Raccontatrekking 2025
23 febbraio 2025: “Anello Povera Mosca - Fiume Argentino” di Mariagrazia Moschetti
Affrontare quasi tre ore di auto per fare una escursione programmata dal CAI di Castrovillari per molti è semplicemente improponibile e quasi da “folli” ma per i miei 4 compagni di avventura e per me è la certezza di raggiungere dei luoghi magici e trascorrere una giornata in compagnia di persone che condividono la nostra passione per le escursioni in montagna o comunque nei luoghi meravigliosi che i nostri territori ci offrono. Raggiunto il luogo di partenza, accolti da un tiepido sole e dall’entusiasmo nei volti dei partecipanti, dopo un piccolo briefing a cura degli organizzatori si comincia per un sentiero sterrato. Ecco, prima ancora di vederlo, lo senti gorgogliare, scorrere, frusciare, sbattere: è lui il fiume Argentino. Dicono che il rumore dell’acqua sia un rumore “rosa”, caratterizzato dalle basse frequenze e che induca rilassamento, ma non oggi; oggi per me è un rumore argenteo come le sue acque, rumore che ti scorre dentro e attraversa il tuo corpo portando energia e vita. Raggiungiamo la bellissima cascata della Ficara, scavata nella roccia. Si continua a camminare ammirando muschi, capelvenere e altre felci tra cui occhieggiano le prime primule a ricordarci che la primavera si avvicina. Il fiume tra le sue anse, i suoi massi e il suo veloce corso accompagna il nostro cammino lungo il quale incontriamo un giardino botanico dalle cui targhe apprendiamo i nomi degli alberi che ci circondano (cerri, faggi ecc). Dopo un piccola salita si raggiunge il valico di Castel San Noceto e pian piano torniamo verso le auto. Questa volta il sentiero in alcuni punti è scavato nella massiccia roccia già scolpita mirabilmente dalle acque. La giornata si conclude con un gioioso momento di convivialità a base di ciambella e crostata. Grazie CAI Castrovillari e grazie anche a colui che, affiancandosi a me nel cammino, ha condiviso il suo sapere facendomi conoscere po’ di storia di quei sentieri.
“Le Sorelle” è l’appellativo dato alla serie di crestine intervallate da canalini gemelli che si trovano sul versante orientale della Costa dell’Imperatrice nel Massiccio del Sirino. Highlander ne percorre il canale più evidente, quello più a sud dove in un crescendo di pendenze fino a 60° raggiunge la cresta a quota 1820 m. Il nome piuttosto “inquietante” della via deriva da un episodio accaduto il 6 gennaio 2011. Dei tre alpinisti che tentarono l’ascesa, solo il pugliese Nino Gagliardi, riuscì a raggiungere la cresta. Ispirandosi a un celebre film di fantascienza degli anni '80, decise di chiamarla “Highlander - Ne rimarrà solo uno”, poiché gli altri due, a causa delle difficoltà fisiche e tecniche, dovettero rinunciare. Quello che il Gagliardi non sapeva era che, nell'inverno precedente, Fabio Limongi aveva già aperto la via e l’aveva anche percorsa in discesa con gli sci. Tuttavia, non avendo assegnato un nome, si è tramandato quello scelto da Gagliardi. In sede CAI ho voluto riproporre la stessa escursione di due anni fa perché in quell'occasione la partecipazione fu molto esigua, certamente non in linea con lo spirito coinvolgente che caratterizza la nostra sezione. Questo perché era coincisa con la giornata conclusiva del Carnevale di Castrovillari, un evento di grande rilievo culturale e di costume riconosciuto a livello nazionale. Le premesse per l’escursione stavano per venire meno, come lamentava l’amico Pasquale, coorganizzatore della gita: “Un altro inverno deludente. A fine febbraio le montagne dovrebbero essere ricoperte di neve”. Il cambiamento climatico che interessa ormai l’Appennino rende sempre più rare le nevicate, e le temperature risultano più miti anche nel cuore dell’inverno. Tuttavia, la provvidenziale ondata di freddo proveniente dal Nord, arrivata la settimana precedente, ha rinvigorito il manto nevoso alle quote medio-alte, rimettendo le carte in gioco. Così, in un frizzante mattino, ci ritroviamo allo svincolo autostradale di Frascineto in nove: otto affiliati al CAI di Castrovillari e uno della sezione di Reggio Calabria. Dopo aver ottimizzato l’impiego delle auto, ci avviamo verso Laudemio, la nostra località di partenza, che raggiungiamo dopo circa un'ora. Prima di arrivare, però, facciamo una sosta a Lauria Nord per recuperare Nicolò, del CAI di Castrovillari, e l'undicesimo membro del gruppo, Stephan, canadese trapiantato nella città dei Sassi, iscritto alla sezione di Matera, che avevo avuto il piacere di conoscere qualche anno fa durante un'escursione su Montea, funestata da un poderoso temporale. A Laudemio ci raggiungono anche i due amici del CAI di Salerno. Siamo un gruppo motivato di 13 persone, pronti a dare battaglia nel Massiccio del Sirino. Dopo un briefing preliminare finalizzato alle presentazioni e al fornire qualche breve informazione sul percorso, ci avviamo lungo la pista che costeggia i piloni della seggiovia. Il manto nevoso sembra ottimo, compatto e croccante sotto i nostri scarponi. L’itinerario si articolerà in tre fasi: l'ascensione lungo la via Highlander, la risalita della Cresta dell’Imperatrice fino a toccare le vette gemelle della De Lorenzo e Monte Papa, e infine la discesa lungo la cresta Nord. Superato il bosco, raggiungiamo l’attacco della via, dove formiamo due cordate da cinque persone e una da tre, cercando di bilanciare al meglio le forze e distribuire equamente i partecipanti. Decidiamo di procedere in conserva assicurata, ma per rendere la progressione più fluida, formiamo una catena di protezioni mobili lungo l’intera via, che le tre cordate useranno in successione. L'ultimo della terza cordata, “l’aspromontano” Pino, provvederà a rimuovere e recuperare le protezioni. La qualità della neve lungo la via non è delle migliori. Risulta però portante quanto basta, anche perché in questo punto la parete è esposta al sole che oggi, nonostante le temperature basse, picchia forte. Infine, a dispetto del nome della via, non uno solo ma tutti quanti, chi più disinvolto, chi un po'contratto, a colpi di piccozze vanno a chiudere questa estetica via di misto. Raggiunto il primo obiettivo, lo sguardo si apre sul grandioso anfiteatro racchiuso tra le creste dell’Imperatrice e la Nord. Ma l'escursione non finisce con l’ascesa della Highlander. Riposte corde e ferraglia negli zaini, ci prepariamo ad affrontare il maestoso Spallone dell’Imperatrice, che conduce in direzione della vetta De Lorenzo, a 2004 metri. Le condizioni in questo tratto sono superbe, e il piacere di sentire i ramponi mordere il manto nevoso, ghiacciato e duro come cemento, è ineguagliabile. Giungiamo così sulla cima di Monte Papa, a 2005 metri, mentre nuvoloni neri si addensano incupendo l’orizzonte. Dopo le tradizionali foto di gruppo in vetta, ci accingiamo a completare questo favoloso anello scendendo per l’estetica Cresta Nord, stretta e affilata in alcuni punti, ma che non richiede di procedere legati. Infine, tutti giungiamo soddisfatti al piazzale del lago Laudemio, dove ci concediamo un terzo tempo, un momento di sana convivialità con focaccia fresca, salsiccia prelibata e formaggio gustoso tirato fuori dallo zaino del socio Paolo, il tutto accompagnato da un buon bicchiere di vino. Se dovessi esprimere una personale impressione su questo comprensorio montuoso, devo ammettere che, nonostante non possieda la bellezza e la spettacolarità tipiche del Pollino, il Sirino è una delle montagne che più mi affascinano e che mi trasmette sensazioni di libertà e di vastità come poche altre. La cosa più importante è che tutti si sono divertiti e sono rimasti entusiasti per questa escursione. Il sorriso sui volti dei partecipanti rifletteva la piena soddisfazione per aver dato ciascuno il meglio di sé, dimostrando un notevole spirito di coesione e quell’affiatamento che occorre quando si affrontano ascensioni tecniche che richiedono un pizzico di coraggio e adrenalina in più. Un ringraziamento particolare va anche a Pasquale e Stefano, che mi hanno coadiuvato al meglio e contribuito in maniera determinante alla riuscita dell’escursione. Ciò dimostra ancora una volta come il CAI di Castrovillari sia sempre in prima linea nel promuovere e suscitare entusiasmo per attività come l’alpinismo, che non è più un sogno inafferrabile, soprattutto in un territorio, il nostro, dove un tempo il solo parlarne era pura utopia. "Avete presente quel microsecondo in cui il piede rimane sospeso mentre state facendo un passo in avanti? Ecco, quel microsecondo si chiama 'crisi'. Noi andiamo avanti per crisi. Senza crisi non c'è movimento. E senza movimento non c'è evoluzione......ed è bellissimo". (Ludovica Di Donato)
9 febbraio 2025: Canale Sud-Ovest di Serra delle Ciavole di Antonio Bono
È buio, i timidi riflessi dell’alba non riescono ancora a vincere i lampioni accesi antistanti l’hotel Regina e i fari delle tante macchine che in una manciata di minuti si fermano a pochi metri di distanza. Si aprono sportelli, inizia un vociare, un salutarsi condito di sorrisi e abbracci. La convivialità, però, non vince la frenesia che accompagna le occasioni importanti: dopo più di dieci anni il CAI Castrovillari ritorna sul canale sud-ovest di Serra delle Ciavole. Eugenio dà il là e dopo pochi minuti la carovana arriva a Colle Impiso. Nemmeno il tempo di mettere lo zaino in spalla e dobbiamo sfoderare gli artigli: il sentiero 920 inizia con neve trasformata molto dura, meglio farsi aiutare dai ramponi nello stretto tratto in discesa. Appena riusciamo a non dover guardare fisso a terra, il parco ci dà il suo benvenuto con una delle sue vedute più belle: la parete Ovest del Pollino innevato ammirata dai piani di Vacquarro. Dalla faggeta, con un profilo quasi perfettamente triangolare, il monte si erge con un vestito bianco che fa risaltare benissimo i secolari pini loricati che lo adornano. Non vogliamo distaccarci subito da questa vista e allora il buon Gianmarco ci chiama in cerchio a raccolta., Carla, la Presidente, saluta finalmente alla luce del sole i tanti amici che hanno fatto tanto per esserci: la sezione di Reggio Calabria, di Palermo, di Catania e di Messina col suo presidente Angelo. Siamo quasi trenta persone attente e concentrate quando subito dopo Gian fa il punto sulle bellezze e le difficoltà che il percorso ci sta per porre davanti. Qualche foto di rito, un sorso d’acqua e via gli strati di troppo: inizia la salita. Dopo il solito attraversamento sul torrente Frido, ci rendiamo conto la neve continua ad essere molto compatta, probabilmente anche grazie alle piogge dei giorni precedenti. Non dispiace a nessuno, la salita del bosco di Chiaromonte con neve morbida può essere assai costosa. Ci accaldiamo, sudiamo, scambiamo ogni salita per l’ultima ma non ci fermiamo, sappiamo quale sarà la ricompensa: il cuore del parco, i piani di Toscano. Da questo mare bianco baciato dal sole si ergono alcuni dei giganti del massiccio. Il Pollino, il più vicino, ci mostra la sua maestosa parete Nord-Ovest. Iniziamo ad ammirare le cornici, la grande frana, e Gian ci aiuta a riconoscere alcuni dei canali e delle vie più celebri del parco. Tenendo alla nostra sinistra i piani di Pollino, ad ogni passo il panorama si allarga e Serra Delle Ciavole ci fa vedere sempre meglio una lingua di neve in un vero e proprio bosco di pini loricati: è la nostra meta, il canale Sud-Ovest risalito per la prima volta nel 2009 da Massimo e Franco. Arrivati alla base del cono di accesso, mentre ci attrezziamo alla salita, passiamo dalla contemplazione alla concentrazione: saranno 200 metri di vertiginosa bellezza. Spezzato il fiato con la risalita di un piccolo tratto di faggeta, bussiamo con le piccozze alla porta del canale: un saltino di roccia che non si fa apprezzare in pieno data l’assenza di neve. Da lì, iniziamo a risalire il pendio, ognuno col suo stile, coi suoi modi. Le soste sono obbligatorie ma non solo per la fatica: davanti a noi lo spettacolo del parco e del canale scavato tra le rocce traboccanti di pini è clamoroso. Da sinistra a destra abbiamo una vista nitidissima di tutto il versante calabro del massiccio: partendo dalla Manfriana con la sua sella, passando per il grande Dolcedorme, il Pollino, fino a Serra del Prete. E così, estasiati e affiatati, a piccoli passi arriviamo prima sulla panoramica cresta Ovest e dopo pochi minuti davanti la montagnola di pietre che indica la vetta della cima meridionale. Sorrisi, pacche, abbracci: siamo tutti consapevoli di cosa abbiamo condiviso e cosa non dimenticheremo. Giusto il tempo di qualche foto con lo Ionio sullo sfondo, e il parco cala il sipario: iniziano a risalire delle nubi per il gran calore della mattinata. Sbirciamo il versante Sud della serra per ammirarne i suoi canali come fosse il bicchiere della staffa e ci ributtiamo giù nel mare dei piani, ora meno scintillanti e più ostici. La fatica sarà la nostra compagna fissa per le ultime tre ore di rientro. Ci lascerà solamente nella saletta dell’hotel Regina: questo è lo spazio delle tante prelibatezze gastronomiche e il tempo della convivialità. È un ristoro fisico e psichico che sigilla la nostra unione, chiude la lunga giornata ma schiude l’intimo, profondo desiderio di nuove esperienze, di nuovo insieme.
2 febbraio 2025: Conserva di Lauria > Lago Laudemio di Eugenio Iannelli
Purtroppo le previsioni meteo condizionano tutta la nostra vita quotidiana e le nostre attività ludiche, anche quando non ce n’è strettamente bisogno. Ovvero quando, facendo salve le condizioni di sicurezza, non si esce se non c’è “sole a catinelle” come recita il titolo di un famoso film di Checco Zalone. Purtroppo questo oggi impregna e condiziona le decisione della maggior parte dei frequentatori delle montagne, soprattutto quelle nostrane, e diciamolo, molti dei nostri soci, dimenticando che la montagna, la natura, l’ambiente offrono sempre e comunque uno spettacolo meraviglioso con qualsiasi tempo esse si ammantino. Anzi qualche “cultore” afferma che quando la giornata è troppo bella, assolatissima, è si godibile ma offusca, come nell’obiettivo di una macchina fotografica, quelli che sono i particolari, i dettagli, i contorni di quello che ci circonda. Aggiungo, da accompagnatore di escursionismo, che trasmettere l’idea che si va in montagna solo quando c’è il sole non educa verso quella cultura dell’andare in montagna in sicurezza e può essere forviante soprattutto quando è risaputo che in montagna il tempo può cambiare repentinamente e cosi facendo non si consente di fare la necessaria esperienza per affrontare situazioni ambientali diverse in contesti diversi. Comunque, tornando a bomba, era la prima escursione con le racchette da neve del nuovo anno e, purtroppo, le condizioni nivologiche del nostro Pollino ci hanno costretto ad emigrare nel vicino lagonegrese. Arriviamo a Conserva di Lauria abbastanza presto e ci siamo solo noi. Inforchiamo le racchette, che non toglieremo mai nel corso della giornata, e con un manto nevoso duro e compatto ci avviamo sulla pista di discesa ormai in disuso. La pendenza non è eccessiva quindi arriviamo, in breve, al colle che separa Conserva dal Lago Laudemio e dalla conca su cui dominano il Monte Sirino e il Monte Papa. Scendiamo verso il lago che si presenta completamente ghiacciato e si fa ammirare in tutta la sua bellezza. Lo circumnavighiamo portandoci cosi al suo estremo opposto, da qui saliamo per raggiungere quello che una volta era l’intermedio della seggiovia che portava in cima e per ammirare il lago dall’alto. Breve chiacchierata con operatori e tecnici del Soccorso Alpino di Bari presenti in zona per una esercitazione e rientro verso Conserva. Arrivati alle auto, annotando con piacere che la zona nel frattempo si è animata con l’arrivo di decine di turisti, ci portiamo presso il rifugio dove, grazie all’ospitalità dei gestori, consumiamo il nostro pranzo al sacco in un ambiente comodo e confortevole.
26 gennaio 2025: Alpinistica su Timpa Scazzariddo di Nicolò Abritta
La giornata cominciò prima dell’alba. L’uscita CAI, diretta al massiccio del Sirino, prese vita al punto di partenza, accolti dall’aria frizzante e da un caffè bollente. Non servivano molte parole: i volti raccontavano tutto, pieni di entusiasmo e di quella concentrazione che ogni uscita in montagna richiede. Il viaggio verso Timpa Scazzariddo si svolse in tranquillità, mentre fuori dai finestrini il paesaggio si colorava delle prime luci del giorno. La montagna si stagliava immensa e maestosa, promettendo una sfida entusiasmante. Una volta al parcheggio, ci si preparò con cura: scarponi ben allacciati, ramponi fissati, casco e piccozza pronti. L’atmosfera era carica di energia, con tanta voglia di fare. Dopo un rapido briefing, ci si divise in gruppi, ognuno diretto a uno dei tre itinerari. La salita cominciò nella faggeta, con il suono soffice della neve sotto i passi e il tintinnio ritmico degli attrezzi. La vegetazione lasciava filtrare la luce del mattino, e ogni passo conduceva sempre più vicino all’obiettivo. I tre canali offrivano sfide diverse, ciascuno con una propria personalità e caratteristiche uniche. Beatrice era un ottimo banco di prova per affinare la tecnica e prendere confidenza con l’equipaggiamento. Il suo percorso, sinuoso e mai banale, si snodava tra curve dolci e tratti più ripidi, portando a muoversi con precisione e sviluppando confidenza con la piccozza e i ramponi. Mittel-Road, invece, metteva alla prova chi aveva più esperienza: le sue pendenze decise esigevano tecnica, resistenza e attenzione, mentre la neve, compatta e a tratti ghiacciata, obbligava a scegliere con cura ogni movimento. Ogni passo su Mittel-Road diventava un piccolo trionfo personale. Infine, la Via del Canalone, lunga e imponente, rappresentava la sfida più complessa: le sue biforcazioni, i cambi di inclinazione e i tratti più esposti richiedevano un mix di intuito e tecnica. La salita qui era un dialogo costante con la montagna, un percorso che non regalava niente ma ripagava con un senso di conquista unico. La fatica cresceva insieme alla quota, ma anche il senso di conquista. A ogni metro superato, il panorama si apriva, regalando viste mozzafiato sulle creste circostanti. Raggiunta la vetta, a 1930 metri, il vento freddo e pungente sembrò quasi un premio. Lassù, il silenzio era totale, rotto solo dalle risate di chi condivideva quel momento unico. La cima non era solo un traguardo fisico, ma un simbolo: la dimostrazione che il lavoro di squadra e il rispetto per la montagna portano sempre a qualcosa di speciale. Dopo una breve pausa per ammirare il panorama e rifiatare, iniziò la discesa lungo la Cresta Est. La concentrazione non venne mai meno: ogni passo richiedeva attenzione, ma c’era anche una leggerezza nuova, un senso di soddisfazione che accompagnava ogni movimento. Arrivati al rifugio di Conserva, il pranzo condiviso fu un momento speciale. Tavoli improvvisati si riempirono di cibo e bevande portate da ognuno. Non era solo una pausa per ricaricare le energie, ma un’occasione per celebrare la giornata. Si raccontavano aneddoti, si condividevano risate e ci si ringraziava a vicenda per l’aiuto reciproco. La giornata aveva insegnato tanto. La montagna, con la sua imponenza e il suo silenzio, aveva ricordato quanto fosse importante la sicurezza, la preparazione e, soprattutto, il valore di affrontare insieme un’esperienza così intensa. Non si trattava solo di raggiungere una cima o di completare un itinerario: c’era qualcosa di più profondo, un legame che si creava nei passi condivisi, nella fatica e nella bellezza che ogni metro regalava. In cammino verso casa, stanchi ma soddisfatti, ognuno portava con sé qualcosa di prezioso. Non era solo il ricordo di una giornata perfetta, ma la consapevolezza di far parte di qualcosa di più grande. La montagna non era stata solo un luogo da esplorare, ma una maestra silenziosa che aveva insegnato a rallentare, osservare e condividere.
26 gennaio 2025: Da Maierà a Cirella di Francesco Visca
Presenti le sezioni di Verbicaro e Castrovillari e la sottosezione di Cerchiara, quest'ultima domenica di gennaio arriva dopo l'annullamento di alcuni appuntamenti in calendario: diventa quindi occasione per un'escursione dalle tante adesioni, al punto di dover mettere un punto alle iscrizioni... siamo oltre 50! Diretti nei piccoli borghi che fanno da estremo occidentale del Parco, Grisolia e Maierà, la prima avventura della giornata è organizzare il trasporto, con ritrovo a Santa Maria del Cedro per stiparci in meno auto possibili e poi spostarci su Grisolia: siamo bravi però, e in poco più di mezz'ora (tra spostamenti, parcheggi, manovre, riparcheggi, cambi, saluti, e presentazioni dei due presidenti) siamo pronti per la prima tappa della giornata. Accolti nel Municipio di Grisolia, chi vuole visita le sue segrete, si ascolta insieme qualche racconto storico sui due borghi, sul loro confine naturale dato dalla valle, e ci si gode intanto il primo affaccio a sud, dalla balconata, su questo quasi canyon in cui scorre il torrente Vaccuta, mentre qualcuno si immola per provare a organizzare la prima foto di gruppo di oggi. Fuori dal Comune il nostro lungo serpentone si svolge per un po' lungo le strade di Grisolia, prima di imboccare la discesa ripida, che costerà inizialmente a qualcuno un po' di sporco per il fango e qualche gimkana tra canne e arbusti, alle volte d'intralcio nonostante il lavoro in avanguardia di falcetto e accetta. Preziosa la presenza in testa, a sfalciare e raccontare, quella di "zio" Felice Lucchese, camminatore simbolo di questa parte di Calabria e di Pollino. Il sentiero è stretto, e si cammina lenti, ma è occasione per raccontarsi e aggiornarsi, tra presenze di soci da tutta la provincia, e anche dalla Puglia: le due o tre ore di viaggio di alcuni non hanno smorzato la voglia di ritrovarsi e passeggiare un po' insieme in tanta ricchezza e bellezza La valle dei mulini, e del torrente Vaccuta, conserva la storia di un ambiente cui in passato era rubato ogni angolo utile: se ripido, per i mulini, per sfruttare la forza delle acque veloci; se terrazzabile, per coltivare. E fa impressione, immaginare tanta vita e attività in un posto apparentemente così inospitale, di pareti a strapiombo, scenografiche, dominate da cornici di abitazioni sul limite da una parte e dall'altra, e con il Pellegrino più indietro a fare da sfondo con il suo canale innevato. Riprendiamo quota pian piano, verso Maierà, occasione per un'altra foto di gruppo nella piazza del museo del peperoncino, prima di invadere anche qui le strade strette, camminare nel fascino delle case incastonate nella roccia, e approfittare della chiesa per qualche goliardica scampanata all'esterno. I kilometri percorsi non sono tanti, ma le ore passano e qualcuno ha dovuto mettere la sveglia di notte: la fame inizia incontenibile a dettare i tempi, per cui è presto ora di ricompattare il gruppo e fare l'ultimo tratto di strada, su asfalto, ma tra magnifiche campagne di verdi uliveti, alla volta di Cirella. È tempo di consumare il pranzo a sacco, comodi, sotto un cielo piacevole caldo e celeste, riparati nell'ombra degli ulivi, ristorati da tutto quello che si tira fuori dagli zaini, di vini e liquori e dolci e salati, prima dell'ultima visita. Cirella è il terzo borgo della giornata, è ormai solo un insieme di ruderi, i resti dell'antico abitato, ma per chi come me (vergogna!) non c'è mai stato è di un fascino eccezionale, tra le mura diroccate del castello, delle chiese, le torri, con il contorno della costa poco più in basso, dell'isola che si prepara al tramonto. E ci prepariamo anche noi, ad andare via, che finire la giornata non sarà meno complesso della mattina, tra un pulmino che si carica un po' di autisti, si sposta su Grisolia, da cui le auto vuote muoveranno verso Cirella, per recuperare il gruppone e portare finalmente ognuno alla sua auto. In questo tempo qualcuno inizia la discesa a piedi, qualcuno si riposa nell'attesa, ci si saluta, promettendosi prossime gite insieme, e però qualcuno... qualcuno resta mezz'ora in più! Che non ci si è intesi bene e due macchine (e autisti) sono rimasti a Grisolia, per l'impazienza stanca e da ridere degli ultimi otto: che per fortuna c'è ancora il sole, e immersi nella bellezza tra i ruderi e il mare un po' di ritardo si accoglie senza problemi.