Raccontatrekking 2025

2 febbraio 2025: Conserva di Lauria > Lago Laudemio di Eugenio Iannelli

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Purtroppo le previsioni meteo condizionano tutta la nostra vita quotidiana e le nostre attività ludiche, anche quando non ce n’è strettamente bisogno. Ovvero quando, facendo salve le condizioni di sicurezza, non si esce se non c’è “sole a catinelle” come recita il titolo di un famoso film di Checco Zalone. Purtroppo questo oggi impregna e condiziona le decisione della maggior parte dei frequentatori delle montagne, soprattutto quelle nostrane, e diciamolo, molti dei nostri soci, dimenticando che la montagna, la natura, l’ambiente offrono sempre e comunque uno spettacolo meraviglioso con qualsiasi tempo esse si ammantino. Anzi qualche “cultore” afferma che quando la giornata è troppo bella, assolatissima, è si godibile ma offusca, come nell’obiettivo di una macchina fotografica, quelli che sono i particolari, i dettagli, i contorni di quello che ci circonda. Aggiungo, da accompagnatore di escursionismo, che trasmettere l’idea che si va in montagna solo quando c’è il sole non educa verso quella cultura dell’andare in montagna in sicurezza e può essere forviante soprattutto quando è risaputo che in montagna il tempo può cambiare repentinamente e cosi facendo non si consente di fare la necessaria esperienza per affrontare situazioni ambientali diverse in contesti diversi. Comunque, tornando a bomba, era la prima escursione con le racchette da neve del nuovo anno e, purtroppo, le condizioni nivologiche del nostro Pollino ci hanno costretto ad emigrare nel vicino lagonegrese. Arriviamo a Conserva di Lauria abbastanza presto e ci siamo solo noi. Inforchiamo le racchette, che non toglieremo mai nel corso della giornata, e con un manto nevoso duro e compatto ci avviamo sulla pista di discesa ormai in disuso. La pendenza non è eccessiva quindi arriviamo, in breve, al colle che separa Conserva dal Lago Laudemio e dalla conca su cui dominano il Monte Sirino e il Monte Papa. Scendiamo verso il lago che si presenta completamente ghiacciato e si fa ammirare in tutta la sua bellezza. Lo circumnavighiamo portandoci cosi al suo estremo opposto, da qui saliamo per raggiungere quello che una volta era l’intermedio della seggiovia che portava in cima e per ammirare il lago dall’alto. Breve chiacchierata con operatori e tecnici del Soccorso Alpino di Bari presenti in zona per una esercitazione e rientro verso Conserva. Arrivati alle auto, annotando con piacere che la zona nel frattempo si è animata con l’arrivo di decine di turisti, ci portiamo presso il rifugio dove, grazie all’ospitalità dei gestori, consumiamo il nostro pranzo al sacco in un ambiente comodo e confortevole.

26 gennaio 2025: Alpinistica su Timpa Scazzariddo di Nicolò Abritta

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La giornata cominciò prima dell’alba. L’uscita CAI, diretta al massiccio del Sirino, prese vita al punto di partenza, accolti dall’aria frizzante e da un caffè bollente. Non servivano molte parole: i volti raccontavano tutto, pieni di entusiasmo e di quella concentrazione che ogni uscita in montagna richiede. Il viaggio verso Timpa Scazzariddo si svolse in tranquillità, mentre fuori dai finestrini il paesaggio si colorava delle prime luci del giorno. La montagna si stagliava immensa e maestosa, promettendo una sfida entusiasmante. Una volta al parcheggio, ci si preparò con cura: scarponi ben allacciati, ramponi fissati, casco e piccozza pronti. L’atmosfera era carica di energia, con tanta voglia di fare. Dopo un rapido briefing, ci si divise in gruppi, ognuno diretto a uno dei tre itinerari. La salita cominciò nella faggeta, con il suono soffice della neve sotto i passi e il tintinnio ritmico degli attrezzi. La vegetazione lasciava filtrare la luce del mattino, e ogni passo conduceva sempre più vicino all’obiettivo. I tre canali offrivano sfide diverse, ciascuno con una propria personalità e caratteristiche uniche. Beatrice era un ottimo banco di prova per affinare la tecnica e prendere confidenza con l’equipaggiamento. Il suo percorso, sinuoso e mai banale, si snodava tra curve dolci e tratti più ripidi, portando a muoversi con precisione e sviluppando confidenza con la piccozza e i ramponi. Mittel-Road, invece, metteva alla prova chi aveva più esperienza: le sue pendenze decise esigevano tecnica, resistenza e attenzione, mentre la neve, compatta e a tratti ghiacciata, obbligava a scegliere con cura ogni movimento. Ogni passo su Mittel-Road diventava un piccolo trionfo personale. Infine, la Via del Canalone, lunga e imponente, rappresentava la sfida più complessa: le sue biforcazioni, i cambi di inclinazione e i tratti più esposti richiedevano un mix di intuito e tecnica. La salita qui era un dialogo costante con la montagna, un percorso che non regalava niente ma ripagava con un senso di conquista unico. La fatica cresceva insieme alla quota, ma anche il senso di conquista. A ogni metro superato, il panorama si apriva, regalando viste mozzafiato sulle creste circostanti. Raggiunta la vetta, a 1930 metri, il vento freddo e pungente sembrò quasi un premio. Lassù, il silenzio era totale, rotto solo dalle risate di chi condivideva quel momento unico. La cima non era solo un traguardo fisico, ma un simbolo: la dimostrazione che il lavoro di squadra e il rispetto per la montagna portano sempre a qualcosa di speciale. Dopo una breve pausa per ammirare il panorama e rifiatare, iniziò la discesa lungo la Cresta Est. La concentrazione non venne mai meno: ogni passo richiedeva attenzione, ma c’era anche una leggerezza nuova, un senso di soddisfazione che accompagnava ogni movimento. Arrivati al rifugio di Conserva, il pranzo condiviso fu un momento speciale. Tavoli improvvisati si riempirono di cibo e bevande portate da ognuno. Non era solo una pausa per ricaricare le energie, ma un’occasione per celebrare la giornata. Si raccontavano aneddoti, si condividevano risate e ci si ringraziava a vicenda per l’aiuto reciproco. La giornata aveva insegnato tanto. La montagna, con la sua imponenza e il suo silenzio, aveva ricordato quanto fosse importante la sicurezza, la preparazione e, soprattutto, il valore di affrontare insieme un’esperienza così intensa. Non si trattava solo di raggiungere una cima o di completare un itinerario: c’era qualcosa di più profondo, un legame che si creava nei passi condivisi, nella fatica e nella bellezza che ogni metro regalava. In cammino verso casa, stanchi ma soddisfatti, ognuno portava con sé qualcosa di prezioso. Non era solo il ricordo di una giornata perfetta, ma la consapevolezza di far parte di qualcosa di più grande. La montagna non era stata solo un luogo da esplorare, ma una maestra silenziosa che aveva insegnato a rallentare, osservare e condividere.

26 gennaio 2025: Da Maierà a Cirella di Francesco Visca

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Presenti le sezioni di Verbicaro e Castrovillari e la sottosezione di Cerchiara, quest'ultima domenica di gennaio arriva dopo l'annullamento di alcuni appuntamenti in calendario: diventa quindi occasione per un'escursione dalle tante adesioni, al punto di dover mettere un punto alle iscrizioni... siamo oltre 50! Diretti nei piccoli borghi che fanno da estremo occidentale del Parco, Grisolia e Maierà, la prima avventura della giornata è organizzare il trasporto, con ritrovo a Santa Maria del Cedro per stiparci in meno auto possibili e poi spostarci su Grisolia: siamo bravi però, e in poco più di mezz'ora (tra spostamenti, parcheggi, manovre, riparcheggi, cambi, saluti, e presentazioni dei due presidenti) siamo pronti per la prima tappa della giornata. Accolti nel Municipio di Grisolia, chi vuole visita le sue segrete, si ascolta insieme qualche racconto storico sui due borghi, sul loro confine naturale dato dalla valle, e ci si gode intanto il primo affaccio a sud, dalla balconata, su questo quasi canyon in cui scorre il torrente Vaccuta, mentre qualcuno si immola per provare a organizzare la prima foto di gruppo di oggi. Fuori dal Comune il nostro lungo serpentone si svolge per un po' lungo le strade di Grisolia, prima di imboccare la discesa ripida, che costerà inizialmente a qualcuno un po' di sporco per il fango e qualche gimkana tra canne e arbusti, alle volte d'intralcio nonostante il lavoro in avanguardia di falcetto e accetta. Preziosa la presenza in testa, a sfalciare e raccontare, quella di "zio" Felice Lucchese, camminatore simbolo di questa parte di Calabria e di Pollino. Il sentiero è stretto, e si cammina lenti, ma è occasione per raccontarsi e aggiornarsi, tra presenze di soci da tutta la provincia, e anche dalla Puglia: le due o tre ore di viaggio di alcuni non hanno smorzato la voglia di ritrovarsi e passeggiare un po' insieme in tanta ricchezza e bellezza La valle dei mulini, e del torrente Vaccuta, conserva la storia di un ambiente cui in passato era rubato ogni angolo utile: se ripido, per i mulini, per sfruttare la forza delle acque veloci; se terrazzabile, per coltivare. E fa impressione, immaginare tanta vita e attività in un posto apparentemente così inospitale, di pareti a strapiombo, scenografiche, dominate da cornici di abitazioni sul limite da una parte e dall'altra, e con il Pellegrino più indietro a fare da sfondo con il suo canale innevato. Riprendiamo quota pian piano, verso Maierà, occasione per un'altra foto di gruppo nella piazza del museo del peperoncino, prima di invadere anche qui le strade strette, camminare nel fascino delle case incastonate nella roccia, e approfittare della chiesa per qualche goliardica scampanata all'esterno. I kilometri percorsi non sono tanti, ma le ore passano e qualcuno ha dovuto mettere la sveglia di notte: la fame inizia incontenibile a dettare i tempi, per cui è presto ora di ricompattare il gruppo e fare l'ultimo tratto di strada, su asfalto, ma tra magnifiche campagne di verdi uliveti, alla volta di Cirella. È tempo di consumare il pranzo a sacco, comodi, sotto un cielo piacevole caldo e celeste, riparati nell'ombra degli ulivi, ristorati da tutto quello che si tira fuori dagli zaini, di vini e liquori e dolci e salati, prima dell'ultima visita. Cirella è il terzo borgo della giornata, è ormai solo un insieme di ruderi, i resti dell'antico abitato, ma per chi come me (vergogna!) non c'è mai stato è di un fascino eccezionale, tra le mura diroccate del castello, delle chiese, le torri, con il contorno della costa poco più in basso, dell'isola che si prepara al tramonto. E ci prepariamo anche noi, ad andare via, che finire la giornata non sarà meno complesso della mattina, tra un pulmino che si carica un po' di autisti, si sposta su Grisolia, da cui le auto vuote muoveranno verso Cirella, per recuperare il gruppone e portare finalmente ognuno alla sua auto. In questo tempo qualcuno inizia la discesa a piedi, qualcuno si riposa nell'attesa, ci si saluta, promettendosi prossime gite insieme, e però qualcuno... qualcuno resta mezz'ora in più! Che non ci si è intesi bene e due macchine (e autisti) sono rimasti a Grisolia, per l'impazienza stanca e da ridere degli ultimi otto: che per fortuna c'è ancora il sole, e immersi nella bellezza tra i ruderi e il mare un po' di ritardo si accoglie senza problemi.