonché stazione di testa della metropolitana più alta del mondo. Sì, in Svizzera sono più fuori dei nostri balconi. Nel mentre, come piccole macchie d'inchiostro sulla tela bianca, Gab, Eugenio e Ciro procedono lungo l'Hohlaubgletscher; una chiamata per radio e via: tocca a noi, ora. L'Allalingletscher è nella parte bassa tormentato dallo sci estivo mentre, nella parte alta, il tormento non è antropico ma glaciologico: seracchi e crepacci ma, quest'anno, le abbondanti nevicate hanno reso tutto più pacifico. Dalla normale, in tranquilla e mai ripida salita, si raggiunge il Feejoch e la Nord del Cervino sembra di toccarla per mano, la cresta Est che dapprima era nevosa ora, alla sua fine, raggiunge il salto roccioso terminale. Placchetta croccante?

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Lo scorso anno, in Italia, non si è fatto che parlare maldestramente, senza cognizione di causa e con una povertà umana prima che linguistica e intellettuale, di croci di vetta; mettere, togliere, ripensarle. Ma di cosa stavate parlando cari ministri? Sui 4027m dell'Allalinhorn vi è una croce che, per dirla alla Bonatti, ha fatto sentire vivo più di qualcuno. E, quella stessa croce, non è altro che un simbolo come ha scritto Gian Piero Motti: non delle miserie terrene ma delle gioie più alte. E, attorno a quella stessa croce, si sono raccolte emozioni e reazioni emotive che nessuna penna riuscirebbe mai a esprimere perché «quello che avviene dentro è troppo veloce, immenso e interconnesso e alle parole non rimane che limitarsi a tratteggiare ogni istante a grandi linee al massimo una piccolissima parte».

Ed è così che fummo in vetta.

Parte 2. Montagne della mente

Accendere la frontale, imbragarsi, mettere i ramponi, legarsi con un otto, un prusik al cordino da ghiacciaio, filare la corda nello zaino, stringere il caschetto: secondo Robert MacFarlane tale ripetersi di gesti sempre uguali ricorda il rito della vestizione dei cavalieri medievali prima di un combattimento: che idea romantica, dopotutto, dei moderni Lancillotto con corde e piccozza. Ma Ginevra è rimasta nel sogno, c'è solo quella via che, tra splendide e inquietanti seraccate che incombono ed enormi crepacci, bisogna salire lungo il Triftgletscher. Ancora tre cordate, ma tutti insieme questa volta, passo lento e costante. Più indietro, quando guardi i due Francesco, e quando pensi che i corpi di entrambi stiano per cantare il miserere ti accorgi, invece, che intonavano felici canzoni alpine:

Dopo tre giorni di strada ferrata,

ed altri due di lungo cammino,

siamo arrivati al Monte Canino,

e al ciel sereno ci tocca riposar.

Si sale dal versante che, d'estate e d'inverno, è lo gnorri per eccellenza: il Nord-Ovest che finge che il sole non sia ancora sorto. Così, solo in cima ai 4017m della Weissmies, vediamo infine un oceano di fotoni invadere il mondo e impattare, la luce, sul bianco del ghiaccio e della neve. C'è chi fino a 3 giorni prima non era salito sopra i 4000m e, oggi, ne fa due. Da lassù osserviamo tutto ciò che non sembra, che non può essere terrestre perché, da lassù, niente è terrestre ma ha più a che fare con mondi lontani nel tempo e dello spazio.

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Molte ore dopo, davanti la cascata di Saas-Almagell ognuno dei dieci si è voltato indietro e, osservando il cammino percorso, le salite, le discese, le vette bianche illuminate dall'ultimo sole, quella cresta rocciosa affrontata che si vede in lontananza, tutte quelle ore trascorse lassù sono sembrate, improvvisamente, niente. L'umore trasmutò e come bambini che presi in braccio stavano bene, proprio come loro, si rincorrevano quegli istanti passati, lassù.

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E allora? Di cosa parleremo? Di donne e uomini, di quelli che, come ha scritto qualcuno «in pianura e in città indossavano elmi, cotte di maglia, armature da ufficio e solo in montagna si sentivano finalmente leggeri, finalmente se stessi». Di donne, uomini che mai avrebbero rimpiazzato una salita in montagna, una notte in rifugio, l’attesa in marcia della nascita del sole, del vento teso che sferza le guance e di quell'ultimo sguardo che si perde dalla vetta prima scendere.

13/14 luglio 2024: Parco della Cessuta - Monte Sellaro. Una straordinaria escursione notturna di Gabriele Zicari

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L’appuntamento è nel paese di Cerchiara di Calabria a mezzanotte e, incontrati gli amici, ci dirigiamo verso l’ingresso Nord del Parco della Cessuta, da dove iniziamo il nostro cammino in piena notte, in un buio totale illuminato solo dalle nostre lampade frontali e l’atmosfera è subito fortemente coinvolgente; il bosco ci avvolge e il sentiero è in progressiva salita, gli odori del bosco sembrano essere resi più intensi dalla notte e, quando il diradarsi degli alberi lo consente, la visione delle stelle infonde forti emozioni. Saliamo sempre di più e lo sguardo si allarga a paesaggi sempre più ampi e costellati di luci infinite ed è bellissimo quando, dopo che il sentiero compie, lungo un tratto pianeggiante e morbido, un’ampia virata ci troviamo a ridosso del paese di Cerchiara, che si mostra in sinuosi aggregati di luci dalle variegate tonalità. Siamo giunti al Passo tra il Monte Panno Bianco e il Monte Sellaro e facciamo una pausa per ricompattare il gruppo; il percorso verso la vetta del Sellaro si apre in una fitta pietraia dove ci imbattiamo neI segnavia del percorso verso la vetta, il confortante rosso-bianco che ci guida bene e perfettamente visibile anche nel buio della notte. Continuiamo a salire perfettamente in linea con il sentiero segnato, il paesaggio notturno si amplia sempre di più e, finalmente, arriviamo in vetta; si amplia notevolmente nella sua superba immensità, verso il cielo denso di stelle come verso la piana di Sibari costellata di luci, che disegnano la linea di costa fino a Capo Trionto. Il permanere in vetta è meraviglioso; discutiamo di stelle, individuiamo la Stella Polare, contempliamo le costellazioni del Grande Carro come quella di Cassiopea e il gruppo delle Pleiadi e, comunque, c’è chi si concede un breve sonno, godendo a pieno della profonda quiete della vetta, su cui spira soavemente una fresca e carezzevole brezza. Progressivamente le stelle scompaiono, comincia a stagliarsi all’orizzonte la fascia rossastra dell’Aurora e con essa giungono i primi chiarori, che restituiscono i profili delle grandi vette e l’enorme distesa d’acqua del Mare Jonio da cui, maestosa, comincia a sorgere la grande sfera rossa del Sole; tutti cominciamo a fissarla nella consapevolezza che potremo farlo solo per poco, fino a quando non diventerà abbagliante. Impera una bellezza strepitosa, l’emozione è forte, lo spettacolo è tutto un incanto di grande magnificenza. Il momento di abbandonare la vetta ci trova ricolmi di meraviglia e lentamente cominciamo a discendere fino a raggiungere il sentiero che, tra boschi di pini e di lecci, ci conduce fino al Santuario della Madonna delle Armi, dove dedichiamo una breve sosta alla Sacra Immagine e agli Affreschi che decorano la Chiesa. Iniziamo, quindi, l’ultimo tratto di sentiero, arricchito sempre da belle spiegazioni sui luoghi e sulla loro storia, dedichiamo gli ultimi sguardi agli immensi panorami e giungiamo al cancello da cui è iniziata questa bellissima, emozionante ed entusiasmante escursione notturna. Sento di ringraziare gli organizzatori Walter e Giuseppe, per l’eccellente lavoro di guida e gestione dell’escursione, e tutti i compagni di cammino per l’armonia che hanno saputo creare.

Domenica 7 luglio 2024: Lago Duglia - Giardino degli Dei di Barbara Cersosimo

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Il nostro Parco con le sue meraviglie e i famosi Pini Loricati, segno distintivo del nostro territorio, è da sempre una delle mete preferite per gli amanti della natura e per chi desidera fare trekking. Così, domenica i soci del CAI di Castrovillari si ritrovano nello spiazzale di Lago Duglia a 1367 m., nel comune di Terranova del Pollino, per accogliere il gruppo dei soci del CAI di Erice, della provincia di Trapani, venuti per conoscere le bellezze del nostro Parco. L’escursione che ci attende ci porta nel cuore del Pollino ad ammirare l’abbondante popolazione di Pini Loricati al Giardino degli Dei. Prima di incamminarci sono doverosi i saluti di benvenuto della nostra presidente di sezione, Carla, del consigliere nazionale, Eugenio, ed il saluto della vicepresidente della sezione di Erice. L’organizzatore Gaetano, nonché mio padre che quest’anno mi ha coinvolta in questa escursione come accompagnatrice, ci da alcune informazioni pratiche e di tipo storico sul percorso che affronteremo. Il territorio in cui ci troviamo, infatti, è stato popolato dai briganti nella seconda metà dell’ottocento, per la posizione strategica che permetteva di far incontrare le bande lucane e calabre, sono presenti luoghi selvaggi che fungevano da nascondiglio come piccole grotte ancora visitabili. Dopo una calorosa accoglienza ai partecipanti, come è consuetudine della nostra associazione, intraprendiamo il sentiero CAI 950 che ci conduce con un comodo tracciato al lago Fondo, a m. 1500. Ci approcciamo alla riva in silenzio per cercare di avvistare alcune rare specie della fauna acquatica presenti come i tritoni, le salamandre pezzate, le testuggini. Continuiamo a salire, la giornata è meravigliosa, il sole si erge in cielo con poche nuvole che gli fanno da contorno, qualcuno lamenta il troppo caldo, ma io appena rientrata dal Nord Italia cerco di godere a pieno di questo clima. Camminando il nostro sguardo ci porta a Pietra Castello, un’imponente roccia che si erge tra la vegetazione di faggi secolari ed abeti bianchi. Intersechiamo il sentiero CAI 951, chiamato anche il sentiero della Rueping, un vecchio tracciato su cui scorreva l’antica ferrovia per il trasporto di legname a valle, ma noi proseguiamo per imboccare finalmente il bosco in cui poter camminare all’ombra e defaticare dal caldo. L’ultimo tratto di ascesa è un po’ gravoso, dovuto alla pendenza, io seguo il gruppo dal fondo cogliendo le fatiche dei partecipanti ma anche il loro entusiasmo e la loro curiosità nel volersi affacciare nel luogo incantato dei Pini Loricati, c’è chi lo definisce Eden o paradiso terrestre, quello che ci attende è il nostro Giardino degli Dei varcata la grande Porta del Pollino. Il Pino Loricato dal nome scientifico “pinus leucodermis”, nota conifera sempreverde, vive al di sopra del 1000 m. di altitudine, si caratterizza per una corteccia che ricorda la “lorica” tipica armatura dei soldati romani e il particolare color blu-viola delle sue pigne. Usciti allo scoperto ognuno di noi è ammaliato dalla vista dei maestosi Pini Loricati, immergendosi nei propri pensieri mentre si scatta qualche foto e si condividono le emozioni provate. Arricchiti dal fascino dei Piani di Pollino e delle cinque vette del massiccio, dopo una piacevole sosta, ci incamminiamo per il ritorno seguendo lo stesso tracciato. Passiamo la sorgente del Raganello, una delle piccole tante sorgente che alimenta il corso del fiume Raganello, in cui ci soffermiamo per riempire le nostre borracce. Stanchi arriviamo alle auto dove ci attende un momento di convivialità che conclude questa escursione unica e straordinaria intersezionale.

Domenica 30 giugno 2024: Rifugio Bosco Favino (1348m) > Monte Alpi (1900m) di Walter Bellizzi.

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Partiti puntuali da Castrovillari ci siamo incontrati allo svincolo della A2 di Lauria Nord con gli amici del Gruppo CAI di Corigliano-Rossano. Breve saluto e subito siamo ripartiti lungo le ombrose strade provinciali della Basilicata per giungere al vasto Parcheggio antistante il brevissimo sentiero che conduce al Rifugio di Bosco Favino. Riempite le borracce di acqua freschissima che sgorga dall’omonima sorgente e dopo un breve saluto di Carla, Presidente CAI di Castrovillari, di Gaetano e di scrive, abbiamo imboccato l’impervio sentiero n. 970 classificato di alta difficoltà. Attraversando uno spettacolare bosco di faggi, dall’elegante fusto, svettanti verso l’azzurro cielo del Sud, ci siamo incamminati per raggiungere la nostra meta. Il massiccio del Monte Alpi si innalza isolato e maestoso, a guisa di sentinella dell’Alta Valle del Sinni, nella parte settentrionale del Parco Nazionale del Pollino al confine tra la Lucania e la Calabria. Svettano sul massiccio le due cime più alte dell’Appenino Lucano, il Santa Croce (1893 m) e Pizzo Falcone (1900 m). L’incudine del Monte Alpi presenta una realtà geologica unica e tormentata, originatasi dal sovrascorrimento e sollevamento della piattaforma carbonatica risalente al periodo Neogenico medio. Continuiamo a salire con passo cadenzato e ci soffermiamo ad ammirare un caratteristico campione geologico, simile a un “muretto”, che a vederlo sembrava costruito dall’uomo; invece, era stato formato da conglomerati di rocce sedimentarie clastiche per azione della natura. Superata la faggeta sbuchiamo su un soleggiato crinale che sale ripido, poggiandosi su un terreno roccioso, sulla cima del Santa Croce. Lungo il sentiero il nostro sguardo è attratto dal rossastro colore dei fiori del “Sempervivum tectorum” e dai delicati petali bianchi della “Saxifraga meridionale”. Ci fermiamo per prendere fiato e già si intravedono da lontano le vette del Massiccio del Pollino e quello dell’Orsomarso. Un leggero e piacevole venticello fresco ci rianima e ci spinge a conquistare la vetta del Santa Croce. Felici scattiamo le rituali fotografie e contempliamo un panorama magnifico che spazia dal Monte Raparo al Monte Sirino. Da lontano si intravede Castelsaraceno a Nord-Est, da lontano, verso Est, si intravede la città di Carbone, il Monte Teduro e Latronico a Sud. Non possiamo indugiare e ripartiamo per scendere sulla sella a valle che ci porta, salendo su uno scosceso crinale, simile al lungo collo di un “Brachiosauro”, alla vetta di Pizzo Falcone (Monte Alpi). La meta è raggiunta! Altre foto per fermare l’affascinante panorama che si stende davanti a noi. A Ovest la Costa tirrenica con le principali vette del Cilento, a Sud Ovest le vette dell’Orsomarso, a Nord la Val d’Agri, a Sud il Massiccio del Pollino e ad Est la valle del Sinni fino al Mare Ionio. Un volo d’angelo sulle cime più suggestive del Parco del Pollino. L’attraente giallo del “Sedum acre” e il bianco della “Paronychia kapela” ci inducono a fotografarle. Dopo una veloce colazione, iniziamo a scendere. Decidiamo, su consiglio esperto di Eugenio di evitare di risalire sul Santa Croce, ma di tagliare da sotto il suo bastione calcareo. Lo seguiamo imperterriti e ci arrampichiamo sulle rocce. Riprendiamo il bosco e giù veloci fino al Rifugio Bosco Favino. Un bicchiere di vino rosso ci asciuga dei sudori. Siamo in otto e tutti conveniamo che è stata compiuta una stupenda escursione. Ringrazio tutti gli amici del gruppo ed in particolar modo Gaetano per la sua generosità, come anche Eugenio e Carla.

23 giugno 2024: Gli alberi serpente con la Sezione CAI di Esperia di Carla Primavera

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La radura degli alberi serpente, nel piano di Acquafredda rimane uno dei posti più suggestivi del Pollino. Il 23 giugno con gli amici del CAI Esperia abbiamo concluso qui il nostro bellissimo weekend di questa intersezionale programmata dallo scorso autunno. Ieri è stata la volta della Serra di Crispo, con i suoi alberi monumentali e il giardino degli Dei. Nonostante fosse domenica, abbiamo incontrato pochissimi escursionisti, forse perché dal versante Nord/Est l'avvicinamento è lungo e faticoso. Di conseguenza l'escursione risulta impegnativa ma di facile percorrenza. Il posto di partenza è qualche chilometro dopo la fattoria dell'azienda Francomano, dove una volta parcheggiata l'auto il sentiero parte abbastanza ripido fino alla Sorgente del Vascello. Da qui si riparte rinfrescati e rigenerati da queste buonissime acque e si arriva alla volta del Piano di Fossa dove si cominciano a intravedere le propaggini della Serra delle Ciavole e la maestosa parete del Dolcedorme. Dopo aver percorso la cosiddetta "scaletta" la tappa successiva è il piano di Acquafredda, la nostra meta definitiva. La bellezza di questi faggi così contorti, sinuosi, ci racconta che in questo luogo la neve d'inverno, fortunatamente ancora, la fa da padrone e contribuisce a rendere così particolari questi tronchi di faggio, quasi che fossero davvero intrisi di vita propria. Qui consumeremo il nostro meritato pasto al cospetto di questo grande gigante, il Dolcedorme. Dopo la foto di gruppo di rito, è il momento dello scambio del gagliardetto istituzionale con il presidente del CAI di Esperia, Francesco. È stata davvero una gioia averli con noi questo fine settimana e ci siamo lasciati con la promessa che nel prossimo anno ci aspettano i loro bellissimi Monti Aurunci. Grazie a voi tutti e a presto.

22 giugno 2024: Serra Crispo con la Sezione CAI di Esperia di Walter Bellizzi

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Ci siamo ritrovati puntualmente tutti a Campotenese alle 7,30. Un bel gruppo di 26 escursionisti compresi i 18 soci della Sezione CAI Esperia di Frosinone. Un veloce saluto ed un caloroso abbraccio con coloro che già lo scorso anno avevo accompagnato in escursione sul Monte Pollino. Ognuno di noi desiderava salire verso i monti per sfuggire alla cappa di caldo africano che regnava a valle. Giungiamo veloci a Colle Impiso e dopo un breve saluto, di Gaetano e mio, ai soci del CAI Esperia e la risposta di saluto del Presidente del CAI Esperia, si è imboccato il sentiero n. 920 B, denominato anche sentiero “dei Carbonai” per giungere al Piano di Vacquarro Alto. Breve sosta e subito si riparte per il Piano di Pollino. Incamminati sotto l’ombra dei faggi del Bosco di Chiaromonte giungiamo alla Fontana di Rummo. Si indugia per una decina di minuti sia per riprendere fiato che per attendere coloro che sono scesi a rifornirsi d’acqua alla Fonte di Rummo. Si sale ancora per giungere ai Piani di Pollino. La calda e vaporosa luce del mattino inoltrato illumina il lato Nord del Monte Pollino facendo scintillare le sue nude e grige pareti rocciose. Di fronte a noi si erge maestosa Serra delle Ciavole dove svettano le chiome verde cupo dei pini loricati. Da lontano si ammira la verdeggiante vetta di Serra Dolcedorme. Si sale lentamente per permettere ai soci di Esperia di fotografare il paesaggio che, man mano si trasforma liberando scorci panoramici sempre nuovi e diversi. Si continua sulla sinistra e arriviamo ai “Pini Gemelli o Pini Gendarmi”. Esemplari maestosi di “Pinus heldreichii” posti a custodia del Parco e che hanno sfidato gelo, neve, vento e siccità per più di 500 anni. Sguardi attoniti. Meraviglia e gioia emergevano dai volti degli escursionisti. Non potevamo andare oltre senza porgere un saluto a Zì Peppe, il pino loricato simbolo del Parco, che giace riverso come un gigante indomito. Avanziamo e davanti agli occhi appare lo splendore del “Giardino degli Dei", luogo mitico dove si respira un’aura sacrale dai giganteschi esemplari plurisecolari di Pini Loricati. È difficile staccare il gruppo dal “Giardino” per farlo avanzare e salire in vetta. Attraversato il bosco affrontiamo l’ultima rampa costellata da pini loricati e orridi. Finalmente conquistiamo la vetta di Serra Crispo. Intravvediamo, nonostante l’afa compatta, il Mar Ionio, la Timpa di Porace, La Falconara, la Timpa di San Lorenzo e il Monte Sparviere. Immancabile foto di gruppo! Scendiamo lungo il sentiero n. 631 per raggiungere la Fontana di Pitt' Accurc' dove è possibile rinfrescarsi con acqua fredda e cristallina. Mi tornano in mente i sublimi versi di Teocrito: “ …lì accanto zampillava, gorgogliando dall’antro delle Ninfe, la fonte sacra e dagli ombrosi rami si affannavano a urlare le cicale annerite dal Sole” (Talisie, Idillio VII). Un maestoso gruppo di cavalli ci fa compagnia. È ora di lasciare questo posto idilliaco e riprendere il cammino del ritorno. Attraversiamo una faggeta per intercettare il sentiero n. 625 B che da Passo Conochiello ci conduce alla Fonte di Rummo e allungando il passo ritorniamo a Colle Impiso. Ci salutiamo con i nostri simpatici e determinati amici del CAI di Esperia. Ringrazio Gaetano per il suo prezioso e indispensabile aiuto, Pietro e Fausto per la loro generosità e Francesco, il Presidente del CAI Esperia.

9 giugno 2024. In Cammino nei Parchi di Mariarosaria D’atri

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Organizzata dalla sezione CAI di Castrovillari, come ormai da diversi anni, si è svolta una Intersezionale Regionale del CAI Calabria. Una intensa e partecipata giornata dedicata alla 12^ edizione di “In cammino nei Parchi”. Sul piazzale antistante il Santuario della Madonna delle Armi (988 metri di altitudine) si è ritrovata una folta delegazione di tutte le sezioni con i rispettivi presidenti insieme al presidente regionale che hanno ripercorso le finalità della giornata, camminare in libertà e sicurezza nelle aree naturali protette, scoprire paesaggi, sentieri e le meraviglie delle nostre montagne, raccontando il territorio attraverso la conoscenza delle popolazioni che lo abitano. Il Monte Sellaro, meta della nostra escursione, è situato nella parte orientale del massiccio del Pollino; si affaccia sulla Piana di Sibari e da esso si può ammirare il Mar Ionio; collocato in posizione un pò isolata rispetto alle altre montagne, esso deve probabilmente il nome alla sua caratteristica forma; possiede infatti due vette ed è facilmente riconoscibile anche per essere una delle cime più orientali del massiccio del Pollino. L’escursione, con un dislivello di circa 400 metri in quasi 3 km. di salita, è molto piacevole ma leggermente faticosa anche a causa del gran caldo della giornata. Come da programma, (guidati dal reggente della sottosezione di Cerchiara di Calabria) si parte imboccando in direzione Nord-Ovest il sentiero CAI 949, che in un primo tratto si inerpica a zig zag attraversando un fitto e lussureggiante bosco di conifere, al termine del quale si raggiunge la parte mediana del crinale che congiunge le due vette che compongono il monte (Sellaro e Panno Bianco) Arrivati alla Sella proseguiamo sulla pietraia girando a sinistra e continuando a salire sul sentiero arriviamo sotto la cima del Monte Sellaro. Da qui, tenendoci sul crinale, arriviamo sulla cima (1439 metri di altitudine), da dove il paesaggio spazia e sconfina verso tutto il versante orientale del Parco Nazionale del Pollino, delle Gole del Raganello, i monti dell’Orsomarso e tutta la piana di Sibari e il Mar Ionio. Il ritorno è sostanzialmente dalla stessa via. Ci attende all’arrivo un delizioso buffet ricco di prelibatezze e tante risate e allegria all’insegna dell’amicizia e della condivisione.

8 GIUGNO 2024: “La Montagna che include”. Giornata di Accompagnamento Solidale. di Paolo Viceconte

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Piano Ruggio (1530m) e il Belvedere del Malvento, situati nel cuore del Massiccio del Pollino, hanno fatto da cornice all’edizione 2024 della giornata di “La Montagna che include”, un evento dedicato a persone con mobilità ridotta e abilità diverse, atto a stimolare la creazione di nuove abitudini, trasmettere l’amore e la passione per la montagna attraverso l’anima solidale del CAI che mette a disposizione le proprie competenze al servizio dell’accessibilità dell’ambiente montano. Alla giornata, organizzata dal CAI Castrovillari con il contributo dell’Amministrazione Comunale di Castrovillari, promossa annualmente dall’omonima struttura operativa SODAS (Struttura Operativa di Accompagnamento Solidale) del Club Alpino Italiano hanno partecipato numerose associazioni: “Filo d’Arianna” e “Famiglie Disabili” di Castrovillari, “Associazione Azzurra” di Corigliano-Rossano e il Centro di Salute Mentale di Castrovillari-ASP Cosenza. Già durante il viaggio l’attenzione è stata catturata dai colori della faggeta e dalla varietà della vegetazione che a quote più elevate cede il posto ad un ambiente decisamente più roccioso, nonché all’emblema del Parco Nazionale del Pollino: il pino loricato. Giunti a Piano Ruggio, l’entusiasmo ha pervaso il gruppo ancor prima della partenza: tanta la curiosità di scoprire nuovi luoghi e la voglia di immergersi nella natura. Intrapreso il sentiero CAI 905 che conduce al Belvedere del Malvento (o dei pini loricati), abbiamo avuto modo di apprezzare il cammino nell’omogeneità del gruppo: camminare insieme significa creare un saldo legame con il compagno o la compagna di viaggio, uniformare il passo, essere sempre un punto di riferimento gli uni per gli altri. Arrivati al Belvedere, accolti tra Serra del Prete (2.180m) e Timpone della Capanna (1.823m), la vista ha subito ripagato le energie spese: incantevole il panorama che dal bosco si apre sulla vallata sottostante, sui Monti dell’Orsomarso e sui pini loricati che svettano dai costoni rocciosi. Evidente la gioia negli occhi di chi per la prima volta ha avuto la possibilità di scoprire questi luoghi. Dopo le fotografie di rito, si fa rientro verso Piano Ruggio, dove, ospitati dal piccolo bar nei pressi dell’ormai derelitto Rifugio De Gasperi, abbiamo potuto ristorarci, condividendo il pasto tutti insieme. Ed è proprio quest’ultima parola ad assumere un significato particolare. Ha colpito come a conclusione della giornata, nel raccogliere le riflessioni di chi vi ha partecipato, i ragazzi abbiano tutti posto l’accento sullo stare insieme. La gioia e l’emozione di aver trascorso, o meglio, vissuto non in compagnia ma insieme questi momenti. Una conferma, dunque, per le attività del CAI protese all’impegno nel sociale, con una particolare sensibilità verso la funzione terapeutica delle dinamiche di gruppo, a contatto con l’ambiente, che rendono concreta l’inclusione e la partecipazione di tutti, indistintamente, resa possibile anche grazie al prezioso contributo di volontari e operatori. Giornate come questa, in cui, come ha ricordato Carla Primavera, Presidente CAI Castrovillari, è più quello che si riceve di quello che si dà, ne sono una tangibile testimonianza.

2 Giugno 2024: Direttissima Dolcedorme di Caterina Giacobbe

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Un lungo viaggio dalla Sicilia percorrendo tutta la splendida Calabria per giungere finalmente sul Pollino. Davanti a me tutt'intorno queste montagne maestose come un abbraccio. Sapevo che mi attendeva una giornata intensa di emozioni, ma non immaginavo quello che poi è stato: una tra le esperienze più appaganti che ho vissuto in montagna, non solo per i panorami e per la bellezza dell'escursione articolata e variegata, ma per il senso di libertà, per l'armonia e la gioia che mi hanno accompagnato sulla pelle tutto il giorno! Sentirsi parte del tutto quando, percorrendo quei canaloni ripidissimi, volgevi lo sguardo e vedevi l'immensità della vallata raccolta tra le alte montagne; poter esprime liberamente se stessi durante il percorso pur nel rispetto delle regole che un'escursione così impegnativa richiedeva; percepire il senso di appartenenza a un gruppo di persone che non avevi visto prima ma che sentivi vicine come se le conoscessi da sempre. Il mio grazie a tutti i partecipanti per l'accoglienza e uno veramente speciale va a Gianmarco per il suo carisma, per l'Amore per la montagna che generosamente ci ha donato, per la sua capacità di contagiare e di mettere in circolo le emozioni e la voglia di condividerle con gli altri. Tutto questo e le belle anime che ho incontrato hanno reso davvero speciale la mia prima Direttissima sul Dolcedorme!

2 giugno 2024: La cresta dell’Infinito di Giuseppe Oliviero

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L'alba irradia la bellissima est di serra delle ciavole mentre mi accingo a salire verso la meta di colle marcione, dove da lì si dipana l'escursione odierna. Arrivo al rifugio per primo e nel frattempo ammiro le cime di serra di Crispo e delle Ciavole, sposto lo sguardo verso il Dolcedorme, che si mostra sornione e severo come sempre. Alla spicciolata arrivano gli amici del CAI di diverse sezioni, Castrovillari, Reggio Calabria, Cosenza, e subito dopo le presentazioni e il breve discorso di rito di Walter ci si incammina verso Piano di Ratto dal sentiero CAI 941, da dove con una prima decisa salita si intercetta la bellissima cresta dell'infinito. Da qui in poi è un susseguirsi di saliscendi inseguiti da una brezza, direi piacevole, condita da un ineguagliabile panorama che ci accompagna piacevolmente, il che ci allevia della fatica dell'incedere, dapprima verso le Manfriane, dove raggiungiamo la cresta occidentale e tra divertenti saltelli di roccia si raggiunge la Timpa del Pino di Michele. Tra una foto e l'altra, ispirati da cotanta bellezza mista alla severità e al regale portamento del Dolcedorme, incrociamo poco sotto la vetta il gruppo di soci della stessa Sezione di Castrovillari che si accingevano a scendere a valle dopo aver fatto una classica del Dolcedorme: la Direttissima. Giusto una quindicina di minuti per scambiarci impressioni, emozioni, sensazioni e la rituale foto di gruppo, ci salutiamo e in pochi minuti arriviamo in vetta. Percepisco una profonda estasi, soprattutto per chi è su per la prima volta. Foto, video e panini la fanno da padrone nel mentre il panorama, semplicemente spettacolare a 360°, anche se il vento abbastanza teso e umido fa salire sottili nubi che sembrano vogliano unirsi a noi, ne limita la visuale, ma tant'è sempre unica. E ora di ritornare e dopo le rituali firme e pensieri sul libro di vetta si scende dal sentiero CAI 942, dapprima fino alla timpa di Valle Piana fino al Varco del Pollino, non prima di intercettare un gruppo di maestosi pini loricati. L'incedere è continuo in allegria dove arriviamo alla Sorgente del Vascello dove, finalmente, ci si rifornisce di acqua. Il cammino è abbastanza veloce, anche perché abbiamo pperso tanto tempo su in vetta ma senza indugi si arriva dopo un paio di ore a Piano di Ratto prima e a Timpa di Ratto, da dove in pochi minuti arriviamo al rifugio di Colle Marcione. Bellissima, stupenda, faticosa, lunga giornata in cui sicuramente ognuno dei partecipanti a suo modo ha avuto il privilegio di arricchirsi, soprattutto nel rapporto faticoso e al tempo stesso affascinante della natura. Un semplice grazie di cuore a tutti i partecipanti e un grazie affettuoso al sempre generoso Walter.

19 maggio 2024: Le peonie dell’Olivella di Vincenzo Maratea

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In perfetto orario ci ritroviamo nella Piazza di Policastrello. Un affascinante borgo medievale del Comune di San Donato di Ninea. Questo gioiello della Calabria ha radici che risalgono all’epoca bizantina e gode di una posizione strategica nella verde Valle dell’Esaro. Nel mentre alcuni si dirigono al bar per un caffè, altri non perdono l’occasione per visitare e fotografare la bellissima Chiesa parrocchiale del SS. Salvatore. Esternamente la Chiesa (datata prima del 1300) ha conservato, seppur in misura ridotta, il suo aspetto originale. Perfetto esempio sono la facciata a mattoni con un grande portale ligneo ad ogiva ed il campanile. Mentre, al suo interno vi sono custodite opere lignee antichissime: il Pulpito (presumibilmente del 1700) che sovrasta il Confessionale e uno “Stipo” (sul quale è ancora possibile leggere la data di costruzione “1706”). Ci sistemiamo nelle auto e su stradella con fondo cementato ci dirigiamo verso la località Principe dove lasciamo le auto. Dopo i doverosi saluti da parte di Carla, Presidente del CAI Castrovillari, e una breve descrizione del percorso da parte di Vincenzo e Mario, guide dell’odierna escursione, iniziamo il percorso a piedi sulla sterrata che conduce a Piano di Marco, all’Acqua di Frida, al Campo di Annibale e sul Monte Mula. Lungo il percorso Vincenzo fa presente che quest’anno le peonie sono fiorite molto prima e che ora sono quasi tutte appassite a causa del caldo dei primi giorni di maggio e che, quindi, non troveremo una abbondante fioritura. Nessuno si demoralizza e andiamo avanti ugualmente. Dopo circa due chilometri, ad un incrocio abbandoniamo la sterrata principale e prendiamo a sinistra una pista che dopo mezzo chilometro conduce al Pianoro di Casiglia. Qui incrociamo il sentiero 601 del Sentiero Italia proveniente dal Santuario della Madonna del Pettoruto e che conduce a Piano di Lanzo passando per il Campo di Annibale. Lo imbocchiamo e in leggera salita tra maestosi lecci, dopo 10 minuti arriviamo al bosco di cerri della Civarra. Non crediamo ai nostri occhi. In mezzo agli alberi, nelle zone più ombrose e fresche, fanno la loro comparsa centinaia di peonie. Qualche folletto del bosco le ha preservate per noi! Fuori i cellulari e le fotocamere e via alla ricerca della peonia più bella da fotografare. Non è facile. Tutte meritano uno scatto. Una volta sazi di tanta bellezza ci incamminiamo verso l’Olivella. Come preannunciato, qui non troviamo più peonie: tutte ormai sfiorite. Però la Natura sa sempre stupirci. Lungo il percorso notiamo diverse specie di orchidee spontanee e non ci facciamo sfuggire l’occasione per fotografarle. Proseguiamo ancora verso i costoni rocciosi dell’Olivella che si affacciano sulla Gola del Fiume Rosa. Il panorama ci lascia senza fiato. Davanti a noi la regina del Parco Nazionale del Pollino, sua maestà la Montea. E poi la Pietra dell’Angioletto, lo Scodellaro, la Catena Costiera, la Valle dell’Esaro fino ai primi contrafforti della Sila. E proprio sotto i nostri piedi il Santuario della Madonna del Pettoruto e più a valle l’abitato di San Sosti. Su questa balconata naturale consumiamo il nostro pasto, degustando il capocollo e il vino di Mario. Riprendiamo la via del ritorno, seguendo lo stesso itinerario dell’andata. Giornata stupenda. Anche il meteo è stato a noi favorevole. Ma non è finita qui. Ritornati al borgo di Policastrello non poteva mancare l’accoglienza di Elisa, moglie di Mario, con i suoi dolci e i liquori fatti in casa. A lei vanno i nostri ringraziamenti.

Domenica 12 maggio 2024: Grotta di Serra del Gufo

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P.28 è il “primo salto”. Un pozzo di ventotto metri che ci dà l’accesso a quella che è la seconda grotta più profonda della Calabria: l’ambita grotta Serra del Gufo. È un salto che si rivela lentamente e che muove verso una nuova esperienza nel grembo della terra tra stalattiti, stalagmiti, sale, colonne di pietra e numerose eccentriche. Lontani dai rumori, nell’ammaliante territorio di Cerchiara di Calabria, tra il Monte Sellaro e Damale, ci avviciniamo alla grotta seguendo un sentiero completamente immerso nella natura che ri_chiama e sollecita senza indugio ad un particolare rapporto con sé stessi, con il proprio corpo, la propria anima e le più intime paure. Con quel P.28 inizia un processo interiore stra_ordinario, si diventa consapevolmente protagonisti indiscussi di un tutto possibile e sperimentabile: i pensieri si quietano, il cuore intona un suo speciale e inconsueto ritmo, caldo, intenso, che ingloba appieno, e desta ogni parte del corpo a muoversi con attenzione concentrandosi su quelli che sono i “movimenti specifici della speleologia”. E magicamente, con la sua oscurità e il suo silenzio, la grotta ci avvolge nella trama della sua energia vitale e ci fa dono di poterla abitare sentendoci parte di essa. Il “pozzo” ci fa da contenitore, crea la strada e il viaggio e non esclude assolutamente niente: non esclude le paure, le forti sensazioni, il caldo, il freddo, la bellezza di quello che si incontra, la solitudine. In grotta si va con un gruppo di persone per le quali si nutre un profondo ‘senso di fiducia’, senso straordinario che diventa forza e valore quando ci si trova ad affrontare da soli la discesa e la risalita su corda. E nella azione della sua verticalità, la grotta delimita e definisce una rara e insolita nicchia rassicurante che ci spinge ad aggrapparci oltremodo a quella corda che mantiene saldo il contatto con il “fuori” ma che allo stesso tempo ci spinge e ci tira giù sottoterra seducendoci. Il confronto con l’ignoto, la forza del gruppo che sostiene e protegge e il salto compiuto hanno tracciato per tutti una nuova realtà tirando fuori dal nostro corpo qualcosa che non si pensava di avere.

Domenica 5 maggio 2024: Colloreto > Colle Gaudolino di Luigi Arcovio

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In una splendida giornata di sole il Gruppo CAI CO-RO, affiancati dalla Presidente Carla ed i soci della sezione madre di Castrovillari, insieme ad alcuni rappresentanti della sezione di Cosenza, ed allietati da un rappresentante della sezione CAI di Esperia (FR), abbiamo affrontato il grandioso e ripido sentiero CAI 601. Un percorso affascinate dal punto di vista naturalistico e paesaggistico, importante non solo perché tappa del Sentiero Italia, ma anche perché ricco di storia e tradizioni. Dopo il consueto briefing la compagine si è avviata verso la prima meta, il suggestivo Monastero di Colloreto. Attraversate ed ammirate le sue vestigia ci siamo fermati attorno alla grande fontana e ricordare la storia del complesso. Un maestoso blocco dolomitico lavorato da sapienti artigiani del '600, salutava con il suo gioco d'acqua coloro che passavano per il grande cenobio. L'imponente opera di cattura e canalizzazione delle acque da parte dei frati, se da una parte era vitale per tutte le attività del monastero, dall'altra ricordava la bellezza e la forza della natura, traendo ispirazione proprio negli stillicidi e nelle risorgive, nei balzi nei sifoni delle vicine cascate, sicuramente attive anche allora. Il monastero divenne molto potente sopratutto grazie alla fastosa generosità di Erina Castriota Skanderberg; Moglie del feudatario Pietro Antonio Sanseverino, per grazia ricevuta a seguito della nascita di Nicola Bernardino, ultimo erede nella linea di sangue. Molte opere un tempo nella chiesa dei Colloretani sono oggi custodite nelle chiese di Morano Calabro. Ripreso il cammino deviamo per il viottolo che porta ad un'incantevole cascata. Uno spettacolo che prende vita proprio dalle fredde e limpide acque della sorgenti Tufarazzi e Serra. Il cammino diventa sempre più acclive, direttamente proporzionale alla bellezza dei colori che incontriamo. Il verde dei muschi ed il viola intenso delle prime orchidee esplodono presto nei nostri occhi al passaggio dal fitto bosco di lecci, aceri, carpini, a quello dei secolari faggi e dei primi giovani pini loricati. Affrontiamo il primo tratto impegnativo caratterizzato da ripidi zig zag tra le rocce e gradini realizzati in parte dal tempo in parte dall'uomo. Ci troviamo proprio nel tratto conosciuto come la Scala dei Moranesi: contadini, pastori e devoti hanno nei secoli segnato con i loro passi questa linea diretta con la Madonna del Pollino. Il grande faggio antropomorfo ci da il benvenuto e ci ricorda che abbiamo da poco superato la metà del percorso. Il tratto successivo è sempre impervio, ma davvero singolare, ci ritroviamo letteralmente immersi in un mare di foglie di faggio, gli scarponi affondano ed i nostri passi diventano unici, come Paperon de Paperoni avanziamo in flusso continuo di dollari. Così finalment ricchi "dentro", raggiungiamo i Boschi del Monaco; I primi omini di pietra ci ricordano che la meta è prossima. I Faggi si diradano e si aprono davanti a noi i fioriti Piani di Colle Gaudolino con il suo rifugio e la grande vasca abbeveratoio. Incontriamo un fantastico branco di cavalli che pascola libero sul piano. A giusta distanza un neonato puledrino sicuro e protetto si mette in mostra. Arrivati alla meta, incantati dall'ineguagliabile panorama finalmente ci rilassiamo, felici siamo pronti a goderci questo posto in prima fila sulla felicità, consapevoli di aver pagato il biglietto col sudore. ........e si pranza! Grazie di cuore a tutti i partecipanti!

Domenica 21 Aprile 2024: Monte Pollino di Giuseppe Cersosimo

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Non mancano occasioni per andare sul Monte Pollino, ma le emozioni che ci ha regalato questa giornata, non si potranno mai dimenticare. La splendida giornata che abbiamo vissuto sarà ricordata negli anni sopratutto per l’atmosfera meteorologica che la natura ci ha regalato, un uscita in un ambiente completamente innevato in piena primavera. Ho accettato con immenso piacere l’invito di mio padre ad organizzare insieme a lui questa ascesa sul Monte Pollino in ricordo del grande socio, ma soprattutto Amico, Domenico Mandarino, persona disponibile, generosa e con una immensa bontà. Sarebbe superfluo descriverlo in poche righe, chi ha avuto modo e fortuna di conoscerlo sa davvero che persona era, mio padre è stato uno tra questi. La loro amicizia si è coltivata per più di 10 anni sia nella vita quotidiana e sia nella sezione del CAI, anche per me è stato un punto di riferimento durante la crescita e non potrò mai dimenticare le varie escursioni trascorse insieme sempre pronto ad aiutare e dare preziosi consigli. L’uscita di oggi ha sorpreso ma allo stesso tempo ha regalato un’emozione unica a tutti i partecipanti. Fino alla fine non sapevamo se si potesse raggiungere o no il traguardo, vista la neve inaspettata caduta nella notte tra giovedi e venerdi che avrebbe impedito anche il passaggio con le auto per raggiungere il punto di partenza, per fortuna così non è stato e in un numero un po’ ristretto, ma con soci provenienti anche dalla Puglia, decidiamo ugualmente di incamminarci. Lo spettacolo che ci regala la natura giorno dopo giorno con cambiamenti e sorprese non è una novità, ma quello visto oggi, permettetemi di dire, è qualcosa di straordinario ed entusiasmante. Giunti a Colle Gaudolino il panorama non si presenta con un prevedibile prato fiorito in un giorno di primavera, ma con un candito manto bianco che lascia tutti stupiti, proprio come se fossimo in pieno inverno. Una piccola pausa e ricomincia il nostro cammino, il Pollino ci aspetta, superato il bosco giungiamo alla sella del Pollinello dove possiamo ammirare i primi Pini Loricati che ci conservano sempre qualcosa di magico. Passo dopo passo, uniti e convinti delle nostre forze raggiungiamo la cima con un panorama e colori inaspettati, i nostri occhi stentano a crederci, l’obbiettivo è raggiunto! Vorremmo trattenerci lì per ore a goderci quello scenario che di certo non ci capita tutti i giorni, ma il ritorno ci aspetta e quindi dopo qualche foto di rito proseguiamo senza alcun problema ma con il pensiero di ciò che avremmo lasciato da li a poche ore in un giorno memorabile. Giunti alle auto la gioia e l’orgoglio di ciò che abbiamo realizzato è immane. Ringrazio tutti i presenti, i soci pugliesi giunti fino a qui che ammiro profondamente per la determinazione che mettono in ciò che fanno, ricordando che la natura merita e ripaga tutto ciò. Ringrazio anche Walter per il pensiero espresso su Domenico e infine ringrazio mio padre per questa possibilità concessa.

Domenica 14 aprile 2024: Orto Botanico Castrovillari - Pollinello di Walter Bellizzi.

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La giornata è splendida. La brezza mattutina, morbida e fresca, accarezza i nostri corpi. Ci ritroviamo a San Girolamo. I partecipanti prendono posto nei fuoristrada e via per la Conca del Re. La carrareccia ci fa traballare dentro i veicoli, ma tutti siamo desiderosi di iniziare l’escursione. Un saluto da parte di Carla, Presidente del CAI di Castrovillari, ed una brevissima presentazione dell’itinerario di Walter. Ci si avvia a percorrere il sentiero n. 920 che si incunea, partendo dall’Orto Botanico, lungo il canale di Valle Piana. Si sale, procedendo tortuosamente su suolo pietroso e sotto un verdissimo bosco di pini neri. Si sente, portato da un venticello fresco, l’odore della resina. Salendo di quota, il bosco di conifere lascia spazio ad un bosco di giovani esemplari di carpini, frassini e maestosi faggi. Ci si ferma un attimo per riprendere fiato e dare un rapido sguardo sulla Piana di Sibari che si specchia sul mare azzurro del Golfo. Siamo ormai a quota 1600 m ed inerpicandoci attraversiamo “La Tagliata”, uno dei tratti più incantevoli del percorso: un passaggio scavato nella roccia entro un’alta parete verticale sormontata da contorti Pini Loricati. Subito dopo ci soffermiamo, in silenzio, davanti ad una austera croce di legno, deposta lì in onore di quattro aviatori tedeschi morti nella II Guerra Mondiale. Ormai siamo al “Varco del Pollinello”. Da lì lo sguardo si amplia e spazia sui monti della Sila e dell’ Orsomarso. Continuiamo il cammino e ci inoltriamo dentro la “Faggeta Vetusta” del Pollinello, riconosciuta dall’UNESCO nel 2021 come Patrimonio Mondiale dell’Umanità per la presenza dei faggi più antichi del mondo, tra questi alcuni superano l’età di 6 secoli. La faggeta vive in perfetta simbiosi con il Pino Loricato. Superata la faggeta si raggiunge la vetta del Pollinello. Felicità, panorama suggestivo, indimenticabili foto e consumare un panino sotto l’ombra dei Pini Loricati offrono sensazioni irripetibili. Dalla cima si vedono tutte le altre vette del Parco: Serra del prete, Pollino, Dolcedorme. Si intravede da lontano il “Patriarca”. Qualcuno vorrebbe proseguire il cammino. Claudia, invece, suggerisce di sostare lì più a lungo. Ma Eugenio invita a seguirlo. Così scendiamo, in pochi, lungo un pendio erto per vedere colossali Pini Loricati inchiodati nelle rocce. Stupore e meraviglia. Foto per catturare l’attimo. Saliamo veloci e ci ricongiungiamo con il restante gruppo che ci attende adagiato su un prato verde cosparso di margherite e punteggiato da esemplari di orchidee purpuree “Anacamptismorio” e gialle “Dactycloriza sambucina”. Al ritorno percorriamo lo stesso sentiero. Il volto non nasconde la tristezza di aver dovuto lasciare un luogo incantevole. I miei ringraziamenti vanno ad Eugenio, Gaetano, Carla e a tutti gli altri escursionisti.

7 aprile 2024: Speleo - Castel di Lepre di Romano Liotti

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Aprile ci accoglie con una giornata di gran caldo, dal sapore quasi estivo e qual modo migliore per ristorarsi se non immergersi nella meravigliosa grotta “Castel di Lepre”? Ci troviamo in Basilicata, nel Comune di Marsico Nuovo, accolti dagli amici del gruppo Speleo Melandro pronto ad "illuminarci" la via, insieme ai soci della sottosezione di Cerchiara e della sezione di Catanzaro. Appena varcato l'ingresso, troviamo due pozzi di 4mt e 13mt e subito alla base una pozza d'acqua. La grotta Castel di Lepre è una grotta "attiva", attraversata da un fiume che scorre per tutti i circa 2 km di sviluppo della grotta, rendendola la più lunga della Basilicata. Lo spettacolare paesaggio che si apre ai nostri occhi ci lascia increduli: un mondo sotterraneo variegato, ricco di concrezioni e pozzi acquatici affascinanti. Il gruppo è allegro e vivace; sono molte le persone esperte con cui confrontarsi e i racconti, le esperienze e le risate vanno ad impreziosire questo spettacolo naturale che associa il gusto per l’avventura a quello per la buona compagnia. Si riscopre il significato della parola “meraviglia” per una concrezione enorme a forma di zampa di elefante o ci si emoziona nell'attesa della caduta di una goccia dalla stalattite, in un mondo naturale dalla bellezza dirompente che si crea lentamente e si manifesta davanti a te. Da veri avventurieri attraversiamo gallerie e bassi laminatoi, ci muoviamo al bagliore delle torce che illuminano i nostri volti entusiasti in questo ambiente surreale e quasi magico, fino alle vasche levigate dallo scorrimento dell'acqua che terminano con una piccola cascata, formando un laghetto caratterizzato da alcuni scorci di suggestiva bellezza. È bello lasciarsi avvolgere da questa atmosfera: il tempo in grotta sembra fermarsi avvolti in questa atmosfera quasi incantata, increduli ad ammirare tanta bellezza in ogni più minuzioso aspetto. Appena ritornati vicino all’ingresso, mentre usciamo, l’aria calda ci inonda e ogni senso è amplificato, ogni profumo e colore sembra nuovo. Negli occhi ci sono ancora le immagini di quelle concrezioni, delle vele, delle gallerie e dei laghi che abbiamo ammirato con tanto stupore. Una giornata così ricca ed emozionante non poteva concludersi se non con un meritato e abbondante banchetto convivale, ricco di tanti sapori genuini e, con spirito rinnovato di meraviglia, aspettiamo presto la prossima uscita speleologica.

7 aprile 2024: Escursione a Monte S. Angelo di Mimmo Filomia

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Quest’anno la tradizionale escursione promozionale è avvenuta nel migliore dei modi. Il tempo volto al bello, di una giornata primaverile inoltrata ha invogliato tutti, bambini e grandi, ad uscire di casa per ritrovarsi, nella domenica in Albis, sul luogo di partenza. Sospinti da un leggero venticello frizzante tipico del periodo, siamo partiti, entusiasti, da Piazza Giovanni XXIII alla volta di Piano S. Lucia, per il consueto briefing. Prima di noi è salito qui sopra S. Francesco da Paola, per salutare e benedire la Calabria, in viaggio per la Francia. L’escursione della pasquetta è ormai un evento atteso. Quante volte dentro di noi affiora il desiderio di voler fare una bella passeggiata, in tutta libertà, nella natura, al sole. Ma, senza allontanarci troppo da casa, per misurarci con le nostre forze, sedere su un masso, riflettere, scrollarsi di dosso questo lungo inverno, allontanare preoccupazioni. Giusto quanto basta, per poi tornare alla realtà quotidiana, più caricati e consapevoli delle proprie possibilità fisiche ed anche integrati nel territorio circostante, ecco, questo desiderio oggi si realizza con la salita alla cappella della Madonna del Riposo. Una gita fuori porta, per aprirsi al risveglio della natura e trascorrere in allegria una giornata all’aria aperta per riscoprire ed affezionarsi a questi luoghi tanto frequentati dai nostri nonni, per le loro pasquette. Il Club Alpino Italiano di Castrovillari -promotore- è stato tenace nel mantenere viva questa tradizione e la partecipazione numerosa, ogni anno, ci premia tutti perché la missione del nostro sodalizio è promuovere, tutelare e valorizzare quanto di buono c’è sul territorio, che altrimenti andrebbe perduto per sempre. La tradizionale passeggiata alla chiesetta rupestre, ha inizio dal 1836, anno in cui, il benefattore Andrea Bellusci, fa costruire l’opera, di ottima fattura. Da allora, il sentiero per raggiungere la bianca icona (695 m) a forma ottagonale, incastonata su Monte Sant’Angelo è stato percorso da una infinità di pellegrini devoti che, hanno alternato il sacro al profano, a testimonianza dell’affetto per la Madonna con il Bambino lì deposta, in atteggiamento di riposo. Le presenze iniziali assidue, nei dintorni della chiesa di Monte Sant’Angelo, a pasquetta, vanno man mano scemando e dal 1960 il luogo cade nel dimenticatoio. Saranno in pochi poi a risalire verso questo, un tempo eremo, a pulire ed accendere il cero della speranza e devozione che, un i nostri nonni alimentavano, per testimoniare l’appartenenza al luogo. Il Club Alpino Italiano di Castrovillari, interessato da sempre a tutelare e valorizzare gli ambienti tematici, si è preposto a riprendere questa tradizione castrovillarese che è in sintonia con i tempi attuali, in cui è forte la ricerca delle proprie identità e richiesta, ancora, di attività motoria, dopo la pandemia. Dalla bianca icona, si dominano, con un solo colpo d’occhio, le cittadine del comprensorio di Castrovillari: Frascineto, Morano, Saracena, S. Basile, Spezzano A. fino al mare Jonio. E’ un punto panoramico al centro dell’emiciclo montuoso formato dai monti del Parco nazionale del Pollino: su cui svetta la catena del Dolcedorme 2267m, oggi, poco innevata. Anche oggi un lungo serpentone variopinto di circa cinquanta escursionisti pellegrini si è articolato lungo il sentiero Turistico Culturale CAI 989 che da piazza Giovanni XXIII conduce alla bianca cappella rupestre. Per i più audaci, l’escursione è proseguita fino alla cima M. Sant’Angelo (794 m.) dove fa bella mostra di sé una tavolozza illustrativa su piedistallo, di tutte le montagne visibili intorno. La consueta "Pasquetta dei Castrovillaresi", a cui hanno aderito simpatizzanti dei paesi limitrofi ed oltre, anche quest’anno è stata ricca e abbondante di leccornie pasquali. Tutto come da copione, a base di prodotti tipici locali da condividere con tutti per una giornata in allegria e all’aria aperta, accanto alla Madonna, che attende dimora migliore, per Lei che rappresenta una delle sette sorelle venerate nel territorio di Castrovillari e per la nostra dignità cristiana.

Domenica 17 marzo 2024: Piazza Nassiria (662m) di Morano Calabro a Piano Caroso (1248m) di Walter Bellizzi.

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Finalmente è la giornata dell’escursione con il gruppetto di iscritti al CAI di Castrovillari. Parcheggiate le auto nel Piazzale Caduti di Nassiria, si sale su strada asfaltata per 200 m per giungere all’ingresso del sentiero SICAI U31. La giornata è bella anche se bianche nuvole fanno capolino sulle vette del Massiccio del Pollino. Dopo un breve intervento di Gaetano ed un saluto di Mimmo, Presidente CAI di Castrovillari, si inizia a percorrere il sentiero che è ricco di storia e di tradizioni culturali tramandate oralmente da generazioni di pastori che lo hanno percorso per condurre il bestiame al pascolo o per il commercio di legnami pregiati e beni derivati dalla pastorizia. L’area è stata dominata dai romani, infatti a Morano c’era una stazione della famosa Via Popilia-Annia (Via ab Regio ad Capuam), e dopo dai Longobardi e dai Normanni. Lasciati alle spalle le grigie torri del Castello Normanno-Svevo, ci si inoltra nel bosco di lecci. Il percorso non presenta difficoltà significative o passaggi tormentati. Lungo il tratturo cominciano a fare capolino i colori indaco della timida “Scilla Bifolia”, il tenue giallo delle primule e il generoso viola delle mammole. Lentamente percorriamo il sentiero per giungere dopo più di due ore a Piano Campizzo. Ampi pascoli di un verde intenso ci accolgono, punteggiate dalle basse e tipiche “turre” dei pastori. Nel piano centinaia di pecore brucano l’erba sotto il sole ormai primaverile. È il tipico “locus amoenus” (luogo incantevole) delle Bucoliche di Virgilio. Mi sovvengono nella memoria i versi di Meleagro: ”τί γλυκύ μοι, τί ποθεινὸν ἐν οὔρεσιν;”(Che c’è di dolce, che c’è di desiderabile per me tra i monti?) . Alla vista degli escursionisti le paurose pecore spariscono dalla nostra vista nascondendosi dietro il verde cupo del bosco di “Pinus Nigra”. Tutti ci auguriamo di vedere i caprioli come ci è capitato di ammirarli qualche giorno prima durante il sopralluogo. Lungo il tragitto incontriamo maestosi esemplari di abete rosso (Picea Abies). Attraversato il pianoro si sale l’erta che conduce verso il Piano Caroso. Giunti alla meta, ci si sofferma ad ammirare il panorama dove in lontananza svetta il Monte Caramolo. Le bandierine segnate su due massi, posti a guisa di porta, indicano il prosieguo del sentiero fino ai Piani di Masistro. Sarà la meta, ci auguriamo, di una prossima escursione. Una veloce colazione ed è tempo di riprendere il cammino del rientro. La discesa è lenta. Tutti ci adeguiamo al passo dei nuovi soci. Nuvole nere scorrono veloci sul nostro capo ma ci risparmiano la pioggia. Alle 17.30 siamo tutti di nuovo a Piazza Nassiria. La stanchezza si legge sul volto di alcuni ma il sorriso esprimeva la gioia di aver superato i propri limiti e goduto di una escursione lunga ma intervallata da bellissimi scorci panoramici. Ringrazio Gaetano, Mimmo e Gianfranco per avere reso l’escursione serena e sicura.

10 marzo 2024: "Alpinistica Monte Pollino, da Nord a Ovest, tra via dei Lupi e Canale Nascosto" di F. Gioffrè

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Inverno, nevica: i cristalli di neve cadono, imbiancano i pianori, scivolano dalle pareti rocciose più verticali esaltandone la maestosità, riempiono gli avvallamenti, trasformano canali di detriti in ripide rampe ghiacciate, ricoprono i sentieri, di fatto cancellandoli, e la montagna diventa un foglio bianco dove disegnare nuovi itinerari. La montagna in inverno può essere molto diversa dalla montagna in estate. Sottolineare questa diversità, e definire di conseguenza un approccio corretto per una frequentazione consapevole dell’ambiente montano innevato, era uno degli obiettivi dell’uscita odierna. Domenica 10 marzo siamo in 23 a Colle Impiso, assidui frequentatori e chi ci viene per la prima volta, amici di vecchia data e volti nuovi, per una intersezionale molto partecipata, con una nutrita rappresentanza del CAI di Belpasso e del CAI di Reggio Calabria. E’ l’ultimo atto di una trilogia pensata e realizzata da Gian Marco, con encomiabile generosità, affiancato, in questa occasione, da compagni di cordata che lo hanno accompagnato nei sopralluoghi, nell’organizzazione, nella conduzione. Tre uscite su tre montagne diverse, affrontando un manto nevoso sempre con caratteristiche differenti, in un alternarsi di difficoltà alpinistiche, che hanno portato i neofiti a imparare, innanzitutto, come non si possano decidere le condizioni ambientali in cui muoversi, e che si debba invece necessariamente confrontarsi con quanto la natura ci offre. Siamo a Colle Impiso e poco prima delle 8 ci mettiamo in cammino verso il Monte Pollino, il programma prevede che alcuni si dirigeranno verso la parete nord dividendosi poi tra la “Via dei Lupi” e la relativa variante, gli altri risaliranno a ovest il “Canale Nascosto”, così denominato in quanto visibile solo da pochi punti di osservazione, un canale delimitato da sponde rocciose popolate da splendidi pini loricati, un contesto di grande bellezza che accompagna l’alpinista lungo l’intera ascensione. Più tardi i due gruppi si ricongiungono, arrivando quasi contemporaneamente, in prossimità della dolina del Pollino, chi proviene da nord ha anche raggiunto la vetta, gli altri si trovano appena sotto, alcuni vorrebbero salirci, ma il vento invita a desistere. La decisione è quindi quella di scendere, e allora tutti giù nel canale, a ripercorrere i passi dell’andata. Ci siamo separati al mattino, per percorrere strade diverse, e adesso insieme torniamo verso il luogo da cui insieme eravamo partiti. La discesa, soprattutto nei tratti di maggior pendenza, richiede un’attenzione ancora maggiore rispetto alla salita, ma permette a tutti di raggiungere velocemente il rifugio di Gaudolino per una breve sosta, per rifocillarsi e per risistemare nello zaino i ramponi e la piccozza, da qui in poi l’itinerario torna escursionistico. Gli ultimi chilometri che ci riportano a Colle Impiso sono defaticamento fisico e mentale. E’ quasi un attimo e siamo alle macchine, a toglierci gli scarponi, a spogliarci di indumenti sudati, a sistemare le attrezzature. Quello che succede dopo è uno dei motivi per cui lo facciamo, ci ritroviamo insieme intorno a un tavolo, con davanti cibi e bevande da condividere, in una convivialità che puntuale ogni volta si ripete, che sazia e rallegra, che rinforza e che unisce. E nella spensieratezza del momento gli impegnativi gradi alpinistici del mattino cedono il posto a moderati gradi alcolici, un avvicendamento che tutti sembrano gradire. Alla fine arriva il momento dei saluti e di prendere la strada verso casa, in uno stato di grazia che annulla i chilometri e che rende breve il viaggio. E’ stata una giornata perfetta, che ci ha dato intense emozioni e rara serenità, il piacere di quanto vissuto ci farà compagnia nel tempo, intanto, all’approssimarsi della mezzanotte, con una tazza calda tra le mani, un impaziente desiderio già affiora, l’attesa della prossima volta, di quando la montagna favorirà ancora incontri e amicizie.

3 marzo 2024: Pollinociaspole di Carla Primavera

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Come ogni anno, la nostra Pollinociaspole vuole essere una giornata di avvicinamento per chi si cimenta per la prima volta nell’uso di questi attrezzi e per chi ormai da anni non si perde una sola edizione. È purtroppo sempre più difficile trovare neve a bassa quota, non solo in questo periodo, ma in generale in questi magri inverni nevosi. Si cerca di rimanere più in basso percorrendo itinerari morbidi e poco ripidi, proprio perché ospitiamo neofiti e famiglie con bambini. Siamo alla strenua ricerca della neve, questa coltre bianca che riesce a farci tornare bambini. Il Pollino quest’anno ha deciso di imbiancarsi solo in alto, lasciando le basse quote totalmente a secco. Così si è deciso di andare altrove. Precisamente sul Massiccio del Sirino, in Basilicata. Qui, dal lato Nord nei pressi del Lago Laudemio, due settimane prima completamente ghiacciato, abbiamo trovato il nostro tesoro, ossia una bella coltre bianca trasformata dal sole in un solido tappeto immacolato. Abbiamo trovato tante persone, famiglie, scialpinisti e ciaspolatori. La neve ci lascia sempre assaporare quella rara felicità, come nelle fiabe. È bello lasciarsi avvolgere da questa atmosfera quasi leggendaria, ricca di storie, aneddoti e vita vissuta tra questi anfratti e panorami infiniti. Il suono dei nostri passi, lo scrocchiare cadenzato del nostro avanzare, ci immerge in questo spazio bianco, infinito. Ed è bello scivolarci sopra. Lassù la bellezza è nascosta ovunque. Una salita non eccessivamente difficile all’inizio e una andatura costante e lenta consente a tutti di percorrere quel minimo dislivello che permette di arrivare poi al punto panoramico detto “il mammellone”. Da qui ammiriamo tutta la “Cresta dell’Imperatrice” con i suoi contrafforti rocciosi, il Lago e le montagne dell’interno della Basilicata con tutti i paesini abbarbicati ad esse. Ci rifocilliamo un attimo e dopo la foto di gruppo, iniziamo la discesa distratti un pò dal panorama affascinante che abbiamo davanti. Cauti ma decisi, ci avvicendiamo verso il pendio in fila indiana, affrontando a colpi di bastoncini la ripida discesa, per poi arrivare di nuovo in prossimità del nostro punto di partenza. Prima di spostarci sul versante Sud del massiccio, dove ci attende il rifugio Conserva, immortaliamo lo splendido lago con le cime a contorno, un paesaggio da cartolina. Atmosfera accogliente nel rifugio dove ci siamo sentiti veramente a casa. Ottimo cibo e bel momento conviviale. La verità è che a noi ci piace proprio stare insieme. E si vede! Ringraziamo i 33 partecipanti, in special modo un nostro futuro socio proveniente da Cirò. Grazie.

18 febbraio 2023: Timpa Scazzariddo - A Volte Ritornano… di Carmelo Idone

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Svegliarsi nel cuore della notte, fare indefinite ore di viaggio, esporsi ad eventualità e pericoli del caso, affrontare l’ascesa, giungere in cima con gli amici. Al di là della zona di comfort c’è un panorama pazzesco, superare l’incubo di una ordinaria domenica è routine con amiche ed amici del CAI. Giunti a casa avremo qualcosa in più da raccontare. 18 Febbraio 2024, Alpinismo Invernale, Gruppo del Sirino. “A Volte Ritornano…”, grande classica della Nord-Ovest di Timpa Scazzariddo. Scesi dall’auto nei pressi del Lago Laudemio avviene la rituale vestizione, messi gli scarponi sulla neve dura vengono subito ramponati. Ci mettiamo a cerchio: è già tempo di briefing. Gian e Stefano ci illustrano la via di oggi. Non mancano le puntuali raccomandazioni e la raccolta dei big presenti per rendere possibile a tutti la via. Partiamo, risaliamo la pista affiancando un impianto di risalita fantasma (chissà quanti ne vedremo nei prossimi anni), usciti dalla faggeta e quando la pendenza si fa più dura è già tempo di volgere lo sguardo in alto e percorrere virtualmente la via. Logica chiede “ma sicuro che vuoi salire da lì?”. Si sale ancora, quando inizi a pensare “forse è meglio che fossi rimasto a casa stamani” è il segnale che in quel momento stai facendo la cosa giusta. Arriviamo all’attacco del canale. Pausa logistica. I big vanno avanti, aprono e mettono in sicurezza la via. Incontriamo amici alpinisti-appenninisti, dopo il saluto salgono da una via a fantasia legati a corde virtuali di leggiadra adrenalina. È tempo del dulcis in fundo: “A Volte Ritornano…”. A turno saliamo la via a cordate di tre/quattro persone. Il canale è simpatico, accoglie bene. La neve si è sciolta e le picche si infilzano bene. Nelle parti più dure non capisci se è ghiaccio o roccia che stai colpendo, ed allora tiri più forte, ma meglio se prima sistemi la mira. Si disegna una via nella via, siamo in tre e saliamo tutto sommato agevolmente. Quei numerini 45°/50°/55° di pendenza hanno adesso sostanza. Arriviamo alla sosta attrezzata magistralmente, la parte più dura è già finita. Una piccola dose di endorfine è gratificante. Rituali ringraziamenti, supporto e saluti e veniamo congedati per salire in cima. Ascesa divertente, dopo il canale sembra una passeggiata: semplice ma non banale, mai abbassare la guardia. Giunti in cima, e valicata leggermente verso sud, ci aspettano gli altri in quello che sembra un altro pianeta: caldo, comodo ed asciutto. Dopo le foto di rito prendiamo la comoda discesa in direzione del Monte del Papa (uno di quegli elementi che lasci per non soddisfare mai del tutto l’uscita per poterla rifare), lo abbandoniamo alle nostre spalle salutati da uno splendido fenomeno ottico del sole. Le endorfine stanno finendo e la durezza degli scarponi inizia a farsi sentire in discesa, è il momento di riammirare da giù la via, salutarla, ringraziare la montagna di averci ospitato ed andare verso le auto. Il momento conviviale non è solo fisiologica e nutrizionale necessità ma è anche momento di debriefing: tra un boccone e l’altro di prelibatezze, tiriamo le somme di quanto fatto. Siamo tutti insieme: la cima è raggiunta quando insieme si arriva al tavolo dell’area picnic. È il momento di rientrare verso sud, salutiamo ognuna delle persone compagne di avventura con il sorriso spensierato di chi ce l’ha fatta e che da domani sul lavoro avrà un motivo di sorridere in più. Grazie Gian, grazie Stefano. Grazie amiche ed amici del CAI di Castrovillari... Alla prossima avventura!

4 febbraio 2024: Colle Impiso > Serra delle Ciavole di Walter Bellizzi

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Arrivati tutti puntuali a Campotenese, siamo partiti in auto per Colle Impiso seguendo la strada che attraversa Rotonda e Viggianello. È stata questa una scelta obbligata per la nostra sicurezza in quanto quei 5 chilometri di percorso che congiungono Piano Ruggio a Colle Impiso erano impraticabili per ghiaccio. Giunti a Colle Impiso eravamo ansiosi di iniziare l’escursione e giungere alla meta: la vetta di Serra delle Ciavole. La giornata era assolata ma fredda. Il nostro entusiasmo e il passo veloce ma rispettoso dei tempi e delle condizioni del sentiero 920 B, che in alcuni tratti era ghiacciato, ci ritemprava. Giunti a Piano Vacquarro Alto si apriva al nostro sguardo una distesa bianca, la neve non era del tutto ghiacciata e ciò ci rincuorava. Una breve sosta per riprendere fiato sotto i raggi di un Sole ancora invernale. Foto di gruppo e ripartenza. Attraversato agevolmente il corso d’acqua alimentato dalla Sorgente Spezzavummola, ci si è inoltrati lungo la ripida salita del sentiero 923, innevato e a tratti ghiacciato, che attraversa il Bosco di Chiaramonte da cui si giunge ai Piani di Pollino. Ormai la silhouette azzurrina di Serra delle Ciavole, sormontata da bruni e maestosi pini loricati, si intravedeva nettamente ed era lì ad incoraggiarci per raggiungerla. Altre rapide foto e via lungo i dolci declivi che ci conducevano alle falde del monte. Il gruppo procedeva sicuro; molti indugiavano ad ammirare il meraviglioso panorama che offrivano le cime innevate del Monte Pollino e di Serra Dolcedorme. Altri premevano per raggiungere la vetta. Ci ricompattiamo e iniziamo a salire. Lentamente, ma con passo sicuro, arriviamo alla meta. La gioia sprigionava dai volti sorridenti dei partecipanti. Il vento era gelido. Il cuore caldo. Il panorama era incomparabile per bellezza, magnificenza e grandiosità. Il blu del mar Ionio si confondeva con l’azzurro turchino del cielo sgombro di nuvole. La cresta dell’infinito si protendeva come la schiena di un drago nell’azzurro Golfo di Sibari. Tutte le vette innevate del Parco apparivano indorate. A seguire un brindisi con rum e grappa! Si leggeva dal volto degli escursionisti la malinconia di abbandonare l’incantesimo di quegli attimi sublimi. Ma come dice il poeta Orazio: “Dum loquimur fugerit invida aetas..” (mentre parliamo il tempo è già in fuga..). Scendiamo a valle. Già le lunghe ombre dei monti ricoprivano il Piano del Pollino. Un’altra rapida sosta per rifocillarsi. Occorreva giungere a Colle Impiso prima che facesse buio per evitare il ghiaccio. A Colle Impiso panettone e spumante per tutti! Di queste belle emozioni vissute voglio ringraziare tutti i partecipanti ma in particolar modo l’amico fidato Giuseppe, Antonio e l’esperto Presidente del CAI di Castrovillari Mimmo.

28 gennaio 2024: I monti della luna di Paolo Viceconte

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I “Monti della Luna”. Appellativo emblematico per un luogo che disvela la sua unicità anche “al di là dei faggi” del Masistro Park. Lunare è la vista delle doline carsiche, depressioni naturali raccolte dalle creste spoglie dei monti che racchiudono i confinanti Piano di Mezzo e Piano Grande. Lasciandoci alle spalle la faggeta vetusta del parco, risaliamo il crinale che da ovest conduce alla cima del Monte Tabaccante. Il panorama è generoso. Si distinguono chiaramente il Mar Tirreno con il Monte Coccovello, i Monti Ciagola, La Spina, Zaccana, il gruppo del Sirino, il Massiccio del Pollino, fino al vicino Caramolo. Discesi al punto di congiunzione tra le doline entriamo nella faggeta di Timpone del Vaccaro, dove ci attende qualche traccia di neve ancora persistente. Lasciato il bosco, un suggestivo arco naturale di roccia introduce all’ultimo tratto, scoperto, verso la cima. Da qui si può apprezzare l’orizzonte unico che il Mar Jonio condivide con i Monti dell’Orsomarso. Proseguendo in discesa verso Piano di Mezzo chiudiamo l’itinerario ad anello, facendo rientro al punto di partenza. Ospitati dagli amici del Masistro Park, che ci fanno sentire letteralmente a casa, condividiamo le specialità custodite negli zaini (che meravigliano non meno delle cime prima raggiunte). Piccola nota per un superlativo e lunare Moscato di Saracena. Al di là dell’unicità dei luoghi, la riflessione che si porta a casa è una. Come ci ha ricordato preziosamente Antonello, prima di intraprendere il cammino, il contesto dell’uscita è uno strumento. È un mezzo attraverso cui condividere con gli altri molto più di un luogo. Quindi a prescindere dal tipo di attività, dal grado di difficoltà dell’uscita, il punto fermo resta lo stare insieme, scoprendo gli altri e se stessi. Preziosa, pertanto, la numerosa partecipazione, l’accoglienza degli amici del Masistro Park, la dedizione degli organizzatori, la presenza del CAI Catanzaro, del CAI Cosenza, dei nuovi soci e in generale di chi ci ha tenuto ad esserci nonostante le distanze che evidentemente per chi va per monti, con determinate consapevolezze, non possono che accorciarsi.

14 gennaio 2024: Nord della Serra del Prete di Francesco Iannicelli

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Uscita indimenticabile sulla cresta nord di Serra del Prete, guidati dall'instancabile Gianmarco che è riuscito ad amalgamare un gruppo di circa 20 amici insieme a soci del CAI di Reggio Calabria. Le condizioni meteo, fondamentali per qualsiasi uscita, anche in questo caso sarebbero state determinanti. Ci accoglie una giornata nuvolosa, con calma di vento a Colle Impiso (1560m). La giornata è fredda, ma non troppo rispetto ai giorni precedenti. Iniziamo a risalire lungo il sentiero CAI 920; la traccia è già fatta grazie al sopralluogo fatto nei giorni precedenti e all'assenza di nevicate nella notte; questo ci permette di goderci meglio il paesaggio. Ci troviamo quindi in progressione in una bellissima faggeta innevata, la scena è da favola: il silenzio del paesaggio innevato viene rotto soltanto dai nostri passi e dalle risate che pervadono l'intero gruppo. Terminata la faggeta indossiamo i ramponi e ci avviciniamo alla cresta con la piccozza alla mano. Per alcuni partecipanti è la prima uscita alpinistica; lo scopo di questa escursione era infatti quello di far avvicinare a questa disciplina anche chi non lo aveva mai fatto. Si coglie l'emozione nei loro occhi. Arrivati in cresta ci accoglie un vento teso e traverso portando con sé cristalli di ghiaccio che ci sferzano la faccia. Per questo e per la scarsa visibilità, la progressione procede lentamente. La neve ci permette di trovare dei passaggi su cui i ramponi fanno bene il loro lavoro anche se la forza della natura e impetuosa. Alla fine arriviamo in cima, tempo di qualche foto e si ritorna giù dalla via dell'andata; il meteo non permette altrimenti. Rientrati nella faggeta e verso le auto, siamo avvolti dall’emozione di aver affrontato la bufera, ghiacciati...ma felici! Davvero una giornata diversa dal solito, dove ognuno ha dato quel che poteva, ha imparato che tutto quello che la montagna ci concede. E' un regalo inestimabile e con condizioni sempre diverse e noi lo accogliamo a braccia aperte per imparare, misurarci, e riempire i nostri occhi di sana meraviglia.

6 gennaio 2024: Colle Marcione > Timpa di Porace

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Ci tengo tanto alla prima uscita dell'anno, soprattutto deve essere fatta la prima domenica possibile. Il motivo principale è perché ci sono i ragazzi, i nostri ragazzi, i nostri figli, quelli che vivono fuori per studio o lavoro e sono giù, a casa, per le festività natalizie. Ed è meraviglioso vedere nei loro occhi, la felicità di una giornata trascorsa in allegria e spensieratezza. Quella nostra. Del Sud. Oggi il meteo ha un po' giocato con noi. Arrivati col sole che ci faceva l'occhiolino a Colle Marcione, ci siamo inerpicati fin sulla Timpa di Porace, la nostra meta. Ma, nel prosieguo dell'escursione, si voleva fare una piccola disgressione sulla Timpa di Cassano, ci ha colto una discreta pioggia che ci ha accompagnato fino alle macchine. Poco male. È da tempo che aspettiamo questa benedetta perturbazione che spero ci regalerà copiose nevicate. Il peggioramento era previsto per l'ora di pranzo, invece.... Il nostro abbigliamento antipioggia ci ripara completamente e ci spostiamo nella vicina Civita, dove l'ospitalità è di casa. Un piccolo bar ci accoglie e ci permette di consumare il nostro pasto all'asciutto, consumando qualche fresca birra. Panettone e spumante "epifanico" chiudono le feste ed è tempo di saluti. I nostri ragazzi ripartono domani, alcuni al Nord, altri in Europa. Ma la cosa assolutamente emozionante è leggere nei loro occhi quell'ombra che dice: grazie, siamo stati bene oggi con voi. Torneremo presto. E si parla di accoglienza. Di come viene vissuta da loro, "abituati" alle nostre latitudini alla disponibilità completa, alla parola di incoraggiamento del signore del bar, perfetto sconosciuto, al come noi siamo abituati "ad offrire". Già, anche questo è un motivo di discorsi fatti oggi. Ed è bello. È bello sapere che i loro cuori rimangono qui. E battono insieme ai nostri. "Uscita bagnata, uscita fortunata". Si. Mai come la prima escursione dell'anno. Buona vita ragazzi. Auguri a noi tutti. Noi vi aspettiamo sempre. Ne abbiamo bisogno.